Aprì la porta, godendo del pensiero di potersi finalmente
stendere sul suo letto. Quando però si ritrovò ad osservare una grande
bacinella in legno gorgogliante, dalla quale salivano vapori caldi, profumati e
tersi, mentre bolle di sapone trasparenti scoppiavano nell’aria e camice, magliette,
e mantelli danzavano immergendosi in questa, strofinandosi contro le tavolette
sagomate, strizzandosi e poi stirandosi, si bloccò sulla porta sbattendo
perplesso gli occhi.
Guardò per il corridoio, le due porte lì vicino erano quelle
del bagno e del salottino di portata.
No, non aveva sbagliato.
Dopo diciassette anni che viveva in quella casa poteva
almeno essere certo di sapere dove si trovasse la sua stanza. Tranne che…
Alzò gli occhi al cielo, richiudendo la porta.
“Di nuovo…”
Un sussurro che sapeva di disperazione.
Provò al piano di sopra. Aprì quattro o cinque porte, prima
di incappare nelle cucine, e altre sei prima di ritrovarsi nella camera da
letto dei suoi.
Uscì con irritazione sempre crescente dall’ennesima stanza.
Sbottò in un’imprecazione silenziosa e mosse qualche passo per recarsi al piano
terra. Avrebbe dovuto guardare anche nei sotterranei… L’ultima volta era finita
nel corridoio più lontano e tetro delle fondamenta del maniero.
Appena fuori dal piccolo atrio incontrò suo padre sul
pianerottolo delle scale.
Lucius Malfoy. Nel suo portamento composto, la calma e la maestosità
ad accompagnare qualsiasi suo gesto.
“Draco, hai visto il mio ufficio?”
Restarono ad osservarsi per qualche istante, Draco ripensò a
tutte le porte che aveva aperto frettolosamente e poi richiuso alla stessa
maniera. Innervosito ad ogni fallimento di più.
“Forse… Sicuramente al secondo piano, sì. Ma non ricordo quale
porta.”
“Bene.”
Suo padre si voltò per iniziare a riscendere le scale da
dove era venuto, evidentemente rincuorato dalla notizia di poter limitare il
campo di ricerca.
“La mia camera?”
Domandò, iniziando anche lui a scendere i primi scalini.
Lucius scosse la testa.
“Non l’ho vista.”
Ci fu qualche secondo di silenzio, interrotto poi dalla
domanda dal tono aggressivo del giovane.
“Ma non lo può evitare?”
“Evidentemente no.”
Sbuffò pesantemente.
“Tua madre si annoia, Draco…”
“Draco!”
La voce di suo padre fu sovrastata da quella di Narcissa
che, dal centro della sala sottostante, li osservava scendere le scale.
“Bentornato! Ho fatto portare le tue cose in camera dagli
Elfi. Appena ti sarai sistemato raggiungimi in salotto, così mi racconti di
questo anno ad Hogwarts.”
Sua madre gli rivolse un sorriso, al quale rispose con un
accenno del capo e un sussurrato sì.
“Madre…?” iniziò incerto. Mentre suo padre si perdeva per il
corridoio alla loro sinistra.
“Dov’è la mia stanza?”
Narcissa alzò un sopracciglio, sorpresa.
“Non l’hai trovata?
“Chiedi agli Elfi, ho detto loro di cercarla.”
Annuì, mentre sua madre gli riavviava velocemente una ciocca
di capelli.
“Scusami, devo finire una cosa. Ci vediamo dopo così mi
racconti tutto.”
Chiedendosi cosa avrebbe raccontato a sua madre, dovendo
escludere le punizioni di troppo con la McGraniit, le cretinate combinate con Tiger e Goyle, il lato più intimo dell’amicizia con Pansy, le continue baruffe
con Potter e gli altri Grifondoro terminate a favore di quest’ultimi, si avviò
verso la cucina.
Per la strada incontrò un Elfo che, smarrito, si guardava
intorno.
Vide la sua immagine sovrapposta a quella del rivoltante
esserino verde. Disgustandosi ancor prima di poter formulare un pensiero che
mettesse in linea la sua persona con un qualunque esponente di
quell’abominevole specie.
“Ehi tu!”
L’Elfo saltò sull’attenti, irrigidendosi e sporgendo ancor
di più gli occhioni tremanti.
“S-sì… padroncino…”
“Dov’è la mia stanza?”
“Dirpie… non sa… Dirpie non sa… padroncino…”
L’Elfo rispose tremando ancor di più, la paura per non aver
dato una risposta soddisfacente.
“Nei sotterranei… La camera del padroncino è nei
sotterranei.”
Un’altra vocina simile a quella di Dirpie raggiunse le sue
orecchie. Questa sempre timorosa, ma meno terrorizzata.
“Bene.”
Detto questo Draco si allontanò a passo sostenuto, costatando
che c’erano sin troppi Elfi in giro per la casa. La maggior parte dei quali,
sicuramente, spaesati dal repentino cambiamento.
Anche quella era una delle tante conseguenze della noia di
una donna che, non sapendo come poter occupare il proprio tempo, si dilettava
nel “cambiare la casa”.
Era una cosa, quella, che divertiva molto sua madre. Non
sapeva se effettivamente il suo divertimento provenisse dall’atto in sé dello
sconvolgere un’intera serie di abitudini o se, per lo più, non le fosse invece
procurato dal vedere lui e suo padre impazzire nel tentativo di aprire la porta
giusta.
Quando si ritrovò davanti alle scale che divenivano sempre
più strette e basse, inoltrandosi in un buio che non veniva mitigato neppure
dal più luminoso giorno di sole, sospirò rassegnato.
Per un mese sarebbe stato nuovamente quello il suo alcova.
Fu fortunato, nella sfortuna. La sua camera si
trovava appena dietro la prima porta, a nemmeno un metro dalla fine degli
ultimi gradini.
Sulla soglia rimase fermo ad osservare quello che un tempo
era stato un insieme ordinato di mensole ricolme di oggetti e libri, di un
letto dalle coperte verdi, di una scrivania in legno opportunamente coordinata
al resto del mobilio.
Ora, coperte, sedie, puff, libri, oggetti di vari tipo (tra
cui la sua prima Ninbus) erano ammassati al centro della stanza in una grande
montagna disordinata. Mentre il suo baule giaceva al lato.
Quasi si era scordato di cosa succedeva alle stanze quando
“cambiavano”.
Un odore acre arrivò alle sue narici, abbassò lo sguardo e
scorse ampolle rotte sul pavimento, dalle quali si erano riversate le più
diverse pozioni.
Sbuffò esasperato, impugnando la bacchetta e iniziando a
pronunciare incantesimi a destra e a manca, mentre pezzi di vetro andavano a
ricostruire ampolle e i vari oggetti volavano per la stanza riacquistando la
loro originale posizione.
Passi veloci e furenti risuonarono per il corridoio,
provenivano dalla profondità dei cunicoli senza fine e si avvicinavano sempre
più. Dopo qualche secondo vide passare suo padre a pugni stretti, una piega
amara a incurvargli le labbra.
“Questa… è la conseguenza di avere una Black in Malfoy!”
Draco sogghignò, chiudendosi alle spalle la porta di una camera
che, solamente in quel momento, iniziava ad assumere lontanamente le sembianze
della sua.
Ridacchiò, risentendo nelle parole di suo padre l’eco della
voce di Abraxas Malfoy che parlava ad un bambino di appena sette anni.
“Io l’aveva detto a tuo padre. Mai una Black! Troppo
pericolose…”
Perplessi? Anch’io… XD^^