Gli altri sognan se
stessi e tu
sogni di loro.
E ti
prendono in giro se continui a cercarla,
ma
non darti per vinto perché
chi
ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle
forse
è ancora più pazzo di te.
(L’isola
che non c’è – Edoardo Bennato)
Ma
la vita è rimasta nelle voci in sordina
di
chi ha perso lo scemo e lo piange in collina.
(Un
matto – Fabrizio De André)
- Non dirmi che si
è scordato di nuovo!
- Suvvia, Rick, non
fare storie.
Siamo alle solite.
Richard incartato in qualche strana melodia nascosta tra i suoi tasti e
Roger che lo interrompe ogni cinque minuti con le sue
priorità.
- Mi spieghi quando
imparerai ad accordartelo da solo? – sbuffa Richard,
afferrando il basso di Roger e pizzicando le corde con la punta delle
dita, per poi iniziare ad accordarlo – Vorrei tanto sapere
come farai un giorno se me ne andrò dalla band.
- Beh, in quel caso o
troverò un altro tastierista paziente quanto te. –
risponde Waters portando le mani sui fianchi e agitando
l’orrendo caschetto che ricade sul viso allungato –
Oppure i Pink Floyd si saranno sciolti.
- Complimenti Waters,
butti sfiga e non abbiamo nemmeno iniziato. – dico io,
regolando il charleston, mentre Rick muove la testa in segno di
sconforto.
- Come sei pessimista,
Nick! – risponde lui, cercando il mio sguardo dietro i piatti
della mia batteria – Piuttosto, dov’è
Syd?
- E lo chiedi a me?
– dico io, indicandomi il petto con un dito.
- Arriverà
a momenti, vedrai! – risponde Rick, porgendo il basso al suo
legittimo proprietario – Quindi l’idea
d’imparare ad accordartelo non ti sfiora minimamente il
cervello, vero?
- Esattamente.
– dice Roger con un sorriso a trentadue denti, prima
d’inforcare il suo strumento, quando improvvisamente, la
porta dello studio si spalanca e tutti ci voltiamo per guardare. La
cosa strana, però, è che non
c’è nessuno sull’uscio.
- Ma che cazz
… - dico io, alzandomi dallo sgabello.
- Syd? –
chiede Rick, alzando la voce che automaticamente rimbomba nel
corridoio. In tutta risposta, riceve solo il suono di un campanello,
susseguito da uno stridio strano, come una suola di gomma che viene
trascinata sul pavimento, e dopo pochi secondi Syd fa il suo ingresso.
A cavallo di una
bicicletta verde.
- Buongiorno a tutti!
– esclama sorridente, frenando a pochi centimetri dalla mia
batteria – Perché quelle facce? –
chiede, vedendo lo stupore impossessarsi dei nostri volti, scrutandoci
con i suoi meravigliosi occhi neri.
- Syd. Che fai?
– balbetta Rick senza sapere che dire.
- Sono venuto a
registrare, non vedi?
- E quella?
- È una
bicicletta, Rog. Sei diventato cieco per caso? – chiede lui,
prima di ridere di cuore.
- Sì, lo
vedo che è una bicicletta. – risponde Rog, senza
mascherare una punta di fastidio – Ma perché
l’hai portata?
- Oh, Rog. Tu e i tuoi
dannati “perché” . – risponde
Syd, con l’aria di uno che deve spiegare una cosa
semplicissima a un bambino un po’ cocciuto –
Piuttosto, dimmi se ti piace! Guarda qui. Ha un cestino, un campanello
che suona. È perfetta.
- Per cosa?
– questa volta sono io a interrompere lui e il suo
stravagante soliloquio.
- Per la nostra nuova
canzone. A proposito, Rog. Credi che si possa registrare il suono del
campanello?
- Io, beh ecco. Credo
di sì, perché no? – risponde Roger,
grattandosi la testa con l’aria di non aver capito un tubo,
mentre Rick accanto a lui osserva la scena col suo sguardo felino,
spostandolo da Syd alla sua bicicletta.
- Quindi è
la tua musa ispiratrice!
- Esattamente mio caro
Richard, per questo è qui! – dice Syd, il volto
che gli si illumina in un sorriso raggiante, scendendo dalla sella e
appoggiando la bicicletta contro la parete alle mie spalle.
È bello, il più bello tra noi, e anche il
più bambino dopo Roger, con l’unica differenza che
a questo hanno rubato l’infanzia. Syd ci è ancora
dentro. Rimaniamo incantati ogni volta nel vederlo creare, i suoi lampi
di genio che sfociano in un’immediata sregolatezza. Syd non
ha regole, perché lui è l’eccezione.
- E se ti piace, puoi
anche guidarla. Non sono geloso. – aggiunge, dando una pacca
sulla spalla di Rick, il quale si ritrova a ridere di gusto, mentre lo
sguardo stralunato di Roger è ancora fisso sulla bicicletta
verdognola.
- Beh, visto che siamo
al completo, iniziamo a suonare? – propongo, prima di
sedermi sullo sgabello e prendere le bacchette da sotto la
grancassa.
- Se il nostro
bassista tornasse alla realtà, volentieri! – dice
Syd con semplicità disarmante, mentre Roger si volta a
guardarlo sconvolto mentre inforca la sua Fender. So perfettamente cosa
sta pensando e non so se avrà mai il coraggio di confessarlo.
La
verità è che Syd poteva trascinarci ovunque.
Dietro di sé e con sé.
Lui
era come quel bambino che si aggirava nei Giardini di Kensington
volando senza ali e affidandosi ai sogni.
Noi
eravamo quegli adulti vigliacchi che volevano mandarlo a dormire da
solo perché lo credevano grande, senza capire che lui, dopo
esser passato dalle nostre vite, avrebbe lasciato solo
un’ombra e che prima o poi sarebbe venuto a riprendersela,
cucendosela ai piedi e volando via da noi, dal nostro mondo triste e
grigio.
La
verità è che Syd ricordava ancora come si
vola,mentre noi lo abbiamo dimenticato.
Noi
che abbiamo sognato da soli, mentre lui avrebbe voluto sognare con noi.
Noi,
i veri pazzi, che ormai abbiamo anche dimenticato come si sogna.
Angolo
della pazza:
Niente, sono tornata
dopo tanto tempo in questa sezione e se l’ho fatto proprio
oggi e con questa “storia” potete intuirne il
perché.
Non voglio dire nulla,
perché attraverso Nick credo di aver espresso quello che
penso riguardo ciò che hanno fatto a Syd all’epoca.
Quindi niente, spero
che non faccia schifo, non pretendo che vi piaccia.
Un abbraccio forte,
Franny
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