Due righe.
Questo è un breve spin-off della mia long-fic "Though
you don't look like me" e in particolare della breve ed
intensa storia d'amore tra Horace Slughorn e Pomona Sprout nel dicembre
del 2001.
E' espressamente dedicata a lyrapotter
in quanto mia accanita lettrice. In una recensione alle drabble
su questa "saga" (ormai non posso che chiamarla
così!) me ne aveva chiesto una sulla coppia, ma da brava
scrittrice di angst le avevo riservato una tristissima conversazione
con un ritratto...
Spero che questa one-shot ti piaccia, davvero, perché l'ho
scritta con tutto il mio cuore... e le mie lacrime.
Per chi non ha mai
letto la long-fic a cui si ispira (anche perché 33 capitoli
sono tanti!), ma desidera ugualmente godersi questa shottina, ho
inserito delle note esplicative.
THE ENDLESS TIME OF
MEMORIES
Leggo e rileggo lo strano messaggio che ho appena ricevuto.
Il gufo si
stira le ali, emettendo versi impazienti, mentre finalmente mi accorgo
che ha sete. Distrattamente gli verso un poco d'acqua, ma continuo ad
occhieggiare la lettera.
Dean Thomas. NEWT 1998. Gryffindor, ragazzino sveglio, sempre in coppia
con quel Finnigan. Ma che gli salta in testa di scrivermi...
"Carissima
Professoressa,
avrebbe proprio
dovuto esserci (magari trasfigurata in una mosca, ma
purtroppo non è un Animagus) alla festa di addio al celibato
di
Neville. Il Professor Slughorn ha cantato il suo eterno amore
per
Lei1. Non sto scherzando. Nella canzone diceva
che è da cinque
anni che Le fa il filo. Secondo me dovrebbe approfondire la cosa.
Rispettosamente,
eccetera..."
Ma che sciocchezza.
Che sciocchezza, mi ripeto mentre scendo dalla Guferia, un po' in
ritardo. I ragazzi del quarto anno saranno già ad aspettare
fuori dalle serre, al freddo... di solito non mi capita di distrarmi a
tal punto.
Di trascurare i miei doveri di insegnante per badare a lettere
pettegole.
Potrebbe mai essere vero? Che quel... pallone gonfiato di uno
Slytherin, con i suoi vellutini e le sue festicciole mondane, abbia nel
cuore una donna come me? Che cosa lo spingerebbe, se così
fosse?
"Gli opposti si attraggono" dice un proverbio Babbano, e mi sorprendo a
ridacchiare mentre oltrepasso il portone del castello e mi avvio
nell'aria pungente di inizio dicembre.
Quella sera raccolgo i germogli messi a seccare per la lezione di
Pozioni dell'indomani, e decido di lasciarli davanti alla porta
dell'ufficio di Horace, invece di darglieli di persona come sono solita
fare. Non me la sento di vederlo, punto e basta, dopo quella pulce che
Thomas mi ha messo nell'orecchio.
Sono anni, da quando Tu-sai-chi è stato sconfitto e a
Hogwarts
si respira la libertà, che io e lui non facciamo che
litigare.
Oh, santa Phyllida, litigare è una parola grossa. Si
può
dire che ci "punzecchiamo". Minerva si diverte moltissimo alle nostre
scenette, che ormai sono diventate un'abitudine, e credo che questa sia
una delle poche ragioni per cui non è ancora andata in
pensione
come sogna di fare.
Non c'è niente che lui dica senza che io non cerchi di
contraddirlo, mi viene naturale. E viceversa.
Siamo...
Che cosa siamo?
Mentre poso la cassettina a terra, mi accorgo che la porta dell'ufficio
è solo socchiusa. Strano.
Lievi acciottolii, amplificati però dal silenzio
che regna
nei sotterranei, provengono dalla stanza. Una cosa l'abbiamo
in
comune, ora me ne accorgo: lavoriamo fino a tardi, spessissimo, tutti e
due.
Non so per quale ragione allungo la mano ad allargare lo spiraglio. Per
quanto ne so, potrebbe essere nudo...
L'immagine che mi si forma nella mente è troppo comica
perché riesca a trattenere una risata. Eppure chiunque
riderebbe
di me allo stesso modo... anch'io sono vecchia e ingombrante...
Accidenti, che sto facendo? Perché non mi allontano,
perché non me ne vado a letto e basta?
"Che cosa significa
cantare il proprio eterno amore?"
Ecco, sono dentro. Mi sono intrufolata come una ladra, spinta da una
forza invisibile.
Voglia di conoscere la verità, noia... e un pizzico di
vanità, malgrado me stessa.
Forse gli somiglio più di quanto abbia mai
voluto credere.
- Sei ancora sveglio, Slugs? Questa non è la
settimana della pozione di Remus... che combini a quest'ora?
E immediatamente capisco di aver commesso davvero un terribile errore a
farmi trovare lì, in quel momento. Perché da
dietro il
paravento giunge un tramestio affrettato, febbrile, e un respiro a
sbuffi e soffi, come a nascondere un segreto di vitale importanza.
Già, e di qualunque segreto si tratti, riguarda
esclusivamente lui. Devo andarmene
(ma se è vero quello che dice Dean... riguarda anche me)
e dimenticarmi di quella lettera
(va bene, domani farò finta di nulla)
e di tutto quanto...
- Okay, scusa, non volevo disturb-
- Pomona!
D'improvviso non ho più nessun desiderio di andarmene.
- Aspetta un momento solo, per piacere.
Un guizzo di luce argentata, un cassetto richiuso. Avvolto in
un'elegante vestaglia di seta verde, Horace sbuca da dietro il
paravento.
"Che incantesimo era? Che stai combinando?" penso, un poco agitata. Non
siamo più in guerra, quando tutti sospettavano di tutti, ma
non
amo i misteri più del necessario.
- Ti ho solo portato i germogli - lo anticipo, stringendo la cassettina
tra le mani un po' nervosamente. - Me ne vado subito.
- Ti prego, rimani.
Non c'è più traccia del suo orgoglio Slytherin.
Né dei suoi baffi, ora che lo guardo con attenzione.
Sembra che... ma no, che mi salta in mente...
- Mi hanno detto che vi siete divertiti davvero, a quella festa.
Neville non avrà bevuto troppo, spero. - Non so come le parole mi escano
dalle labbra. E' che per quanto in questo momento mi senta imbarazzata,
mi pare che sia lui il più vulnerabile, il più
fragile
tra i due. I suoi grandi occhi verde pallido mi accarezzano come se mi
guardassero per la prima volta.
Scuote la testa. - Loro
si sono divertiti. Io li ho solo fatti divertire. E' un pochino
diverso, non trovi?
E' umiliante, è semplicemente insopportabile! Vulnerabile?
Fragile? E' un gran presuntuoso, invece! Ah, quindi la canzone dedicata
a me - se pure esiste - serviva solo per divertire i ragazzi?
- Non so cosa sia diverso. Io so solo quello che mi hanno detto. Io...
- Te l'hanno detto! E' così?
Un moto di speranza e paura insieme gli anima il volto. Ora so che
quella lettera non diceva altro che la verità. E
all'improvviso
mi sento una ragazzina che sta per ricevere la sua prima
dichiarazione...
Ma poi lo vedo incupirsi.
Fruga la tasca della vestaglia in cerca del fazzoletto, si volta,
appoggiandosi al bracciolo di una poltrona, travolto all'improvviso da
una tosse violenta. Barcolla fino alla scrivania, spostando il
paravento nel frattempo, senza più badare alla mia presenza.
Riapre quel cassetto, tira fuori di nuovo i suoi arnesi, e accende la
fiamma magica sotto un minuscolo calderone. Le sue mani tremano, mentre
apre un barattolo e aggiunge un pizzico di polvere scura al liquido che
ribolle.
Alla fine spegne la fiamma con la fredda luce della bacchetta - ecco
cos'era, prima - e manda giù la pozione tutta d'un fiato. E'
come se sentissi anch'io quel liquido scendere a bruciarmi la gola...
mi sento come soffocare, e mi avvicino:
- Vado a... chiamare Poppy?
- No, non farlo! - Mi afferra per le spalle, e ora siamo
davvero l'uno davanti all'altra, e finalmente capisco il
perché
di questi sotterfugi, dell'ilarità ostentata, di questa
maschera
che ora va in pezzi e rivela una verità troppo prosaica per
ricamarci sopra chissà quale leggenda... - Non sa nulla.
Nessuno
ne sa niente.
"Io sono qualcuno" sto per dirgli. Ma non ce n'è bisogno.
- Per stasera sono a posto. - Fa spallucce e accenna a un sorriso.
Lentamente le sue guance riacquistano colore, il tremore svanisce.
Ma ora è il mio cuore che sussulta.
- Da quanto?
- Dall'anno scorso. Sono stato in un ospedale Babbano, non volevo far
preoccupare nessuno... volevano tenermi là, figurati!
C'è
da annoiarsi a morte, in un posto del genere! Non è di
quello
che ho bisogno - racconta, mentre passeggia su e giù per la
stanza.
- Ma è ovvio, che devi curarti!
- 'Mona... finora ho potuto solo rimandare l'inevitabile, e
credimi, non ci riuscirò per molto. C'è bisogno
che
ti dica quanti anni ho e con quale sconsideratezza li ho spesi? Il
punto non è
combattere per vivere a lungo. E' solo... vivere. In un posto
familiare. Con le persone giuste. E' quello che Tom Riddle non comprese
mai.
- Che c'entra Tu-sai-chi adesso? E' della tua salute che stiamo
parlando!
- E' di quello che
conta davvero,
che voglio parlare! - replica, e si mette a sedere. - Ti hanno
detto di quella canzone, allora? Ragazzacci pettegoli! - finge
di
lamentarsi, ma è sollevato che io sappia dei suoi
sentimenti,
è così chiaro!
Annuisco, mordendomi le labbra. - Mi piacerebbe sentirla, sai - e non
trattengo più le lacrime.
Come cambiano le cose, non è vero? Bastano due righe scritte
su
un pezzo di carta, una porta socchiusa. E lasciarsi trasportare
dall'istinto, perché quello non sbaglia mai. Ne vale sempre
la
pena, per quanta sofferenza possa scaturirne.
Mentre il lieve profumo della sua vestaglia frusciante mi inonda le
narici, e le sue braccia mi stringono, mi sento come se non avessi aspettato
altro in tutta la vita, come se questi anni di allegri battibecchi
avessero rappresentato un lungo, singolare corteggiamento...
- When I came back to
Hogwarts, ninety-six...
- comincia a sussurrarmi all'orecchio. Così ha inizio la
nostra
storia. E se il caro Remus John Lupin2 vi
dirà che è durata sei
giorni, beh, non credetegli. Lui ha le sue idee.
Io ho i miei ricordi, e il tempo dei ricordi, si sa, si dilata
all'infinito.
NOTE
(1) Il testo integrale della canzone compare nel capitolo 11 della
long-fic.
(2) All'epoca dei fatti Remus è di nuovo professore di
Difesa a Hogwarts, e viene a conoscenza della loro relazione.
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