Mysterious Secrets

di Walpurgisnacht
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Tofu marciò in direzione della stanza di Ranma, dove Nabiki gli aveva detto che lo avrebbe trovato insieme ai suoi degni compari.
Cercò di trovare una possibile spiegazione per il suo poco caratteristico comportamento, o se non altro un'alternativa meno preoccupante di quello a cui aveva involontariamente cominciato a pensare non appena la ragazza gli aveva mostrato i resti fumanti della sua macchina fotografica. E non gli venne in mente nulla.
Ranma Saotome non picchia le ragazze. Neanche quando se lo meriterebbero, e Nabiki era l'esempio ambulante di questa sua presa di posizione. La mediana delle Tendo si era messa, in parecchie occasioni, nella posizione di meritarsi qualunque tipo di rivalsa le venisse scaricata addosso e non avrebbe potuto lamentarsene. Ebbene, conosceva Ranma e sapeva che non aveva mai sfiorato l'idea di vendicarsi, men che meno fisicamente.
E ora... ora aveva alzato le mani.
Non che Nabiki non se lo meritasse, capiamoci. Non conosceva i dettagli ma, ci avrebbe messo le mani sul fuoco, lei aveva sicuramente esagerato con i suoi giochetti da squalo.
Era ovviamente la reazione, che per gli standard di Ranma non si sarebbe mai dovuta concretizzare, a preoccuparlo. Era sicuramente qualcosa connesso al post-prova amazzone e alle zone d'ombre che svettavano nella sua aura.
Voglio sinceramente sperare sia qualcosa di rimediabile. Mentre formulava quel pensiero il suo cervello gli giocò un tiro mancino: accanto a una Shan-Pu che poteva apparire in coma, stesa dentro un futon, apparve un Ranma aggressivo e ingovernabile che minacciava e sbraitava e non lesinava insulti e improperi per tutti.
Scacciò con forza l'immagine. Non lo avrebbe permesso.
Finalmente giunse dov'era diretto e bussò alla porta. Non si sa mai.
TOC TOC.
"Chi è?" giunse una voce maschile dall'altro lato. Non la riconobbe ma poco importava.
"Sono il dottor Tofu. Se Ranma è lì vorrei potergli dare un'occhiata".
"No".
“Che vuol dire no?”
“No.”
Il dottore si impose di rimanere calmo. Sembrava che le cose fossero precipitate nel giro di poco.
E quella voce...
Prima di bussare di nuovo volle assicurarsi di una cosa: scese di sotto, in soggiorno, dove come aveva previsto trovò Mousse e Ryoga.
“Avete lasciato Ranma solo in camera?” chiese.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata inquieta.
“Sì, lui...” rispose Ryoga, quasi sussurrando “ci ha detto di lasciarlo in pace, dopo...”
“Dopo che ha minacciato Nabiki?”
I due ragazzi annuirono.
“Aspetti Dottor Tofu” si intromise Soun Tendo, giustamente allarmato “cos’è che ha fatto Ranma?”
“Le spiegherò tutto dopo” replicò il medico “ma ora ho bisogno che veniate con me in camera di Ranma. Potrei aver bisogno di qualcuno che mi aiuti a tenerlo fermo.”
Il signor Tendo sbiancò e si voltò verso Genma, che non sapeva cosa dire.
“Ma è forse dovuto a quella cosa che ci ha detto prima?” chiese quest’ultimo, mentre tutti marciavano verso il piano superiore “Riguardo le zone d’ombra nel ki di Ranma?”
“Esatto” confermò il medico “sembra che le cose siano degenerate molto velocemente. Meglio approfittare di questo stallo concessoci dalle amazzoni e cercare di arginare il problema.”
Giunti davanti la porta, il medico bussò di nuovo con insistenza.
“Le ho già detto di andare via, Dottor Tofu.”
“Kami, ma quella voce...” balbettò il signor Tendo.
“Non sembra nemmeno lui...” replicò Ryoga.
“Ma cosa sta succedendo?”
Tutti si voltarono verso il corridoio, dove Akane ed Ukyo osservavano la scena.
“Akane, tesoro, tu e Ukyo tornate in camera” disse Soun, temendo che Ranma potesse alzare le mani anche su Akane “c’è un problema con Ranma e...”
“Problema? Che problema?!”
“Non sarà per quella storia del ki...?” si intromise Ukyo, in preda al panico.
“Ragazze per favore, lasciate fare a me!” cercò di fermarle il Dottor Tofu, ma fu inutile: Akane aveva già spalancato la porta.
“Ranma, si può sapere che ti prende?!”
Il codinato, seduto sul pavimento e con addosso i soli pantaloni, si voltò lentamente verso la porta.
“Akane, vattene. Non voglio nessuno attorno, non fatemelo ripetere.”
“R-Ranma... la tua voce...”
Gli occhi del ragazzo erano vacui, come se non provasse più alcuna emozione; sicuramente la sua aura rifletteva questo ed altro, a giudicare dall’espressione tesa del Dottor Tofu.
“Ranma per favore, lascia che ti visiti.”
“Non ne ho bisogno, sto benissimo” rispose, alzandosi in piedi e avanzando verso il gruppo.
“Ranma, fa quel che dice il dottore!”
Il codinato abbassò lo sguardo verso Akane, che si era frapposta tra lui e gli altri.
“Akane... togliti. Non vuoi che io ti faccia male.”
“Ma come...!” ringhiò Ryoga, ma Mousse lo fermò appena in tempo. Meglio non dargli altre scuse per attaccarli, pensò.
“Tu fare del male a me? Per favore.”
“Non. Provocarmi.”
“Altrimenti cosa fai?”
Ranma emise un ringhio gutturale e rilasciò la sua aura: il Dottor Tofu rimase pietrificato, non aveva mai visto un ki tanto nero e deteriorato. Tornò in sè appena in tempo per vedere Ranma lanciarsi contro la fidanzata e... crollare per terra.
Tutti si guardarono esterrefatti.
“Ma cosa...”
“Così si mette fuori gioco Ranma Saotome” rispose Akane, voltandosi verso gli altri e mostrando vittoriosa il pugno.
Il dottore fece tanto d’occhi davanti a quella dimostrazione di forza.
“B-beh, ci hai risparmiato un’azione violenta” balbettò “più violenta di questa...”
Detto questo, sistemarono Ranma su un futon e lo immobilizzarono per precauzione.
“E adesso?” chiese Genma, preoccupato.
“Adesso aspettiamo che torni Obaba, ho bisogno della sua consulenza.”
"Ma sa già come operare?".
"No, a dire il vero non ancora. È troppo disturbato, confuso, indistinto per determinare con precisione la reale causa del problema. Per questo ho bisogno di Obaba, perché lei conoscerà sicuramente qualche pratica millenaria che ci permetta di stabilizzarlo senza peggiorare la situazione. Volendo potrei fare da solo, ne sarei in grado, ma non ho la certezza totale che non ci sarebbero delle controindicazioni e preferisco non rischiare".
"Sì, capisco..." mugolò il panda, non troppo soddisfatto della risposta.
Decisero che solo Akane sarebbe rimasta a vegliarlo. Era opinione comune che sarebbe stato ancora meglio lasciarlo a riposare in solitudine, ma lei insistette con la sua classica testardaggine e gliela diedero vinta. Poco prima di lasciarli, però, Ukyo si avvicinò all'amica e le sussurrò nell'orecchio: "Continuo a volere lezioni da te su come si picchiano i maschi, sei il non plus ultra".
"Scema" ridacchiò lei, un po' imbarazzata e un po' inorgoglita per il complimento. Effettivamente ci sapeva fare, doveva darsene atto.
Scesero al piano inferiore e attesero.
La vecchia, per loro fortuna, non ci mise molto. Tornò con un borsone pieno di tomi e pergamene e, una volta aggiornata sulle novità riguardanti Ranma, delegò agli altri il compito di studiarle.
"Ma nobile Obaba" pigolò Ukyo osservando l'immensa quantità di scartoffie sl tavolo "noi non capiamo un accidenti di cinese!".
"Per vostra sfortuna Mousse il cinese lo sa, anche se potrebbe avere qualche difficoltà. Quindi datevi da fare con quel che potete, non c'è tempo da perdere. Dottor Tofu, lei venga con me. Potrei aver bisogno del suo aiuto".
"Va bene" confermò lui.
Tornarono sul luogo del misfatto e, per prima cosa, la matrona tirò fuori da una tasca del suo vestito l'unguento per Akane. Le lanciò questo anonimo tubetto bianco senza dirle nulla.
"Ma... e questo cos'è?" chiese lei, disorientata.
"Una crema per il tuo... problema, bambina. Accellera la cicatrizzazione, così potrai farti togliere i punti prima". Si stranì un poco a non voler dire la parola sfregio di fronte a lei.
"Oh. La ringrazio molto. È stato un pensiero gentile da parte sua".
"Poche ciance. Ora vediamo cosa si può fare per rimettere in sesto il tuo fidanzato".
Non le ci volle molto a capire che la situazione era indubbiamente critica: il ki di Ranma era instabile, e le zone d’ombra si muovevano come macchie d’olio a pelo d’acqua; tuttavia non era ancora del tutto ricoperta di nero, anzi sembrava quasi che il ki del ragazzo lottasse contro quell’ombra per scacciarla via.
Questo è un bene, pensò.
“Forse siamo ancora in tempo” disse, prendendo posto accanto al futon di Ranma, poi si rivolse al Dottor Tofu: “Dottore, ho bisogno che prema lo tsubo del rilassamento dei nervi anche su Ranma, non vorrei si svegliasse di scatto mentre lavoro...”
“Oh, certo” rispose il medico, apprestandosi a fare quanto la vecchia amazzone gli aveva ordinato “ma posso... posso sapere cosa ha intenzione di fare?”
“Credo di poter ripulire l’aura di Ranma” rispose, rimboccandosi le maniche “non è un processo definitivo, e probabilmente ci vorranno più sedute affinché riesca a ripulirle del tutto. Ma basterà affinché Ranma riprenda possesso delle sue facoltà mentali e non sia più un pericolo per nessuno.”
Il Dottor Tofu rimase ancora una volta profondamente colpito dalle conoscenze della vecchia amazzone, che nel frattempo aveva cominciato a muovere le mani sopra il corpo del ragazzo, sfiorando l’aura: da quel che riusciva a vedere, stava letteralmente cancellando le zone nere presenti nel ki di Ranma, ripulendo poco per volta.
“Potrebbe volerci un po’” disse Obaba, concentrata sui suoi movimenti “vi avviserò quando avrò finito.”
Il dottore e gli altri obbedirono, e lasciarono la camera senza dire una parola.

“Wow...” balbettò Ukyo.
“Cavolo sorellina, è miracolosa sul serio quella pappetta cinese!” disse Nabiki, stupefatta.
“Concordo, è stato un gesto gentile da parte della nobile Obaba” rispose il Dottor Tofu, ripulendosi le mani dopo aver tolto i punti dal viso di Akane e averle applicato l’unguento.
La ragazza non aveva ancora parlato, concentrata com’era sul suo riflesso nello specchio: la cicatrice era ancora lì, rosa e visibile, ma non era più quell’orribile groviglio di punti e sangue rappreso di poco prima. La sfiorò delicatamente con le dita. Forse conviverci sarebbe stato meno faticoso, adesso.
“È incredibile” sussurrò finalmente “insomma ora è... meno orribile di prima.”
Nessuno rispose, ben sapendo che non c’era nulla da dire. Nulla che potesse alleviare la sofferenza emotiva di Akane, costretta a convivere con il marchio delle amazzoni sulla faccia.
“Su, via quel faccino triste” cinguettò Ukyo, dandole un buffetto sulla guancia “vedrai come sarà contento Ranchan quando ti vedrà rimessa a nuovo!”
“Sempre che non si risvegli con la voglia di picchiare qualcuno” borbottò Ryoga, che non aveva certo dimenticato il tono di voce e gli occhi di Ranma. Non aveva mai avuto così paura dell’eterno rivale, prima di allora.
“Certo che sei un fenomeno nel risollevare il morale, maialino” lo fulminò Ukyo, “senza contare che Akane lo ha conciato per le feste, ci penserà due volte prima di emettere anche solo un verso!”
Akane arrossì, imbarazzata: non sapeva se prendere come un complimento quel continuo rimarco alla sua forza bruta, ma visto che era stata l’unica che aveva avuto il fegato di affrontare il ragazzo in quelle condizioni, si permise di gongolarne.
“E comunque ora ci sta pensando la vecchia, a lui” si intromise Mousse, “e lei sa quel che fa. Vedrete che lo rimetterà a nuovo.... uh. Perché mi fissate in silenzio?”
Il ragazzo aveva appena notato gli sguardi di Akane, Ukyo e Nabiki su di lui, e non ne capiva il motivo.
“Ehm... ragazze?”
“E Shan-Pu è corsa dietro a Ranma per tanto tempo quando aveva questo” disse Nabiki, indicando Mousse con una mano “a disposizione? Senza offesa, ma era proprio tonta.”
Il ragazzo non capì, ma cominciò a sentirsi a disagio.
“Mousse, che dire... complimenti” sorrise Akane.
“Tesoro, dovresti davvero buttare via quelle tende da circo che usi come vestiti e convertirti a qualcosa di più... succinto” ridacchiò Ukyo, attirandosi diverse occhiate di fuoco da parte di Ryoga - che, povero, venne bellamente ignorato.
“P-posso sapere che cosa vi prende?” pigolò Mousse, che si sentiva sempre più spaesato.
“Davvero non capisci, paperotto?” rispose Nabiki, indicando la casacca, presa in prestito da Ranma, lasciata sbottonata e che lasciava intravedere pettorali scolpiti e un fisico tutt’altro che mingherlino. “Ragazzo mio, hai un corpo da paura e lo nascondi sotto quelle palandrane enormi? Non è assolutamente giusto, soprattutto per noi donne!”
Il volto del ragazzo prese fuoco. Non era abituato a tanti complimenti, soprattutto così... audaci.
"Oh ragazze, suvvia... non sono poi così muscoloso..." si schernì voltando lo sguardo dalla parte opposta. E poi aggiunse "I-Inoltre... questo... presunto ben di dio... è prenotato...".
"Beh" disse Nabiki avvicinandosi a lui e mettendogli una mano sulla spalla "se un giorno ti dovessi stancare della tua dama... diciamo che io ci sarò". Sorrise come una iena, ben sapendo di starlo mettendo in grossa difficoltà. Ne ebbe la conferma quando la faccia e la pelle di lui divennero quasi incandescenti.
"Nabiki, santo cielo! Lascialo stare!" la reguardì Akane, scocciata dall'ennesima mancanza di tatto della sorella. La afferrò per un braccio e la scostò, rimproverandola ancora.
"Ma quanto la fai lunga. E poi non ero mica l'unica ad apprezzare lo spettacolo".
"Sì, ma... apprezzare è un conto, aggredirlo così un altro" puntualizzò Ukyo, più che altro per tentare di discolparsi indirettamente nei confronti di Ryoga. Il quale, pur essendo ancora piccato dai complimenti rivolti a qualcuno che non era lui, si sentì un poco più tranquillizzato dalla precisazione.
"Va bene suorine, va bene. Ritiro tutto" concesse la mediana Tendo, anche se era evidente che non intendeva davvero quanto aveva appena detto. Al che, sentitasi punta sul vivo, Ukyo si lasciò sfuggire una frase di cui si pentì non più di quattro centesimi di secondo dopo: "Suorine? Noi? Parli proprio per dare aria alla bocca, tu".
Improvvisamente Nabiki sfoderò il suo peggior sguardo da rapace mentre cominciò a fissarla con insistenza, incuriosita da questa frase così esplicita. E la cuoca desiderò che una voragine si aprisse sotto ai suoi piedi.
Per fortuna di tutti Akane prese la situazione di polso, voltò di peso la sorella nella sua direzione e le disse: "Nabiki, tu non hai sentito nulla. Nulla. O sappi che oggi Ranma non sarà l'unico ad averti minacciata fisicamente, con la differenza che io non ho bisogno di essere fuori di me per farlo e che non mi pentirei delle possibili conseguenze. Ci siamo capite?".
Da zero a due in meno di mezz'ora. Beh Nabiki, avere paura sta smettendo di essere una cosa aliena per te. Siine felice.
Balbettò qualcosa che voleva essere un e se andò via velocemente, con la coda fra le gambe e una gran voglia di vendicarsi della parente serpente e del suo degno fidanzato. Ma forse un altro giorno, eh. Senza fretta.
"A-Accidenti Akane" osò Ryoga "devi averla spaventata a morte. Ricordami di non farti arrabbiare mai più. Con quella... cosa in faccia, poi, eri davvero terribile".
Lei sentì una leggera puntura di spillo nella nuca, come se qualcuno si divertisse a pizzicarla, ma ignorò la sensazione e assunse uno sguardo sbruffone mentre confermava i timori del disperso e intimava a tutti loro di non metterla in condizione di passare dalle parole ai fatti. Anche se lo disse in tono molto meno minaccioso.
"Bene, con Ranma per ora abbiamo finito. Riposa calmo e non dovrebbero esserci ulteriori problemi, almeno a breve. Adesso però vi devo ragguagliare su una cosa successa al ristorante". Era Obaba che, accompagnata da Tofu, tornava dalla camera di Ranma.
“Piuttosto spero che abbiate trovato il tempo di leggere quei manoscritti, oltre che molestare il paperotto...” proseguì, dando prova di avere occhi e orecchie ovunque. I ragazzi ebbero il buongusto di arrossire, in particolare il suddetto paperotto molestato - che comunque aveva apprezzato i complimenti, ma non gli sembrò il caso di farlo notare.
“Beh ecco...” balbettò Akane, cercando di darsi di nuovo un contegno.
“N-noi...” la seguì a ruota, Ukyo.
“Non ancora ma ci stiamo lavorando” intervenne Mousse, “sa com’è, nobile Obaba... sono l’unico che capisce il cinese e ci vuole più tempo del previsto..”
Ovviamente il suo era solo un tentativo di salvare le penne - pardon, i sederi a tutti, soprattutto dopo la pioggia di complimenti di prima e Obaba ovviamente non mancò di notarlo; ma lasciò correre, c’era altro in ballo adesso.
“Certo, certo” disse, accomodandosi al tavolino “comunque come vi dicevo ho importanti comunicazioni da fare.”
“Non sarebbe meglio aspettare che Ranma si svegli?” chiese Akane, timidiamente.
“Potrebbe volerci un po’” rispose la vecchia amazzone “non ho idea di quanto ci metterà a tornare in sè, quindi preferisco rifervi le novità. Lui possiamo sempre aggiornarlo al suo risveglio.”
Essendo la soluzione più logica tutti quanti concordarono, poi Obaba riprese il suo discorso.
“Come dicevo prima, mentre ero al ristorante è successo qualcosa: ho ricevuto un’altra telefonata dai nostri misteriosi... alleati.”
I presenti fecero tanto d’occhi alla notizia.
“Hanno chiamato di nuovo? È un enorme rischio, come hanno fatto a non essere scoperti dagli scagnozzi del consiglio?” chiese Mousse, sorpreso: vista l’attuale situazione a Joketsuzoku aveva supposto che avessero messo sotto sorveglianza ogni mezzo di comunicazione all’interno del villaggio.
“Questo non so dirtelo, e non ho avuto modo di chiederlo” rispose la vecchia amazzone “dato che anche questa volta sono stati brevi e criptici.”
“Ma non mi dire...” si lasciò sfuggire Ryoga, beccandosi un’occhiataccia da parte di Obaba.
“Che cosa le hanno detto stavolta? Un altro indizio?” chiese Ukyo, la cui ansia pre-sfida la stava lentamente divorando, anche se cercava di non darlo a vedere.
“«Di sei, uno non ha ancora finito». Questo è quanto mi hano detto.”
I ragazzi osservarono Obaba con espressioni vacue, cercando di non esteriorizzare ciò che realmente pensavano di quel presunto aiuto.
Cercarono. Senza riuscirci.
"Cavolo. Potevano parlare in ainu, già che c'erano".
"Ryoga, il sarcasmo non ci serve".
"Ha ragione nobile Obaba, ma questa volta io non mi sento di dargli torto".
"Akane, posso capire perché parli così ma quanto ho detto rimane. L'ironia è fuori luogo".
"Sarà fuori luogo, ma fintanto che i suggerimenti sono così...".
"Ok ragazzini, ora finitela. Invece di cianciare sull'aria fritta ringraziate chi di dovere che sono riusciti a farci arrivare un altro messaggio e magari, ma solo se non vi scoccia troppa, cercate di mettere in moto le rotelline per capire cosa vuol dire".
"Io... credo si riferisca a me". Mousse.
Tutte e cinque le restanti persone si voltarono nella sua direzione. "Cosa intendi, Mu-Si?" chiese la vecchia.
"N-Naturalmente non posso esserne sicuro ma... ma ho come la sensazione che... la mia fatica non sia stata conclusa. Ha fatto tutto Akane, in realtà...".
"Oh Mousse, mica è vero" rispose la diretta interessata, un po' imbarazzata dall'implicito complimento "Anche tu hai fatto la tua parte".
"Forse. O forse non abbastanza. D'altronde non vedo a chi potrebbe essere indirizzato altrimenti, visto che Ukyo e Ryoga non sono ancora stati... messi alla prova, tu e Ranma avete decisamente vinto in maniera netta e Shan-Pu... beh, lo sappiamo com'è andata a lei. Resto io".
In effetti sì, aveva senso. E tutti, silenziosamente, ne convennero.
"Penso tu abbia ragione, paperotto. Tieni gli occhi aperti più del solito, se dovessi averci azzeccato avrai una dose extra di carineria da casa".
"Grazie, sei sempre squisita" commentò a mezza voce lasciandosi cadere in maniera molle sul più vicino divano.
"Nobile Obaba" riprese la parola Akane dopo qualche istante di silenzio "è un problema se vado a vedere come sta Ranma? Sono un po' preoccupata e...".
"Basta che non faccia troppo chiasso e non dovrebbero sorgere contrattempi. Tieni a freno il tuo entusiasmo fino a che non avrò realmente finito con lui. E prima che me lo chieda: calmati, si tratta solo di tempo ma non dovrebbe essere in reale pericolo. Non più. Io e il dottore l'abbiamo preso in tempo".
"Confermo. A quanto ho capito era una cosa potenzialmente grave, sì, ma non se veniva arginata tempestivamente. E noi, modestamente, l'abbiamo fatto. Direi che un po' di riposo e qualche altra sessione dovrebbero restituirti il tuo fidanzato arzillo e tutto d'un pezzo, senza più nessun spiacevole episodio psicotico".
Akane sorrise, rincuorata. Ringrazio entrambi e si avviò.
Sapeva che stava un po' esagerando, e che probabilmente Ranma non avrebbe apprezzato del tutto questo suo sviulppato senso da infermierina. Ma d'altro canto era più forte di lei, voleva essergli vicino e voleva poter aiutarlo in un qualche modo se per caso fosse stato troppo debole o impossibilitato a farlo da solo. Tempo per farselo rinfacciare poi ne avevano. Forse.
Il resto del gruppo passò le due ore seguenti cercando di tradurre i manoscritti dal cinese alla ricerca di qualche indizio; di riferimenti riguardo tecniche illusorie simile a quella che stavano combattendo ne avevano trovati a bizzeffe, ma nulla che spiegasse come affrontarla o quantomeno come veniva utilizzata. In ogni caso Obaba aveva portato loro così tanti rotoli e libri  che ne avrebbero avuto ancora per tutta la sera, quindi Mousse decise che poteva anche prendersi una pausa; si defilò con la scusa di voler andare in bagno e si rifugiò in corridoio, indeciso su dove dirigersi. Non che avesse molta scelta in realtà...
Stava stiracchiandosi e riflettendo sul da farsi quando qualcosa di freddo gli arrivò addosso.
“Oh cielo! Mousse, scusami!”
Mousse, trasformato in papera, si voltò mestamente verso Kasumi che lo osservava con aria dispiaciuta.
“Perdonami, stavo portando dell’acqua ad Akane e sono inciampata” disse, chinandosi ad accarezzare la testa del paperotto “mi spiace tanto!”
Mousse si limitò a sospirare, ormai non poteva andar peggio di così.
“Senti, perché non vai a farti un bagno caldo e torni normale? Io intanto penso ad asciugarti gli abiti!” trillò lei, acchiappando i vestiti umidicci e sparendo in corridoio.
Non che abbia altra scelta, pensò Mousse.
Si incamminò lentamente e con passo goffo verso il bagno quando qualcosa attirò la sua attenzione.
La porta della camera di Shan-Pu era socchiusa.
Oh...
Cercò di trattenersi, si disse che era inutile andare a vederla che tanto l’avrebbe trattato male di sicuro; ma certe scelte sono dettate dal cuore e non dalla ragione, e tanti cari saluti al buonsenso.
Ma sì, tanto ormai...
Infilò la testa nella stanza in penombra, e si guardò attorno: Shan-Pu era rannicchiata sul futon, con la schiena contro una parete.
Sono un masochista, pensò. Ma non bastò a fermarlo.
Si avvicinò cautamente alla ragazza, girandole attorno; sembrava svenuta, o addormentata... non ne era sicuro.
Bene, ora che l’hai vista sei contento? Ti sei fatto abbastanza del male, idiota?
Sospirò. Era inutile rimanere lì a fissarla sperando che tornasse magicamente in sè, quindi si voltò e tornò verso la porta.
“Vai già via?”
Si voltò di scatto, emettendo un “quack!” di sorpresa: Shan-Pu, ancora ferma nella stessa posizione in cui l’aveva trovata, lo osservava; l’espressione sul suo viso era indecifrabile.
“Pensavo mi saresti saltato addosso, o che volessi svegliarmi solo per maltrattarmi...”
Mousse era sconvolto: come poteva dire cose simili? E come poteva lui stupirsene ancora, vista la situazione?
Le andò vicino e cominciò a starnazzare, non avendo altro modo per esprimersi.
“Che hai da fare casino? Non ti è bastato dirmi... quelle cose?” sussurrò lei, con un tono di voce rassegnato.
Erano tutte illusioni! Io non ti direi mai cose del genere, Shan-Pu! Io ti amo!
Starnazzò e agitò le ali, e mai come in quel momento desiderò avere dell’acqua calda a portata di mano: avrebbe voluto abbracciarla, stringerla a sè e dirle che era tutto falso e che lui la amava più di se stesso, e mai le avrebbe detto cose simili.
“Perché... perché mi detesti...?”
La voce di Shan-Pu era quasi un sussurro, e quando sollevò lo sguardo verso di lei vide il suo volto rigato di lacrime.
“Perché, Mu-Si? Vuoi vendicarti di come ti ho trattato in tanti anni...?”
No, no, no! Non mi importa più!
Le lacrime di Shan-Pu erano la cosa che più detestava, perché mai avrebbe voluto vederla piangere. Soprattutto per causa sua. Così fece l’unica cosa che poteva fare in forma di anatra: saltò in grembo alla ragazza e si accoccolò su di lei; la cinesina non reagì - non come temeva lui, immaginando già che volesse tirargli il collo, ma lo guardò stupita.
Io ti amo Shan-Pu... perché lo hai dimenticato?
Poggiò la testa sul petto della ragazza, all’altezza del cuore, e si strusciò sul tessuto dei suoi abiti come se volesse accarezzarla.
Io ti amo, continuò a ripetersi, sperando che quel pensiero la raggiungesse.
Shan-Pu non rispose, ma si limitò a sollevare l’anatra e stringerla a sè, continunando a piangere e sussurrando parole in cinese.





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