More than Twins.

di lost in fangirling
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Hi people! 
Be', questa one shot sui gemelli è la mia prima one shot su questo fandom, per cui, per favore, siate buoni. çç 
Non ho da dirvi granché, sinceramente. :3
Spero che vi piaccia. :) Lasciate un parere, accetto anche un 'ritirati'. uwu Ma per favore, non tirate le verdure marce. çç Non mi piacciono le verdure. Se proprio dovete, tiratemi la cioccolata! :D 
Okay, okay, mi do una mossa. v.v
Comunque volevo solo dire che è grazie a 'C'mon' dei Panic! At the Disco e dei Fun. e a 'How Far We've Come' dei Matchbox Twenty se sono riuscita a finire questa one shot. <3

MockingjayPotter.

 

More than Twins.

Mi sveglio, prendendo una boccata d’aria polverosa. Tossisco e apro lentamente gli occhi, impaurito – forse – da ciò che vedrò. Abbiamo vinto? Oppure abbiamo perso? – penso. – No, anzi. La domanda è: la Battaglia è veramente finita?
Decido di dare finalmente pace ai miei tornenti, spalancando gli occhi, sempre con timore.
Il muro davanti a me è crollato, e nonostante ci sia un silenzio tombale, a me sembra che la confusione regni sovrana: le armature, una volta pressoché lucide e in fila ordinata, ormai sono a terra, in confusione; nell’aria aleggia il puzzo di bruciato, e la polvere sospesa in aria pian piano si raggruppa a terra.
Riesco quasi a sentire i suoni della Battaglia appena conclusa: esplosioni, grida, i rantoli deboli di coloro che sono morti… o meglio, coloro che stanno morendo.
Scuoto la testa come per liberarmi dei pensieri e mi alzo, con l’intenzione di andare verso la Sala Grande. Sono più che sicuro che sono tutti lì. I morti e i vivi.
Un pensiero mi attraversa la mente. George! Ron, Ginny… saranno vivi e vegeti? E mamma, e papà?
Comincio a correre come non ho mai corso nella mia vita. Svolto a destra, poi a sinistra, e arrivo alle scale. Le scendo con passo sicuro, come sempre. Poi entro nella Sala Grande.
La confusione qui regna veramente sovrana. Ci sono i feriti con i loro rantoli deboli. I vivi, chini sui corpi morti o feriti dei parenti, intenti a piangere o a curarli. E infine i morti, con le loro facce pallide, gli occhi vitrei.
Continuo a correre, senza fermarmi, e vago con lo sguardo per tutta la Sala, alla ricerca di qualche chioma rossa; trovo la mia famiglia dopo tre minuti di corsa, alla fine della stanza. Sono tutti insieme: mamma, papà, Bill, George, Ginny, Ron… ci sono perfino Harry ed Hermione. Mi avvicino, pronto a fare una delle mie solite battute, ma ad un certo punto mi blocco, perché mi accorgo, non senza preoccupazione, che stanno piangendo. Stanno piangendo tutti. Perfino Ginny, col carattere ormai temprato che ha, singhiozza senza sosta. Sento lo stomaco torcersi. Oh, mio Dio. – penso. – Che cosa è successo?
Vado verso mia sorella, col cuore che mi martella in gola. «G… Ginny… cosa è successo?» domando preoccupato.
Ma non ricevo risposta. Ginny non fa caso alla domanda appena postale. Lei continua a singhiozzare.
Se questo è uno scherzo, allora è di pessimo gusto.
Ma no! – dice una voce all’interno della mia testa – Non è uno scherzo, Fred.
E allora cos’è successo?
Un sospetto si fa strada dentro di me.
Lo scaccio subito. No, non può essere.
Mi dirigo verso Hermione, che piange in silenzio. Forse… forse lei si accorgerà di me.
«Ehy.» le bisbiglio all’orecchio. Lei non si muove. Allora lo ripeto, più forte. Ma non si volta, non mi guarda.
Basta. – decido tra me e me. – Devo vedere che succede.
Faccio lo slalom tra Harry, anche lui in lacrime, Ron, singhiozzante, e raggiungo George. Tra tutti, è il più disperato. Tiene in grembo un corpo esanime, chinato sulla sua testa, mentre piange, urla, singhiozza.
«Oh, mio Dio.» dico a bassissima voce, in modo che non lo senta nessun altro, a parte me. «Cosa diamine…? Oh, George…» il cuore mi si stringe. Non ho mai visto George così disperato.
Il mio George. La mia metà, il mio gemello. Quello che è lui, lo sono anch’io. Quello che inizia di dire lui, lo finisco io. Siamo più di due gemelli. Siamo come un’anima in due corpi.
Il mio George, che piange.
Il mio gemello alza il capo dal corpo. Gli sto per chiedere se sta bene, quando mi rendo conto di chi è il corpo. Strabuzzo gli occhi, mi porto una mano al cuore.
Che piange sul mio corpo senza vita.
Mi manca l’aria. Cado in ginocchio, mentre gli occhi mi si velano di lacrime, mentre i ricordi affiorano.
«Ah, Ministro!» è Percy. Questa è la sua voce. «Le ho detto che do le dimissioni?»
«Hai fatto una battuta, Perce! Hai davvero fatto una battuta, Perce… l’ultima che ti avevo sentito fare era…»
e poi il buio.
Porto una mano sopra quella di George, posata sul mio cuore, e inizio a piangere. Piango, piango tutte le mie lacrime. Penso a quando, da piccoli, io e mio fratello, eravamo riusciti ad acchiappare uno gnomo e lo avevamo fatto scorrazzare per la camera di Percy. Ah, che risate. Oppure a quando avevamo terrorizzato Ron trasformando il suo peluches in un orsacchiotto-ragno.
Ma sono solo ricordi, ormai. Sono morto. È questa la realtà.
E allora perché, perché quando cerco di dirlo mi si chiude la gola, mi si torce lo stomaco? Sono morto! Dovrei non sentire più nulla! Dovrei… dovrei aver già lasciato questo mondo! Dovrei semplicemente sapere che il mio cuore non batte più, che non respiro più. Che i miei occhi non vedranno più. Che la mia bocca non parlerà più. Dovrei saperlo e riconoscerlo, senza tanti problemi. E invece mi sento come se mi mancasse l’aria, come se fossi sull’orlo del baratro. Non mi riconosco morto. Eppure, il mio corpo è lì! Steso a terra, con l’ombra di una risata nel volto, gli occhi vitrei, il colorito mortuario.
Mi sento come uno spettro. Ma se lo fossi, mi potrebbero vedere. Mi dovrebbero vedere.
Stringo gli occhi, mi porto le mani alle tempie. Cosa devo fare? Cosa? Che mi sta succedendo? Perché mi sta succedendo? – penso. Poi, improvvisamente, nella mia mente si forma un nome. – Nick! Lui saprà di certo rispondere alle mie domande.
Molto lentamente, mi rimetto in piedi. Sto per andare a cercare Nick-Quasi-Senza-Testa, quando mi accorgo che anche George si è alzato, ed è uscito dal cerchio chino al mio capezzale. Si avvia verso l’uscita della Sala Grande. Nessuno gli chiede niente.
Decido di seguirlo. Nick può aspettare.
Il mio gemello percorre veloce i tanti corridoi di pietra, sale le numerose scale, finché non arriva in una parte del castello intatta. A quel punto crolla a terra, le lacrime che gli rigano il volto.
«Perché mi hai lasciato solo, Fred?» dice, la voce ridotta a un sussurro.
«Non sei solo. George, io sono qui. Con te. E anche se tu non mi puoi vedere, anche se non mi puoi sentire, io sono sempre qui.» bisbiglio, mentre mi scendono altre lacrime. «Non ti lascio più. Io non sono morto. Non veramente. Sono una parte di te. Finché vivi tu, vivo io, Georgie.» e mentre finisco la frase, mi rendo conto che questa è la verità. Non è una scusa. «Siamo più di due gemelli, George.»





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