REMEMBER
THIS
[Traduzione]
[Originale by Onari]
La prima volta che Sam si era
svegliato trovando Dean a fissarlo, non ci aveva dato troppo peso. I
loro letti erano affiancati e lui si era rigirato nel sonno, finendo
col ritrovarsi di fronte a suo fratello. Dean era sveglio. Fine della
storia. A dire la verità, Sam era contento che gli occhi di
Dean fossero aperti, dato che aveva appena avuto un incubo. Non uno di
quelli che ti facevano agitare, rigirare, sobbalzare e sollevare
gridando, ma un sogno oscuro, indefinito, che
l’aveva svegliato senza darlo a vedere. Indipendentemente da
ciò, l’incubo gli aveva procurato una fastidiosa
morsa allo stomaco.
“Ehi”
bofonchiò Sam, assonnato.
Non riusciva a
distinguere l’espressione di Dean nella penombra, ma vide le
labbra di suo fratello stirarsi fino a disegnare un piccolo sorriso. Il
ricordo del brutto sogno sfumò come per magia. Dean doveva
avergli chiesto se fosse tutto ok, e lui probabilmente aveva risposto.
Mentre il richiamo del sonno si faceva sentire di nuovo, imperioso, la
conversazione si tramutò in una di quelle
chiacchierate notturne che hanno luogo da qualche parte tra
la veglia e il sonno. Sam era vagamente convinto che il mattino
dopo non sarebbe più stato certo che la
conversazione ci fosse davvero stata.
Accadde ancora un paio di
volte quella settimana e, dopo, per tutto il mese successivo. Sam si
svegliava, nel letto di un hotel o nel sedile del passeggero
dell’Impala, e gli occhi di Dean erano fissi su di lui. La
maggior parte delle volte suo fratello posava semplicemente gli occhi
da qualche altra parte appena Sam apriva i propri. Altre volte, i loro
sguardi si agganciavano per un istante prima che Dean distogliesse il
suo. Ma sempre, sempre, Sam aveva intravisto qualcosa brillare negli
occhi di Dean, un’emozione tanto sconosciuta quanto forte e
che durava appena un secondo prima che la maschera di Dean tornasse al
suo posto.
Sam aveva chiesto a Dean
cos’avesse, ma il cacciatore più vecchio aveva
liquidato il problema con la solita noncuranza. Sam non era
sicuro se il comportamento di Dean l’avesse lasciato
infastidito, stranito o incuriosito.
Solo dopo aveva
cominciato a notare che Dean pareva esausto tutto il giorno. Cerchi
scuri erano comparsi attorno suoi occhi, e aveva bisogno di tre tazze
di caffè in più del normale per tirare avanti.
Tutta la curiosità, il turbamento e l’irritazione
di Sam furono automaticamente spazzati via dalla
preoccupazione. Il fatto era che, per quanto ne sapeva, Dean
era sveglio ogni volta che Sam riposava. Ma se era sveglio anche quando
Sam non era addormentato –a parte occasionali
sonnellini sul sedile del passeggero mentre lui guidava
– quando
dormiva?
Quei sonnellini erano tutto il
suo riposo?
Quella stessa notte, dopo una
lunga giornata sulla strada, Sam respinse il sonno per concentrarsi
invece sul ritmo della respirazione di suo fratello. Allo stesso tempo,
cercò di mantenere il più possibile uniforme la
propria, al fine di convincere Dean di essersi addormentato.
Un paio d’ore
più tardi, Dean era ancora sveglio, lo sguardo annoiato
puntato sulla schiena di Sam.
Il più cacciatore
più giovane decise che ne aveva abbastanza. Si
girò nel letto per fronteggiare Dean, che sbatté
le palpebre, sorpreso, e sussultò. Ed eccolo di nuovo, quel
dannato qualcosa lampeggiare dietro i suoi occhi, quel qualcosa che Sam
non era in grado di cogliere.
“Perché
continui a fare così?” chiese Sam, prima che Dean
avesse la possibilità di mettersi sulla difensiva.
“Cosa intendi con così?”
ribatté Dean.
“Questo fissarmi,
amico. Perché?”
“Cazzo, scusa,
principessa. Prometto che non guarderò mai più
nella tua direzione!”
Seccato, come al solito,
dall’esasperante muro difensivo alzato da Dean, Sam
sbuffò e si sforzò di non lasciarsi scoraggiare
da esso. Aveva imparato per esperienza che più Dean faceva
il coglione, più era turbato da quello che si teneva dentro.
“Fai degli
incubi?” s’informò Sam in tono
più morbido.
Tutto sommato, sarebbe stato
normale per Dean essere tormentato dagli incubi dopo quello che era
accaduto nell’ultimo mese, pensò Sam. La sua
scomparsa e morte, il patto, la lotta col demone dagli occhi gialli,
rivedere loro padre… il conto alla rovescia.
Sfortunatamente, Sam da
sé ne sapeva molto sugli incubi, per cui era in grado di
comprendere senza alcuna fatica.
Nell’altro letto,
Dean si agitò, a disagio, e si lasciò sfuggire un
sospiro stanco. Sam rimase in silenzio, aspettando, anche se dubitava
che suo fratello avrebbe avuto voglia di aprirsi a lui. Per questo fu
sorpreso quando Dean rispose.
“Non è
quello.”
Sam deglutì. Non se
ne era reso conto prima, ma la verità era che Dean non
sembrava stanco, era
assolutamente spossato. Si girò su un fianco per
osservare il profilo di suo fratello e si rese conto
dell’aria sfinita che deturpava i lineamenti di Dean.
“Allora cosa
c’è?” lo spronò gentilmente.
Dean si morse il labbro
inferiore, senza staccare gli occhi dalla solida, sicura
sterilità del soffitto. Deglutì una, due volte,
sotto lo sguardo preoccupato di Sam.
“Dean?”
cominciò Sam con voce sottile. “Cosa-“
“Sei morto,
Sam.”
Le parole che Sam avrebbe
voluto dire gli si strozzarono in gola. Quella volta, suo fratello
l’aveva lasciato senza parole.
“Sei morto tra le
mie braccia. Lo sei rimasto per ventiquattr’ore,
lì, in quel letto, con gli occhi chiusi. Tu-“ la
voce di Dean si affievolì e Sam la sentì
incrinarsi, prima di vedere una lacrima rotolare dalla sua tempia sul
cuscino.
“Eri freddo, e il
tuo petto non si muoveva, e il tuo cuore… il tuo cuore non
batteva, e io sono stato a guardarti per un giorno intero, e
adesso-“ Dean deglutì e la sua voce si
spezzò. Sam dovette distogliere lo sguardo,
battendo furiosamente le palpebre.
“Ora io proprio non
riesco-“
“Dean-“
“No, Sam. Ci ho
provato, ok? Non credi che io ci abbia provato?” Dean
sbuffò, deridendosi da solo. “E’ solo
che- ogni volta che chiudi gli occhi io… io non
posso chiudere i miei. Non riesco
a dormire senza accertarmi che
tu sia vivo. A volte è come-“
“Come
cosa?” sussurrò Sam.
“Come se non
riuscissi a respirare finché non ti vedo di nuovo
sveglio.”
Sam scosse tristemente il
capo. “Dean” sospirò.
“No. Volevi sapere.
Adesso lo sai. Qualsiasi cosa pensi di dovermi dire, me la sono
già detta da solo, per cui tienila per te. “ disse
Dean aspramente. “Torna a dormire, sembravi
distrutto.”
“Ma tu-“
“Starò
bene.”
Sam si lasciò
sfuggire una risatina secca. Conosceva suo fratello maggiore abbastanza
da capire che, per quanto fosse stato ben disposto, la conversazione
era terminata. Ma non era certo così ingenuo da lasciarsi
ingannare dalle sue parole.
oooooooooooooOooooooooooooo
Sam
inghiottì con avidità la sua quarta tazza di
caffè e sperò che agisse in fretta. Era stufo di
sentirsi come uno zombie per la mancanza di sonno. Non era strano che
non fosse più stato in grado di riposare dopo la svolta
inaspettata che aveva preso la conversazione che avevano avuto lui e
suo fratello, nascosti dall’oscurità.
Dean gli aveva a malapena
parlato quella mattina. In realtà, l’aveva
totalmente evitato. Al primo raggio di sole era uscito per fare
colazione e poi si era tenuto occupato con l’auto. Era
rimasto a pulire le sue armi per gli ultimi quarantacinque minuti, e
quello era il suo modo più diretto di comunicare che si era
rintanato nella sua piccola bolla privata, e per il momento a Sam non
era permesso nemmeno avvicinarcisi.
Sam era costretto a osservare
il disagio di suo fratello da quella fastidiosissima posizione ai
margini della bolla. Dio, odiava essere messo in quella cazzo di
posizione! Aveva dovuto restare in disparte a guardare un po’
troppo spesso nei suoi ventiquattro anni di vita, e si sentiva
impotente esattamente come la prima volta. Costretto
all’inerzia, non riusciva a smettere di rivivere la
confessione del fratello nella sua mente e rimuginare sulle sue parole.
In sostanza, Sam stava andando
fuori di testa.
Alzò gli occhi per
studiare Dean, alla ricerca di un qualsiasi segno che facesse intendere
che era disposto a discutere della situazione. Considerato che Dean non
aveva ancora alzato gli occhi dalle pistole, non fu difficile dedurre
che non era in vena. Nonostante la reale possibilità, in un
futuro molto vicino, di diventare matto se non fosse riuscito a parlare
con suo fratello, Sam non ebbe il coraggio di pressarlo di nuovo.
Sapeva che se Dean si era aperto la notte precedente era solo
perché l’aveva colto in un momento di debolezza.
E, tanto per complicare le cose, non poteva che essere consapevole
anche del fatto che Dean rimpiangeva amaramente quella confidenza che
aveva rubato al suo fratellino delle preziose ore di riposo.
Allungato sul tavolo,
Sam seppellì la testa tra le mani e sospirò.
Fingendo di essere assorto in una ricerca per la loro prossima caccia,
fissò svogliatamente il portatile e controllò di
nascosto il riflesso di suo fratello sullo schermo, irrigidendosi
quando vide Dean lanciargli un’occhiata non appena si fu
voltato. A volte si sentiva davvero come se l’unico modo con
cui osavano osservare l’altro fosse attraverso vie indirette,
come quando non si scambiavano più che delle velate mezze
parole.
Pochi minuti dopo, un
ticchettio ripetuto e impaziente riportò su Dean
l’attenzione di Sam. Usò di nuovo il riflesso
dello schermo, osservando Dean che lottava per rimettere a posto il
caricatore della sua .45. Sam si accigliò accorgendosi del
leggero tremito delle mani di suo fratello, che gli stava sicuramente
complicando uno’operazione che Dean avrebbe potuto compiere
persino da addormentato –se si fosse effettivamente persuaso
di dormire.
“Merda”
soffiò Dean quando il caricatore gli sfuggì dalle
mani e cozzò sul pavimento.
Sam si girò sulla
sedia e aprì la bocca per parlare. All’ultimo
momento, però, rimase in silenzio. Dean non aveva cercato di
prendere il caricatore, ma era restato seduto dov’era con la
testa bassa. Sam si alzò, lo raccolse e la porse a suo
fratello, restando di fronte a lui. Dean impiegò un paio di
secondi ad afferrare con un gesto stanco il caricatore, lasciandolo poi
da parte insieme alla pistola, lo sguardo incollato al pavimento.
Imitando inconsciamente la
posizione di Dean, Sam si sedette di fronte a lui e attese. Sembravano
riflessi speculari così seduti, il silenzio rotto solo dai
sospiri intermittenti di Sam. Dopo un po’ il silenzio divenne
insostenibile, anche per Dean, che spesso lo usava come difesa. Il
maggiore, seppur riluttante, finì per sollevare gli occhi,
fissando il suo fratellino con aria mortificata.
Cosa?, sembrava che volesse
urlargli.
“Dobbiamo
parlare” dichiarò Sam.
Dean lo guardò in
cagnesco per una frazione di secondo prima di distogliere lo sguardo e
fissarlo in un punto ben definito della parete.
Ok, approccio sbagliato.
“Da quanto tempo va
avanti questa storia?”
Il più vecchio
lanciò un’occhiata fulminante a Sam, nonostante il
calore del suo sguardo fosse mitigato da ombre di stanchezza che
offuscavano gli occhi di solito così espressivi. Sam
cercò direttamente gli occhi di suo fratello, anche se
temeva che se avessero ingaggiato una gara di sguardi tutte le sue
buone intenzioni gli si sarebbero ritorte contro. Dean non reagiva bene
se messo alle strette.
“Un
po’” rispose freddamente Dean.
Sam roteò gli
occhi, ben consapevole che quell’ammissione poteva
significare giorni, settimane o anche mesi, nella lingua di suo
fratello. Pensare a Dean che lo guardava dormire, terrorizzato che
potesse smettere di respirare in qualsiasi momento e senza curarsi di
riposare minimamente, lo fece sentire estremamente in colpa di non aver
fatto qualcosa prima.
“Beh, una cosa
è certa: hai un aspetto di merda” disse Sam. Fece
un lieve sorriso a Dean, cercando di non farlo sentire con le spalle al
muro. Il tentativo contribuì ad alleviare almeno un
po’ la sensazione di essere un feroce cacciatore che giocava
con la preda. Cazzo, erano fratelli. Non avrebbe dovuto sentirsi come
se stesse infliggendo le peggiori torture a Dean, quando stava
solamente cercando di farlo parlare.
Dean era nervoso e sembrava
pronto a chiudersi a riccio se Sam avesse insistito e continuato con
l’interrogatorio. Tuttavia, aveva capito lo sforzo di Sam di
alleggerirgli un peso, e la sua espressione si ammorbidì in
segno di riconoscenza. Rilasciando la tensione, Dean si
afflosciò un po’. Sam notò
l’aspetto logorato di suo fratello con una sensazione di
amaro alla bocca dello stomaco.
“Non puoi essere
sveglio tutto il giorno
tutti i giorni, Dean” mormorò.
Dean scosse la testa. Sam
immaginava che avrebbe alzato gli occhi all’ovvia
affermazione, se solo avesse avuto l’energia per essere
sarcastico. Il fatto che non l’avesse fatto era solo
un’altra dimostrazione che davvero non stava bene.
“Non sono sveglio
tutto il giorno, Sam” replicò Dean, citando con
estrema irritazione le parole di suo fratello.
“Davvero?
Quand’è stata l’ultima volta che hai
dormito?”
“Ieri.”
“Non intendo un
pisolino nell’Impala” sbuffò Sam.
“Quando è stata l’ultima volta che hai
avuto una buona nottata di sonno? O almeno sei ore di fila?”
Dean si morse
l’interno della mascella e rimase in silenzio.
“Allora?”
lo spronò Sam.
“Dannazione,
Sam!” ringhiò Dean, alzandosi in piedi e dando le
spalle a Sam. “Che cosa vuoi da me?”
“Che ne dici della
verità?” Sam si alzò a sua volta,
perdendo buona parte del suo autocontrollo quando Dean gli diede le
spalle.
Odiava quando lui si rifiutava
di guardarlo.
“Sai già
la verità!” replicò Dean.
“Hai già avuto il piacere di sentirmi raccontare
tutto!”
“Questo non
è-“ protestò Sam, inorridito.
“Sto solo cercando di aiutarti!”
“E allora lascia
perdere!” Dean gridò, girandosi per fronteggiarlo.
Sam fece un passo indietro e
si morse il labbro inferiore prima di distogliere lo sguardo e
percorrere la breve distanza che lo separava dalla porta del bagno, le
mani intrecciate dietro la nuca.
Calma, si
ripeté più e più volte, è per lui, tu non
vuoi litigare, calmati…
“Ascoltami”
disse, esalando cautamente. Tornò a guardare Dean, che
fissava con ostinazione il muro in un atto di resistenza. Era un debole
tentativo, ma colpì comunque Sam, soprattutto
perché
l’unico segnale del fatto che Dean fosse a conoscenza della
presenza del suo fratellino era il nervosismo che gli faceva contrarre
le spalle. “Mi stai ascoltando?”
Ci volle un momento, ma Sam
mantenne la sua posizione e alla fine Dean annuì.
“Sì, Sam,
sto ascoltando” rispose Dean, il tono a metà tra
un grugnito e un sospiro.
“Forse ci aiuterebbe
stare in camere separate per un po’-“
La testa di Dean si
sollevò di scatto, e si voltò, a
quell’osservazione. La paura rasente al panico che
brillò nel suo sguardo fece boccheggiare Sam, che dovette
guardare da un’altra parte.
“Sì?”
commentò Dean freddamente. “E come fai a
dirlo?”
Sam si morse la lingua
sentendo il tono cinico di suo fratello. Giusto, forse non era stata
l’idea più intelligente che avesse mai avuto. Dean
non riusciva dormire per la paura che accadesse qualcosa a Sam,
difficilmente la presenza di un muro tra il suo fratellino e il bisogno
di proteggerlo avrebbe semplificato le cose.
“Ma ci deve essere
qualcosa che possiamo fare” cominciò Sam,
sentendosi vicino alla sconfitta. “Se non avessi-“
“Sam”
disse Dean in tono severo. “Non è colpa
tua.”
“Ma è a causa
mia” sottolineò Sam. “Maledizione, deve
esserci qualcosa che posso fare!”
“Tu proprio non
capisci, vero?” disse Dean, sospirando mentre si lasciava
ricadere pesantemente sul letto. “Fai già
l’unica cosa che voglio che tu faccia” aggiunse,
incontrando lo sguardo di suo fratello. “Ti svegli ogni
mattina, Sam.”
Il petto di Sam si strinse in
una morsa improvvisa, e lui dovette serrare la mascella per impedire al
mento di tremare.
“Dean-“
“Questo è
tutto ciò che mi serve, Sammy” lo interruppe Dean.
“E’ tutto quello che chiedo.”
La sincerità di
quelle parole e l’emozione che contenevano colpirono Sam e
gli tolsero il respiro come avrebbe fatto un pugno.
L’emozione prese il sopravvento, la traballante fermezza che
aveva mantenuto durante la conversazione scomparve, e si
ritrovò ad annuire senza nemmeno rendersene conto. Stava
facendo del male a Dean. Lo stava ferendo con la sua insistenza. E
nonostante inconsciamente sapesse che era per il bene di Dean, non
poteva continuare a pressarlo quando suo fratello l’aveva
apertamente pregato di smetterla.
O almeno, tanto apertamente
quanto Dean riusciva ad esserlo. Abbastanza perché Sam lo
sentisse forte e chiaro e percepisse il messaggio.
oooooooooooooOooooooooooooo
La notte seguente, Sam
si girava e rigirava nel letto mentre il sonno continuava a sfuggirgli.
Non riusciva a smettere di pensare a Dean, disteso a pochi metri da lui
ed altrettanto sveglio. I minuti divennero ore, e finalmente il
più giovane riuscì a costringere il suo organismo
a rilassarsi. Il fermento che stava attraversando si
trasferì dai suoi muscoli alla sua mente. Lì i
suoi pensieri si agitavano vorticosamente e lo tenevano sveglio
più del continuare a cambiare posizione.
“Quindi è
una gara adesso? Per vedere chi riesce a rimanere sveglio
più a lungo?” la voce di Dean fluttuò
all’improvviso nello spazio tra i due letti, stanca
e aspra, anche se adornata da una nota di divertimento.
“Pensavo che fossi diventato troppo grande per queste un bel
po’ di tempo fa.”
Sdraiato sullo stomaco, Sam
sbuffò contro il cuscino in cui aveva sepolto il volto.
“Molto divertente” disse, la voce attutita dalla
morbidezza del cuscino.
Rimasero in silenzio per un
minuto, respirando quietamente nell’oscurità. Poi
Dean parlò di nuovo.
“E’
così stupido. Non c’è motivo di essere
svegli tutti e due quando almeno uno potrebbe stare dormendo”
disse, cercando di sembrare ragionevole.
Sospirando profondamente, Sam
si girò sulla schiena e batté pigramente le
palpebre fissando una crepa nella vernice del soffitto sopra al suo
letto.
Prima o
poi crollerà. E può succedere in qualsiasi
momento.
“Ci ho pensato
su” sentenziò Sam in tono lieve, immaginando suo
fratello che alzava gli occhi nonostante non lo stesse davvero
guardando. “Se non v- se non riesci… se non dormi
mentre lo faccio io… forse potresti dormire mentre sono
sveglio.”
Il più vecchio non
rispose subito.
“Cosa vuoi
dire?” chiese Dean cautamente.
“Voglio
dire… potresti… non so, cercare di riposare un
po’ durante il giorno, mentre io guido o lavoro al pc. Oppure
anche la notte, se preferisci… a me non importa,
davvero.”
“Intendi…
fare tipo dei turni?”
“Beh…
sì. Qualcosa del genere, credo.” Sam
scrollò debolmente le spalle.
Dopo quello, Dean non
parlò per un bel po’. Alla fine, Sam
girò la testa sul cuscino per fronteggiare il fratello, il
cui volto era accigliato in un’espressione di profonda
riflessione.
“Dean?”
“No, Sam, non
succederà.”
“Perché
no?”
“Hai mai considerato
la possibilità che io voglia effettivamente trascorrere del
tempo sveglio con te?” disse Dean con voce tesa.
“Ho meno di un anno, non ho intenzione di passarlo a fare i
turni per dormire.”
Sam si alzò a
sedere sul letto così in fretta che si sarebbe potuto
spezzare la schiena.
“Non dire
così” ordinò.
“E’ la
verità.”
“No!”
esclamò. “Ti ho detto che non
succederà. Non ti lascerò arrivare a
tanto!”
Dean fece un respiro profondo
e distolse lo sguardo dal soffitto, distolse lo sguardo da Sam. Il
minore sentì un’ondata di rabbia crescergli nel
petto, tanto da stringergli il cuore in una morsa.
“Quando è
successo, esattamente, Dean?” ringhiò.
“Quando, precisamente, hai smesso di lottare?”
Di fronte al silenzio di Dean,
Sam si sentì come se ogni nervo del suo corpo fremesse di
rabbia e demoralizzazione. Ricacciando indietro le lacrime di
frustrazione, gettò via le coperte e si alzò con
uno sbuffo.
“Beh, tu puoi aver
mollato” borbottò con voce roca, mentre con un
unico movimento attraversava la stanza e si sedeva alla scrivania
accendendo il pc “ma io no.”
“Sono le tre del
mattino, Sam. Che diavolo stai facendo?”
“Una
ricerca.”
“Sam-“
“Lasciami fare. E
cerca di dormire un po’ mentre sono impegnato qui.
Avrò bisogno che tu sia vigile.”
“Sam-“
“Inoltre, non
c’è ragione di essere svegli tutti e due quando
almeno uno potrebbe stare dormendo, no?”
“S-“
“E’ tutto
ciò di cui ho bisogno, è tutto quello che
chiedo” disse Sam.
Era stato un colpo basso usare
contro suo fratello le sue stesse parole, ma Sam era abbastanza
disperato da supplicarlo, se ce ne fosse stata la necessità.
Udì un sospiro,
seguito da un lieve fruscio di lenzuola.
Lottando per contrastare il
nodo di disperazione che albergava nella sua gola, Sam trattenne il
fiato in attesa della prossima mossa di Dean.
Per favore, Dean. Combatti. Non
posso farcela da sola. Fallo e basta.
“D’accordo.”
Il cuore di Sam
mancò un battito e subito dopo acquistò sempre
maggiore velocità. I suoi occhi si chiusero per un istante.
Grazie.
oooooooooooooOooooooooooooo
Durante i giorni seguenti ci
provarono, ci provarono davvero a far funzionare la cosa. Ogni volta
che lavoravano ad un caso, Sam effettuava tutte le ricerche che
potevano essergli utili e costringeva Dean a dormire un po’
mentre lui lavorava, così che potesse essere riposato e
vigile per la caccia. Quando erano in viaggio, Sam si metteva al
volante e Dean si appisolava accanto a lui.
Non era perfetto, era ben
lontano dall’esserlo, ma Dean sembrava essere in grado di
abbandonarsi al sonno solo avendo la certezza che Sam fosse sveglio. Da
un punto di vista pratico, trovare un modo per non dormire nello stesso
momento era complicato, ed era anche logorante emotivamente. Alla fine
della giornata nessuno dei due aveva riposato abbastanza, e quando
erano svegli non erano in vena di parlare né di fare altro.
Nonostante tutti i disagi,
però, era la soluzione migliore che il cervello affaticato
di Sam fosse stato in grado di elaborare. In realtà, per
essere precisi era stata l’unica soluzione. Non era stato
facile per Sam chiudere un occhio sullo stress che stava provocando a
Dean. Ma sapeva che aveva bisogno di dormire, anche se solo per poche
ore al giorno, in modo da essere più o meno in grado di
continuare con le ricerche e mantenere la promessa. Confidava che, dopo
qualche tempo, si sarebbero abituati alla routine. Non che non fossero
abituati ad andare avanti riposando molto poco, e anche se a Sam
mancava l’incessante chiacchiericcio di Dean
–specialmente mentre guidava - era giunto alla conclusione
che sarebbe sopravvissuto senza di esso finché suo fratello
non aveva più l’aspetto di un morto vivente.
Ma le cose non erano mai
così semplici. Un pomeriggio, a dispetto di tutte le sue
promesse, non riuscì a resistere e si addormentò
sul portatile mentre aspettava che si caricasse una pagina col debole
segnale wi-fi che dava in dotazione il motel. Dean stava dormendo sul
proprio letto, sopra alle coperte, quando Sam lasciò che i
suoi occhi si chiudessero. Quando li riaprì, Dean era seduto
sul pavimento, la schiena appoggiata al muro, e lo fissava con
un’espressione stregata.
“Dio…
Dean.” Sam scosse la testa per schiarirsi le idee, ancora
assonnato, mentre cercava di orientarsi. “Mi… mi
d-“
Dean lo
zittì con un brusco cenno del capo e si alzò,
usando il muro per sostenersi. Sam si morse il labbro. Si sentiva uno
schifo, decisamente afflitto. Naturalmente Dean non lo biasimava per
essersi addormentato, ma Sam poteva leggere sul suo viso le tracce del
panico che doveva essersi impadronito di lui nell’istante in
cui si era svegliato e aveva trovato il suo fratellino accasciato sul
tavolo.
Da quel giorno, non importava
quanto Sam insistesse, Dean aveva testardamente rifiutato di chiudere
occhio, anche se Sam era sveglio. Il suo riposo si ridusse agli
inquieti e frammentari sonnellini che schiacciava in macchina. Ben
presto tutto ciò cominciò a ripercuotersi su di
lui.
L’inevitabile
accadde durante una caccia. Perché Dean era assonnato.
Perché era stato troppo lento.
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