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2.
What are you doing out here, Mary Ann?
«
E' stato difficile arrivare fino a qui? ».
Osservai
le lunghe orecchie del Bianconiglio sullo sfondo plumbeo del cielo,
scrollando le spalle.
«
Non molto. » mormorai, sentendomi così piccola nei
suoi confronti.
Sarà stato alto quasi due metri, con quelle lunghe gambe
slanciate e
magrissime. Continuava a vagare di luogo in luogo, rimanendo lontano
dal Paese delle Meraviglie e tornando solo quando era strettamente
necessario.
Era
un covo di matti, quello.
«
Hai scoperto qualcosa di nuovo? » gli chiesi, cambiando
discorso. Lo
vidi sistemarsi nuovamente gli occhiali sul muso. Era una specie di
vizio che aveva, ma non mi dava fastidio.
Rimanevamo
fermi tra due grandi abeti innevati, cercando di non muoverci troppo
per evitare di svegliare gli altri abitanti del bosco. Che
scocciatura.
«
Non molto. O almeno, nulla di positivo. » precisò,
con un sospiro.
Alzai
gli occhi al cielo: e quando mai c'erano notizie positive, in quel
posto?
«
Altri guai nel mondo dei matt – ehm, nel Paese delle
Meraviglie? »
mi corressi, guardando altrove.
«
Oh, fin troppi. » rispose nuovamente lui, sospirando ancora.
« ma
non è per questo che sono qui, o mi sbaglio? ».
Sorrisi.
Fortunatamente eravamo lì per altro, e forse presto una
buona
notizia ci sarebbe stata. Il Bianconiglio tirò nuovamente
fuori il
suo grande orologio, guardando distrattamente l'ora. Lo rimise al suo
posto e tirò fuori un bigliettino dalla tasca interna del
panciotto.
«
Ecco qui. » mormorò, con un mezzo sorriso. Presi
il biglietto e
lessi attentamente le indicazioni. Sgranai appena gli occhi, poi
aggrottai la fronte in un attimo di confusione.
«
Ma...questo è...? » iniziai, senza sapere come
continuare: lui mi
guardava con consapevolezza, e un barlume di speranza apparve per un
istante nei suoi occhi, dietro le lenti rosa acceso.
Il
Bianconiglio vedeva e sapeva tutto. Ogni abitante del mondo delle
Favole si rivolgeva a lui per informazioni, contatti, collegamenti. E
in questo nuovo clima le richieste erano sempre più segrete
e
cospiratorie. Per questo gli avevo chiesto di incontrarci: era stato
difficile contattarlo, ma finalmente ero riuscita ad ottenere
ciò di
cui avevo bisogno.
L'indirizzo
era scritto con inchiostro nero su un biglietto malconcio, ma
nonostante tutto riuscivo comunque a leggere le coordinate. Mi
aspettava una bella camminata.
«
Non so dove ti porterà quell'indirizzo, ma di sicuro
troverai
qualcosa. E' tutto quello che sono riuscito a trovare. »
concluse il
Bianconiglio, guardando il cielo sempre più scuro.
«
E' già tanto. Non mi aspettavo di avere un riferimento
così
preciso. » mormorai, con un cenno d'assenso. Era palese che
non gli
avrei chiesto come era riuscito ad ottenere quelle informazioni, non
me l'avrebbe mai rivelato.
Ma
a me non importava. Adesso avevo un nuovo obiettivo.
«
Grazie. » aggiunsi, senza sbilanciarmi troppo.
«
Te lo devo. » rispose lui, scuotendo la testa. « Se
non fosse stato
per te, a quest'ora sarei morto. ».
Effettivamente
aveva ragione. Era successo qualche tempo prima, ma ancora il ricordo
era vivido e ben definito nella mia mente. L'avevo trovato nel mio
bosco – si, mi piaceva ancora considerarlo mio –
sotto l'attacco
feroce di una creatura. Averlo salvato adesso mi ripagava,
fortunatamente.
Probabilmente
alcuni non avrebbero fatto lo stesso. Il mondo delle Favole era
cambiato davvero.
Mi
voltai senza dire nulla, infilai il foglietto in una delle tasche dei
pantaloni e comincia a camminare, lanciandogli un cenno con la mano.
«
La ritroverai, Red! » mi assicurò lui da lontano,
cercando di
confortarmi. Un sorriso amaro apparve sulle mie labbra: stranamente,
non gli credevo neanche un po'.
«
Sai che non ho bisogno di essere compatita, B. » mugugnai,
ascoltando lo scoppiettio della neve sotto i miei piedi. Lui lo
sapeva benissimo, ma ultimamente gli piaceva sperare. Mi fermai.
«
Non ti compatisco. Dico solo ciò che mi piacerebbe vedere,
Mary Ann.
» aggiunse poi, suscitando la mia curiosità.
Mi
voltai, lanciandogli un sorrisetto. Quell'abitudine di prendermi in
giro non gli era ancora passata: la storia dell'equivoco con Alice,
di averla chiamata Mary Ann quando era andato a cercarlo a casa sua.
E quel dannato incidente con i biscotti che facevano crescere.
Ogni
volta che diceva quel nome avevo l'impressione che fosse tornato
l'essere pazzo che era un tempo.
Ma
adesso era cambiato tutto: le radiazioni l'avevano trasformato in un
essere che non era più animale, ma neanche umano. E in quel
luogo di
distruzione la follia era sparita.
Oramai
ce l'avevamo attorno, ci si attaccava alla pelle. Non c'era
più
bisogno di averla nella testa.
Quando
mi guardai indietro, dopo qualche minuto, era già sparito.
I
primi fiocchi di neve iniziarono a cadere dopo qualche ora: il cielo
ora era di un color grigio perla, luminoso e abbagliante. Dovevo
muovermi a trovare un rifugio, o la tempesta mi avrebbe assalita e
non ne sarei uscita facilmente.
Il
bosco era tutto uguale. Lo conoscevo come le mie tasche oramai, ma mi
capitava spesso di trovarvi persone disperse – vive o morte
– che
non avevano idea di come orientarsi in quella fitta e intricata rete
di abeti innevati e tronchi morti a terra.
Mi
guardai attorno, e in quel momento pensai a Peter. Chissà se
era
riuscito a trovare un riparo.
Scrollai
la testa, scacciando quel pensiero che non aveva il diritto di
stazionare nella mia mente: avevo promesso a me stessa di non
preoccuparmi degli altri più del necessario. Non potevo,
almeno non
in quel momento. Una preoccupazione in più poteva distrarmi,
e
questo voleva dire morire subito.
In
quel momento qualcosa – un rumore soffocato, quasi troppo
delicato
per quel posto – interruppe l'armonioso silenzio, mettendomi
in
allerta.
Il
Bianconiglio era l'unico che avrei dovuto incontrare, perciò
chiunque fosse giunto dopo poteva essere pericoloso.
Fu
in quel momento che sentii un ringhio. Profondo, che scosse la terra
e anche me.
Il
ringhiare famelico che oramai avevo imparato a riconoscere.
Gli
alberi nascondevano ancora alla vista gli artefici di quei suoni
orridi, ma già riuscivo a distinguerne le ombre.
Così cominciai a
contare, piano, nella testa, senza muovermi.
Uno,
due, tre...
Quattro.
«
Venite fuori, bastardi. » mormorai, ignorando i fiocchi di
neve
sempre più spessi che mi si posavano sul mantello. La
tempesta era
arrivata.
Non
era una cosa nuova, almeno. Altre brutte notizie mi avrebbero
lasciato l'amaro in bocca.
Le
ombre si fecero più ampie, e otto paia di occhi rossi si
accesero
improvvisamente sullo sfondo bianco.
«
Cappuccetto Rosso vieni, vieni qua, se ti vede il lupo ti
mangerà...
» cominciai a
cantare, per attirarli a me.
Erano
terribilmente attirati da quelle stronzate.
E
poi, eccoli.
Quattro
giganteschi lupi grigi mi circondarono: avevano delle striature
bianche sul dorso, e grandi occhi rossi simili a lampadine. Quel
dannato Inverno nucleare gli aveva fatto bene.
Uno
di loro si alzò sulle zampe posteriori – si,
riuscivano a stare in
piedi, per mia sfortuna – e mostrò la lunga fila
di denti bianchi
e affilati. Più che lupi, adesso erano grossi come cavalli.
In piedi
dovevano superare di certo i due metri di altezza.
Alcuni
di loro erano già stati feriti, forse anche da me.
«
Vedo il lupo nero che ti sta a guardare,
Cappuccetto Rosso
comincia a scappare... »
continuai, incurante dei loro sguardi famelici che puntavano dritti
verso di me. Ordinaria amministrazione.
Uno.
Due.
Tre.
Via.
Il
lupo più grande tornò su quattro zampe e
balzò verso di me, mentre
gli altri mi circondavano lasciandomi sempre meno spazio per
muovermi. Saltai agilmente in avanti, aggrappandomi al ramo
più
basso del grande abete di fronte a me. Era una battaglia veloce,
incentrata sulla rapidità dei movimenti e
sull'agilità.
Non
potevo perdere un altro braccio, non come la prima volta. Il solo
pensiero mi faceva rivoltare le budella.
Tenni
stretta la lancia, afferrando con la mano libera il grande coltello
agganciato alla gamba. Il grande lupo schivò i primi due
colpi e si
allontano di qualche passo, pronto ad un secondo attacco.
Mi
voltai, localizzando il lupo alle mie spalle, e con un movimento
rapido lanciai il coltello dritto in mezzo a i suoi grandi occhi
color sangue, facendolo cadere a terra dopo qualche minuto.
Quello
era il momento peggiore: gli altri tre guardarono il compagno morto e
mi ringhiarono contro.
«
Ops. » mormorai, senza distogliere lo sguardo. « mi
sa che vi ho
fatto arrabbiare, cucciolotti. ».
Uno
di loro reagì, saltandomi addosso. Mi graffiò il
petto, ma
fortunatamente il corpetto metallico mi protesse. Oramai era pieno di
segni delle precedenti battaglie, il che voleva dire che funzionava
davvero.
Rotolai
su un lato e, con la lancia stretta tra le dita, trafissi la carte
del bestione, proprio all'altezza del cuore.
Tornai
sulla carcassa del primo e recuperai il coltello, mi voltai e un
altro lupo era già pronto all'attacco.
Più
veloce.
Più
furioso.
Più
tutto.
Indossai
gli occhialoni da aviatore per proteggermi dalla neve che oramai
cadeva rapida e battente, scalfendo il loro pelo lungo e irrigidito.
«
Che bocca grande che hai.
» mormorai, lanciandogli un sorrisetto. Lui mi
ringhiò contro,
mostrando ancora di più i denti affilati e sporchi. Gli
occhi
brillarono di una luce più intensa.
Accelerai
il passo, correndo verso di lui sempre più velocemente. Lui
fece lo
stesso. Brandendo la lancia insanguinata cercai di saltare il
più
possibile in avanti per cadergli addosso: sapevo che acquisendo la
stabilità sulle zampe posteriori, i lupi ci avevano rimesso
in
equilibrio.
Finii
sulla sua schiena, destabilizzandolo. Il lupo più grande
minacciò
di venirmi incontro, e affrontarne due insieme sarebbe stato
più
difficile. Dovevo muovermi.
Rotolammo
per terra e mi ritrovai sopra di lui. Gli piantai la lancia in mezzo
al petto, e quando la tirai fuori mi portai dietro il cuore rosso e
pulsante, che adesso era molto più simile a quello di un
umano, solo
dieci volte più grande.
Non
erano più animali, ma troppo bestie per essere uomini. O
forse no.
«
Che cuore grande che hai.
» sibilai, lanciandolo sulla neve.
In
quel momento il grande lupo mi arrivò addosso, con una forza
tale da
spostarmi di qualche metro.
Provai
a colpirlo di nuovo, ma era decisamente più forte degli
altri.
Raramente incontravo delle bestie con un pizzico di intelligenza.
Forse l'Inverno nucleare gliel'aveva regalata insieme a quell'orrida
trasformazione in bestie fantascientifiche.
Sbuffai.
Non avevo voglia di usare le maniere forti, ma dovevo muovermi o
sarei morta sotto la tempesta.
Mi
voltai e corsi verso la piccola montagna di neve alle mie spalle.
Guardai
il braccio meccanico libero, così simile ad un esile braccio
umano:
la pelle era perfettamente riprodotta in ogni suo elemento,
così
come le unghie e le dita. Nulla poteva far sospettare cosa si celasse
dietro quello strato apparente di carne.
«
Tu che ti credi tanto feroce, scappa...
» continuai a canticchiare, e quella filastrocca
rimbombò nell'aria
gelida del bosco. Strinsi la mano a pugno, osservando la pelle
diradarsi per lasciare spazio alle parti metalliche.
C'erano
fili e luci colorate e un sacco di altra roba: dall'interno
cominciò
ad uscire una serie di piccoli cilindri di metallo, che si unirono
insieme per formare un unico cannone lungo due volte il mio
avambraccio.
Era
pesante, ma oramai avevo imparato a gestirlo. Non avrei voluto usarlo
vista la scarsità di proiettili che avevo con me, ma in quel
momento
era necessario.
Lo
puntai dritto verso di lui, che mi lanciò uno sguardo feroce
e
intimidito.
«
...che il cacciatore spara e... »
proseguii, lanciando due colpi uno dopo l'altro. I piccoli cilindri
attorno al mio braccio cominciarono a muoversi, e la struttura
roteò
facendo un giro completo.
I
grandi proiettili lo colpirono in testa, spegnendo gli occhi
sanguigni come dopo un black out.
Lo
vidi accasciarsi a terra e morire, coperto dalla neve.
«
...poi ti cuoce. »
conclusi, osservando il fumo nero che saliva dalla carcassa oramai
priva di vita e dal mio braccio. Chiusi gli occhi e sentii i cilindri
muoversi di nuovo.
Quando
li riaprii, il braccio era di nuovo roseo e normale. Non era molto
piacevole fare quel cambio.
Ormai
dovevo essere vicina al confine. Forse.
Ma
non vedevo più niente.
«
E' tardi. » sibilai, imprecando sottovoce. Quell'attacco a
sorpresa
mi aveva fatta finire in mezzo alla tempesta, senza un riparo. Non
succedeva mai, di solito riuscivo a prevederlo.
Dannati
lupi.
La
tempesta mi avvolse, circondandomi nella sua morsa gelida. Niente
poteva salvarmi.
Sentivo
le forze mancare a poco a poco. Lo scontro era stato faticoso, e
tirare fuori l'artiglieria pesante mi aveva consumata
definitivamente.
Tutto
quello che vidi prima di chiudere gli occhi fu un'altra ombra, poco
distante da me.
E
con le ultime forze pregai che non si trattasse di un lupo.
Nb. Il titolo del capitolo è tratto da una frase detta
realmente
nel libro di "Alice nel Paese delle Meraviglie" dal Bianconiglio, nel
momento in cui Alice lo raggiunge a casa e lui la scambia per una
fantomatica Mary Ann ( o Marianna, nella versione italiana). Penso che
lo scambio di persona sia uno dei segni cardine della follia nel Paese
delle Meraviglie, riconducibile anche al Bianconiglio, e per questo ho
voluto usarla nella mia storia sottoforma di scherzo: lui oramai non
è più sovrastato dalla follia, ma ricorda bene
cosa
voglia dire e per questo gioca con Red, la quale è
consapevole
della lucidità del Bianconiglio.
Piccola spiegazione, per il resto spero che il capitolo vi sia
piaciuto. Grazie per aver letto questa storia, spero continuerete a
farlo!
L.
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