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Titolo:
E se il mondo finisse tra un'ora?
Serie:
Shadowhunters (The Mortal Instruments)
Prompt:
11 – Se; 25 – Matrimonio; 190 – Speranza; 242 –
Liberato
Personaggi:
Alec Lightwood, Magnus Bane
Note dell'Autore: La
fanfic si colloca all'incirca dopo Città degli Angeli Caduti.
Nona
classificata al contest “242” di Audrey_24th
E se il
mondo finisse tra un'ora?
“Quindi...
Will era uno Shadowhunter come me...”
Magnus
Bane volse gli occhi al soffitto e sospirò, malgrado
l'insistenza
del suo fidanzato su quell'argomento stesse mettendo a dura prova la
sua capacità di sopportazione. Ma ottocento anni, se non altro,
insegnavano la preziosa arte della pazienza e ben poche cose
distruggevano la sua.
“Sì,
Alexander. Te l'ho già detto, mi sembra.”
Alec
annuì, lasciando scorrere lo sguardo sui titoli dei volumi
presenti
nello scaffale della biblioteca: Jace li ricordava a memoria, ne era
certo. Lui in fondo sapeva tutto sul suo parabatai:
conosceva ogni sua debolezza, ogni suo punto di forza, ogni sfumatura
della sua voce.
Peccato
non potesse dire lo stesso della persona che amava. A conti fatti,
Magnus era e restava un mistero per il giovane Lightwood.
Quasi
avesse potuto leggergli nel pensiero, l'alto stregone di Brooklyn
riunì le mani di fronte a sé e chiese tranquillamente:
“Cosa
vuoi sapere?”
Il
Cacciatore sussultò, colto di sorpresa da quella domanda:
l'ultima
volta che ne avevano discusso, avevano anche litigato. E non gli
andava di arrabbiarsi di nuovo.
Non
ora che aveva realizzato quanto fosse importante ogni minuto, ogni
istante, ogni secondo trascorso con lui perché prima o poi
sarebbe
arrivata la fine. Non era immortale, non apparteneva alla fortunata
elitè
di
coloro che vivevano in eterno.
“Niente”
rispose. Che senso aveva parlare del passato? Per il figlio di Lilith
ogni storia non era stata che un soffio nella sua eternità,
mentre
per Alec quel soffio era un'intera vita che iniziava, passava e
finiva.
Come sarebbe successo alla sua.
Magnus ridusse i suoi occhi da gatto a due fessure
sottili: nonostante la risposta, poteva avvertire la verità
bruciare
sotto la pelle chiara del Nephilim.
"Non
c'è stato nulla tra me e Will. Sempre che tu non voglia definire
relazione
un semplice scambio di favori.”
“Che
favori?” si ritrovò a domandare Alec, incapace di
trattenersi.
“È
stato a Londra, centotrenta anni fa o giù di lì. Non
vorrai la data
precisa, spero” replicò con una nota di divertimento che
faceva
brillare le sue iridi verdi.
Poi il suo sguardo si fece lontano, uno sguardo da cui
il Cacciatore si sentì irrimediabilmente escluso. Succedeva
spesso:
a volte fissava cose che lui non poteva vedere, che non condivideva
con il suo compagno.
La mente di Magnus era tornata a quell'epoca lontana, a
quella vecchia Inghilterra vittoriana avvolta dal fumo, afflitta
dalla nebbia e perennemente vessata dalla pioggia insistente. E in
mezzo a tutto questo c'era William Herondale, tanto splendido quanto
cupo, nascosto dietro mille maschere e altrettante sofferenze.
Una caratteristica che pareva scritta nella famiglia
degli Herondale, incisa insieme agli aironi in volo del loro marchio.
Mentre raccontava ad Alec quella storia fatta di amori
brucianti, tradimenti e sangue, si rese conto che la sua vita non era
mutata poi molto da allora: c'erano ancora Shadowhunters, Herondale e
Lightwood, a muoversi attorno a lui. Lui che era l'unica costante in
un mondo dove tutto era destinato ad abbandonarlo.
Saremo
tutto ciò che resta aveva
detto a quel vampiro, quel... Simon. Anche il Daylighter avrebbe
visto storie nascere e concludersi, come Magnus. Entrambi sarebbero
stati i muti osservatori del mondo che cambiava.
“Quindi
non è mai stato tuo... ”
La voce del Nephilim dissolse la nebbia inglese e
riportò lo stregone a quel momentaneo presente.
“Amante?
No, non è mai stato nel mio letto. Nonostante i miei seicento
anni,
ricordo bene certi dettagli.”
“Non
erano ottocento?”
“Sì,
ma li porto talmente bene che non importa se ne tolgo alcuni”
ribatté con un'alzata di spalle ed il tono di chi affermava una
cosa
ovvia. “Quando sei immortale, devi per forza imparare a mentire
sulla tua età. Sfortunatamente ho sempre dei problemi a
ricordare
quale bugia ho detto a chi.”
“In
fondo, vivere per sempre vuol dire non dare troppo significato a
niente” mormorò Alec in un sussurro. “Nemmeno ai
propri anni.”
“Non
è così, Alexander: non del tutto. Sono uno stregone, non
un blocco
di marmo: ci sono cose a cui bisogna per forza dare un significato;
persone che non si possono dimenticare, perché in qualche modo
hanno
lasciato un segno dentro di me. E non perché sono stati miei
amanti:
anche alcuni di questi sono stati importanti, ma non molti.”
“Come
Camille?”
“Ho
amato Camille ed è stato un errore che ho imparato a non
ripetere.”
“L'hai
amata perché è immortale?” chiese ancora.
“È inutile che non
parli della mia mortalità. So
che ci pensi. Come ci penso io. Penso al giorno in cui la mia mano
tremerà nell'impugnare un'arma, al giorno in cui non
potrò più
scendere in battaglia, al giorno in cui vedrò morire i miei
genitori... al giorno in cui dovrò dirti addio. Possiamo anche
fingere che il nostro amore sarà per sempre, ma la verità
è che
per noi non c'è speranza.”
Magnus rimase in silenzio: frequentava da secoli gli
Shadowhunters e nel loro mondo erano cambiate solo le divise e le
armi. E nemmeno quelle, ad essere onesti.
Ciò che davvero non sarebbe mai variato, era il
loro
rapporto con la morte: convivevano con lei dal giorno in cui venivano
alla luce, era un eterno respiro freddo sul collo che li accompagnava
ogni giorno. Uscivano di casa già sapendo che avrebbero potuto
non
farvi ritorno. La conoscevano e la temevano, almeno la maggior parte
di loro.
C'erano anche dei casi degenerati per cui la morte non
era una possibile conseguenza del loro lavoro, ma appariva più
come
lo scopo finale. Per fortuna non tutti erano folli come Jace o i
Cacciatori si sarebbero estinti da secoli.
“Ho
paura di quel giorno” proseguì Alec. “E dirmi che ho
ancora
tempo, che se sarò fortunato avrò davanti cinquanta o
sessant'anni
insieme a te, non mi è di alcun aiuto. Quel giorno
arriverà
comunque, quel futuro diventerà presente e tu sarai solo,
senza di me. Quindi... ” Si fermò e nei suoi occhi azzurri
-troppo
chiari e sinceri per celare qualsiasi emozione- passò qualcosa
che
lo stregone non seppe definire. “Quindi se è vero
ciò che hai
detto, se è vero che anche per te sarà atroce, allora
forse... ”
“Alec,
certo che è vero, ma cosa... ” Magnus Bane lasciò
trasparire una
leggera preoccupazione nei suoi modi sempre eleganti e studiati.
Viveva da troppo tempo, e aveva visto decisamente troppe soap-opera
come Laguna
Beach,
per non sapere che Alec avrebbe detto qualcosa di incredibilmente
stupido. Ma lui non era il personaggio di una soap, né una
ragazzetta alla sua prima cotta o un'adolescente isterica.
“Forse
non è più il caso di stare insieme. Dopotutto il mondo
è pieno di
bei ragazzi.”
Le labbra dell'immortale si incurvarono verso l'alto in
un'espressione che poteva essere sia di divertimento che il segnale
di un imminente eccesso di rabbia: era difficile da capire quando si
trattava di lui.
“Clary
ha superato sé stessa, devo ammetterlo. Non avevo mai visto
nulla
del genere in tutta la mia lunga vita.”
Alec lo fissò a bocca aperta.
“Che
c'entra Clary? Io stavo parlando di noi e... ”
“Ha
sperimentato su di te una nuova runa, no? La runa della stupidità
totale. Di certo è una creazione originale anche se dubito possa
avere qualche utilità in battaglia” continuò
imperterrito. “Però
potrebbe sempre essere una divertente vendetta contro uno
Shadowhunter nemico.”
Il giovane Lightwood era allibito: aveva fatto ricorso a
tutto il suo coraggio per pronunciare quella frase, si era sforzato
di mantenere salda la voce che pure si incrinava... e Magnus non
trovava niente di meglio da fare che prenderlo in giro.
“Mi
fa piacere che la prospettiva di lasciarci ti diverta”
commentò
stizzito. “Se l'avessi saputo, ti avrei liberato prima della mia
presenza.”
“Alexander...
Alec... ” sospirò lo stregone con benevolenza.
“Credi che la tua
morte mi sarebbe meno insopportabile se fossi lontano da me?”
“Non
lo verresti nemmeno a sapere. Avresti altro da fare.”
“Se
io non tenessi a te, se non ti amassi come non ho mai
amato nessun altro, credi che avrei sopportato il tuo continuo tira e
molla, il tuo sbavare dietro a Jace? Credi che mi sarebbe interessato
conoscere i tuoi genitori o essere presentato loro come il tuo
fidanzato?”
ribatté calmo. “Se tu non fossi tanto importante, non
starei in
ansia ogni volta che ti allontani di un passo per svolgere il tuo
lavoro. E, soprattutto, non starei qui a cercare di mettere un po' di
buon senso in quella tua bella testa” concluse con un sorriso
malizioso. “Risparmia le paranoie per il matrimonio.”
Alec arrossì violentemente: la sua carnagione
chiara
divenne cremisi per l'imbarazzo, ma anche questo faceva parte delle
cose che Magnus amava di lui.
“Accetterò
queste crisi solo ad un passo dall'altare, Alexander Lightwood”
decretò con il suo ghigno da ragazzino birbante prima di
posargli le
mani sulle spalle e specchiarsi nei suoi occhi azzurri. “È
vero,
forse un giorno arriverà un presente in cui tu non ci sarai
più, in
cui sarò di nuovo solo. Ma non è questo presente e non
possiamo
sapere cosa accadrà domani, tra un anno o tra dieci anni. Il
mondo
potrebbe anche finire tra un'ora ed entrambi spariremmo per sempre.
Ma qualsiasi cosa accada, io voglio stare con te fino alla fine. E
sperare.”
Il Cacciatore avrebbe voluto replicare, ma le labbra
dello stregone glielo impedirono, posandosi improvvisamente sulle
sue; poi non ci fu più niente oltre quel bacio che valeva
più di
mille promesse.
Un bacio che non terminò neppure quando entrambi
sentirono la porta aprirsi ed Isabelle esclamò esasperata:
“Ma
si può sapere cosa diavolo c'è che non va nelle camere da
letto
ultimamente?!”
FINE
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