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Equilibrio - Capitolo 83: Flashback Sora: popoli nascosti e viaggiatori dello spazio-tempo
E dopo Eoni, il miracolo è avvenuto! Finalmente eccomi qui con il nuovo capitolo! Chiedo
scusa per il ritardo, ma credetemi, questo capitolo non è stato
affatto facile da scrivere, anche perché rappresenta la fine
della penultima saga. Ebbene sì, ho deciso di apportare un
piccolo cambiamento: i flashback finiscono oggi, quindi dal prossimo si
passa alla saga finale: La Seconda Guerra del Keyblade! Ma
non temete: dato che ho già cominciato qualche altro flashback,
ho deciso di postarli in una raccolta a parte. Quando non ne ho la
più pallida idea XD. Ma direi di non perdere ulteriore tempo! Ringrazio
Liberty89 per avermi fatto da beta reader, e per quanto riguarda
ciò che accadrà in questo capitolo, basterà una
parola, che chi conosce un certo fandom capirà subito XD: Spoiler.
Ah, stavo per dimenticarmente: ho un piccolo sondaggio da porvi! Preferite
che continui a rispondere alle recensioni così o che vi risponda
subito tramite l'apposita funzione? Per me non cambia niente, ma credo
che sia giusto lasciare a voi recensori questa scelta. Detto ciò... passiamo appunto alle risposte alle recensioni!
@ shion magus:
Oh, una macchina del tempo! Direi che sei in parte in tema con il nuovo
capitolo XD. Ma temo che sia inutilizzabile per scoprire cosa
succederà... dovresti prima capire cosa mi passa per la testa
XD. Eiyu è un personaggio nato per essere misterioso XD.
Scoprirai di più sul suo conto in futuro... in tutti i sensi XD. E
Mirai Nikki... era troppo malato per non inserirlo XD. E chi meglio di
Marco poteva averci a che fare? Se avessi mandato pure Loony
probabilmente sarebbe successo il finimondo XD. @ Jimmopolis:
Beh, Yuno è sufficientemente folle che potrebbe anche succedere
XD. Per la tua domanda, vediamo... Hakai non è che cerca esseri
che tendono al caos... gli è solo capitata Yuno e ha sfruttato
l'occasione XD. E no, non farà come Baby XD. Per
l'incontro con suo padre... vedrai... XD @ fria:
Ehhh... Hakai è un personaggio ben più complicato di
quanto possa sembrare... e se qualche mistero è stato risolto,
molti altri ne arriveranno XD. Il capitolo è basato
sull'anime/manga "Mirai Nikki". @ Armitrael:
Oh, cavoli! Ho creato un nuovo personaggio distruttivo! XD. Comunque
sì, rivedremo ancora Eiyu... anche se al momento è solo
un prototipo XD. Mi fa piacere sapere che hai apprezzato il capitolo
e la scelta di protagonisti... e spero che anche Chi ci sarà in
questo capitolo risulterà apprezzato (almeno, finora non ho
sentito nessuno dire che non lo sopporta, e la sua longevità ne
è una conferma XD. Senza dubbio il personaggio più
vecchio che ho usato finora al di fuori di quelli della Disney XD). Per la questione del custode cattivo... solo un nome: Sora XD @ lightvanitas96: Prima
di tutto, benvenuto tra i recensori! Cavoli, non pensavo si potesse
leggere in così poco tempo XD. Anche se devo ammettere che la
capacità di creare illusioni mi mancava... *alla Burns*
Eccelente! Il mio piano di conquista procede egregiamente! Per Sora... beh, questo capitolo potrebbe illuminarlo... o il capitolo o un cacciavite XD @ Liberty89: Lib-Sensei! Tranquilla, lo so che ci sei sempre per recensire ù.ù Vedo che ti ho colpito sia con il mondo sia con le special quest XD. Mirai
Nikki, fin dal momento in cui mi hai fatto vedere il primo episodio, si
è inserito automaticamente nella fiction XD, e mi tornerà
ancora utile... Stesso vale per Kenshin XD Eh, povero Eiyu... lui
sa solo quel che hanno fatto da custodi, non sa che si potrebbero
montare la testa XD (anche se è più probabile che lo
faccia solo Marco XD). E tranquilla... forse, e dico forse, capirai
la vera intendità del tipo misterioso del tempo molto presto...
Anche perché altrimenti il personaggio che appare in questo
capitolo non potrebbe fare granché XD
Bene, e ora... invece di lasciarvi con il classico "Buona lettura a tutti!", ho solo una parola da dire... Allons-y!
Capitolo 83: Flashback Sora: popoli nascosti e viaggiatori dello spazio-tempo
Non appena Sora uscì dal varco, si
ritrovò in una via deserta, appartenente a una cittadina in apparenza non molto
grande. “Per fortuna non mi ha visto nessuno.” Osservò,
guardandosi attorno e chiudendo il passaggio alle sue spalle. Cercando di sembrare il più indifferente
possibile s’incamminò, ritrovandosi in una piccola piazza, in quel momento
frequentata da poche persone, per la maggior parte anziane. “Beh, almeno non c’è la folla del mondo
di Kagome…” commentò sorridendo, per poi addentrarsi nella piazza, in cerca di
qualcosa che potesse essere fuori posto. Oltre a lui, ovviamente. La sua attenzione fu attirata da un
foglio, appeso a tutte le porte dei negozi. Il ragazzo si avvicinò, per poi sgranare
gli occhi. Sul foglio era disegnato il volto di un
essere orribile, che sembrava essere stato devastato in ogni modo immaginabile.
Subito sotto il disegno c’era la scritta ‘Ricercato
per omicidio’. “C-Cavoli… e c’era chi definiva la
Bestia un mostro… si vede che chi l’ha chiamato così non aveva mai visto questo
qui.” Fece. “Ma come diamine può esistere una creatura del genere?” “Ottima domanda, giovanotto.” Disse una
voce. Sora si girò, ritrovandosi a guardare un
agente della polizia. “Oh, salve. Scusi, non era mia
intenzione curiosare.” Replicò, cercando di nascondere la sua sorpresa. “Non preoccuparti. Non si vedono spesso
stranieri da queste parti, specie dopo l’ultimo.” E il poliziotto indicò il
foglio. “Il diavolo in persona, ecco che cos’era. Di umano non aveva proprio
niente!” “Ne deduco che non era normale per voi.” “Normale? Stai scherzando, vero? Hai
visto l’identikit, è un mostro! E la cosa peggiore è ciò che ha fatto. Ha fatto
a pezzi decine di persone, per poi farsi incollare addosso le parti che
preferiva. Il chirurgo che ha costretto a compiere una simile atrocità non si è
ancora ripreso dall’orrore.” “Quanto tempo fa è successo?” “Qualche mese… la gente del posto ha
voluto dimenticare quel giorno. Probabilmente il peggiore che abbia mai
vissuto.” “E del messaggio di Aqua?” Il poliziotto si mise a ridere. “Quello
è passato totalmente inosservato. Dopo un mostro del genere, nulla può più
spaventare.” “Potrei essere d’accordo… e non mi
dispiace affatto essermelo perso.” Fece Sora. “Però vorrei avere qualche
informazione in più. Ad esempio, per caso aveva inciso sul corpo uno strano
simbolo simile a un cuore?” “Direi proprio di no. Io l’ho visto di
persona, e credimi: di cuore non aveva niente di niente. Né reale, né finto. Ma
perché questa domanda?” “Non è il primo mostro di cui sento
parlare. Anche se è il primo a essere così spaventoso, lo devo ammettere.” “Davvero? Mi sembri abbastanza grande
per andare ancora alla ricerca di mostri.” Sora sorrise. “Sono un fan del genere.”
Spiegò. “E ho sentito che di recente molti mostri hanno questo strano cuore
inciso addosso. Per questo pensavo che potesse fare parte della stessa
famiglia.” “Beh, qui credo ci sia una sola persona
in grado di darti maggiori informazioni.” Rifletté l’agente, per poi indicare
la strada. “Se vai sempre dritto, raggiungerai una casa isolata. Là abita Archibald.
Lui dovrebbe saperti dire ciò che vuoi. Ma attento, è un tipo un po’ strambo.
Parla sempre di un popolo segreto nascosto chissà dove.” “Davvero?” domandò realmente interessato
Sora. “Allora credo proprio che andrò a parlarci. Grazie mille per l’aiuto,
agente.” “Di nulla. Ma dimmi, da dove vieni?” Il custode sorrise. “Da molto lontano. Dubito che qualcuno
possa dirle di aver anche solo sentito il nome del mio luogo d’origine.” “Abbiamo internet, non dovrebbe essere
difficile.” Scherzò il poliziotto, chiudendo per qualche secondo gli occhi. Ma quando li riaprì, il ragazzo era
scomparso e al suo posto si poteva vedere una lieve luce. “Ma cosa-?” fece incredulo l’uomo,
guardandosi attorno. “Non starò impazzendo, vero?” Sora uscì dal varco qualche centinaio di
metri più avanti, dietro al muro di una casa. “Mi dispiace averlo dovuto ingannare
così, ma qualcosa mi dice che è meglio non rivelare come se niente fosse che
sono un custode.” Disse, per poi tornare a guardare la strada di fronte a sé.
“Mi conviene procedere in volo, farò più in fretta.” Detto ciò, si alzò dal terreno, per poi
cominciare a percorrere la strada. Nonostante la sua velocità, impiegò
diversi minuti prima di avvistare la casa che l’agente gli aveva indicato,
decidendo poi di atterrare qualche metro indietro per sicurezza. “Speriamo sia quella giusta.” Mormorò,
portandosi una mano sulla nuca. Procedendo a passo normale, attraversò
il cancello aperto e percorse il piccolo sentiero che conduceva all’ingresso
dell’abitazione. Tuttavia si fermò un istante, per poi
voltare la sua attenzione verso il vasto giardino. “Che strano… per un momento… no,
impossibile.” Fece, scuotendo la testa. “Chi sei?” chiese una voce. Sora si guardò intorno, cercando di
capire chi lo stesse chiamando. “Sopra di te.” “Peter?” disse riflettendo il custode,
guardando il cielo. “Alla finestra.” Continuò la voce,
riuscendo finalmente ad attirare l’attenzione del castano nella giusta
direzione. Si trattava di un bambino, che lo stava
osservando incuriosito da una delle finestre. “E chi sarebbe questo Peter?
Peter Pan?” “Ciao!” lo salutò Sora, alzando la mano
e sorridendo al pensiero che senza saperlo il piccolo aveva indovinato. “Il mio
nome è Sora. Volevo sapere se qui abita un certo Archibald.” “È mio nonno. Perché lo stai cercando?” “Ecco… mi hanno parlato di lui in paese.
Sto facendo una ricerca e tuo nonno potrebbe avere le informazioni che cerco.” “Il nonno adesso è fuori con la nonna, ma
se vuoi posso aiutarti io. Ho seguito le orme di mio nonno, e so più o meno un
po’ le stesse cose.” Asserì il bambino, sorridendo. “Davvero? Mi saresti molto d’aiuto allora.” “Un minuto e arrivo.” Sora vide il bambino rientrare,
immaginando che si stesse dirigendo verso la porta d’ingresso. Fece per raggiungerla, ma si girò ancora
verso il prato. “Di nuovo quella sensazione. C’è
qualcuno che mi sta osservando?” si chiese, scrutando attentamente il giardino,
per poi chinarsi. “Però qui non c’è nessuno. E non è nemmeno oscurità quella
che sento…” Il rumore della porta d’ingresso lo
distrasse. “Hai perso qualcosa?” chiese il bambino,
che sembrò leggermente preoccupato dall’interesse che lo straniero stava
rivolgendo al prato. “No… Qualche animaletto ha attirato la
mia attenzione, tutto qui.” Rispose lui, alzandosi e avvicinandosi al bambino,
per poi porgergli la mano. “Piacere, come ho detto prima, mi chiamo Sora.” Si
ripresentò. “Arthur.” Rispose lui, ricambiando la
stretta. “Allora, che cosa vorresti sapere?” “Sono giunto qualche ora fa in paese,
dove ho appreso che qualche tempo fa, qui da voi è comparso un mostro per poi,
a quanto pare, scomparire nel nulla. Sono un fan di queste cose, e cercavo
maggiori informazioni, così mi hanno consigliato di rivolgermi a tuo nonno.” “D-Davvero?” rispose il bambino,
incredulo. “Strano, perché noi quel mostro non lo abbiamo nemmeno visto.” Tuttavia, qualcosa nel suo tono di voce,
portò Sora a dubitare della sua risposta. “Capisco.” Disse, per poi sospirare. “E
dimmi… sai qualcosa sui custodi?” “Custodi? Quelli di qui parlava quella
misteriosa donna?” Sora annuì. “No, di loro non so nulla. Nessuno ha
mai sentito parlare di loro prima, ma vieni, entra pure. C’è ancora un po’ di
torta di mia nonna.” “Non vorrei disturbare…” “Mia nonna mi avrebbe già rimproverato
per non averti fatto accomodare.” Rispose Arthur sorridendo. “E poi, vorrei
provare ad aiutarti nella tua ricerca, per quanto possibile. Se poi arrivano i
miei nonni, potrai chiedere a loro qualcosa in più.” “Beh, allora ti ringrazio.” Fece il
custode, seguendo il bambino in casa. Lo condusse alla cucina, dove Sora si
sedette vicino al tavolo, mentre Arthur apriva il frigorifero, tirando fuori
due grosse fette di torta. “Allora, da dove vieni?” chiese, mentre
le metteva in due piatti, per poi prendere due forchette. “Da un’isola molto lontana da qui. Sono
in viaggio alla ricerca di informazioni, come ho detto prima.” “Davvero? Un viaggio del genere solo per
informazioni sui mostri? Non potevi usare internet?” Sora ridacchiò. “Dalle mie parti, la
cosa più tecnologica è la lampadina. Ho scoperto computer e simili solo dopo
aver iniziato il mio viaggio.” “Che strano, credevo che ormai fosse
ovunque. Pure qui ce ne sono un paio, anche se li usa principalmente la
polizia.” “Eravamo piuttosto isolati. Abbiamo
lasciato l’isola… solo quando non era più possibile restarci.” “Come mai?” “È stata distrutta.” Rispose schietto
Sora, infilzando la torta con la forchetta, per poi portarsi un pezzo in bocca.
“Squisita!” Continuò, ignorando lo sguardo sconvolto di Arthur. “D-Distrutta?” ripeté lui, non sapendo
cos’altro dire. “Già. Ormai qualche anno fa. Sono stato
scaraventato via, ed è così che ho iniziato il mio viaggio. Un viaggio che non
è ancora finito.” “S-Sai come hanno fatto a distruggerla?
Qualche bomba atomica, o esperimenti del governo o-” “Nulla di così semplice. La mia isola… è
stata una delle prime vittime di Xehanort.” Spiegò Sora, finendo di mangiare il
dolce e appoggiando la forchetta nel piatto. “Xehanort? Quel Xehanort?!” esclamò
Arthur, saltando in piedi. “Proprio lui. Lui e i suoi mostri, gli
Heartless, attaccarono la mia isola, facendola piombare nelle tenebre.” Continuò
il custode, alzandosi, per poi porgere la mano in avanti. “E io… diventai il
primo dei nuovi custodi della Luce.” Concluse, evocando la chiave leggendaria. “Il Keyblade!” gridò Arthur, guardando
l’arma, per poi spostare lo sguardo su Sora. “Allora tu… Tu sei uno dei custodi
di cui parlava Aqua!” “Proprio così. Anzi, di recente, sono
diventato anch’io un Master del Keyblade, proprio come lei. E ora, Arthur,
gradirei tu mi dicessi la verità su quel mostro.” Il bambino lo guardò per qualche secondo
per poi annuire e prendere la sedia, dirigendosi verso una mensola piena di
barattoli di vetro. “Si chiama Maltazard.” Disse,
cominciando a guardare i vari barattoli. “Prima di arrivare in città, ha
terrorizzato un intero mondo. Non un altro mondo, semplicemente un mondo che
coesiste con questo.” Precisò. “Io ero riuscito a fermarlo qualche tempo prima,
assieme ad alcuni amici, ma lui è tornato per vendicarsi e tentare di
impadronirsi del nostro mondo.” Sora non sapeva cosa dire, restando a
osservarlo con la bocca spalancata. “Avevo capito che sapevi qualcosa, ma
non che eri coinvolto fino a questo punto.” Commentò infine, mentre Arthur
prendeva un barattolo e scendeva dalla sedia. “Oh, io e mio nonno siamo forse gli
esseri che odia di più, dopo il suo nemico numero uno.” Spiegò, per poi
appoggiare di fronte a Sora l’oggetto appena preso. “Ma fortunatamente, il suo
ultimo piano gli è costato la libertà.” Il castano abbassò lo sguardo, vedendo
dentro il barattolo un piccolo essere, alto non più di qualche millimetro, che
rispose al suo sguardo. “Ma questo…” fece sorpreso, guardando il
bambino. “Sì. È Maltazard.” concluse Arthur. “Incredibile… Siete riusciti a
rimpicciolirlo?” “No, no… lo abbiamo semplicemente
riportato alle sue vere dimensioni.” “Oh, quindi era così piccolo? Come ha
fatto a seminare il panico?” “Beh, la popolazione a cui ha… diciamo,
dato fastidio è anche più piccola. Lui è considerato un gigante.” “Nemmeno quando ero nel mondo di Alice
sono diventato così piccolo…” costatò Sora, ripensando alla sua prima avventura. “Allora, cosa ti porta realmente qui?” “Un viaggio di controllo. Come saprai, i
mondi sono tutti in pericolo, e noi custodi stiamo visitando i vari mondi per
cercare di salvaguardarli. Come ti ho detto prima, arrivato in città, ho visto
il manifesto con la faccia di questo mostro e ho pensato potesse essere un
Heartless o un Nessuno. Fortunatamente, non è nessuno dei due, e tu l’hai già
sistemato.” “Non è stato proprio facile ma sì, ora non
darà più problemi. È nostro prigioniero.” “Siete solo stati fortunati!” ribatté
una vocetta. Sora e Arthur abbassarono lo sguardo,
vedendo Maltazard guardarli con astio dalla sua prigione. “Non appena sarò
libero, mi vendicherò! E obbligherò tua nonna a prepararmi tutte le torte che
desidererò!” “Questo tipo ha ottimi progetti
malvagi…” commentò Sora. “Anche se dopo tutto quel che ho visto, non è neppure
la cosa più assurda.” “Come sono gli altri mondi?” chiese d’un
colpo Arthur. “Insomma… Gli altri esseri sono verdi con le antenne o come?” Sora scoppiò a ridere. “No, no… Gli
altri mondi sono principalmente abitati da umani, proprio come noi. Certo, mi è
capitato di incontrare oggetti e animali parlanti, persone che si trasformano
in armi… Ma per la maggior parte sono tutti umani. O meglio, come aspetto.
Molti di loro hanno poteri speciali.” “Del tipo?” “Vediamo… durante l’esame, ad esempio,
c’era un ragazzo in grado di allungare il proprio corpo, come se fosse stato di
gomma, e un altro che invece poteva sputare e mangiare fuoco. Poi un nostro
amico è in grado di creare e distruggere da solo un intero mondo.” “Che cosa?! È così potente?” “Anche di più. Soprattutto adesso che ha
scoperto chi è davvero. Sinceramente, non credo ci sia nessuno oltre ai suoi
genitori in grado di tenergli davvero testa.” “Caspita… Mi piacerebbe incontrarlo.” “Ti auguro che non succeda, perché
quello significherebbe che il tuo mondo è in pericolo. Suo padre è mille volte
peggiore di questo esserino, credimi.” “Impossibile, non può esistere nessuno
di peggiore!” “E se ti dicessi che è l’Oscurità
stessa?” “L’Oscurità stessa?” ripeté Arthur,
mentre anche Maltazard prestava attenzione. “Dark è il figlio della Luce e
dell’Oscurità, il che fa di lui l’Equilibrio in persona. Suo padre l’ha trovato,
e ha cercato di portarlo dalla sua parte. E dopo aver preso il controllo su di
lui, l’ha costretto a torturare quasi a morte la persona che amava. Anche se
prima non l’avrebbe mai ammesso.” “T-Torturare?” “Diciamo che… l’ha costretto a farle
qualcosa di molto brutto… Quando li abbiamo trovati, lei era troppo debole,
mentre lui era distrutto psicologicamente.” “C-Capisco… Beh, ad ogni modo, come puoi
vedere, non c’è nessun pericolo al momento.” Fece Arthur, prendendo un
bicchiere d’acqua e offrendolo a Sora, che lo ringraziò. “Con Maltazard chiuso
qui dentro, noi e i Minimei viviamo in pace.” “Minimei?” ripeté Sora, non capendo a
chi si stesse riferendo. “Il popolo che vive in giardino e che
Maltazard odia con tutto se stesso.” “Che vive in giardino? Ma non ho visto
nessuno prima.” “Beh, sono alti due millimetri. Il che
mi rende difficile incontrarmi con mia moglie…” rispose ridacchiando il
bambino. “Capisco…” disse il custode, bevendo un
po’ d’acqua. Tempo qualche secondo e la sputò di
colpo. “MOGLIE?!?!” urlò incredulo, guardando
il bambino. “Ma avrai sì e no dieci anni!” “Beh, sono anche abbastanza grande per
loro. E poi, sono diventato il loro principe, visto che ho sposato la
principessa Selenia.” Sora era paralizzato dalla sorpresa. “O-Okay…
questa mi mancava ancora.” Ammise, deglutendo. “Ma quindi, anche tu puoi
diventare più piccolo?” “Solo ogni dieci lune e solo per poco
più di un giorno. Altrimenti resterei bloccato nel mio corpo da Minimeo per mille
giorni.” “Cavoli… Beh, quindi immagino tu passi
tutto il tuo tempo a cercare di evitare che qualcuno calpesti la tua amata,
giusto?” “Già. Oltre a dover andare a scuola. Qui
sono pur sempre un bambino qualsiasi. Mio nonno è a conoscenza della verità,
mentre mia nonna e i miei genitori non ci prendono troppo sul serio, pensando
che sia una nostra fantasia. O meglio, quasi, visto che Maltazard è sempre qui.” “E non può venire lei a farti visita
qualche volta?” “Non è così facile… Un conto è se io
sparisco per una notte, ma come potrei spiegare la presenza di una ragazza che
non hanno mai visto prima ai miei?” “Ottima osservazione. E quand’è la
prossima luna?” Arthur sorrise. “Proprio stanotte. E il
tempo è sereno, perciò non dovrebbero esserci problemi.” “Posso accompagnarti?” chiese Sora,
lasciando il bambino sorpreso. “Vorrei incontrare anch’io questi Minimei, ma
così non posso di certo parlarci. Da come Maltazard è rimasto senza fiato,
deduco che per loro comunicare con noi sia praticamente impossibile.” “Non so se è possibile… Sono molto rigidi
su chi può entrare e chi no. Io stesso la prima volta sono entrato nel loro
mondo solo perché mio nonno era in pericolo.” “Non hai un modo per comunicare con
loro?” “I custodi non hanno alcun bisogno di
chiedere il permesso.” Rispose una voce possente. Sora si girò verso la porta, sgranando
gli occhi quando vide un guerriero dalla pelle scura entrare in cucina, seguito
da altri quattro uomini simili a lui. “A-Avete sentito tutto?” chiese lui
sorpreso. “Sì. E conosciamo voi custodi, come
anche i Minimei. Si dice che essi portino pace e caos in ugual misura per i
mondi, ma tu sembri portare la prima.” “Almeno ci provo… ultimamente le cose
non sono andate proprio come speravo…” “Ma come? Credevo che potesse passare
una sola persona.” Fece Arthur, rivolgendosi a quello che doveva essere il
capo. “Il Keyblade è la chiave che apre tutte
le porte.” Rispose Sora. “Con questo, posso accedere a tutto.” “Esattamente. Il passaggio tra i due
mondi dovrebbe aprirsi per te.” “Ma voi chi siete?” “Noi siamo i Bogo-Matassalaï, un popolo
che assiste i Minimei da tempo immemore.” Rispose uno degli uomini, per poi
girarsi. “Vi aspetteremo questa notte.” Il custode rimase in silenzio mentre i
cinque si allontanavano. “Ehm… non ho ben capito chi fossero e
cosa centrano con i Minimei…” confessò ad Arthur, che ridacchiò. “Senza di loro, sarebbe impossibile
andare dai Minimei. Sono gli unici in grado di aprire il passaggio.” “Arthur? Con chi stai parlando?” intervenne
una voce femminile. “Ah, la nonna!” esclamò il bambino,
guardando Sora. “Temo dovrai spiegare di nuovo tutta la storia.” “Quindi tu sei un custode, eh?” chiese
Archibald, dopo che il castano ebbe finito di raccontare la sua storia, questa
volta riferendo anche alcune delle sue avventure. “Già.” “E sei venuto fin qui per informarti su
lui?” chiese la nonna di Arthur, indicando il barattolo con dentro il mostro. “Beh, inizialmente no. Semplicemente ero
di passaggio e ho sentito parlare di lui. E poi quando ho saputo dei Minimei,
mi sono interessato a loro.” “Oh, quindi Arthur te ne ha già
parlato?” fece Archibald, mentre sua moglie sospirava. “Beh, io vi lascio a parlare da soli
allora. Non sono più disposta a sentir parlare di loro, soprattutto dopo quel
che ci è successo.” annunciò, uscendo dalla cucina. “Devi scusarla, ma fatica ancora a
crederci.” Disse l’uomo. “Tranquillo. Nei miei viaggi ho visto di
tutto, per questo non fatico a crederci, ma se fossi rimasto sulla mia isola,
probabilmente nemmeno io vi avrei creduto.” “Pensare che l’universo è in pericolo…
Non sarà proprio la ripatriata migliore quella di stanotte.” Sospirò Arthur.
“Selenia non la prenderà bene… non facciamo in tempo a liberarci di un nemico
che subito ne arriva un altro…” “Non vi preoccupate!” esclamò Sora. “Non
lascerò che l’Oscurità vinca. Io, assieme agli altri custodi, faremo di tutto
per impedirlo!” I due lo guardarono, per poi annuire. “Dimmi Sora…” cominciò Archibald. “Hai
detto che nei tuoi viaggi ti è già capitato di incontrare dei non umani,
giusto?” “Ho anche viaggiato per un po’ con
alcuni di loro. Perché?” “Beh, i Minimei non sono solo più
piccoli di noi. Sono anche leggermente diversi. E ovviamente, noi non possiamo
andare da loro con il nostro aspetto.” “Oh, quindi ci dovremmo trasformare?” “Non ne sembri sorpreso.” “Perché mi è già capitato: sono
diventato un tritone, un vampiro, un leone, un cartone animato, un essere
digitale… insomma, non sono per niente nuovo a certe esperienze.” “V-Vampiro?” ripeté Arthur, non sicuro
di aver capito bene. “Ero nella Città di Halloween, lì non
esistono umani.” Spiegò Sora, sorridendo di fronte all’espressione incredula
del bambino. “Sono diventato un tritone quando sono dovuto andare in una città
che si trovava sott’acqua. Mentre un leone quando sono andato in un mondo
abitato da soli animali. La magia dei custodi ci permette di adattarci ai mondi
in cui andiamo.” “Incredibile… allora è per questo che tu
puoi entrare nel mondo dei Minimei anche se il numero massimo di persone è di
uno.” Rifletté Archibald, alzandosi in piedi e dirigendosi verso una delle
mensole, tirando fuori una confezione di caramelle. “Ma sarà meglio per te
presentarti con un dono per loro.” Disse sorridendo. Passarono il resto della giornata
ascoltando i racconti di Sora sugli altri mondi, finché alla fine non giunse la
notte. Furono i Bogo-Matassalaï a chiamarli,
dicendogli di seguirli in giardino. Una volta tutti fuori, i cinque
guerrieri si misero in tondo, formando un cerchio. Poi uno di loro prese un tappetto
arrotolato su sé stesso, e aiutato dagli altri, lo srotolò, facendogli coprire
perfettamente lo spazio tra di loro. Solo allora Sora notò un piccolo buco al
centro di quel cerchio. Subito dopo, un altro guerriero prese un
treppiedi, mettendolo proprio sopra di esso, per poi prendere un cannocchiale e
inserendo la parte anteriore nel terreno, mentre l’altra parte guardava la
luna. “Tocca a te, Arthur.” Disse il capo dei
Bogo-Matassalaï. Il bambino annuì, raggiungendo il
cerchio, e cominciando a muovere le ghiere del cannocchiale. “Il primo anello tre tacche a destra…”
disse. “Il secondo tre a sinistra… e il terzo un giro completo.” Per qualche secondo non successe nulla:
Arthur, i guerrieri e Sora erano in perfetto silenzio. Poi, senza alcun preavviso, un fascio di
luce spezzò le tenebre, collegando la luna e il cannocchiale. “Custode, ora tocca a te amplificare la
luce.” Disse uno dei guerrieri. Sora annuì, evocando il Keyblade e
puntandolo verso la luce. La punta della chiave s’illuminò, per
poi lanciare un raggio che si unì all’altro, amplificandolo. Arthur prese fiato. “Sora, presto, vieni qui!” disse. “Il
passaggio rimane aperto solo per pochi minuti, e non si può riaprire.” Il custode fece scomparire il Keyblade,
per poi raggiungere il bambino. “Sono Arthur!” esclamò di colpo lui.
“Voglio tornare nel vostro mondo per incontrare mia moglie, la principessa
Selenia. Con me ho un custode della Luce, Sora.” Per qualche instante tornò il silenzio.
Poi una voce intervenne. “Arthur? Sei sicuro di ciò che hai
detto?” chiese. Il castano guardò il cannocchiale,
sicuro che la voce provenisse proprio da sotto di esso. “Presentati.” Lo intimò il capo dei
Bogo-Matassalaï. Il ragazzo annuì, ricevendo un assenso
anche da Arthur. “Sì. Io sono Sora, un custode del Keyblade! Vengo da un altro
mondo e sto viaggiando per sventare le minacce in previsione della Guerra del
Keyblade, che potrebbe portare alla scomparsa dell’universo. Master Aqua mi ha
sottoposto personalmente all’esame di Master, e ora, proprio come lei, ricopro
quel grado. Perciò io, Master Sora, chiedo ufficialmente di poter parlare con
voi Minimei!” “Master Sora… Perché vuoi parlare con
noi?” chiese la voce. “Voglio solo parlare, tutto qui. Ho
saputo della minaccia che avete recentemente affrontato, e voglio assicurarmi che
l’Oscurità non possa più intervenire in questo mondo.” “Bétamèche, puoi fidarti di lui.” Intervenne
Arthur. Per qualche secondo nessuno disse nulla. “Va bene! Allora preparatevi!” Non appena disse ciò, il raggio di luce
cominciò a tremare. “Ora preparati, non sarà una cosa
proprio immediata.” Lo avvertì il bambino. Poi, senza alcun preavviso, i due
cominciarono a rimpiccolirsi velocemente. Sora si alzò in volo, afferrando Arthur. “Grazie.” Disse lui, per poi indicare la
lente del cannocchiale. “Dobbiamo restare sul vetro. È quello il passaggio!” “Va bene!” Mentre continuavano a diminuire di
dimensioni, Sora portò Arthur sulla lente, per poi restare entrambi con la
schiena appoggiata a essa. Senza che i due potessero far nulla, il vetro alle loro
spalle cominciò a diventare molle, facendoli sprofondare, per poi precipitare
lungo il tubo del cannocchiale. Sora cercò di restare in volo, ma una
strana pressione lo costringeva a cadere sempre più in basso, andando a
sbattere da tutte le parti. Infine, i due caddero sopra un altro
vetro, dove rimasero fermi per qualche secondo. “Ahi… è sempre traumatizzante…” commentò
Arthur, voltandosi verso il vetro. “Ma perché non sono riuscito a volare?” “Potrai chiederglielo tra poco. Intanto,
saluta.” Disse il bambino. Sora lo guardò sbattendo gli occhi, per
poi voltarsi anche lui verso il vetro. Di fronte a loro, dall’altra parte della
lente, c’era un essere dall’aspetto umano, leggermente sovrappeso, con le
orecchie a punta e dei folti capelli arancioni, che li stava salutando con la
mano. “Lui è un Minimeo? Sembra uno di quei
folletti di cui ho sentito parlare…” fece Sora, guardando Arthur, che mise una
mano in tasca. “Ma avevi detto che ci saremo dovuti trasformare. Come mai siamo
uguali a prima, tranne per il fatto che siamo infinitamente più piccoli?” “Manca l’ultima parte.” Rispose il
bambino, tirando fuori una chiave, che inserì subito in una serratura sulla
parete. Subito si sentì un rumore sopra di loro. Il custode alzò lo sguardo, vedendo
l’altra lente che cominciava a precipitare verso di loro. “Arthur… temo tu l’abbia messa dalla
parte sbagliata!” esclamò preoccupato. Il bambino sorrise, mentre il vetro li
raggiungeva. Sora si portò le mani sopra la testa nel
tentativo di proteggersi dall’impatto, ma con sua sorpresa, questo non avvenne. La lente gli passò attraverso,
coprendoli completamente con una strana gelatina, dopodiché il vetro su cui
erano caduti li fece passare oltre, lasciandoli cadere sul pavimento, proprio
ai piedi di Bétamèche. “Bentornato Arthur!” esclamò questi,
andando ad aiutare il bambino a togliersi di dosso la gelatina. “Grazie… è un piacere rivederti!” rispose
lui, alzandosi e togliendosi la gelatina rimanente, rivelando così il suo nuovo
aspetto: proprio come l’essere al suo fianco, i tratti del suo viso erano
diventati più simili a quelli di un folletto e le sue orecchie si erano
allungate. Indossava un vestito che sembrava essere
fatto di foglie e pezzi di legno, mentre i suoi capelli erano diventati
completamente bianchi, oltre che essersi allungati, andando tutti all’insù. “Selenia non vede l’ora di poter
riabbracciare il suo compagno. Anche se pare che sia il cognato ad avere per
primo questo onore.” Scherzò, per poi voltarsi verso l’ospite straniero, che si
stava rialzando. “Benvenuto anche a te, Master Sora.”
Disse, mentre il custode si toglieva di dosso la gelatina. “Ugh… questa è stata la più strana delle
mie trasformazioni…” fece lui, guardandosi le mani e poi i vestiti. Questi
erano rimasti dello stesso colore, ma ora erano composti anch’essi di foglie e
legno. Non visibili al suo sguardo erano i
nuovi tratti del suo viso, anche per lui diventati simili a quelli di un
folletto: gli occhi erano diventati leggermente a mandorla, e anche a lui le
orecchie si erano allungate. I suoi capelli erano rimasti dello stesso colore,
ma avevano perso la loro tipica forma, diventando una folta chioma. Il custode si portò una mano sulla
testa, per poi sospirare. “Speriamo che dopo tornino normali, o
Kairi mi correrà dietro con le forbici per tagliarli.” Disse ridendo. “Tranquillo, una volta tornati alle
nostre dimensioni originali, perderemo ogni caratteristica da Minimeo.” Fece
Arthur. “Allora, direi che è il momento di
andare. Il consiglio e Selenia vi stanno aspettando.” Esclamò Bétamèche,
dirigendosi in fretta verso una porta. Senza aspettare un secondo, Arthur gli
corse dietro, lasciando indietro Sora. “Deve volergli veramente bene per
affrontare tutto questo…” mormorò lui, per poi sospirare. “Parlo proprio io…” Scuotendo la testa per liberarsi di quei
pensieri, si avviò anche lui verso la porta. Nello stesso momento, sopra la mensola
nella cucina di Arthur, Maltazard sorrise. Sora seguì Arthur e Bétamèche, che lo
condussero attraverso diversi corridoi, fino a ritrovarsi di fronte a una
piazza, in quel momento piena di Minimei, i quali cominciarono subito a
parlottare tra di loro non appena videro il custode. Tuttavia il mormorio venne interrotto
dal rumore di passi veloci, che anticiparono una Minimea dai capelli rossi che
stava correndo verso Arthur, per poi saltargli addosso, venendo presa al volo
dal bambino. “Finalmente sei tornato.” Disse lei,
abbracciando il compagno, che ricambiò il gesto. “Lo sai che non potrei mai lasciarti. In
fondo siamo sposati, no?” rispose lui sorridendo. “Allora lei deve essere Selenia,
giusto?” La ragazza si staccò da Arthur, per poi
voltarsi verso l’ospite. “Esatto. E tu devi essere Master Sora.” “Chiamatemi solo Sora. Detesto che
qualcuno mi parli dandomi troppo rispetto. In fondo, sono ancora un ragazzo.” “Che cosa ti porta da queste parti?”
chiese seria Selenia. “Come ho detto prima, sono solo di
passaggio. Ho scoperto dell’esistenza di Malta-” “Non nominarlo!” ordinò la ragazza. “Da
noi nessuno lo nomina.” “Che cosa? Un altro Voldemort?” “Voldemort?” chiese Bétamèche,
guardandolo con aria interrogativa. “Un tipo di un altro mondo che quasi
nessuno osava nominare per la paura.” “Quindi tu sei o molto forte o molto
stupido.” osservò Selenia. “Forse un po’ il secondo punto…”
ridacchiò il custode. “Non sono mai stato il genio del gruppo, ma me la sono
cavata quando ho salvato l’universo per due volte.” “Come?” “In passato ho viaggiato per i mondi,
affrontando l’Heartless e il Nessuno di Xehanort. Molti mondi ne sono rimasti
all’oscuro, ma questa non è la prima battaglia conto Xehanort. Anche più di
dieci anni fa altri custodi lo affrontarono, tra cui Master Aqua. Purtroppo, però,
non riuscirono a sconfiggerlo, come nemmeno io e i miei amici.” “Questo Xehanort… è così potente?”
chiese Bétamèche. “Sì… e il problema è che non è nemmeno
lontanamente paragonabile al nostro vero nemico…” “Come? Master Aqua non ha parlato di un
altro nemico!” esclamò Selenia. “Perché all’epoca del messaggio non ne
era a conoscenza. Io e i miei amici lo abbiamo scoperto poco prima di sostenere
l’esame per diventare Master. Il nostro nemico… è peggio di chiunque possiate
anche solo immaginare. Il vostro nemico, Xehanort, gli Heartless… anche se
dovessero combattere tutti insieme, non riuscirebbero a raggiungere il suo
livello.” “Un nemico più potente di M il Malvagio?
Impossibile!” esclamò spaventato uno dei Minimei. “Mi dispiace dovervelo dire, ma il
nostro vero avversario ha il potere di distruggere l’universo… ed è per questo
che ci stiamo preparando alla guerra finale. La Guerra del Keyblade.” “Ma chi è?” domandò Selenia. “L’Oscurità… è l’Oscurità stessa il
nostro nemico.” Rispose Sora. A quelle parole, il silenzio piombò
sopra la piazza. “L’Oscurità…” disse un vecchio Minimeo.
“Credevo fosse solo una leggenda… Non credevo potesse esistere davvero
un’entità reale.” “Padre…” fece Selenia. “La leggenda narra che molto, molto
tempo fa, c’è chi dice addirittura alle origini dell’universo, l’Oscurità abbia
dato via a una battaglia senza fine contro la Luce. Battaglia che continua ancora
oggi.” “E in questa battaglia, c’è stato un
solo giorno di tregua.” Continuò Sora. “E in quel giorno, nacque l’Equilibrio.” “L’Equilibrio? Vuoi dire che esiste
anche una terza entità?” domandò Bétamèche. Sora sorrise. “Certo. E io ho viaggiato
con lui.” “Che cosa?!” esclamarono tutti. “Vuoi dire che tu sei riuscito a stare
al fianco di un essere superiore?” domandò incredulo il padre di Selenia. Il custode annuì. “Lo abbiamo incontrato
un po’ di tempo fa, e ha cominciato a viaggiare con noi. Si è presentato come
custode dell’Equilibrio, e ne era convinto. Poi, non molto tempo fa, ha
incontrato suo padre, e la verità è venuta a galla.” “Raccontaci tutto.” Disse Selenia. “Sicuri? Se ho capito bene non avete
molto tempo.” “Qualche ora possiamo permettercela.
Inoltre, se l’universo è in pericolo, lo siamo anche noi.” Sora sospirò. “Comincio a raccontarla
troppe volte questa storia…” “Capisco… E così, ora il nostro destino
è nelle mani di questo Dark…” fece Selenia, non appena il castano finì di
raccontare il suo viaggio. “Sì. Lui farà di tutto per fermare suo
padre e Xehanort, ne sono sicuro. E io non posso essere da meno. Userò tutte le
mie forze per aiutarlo. L’Oscurità non vincerà!” “Ma come agisce l’Oscurità? Non
interverrà di persona ogni volta, no?” “Una volta avrei potuto rispondere di
no. Ma ora… si è già mostrata di fronte a quasi tutti noi. Ha distrutto il
nostro mezzo di trasporto nel tentativo di eliminarci. Senza contare come ha
costretto Dark a torturare Hikari…” “Questo significa… che c’era lui dietro
a M? È lui il responsabile di tutto il male?” Sora scosse la testa. “No, altrimenti
gli basterebbe volere che tutti diventassero come Xehanort. Lui sfrutta
l’oscurità presente nei cuori: dubbi, rabbia, odio… anche il dolore… Lui usa
questi elementi per farti cadere sua vittima. È per questo che bisogna fare
attenzione: in tutto l’universo ci sono solo sette cuori privi d’oscurità, e le
persone a cui appartengono sono definite le sette Principesse della Luce. Sono
state riunite una volta da Xehanort, che ha rubato e messo insieme sei di quei
cuori, creando un Keyblade oscuro. Un Keyblade in grado di aprire i cuori.” “E che cos’è successo?” “All’epoca Xehanort aveva prima guidato
e poi posseduto un mio amico, fino ad assumere il controllo completo del suo
corpo. A essere sincero, ho iniziato il mio primo viaggio per motivi egoistici:
la mia isola era stata distrutta, e io ho cominciato a cercare Riku e Kairi per
i vari mondi. Riku però non è riuscito a resistere all’oscurità, e si è
lasciato dominare. Dopo aver sfruttato una creatura che mirava a dominare i
mondi, ha prelevato i cuori di sei principesse, e con quel Keyblade mi ha
attaccato. Io riuscii a sopraffarlo, ma prima di andarsene, mi rivelò chi era
la settima principessa e dov’era il suo cuore.” “E dov’era?” chiese Arthur. Sora si portò una mano sul petto. “Qui. Era sempre stato con me, perché la
settima principessa della Luce era Kairi, e lei aveva involontariamente
trasferito il suo cuore dentro il mio.” Rivelò facendosi scappare una piccola
risata. “Pare che i cuori mi prendano come un hotel dove riposarsi lontano dai
loro corpi.” “Com’è possibile? Insomma, uno non può
avere due cuori!” esclamò Selenia. “Non due cuori fisici… noi custodi ci
riferiamo ai cuori come anime. I cuori contengono ricordi, sentimenti… contengono
la nostra essenza.” “E come hai liberato il cuore di Kairi?”
lo interruppe Bétamèche. “Facendo l’unica cosa che mi venne in
mente. Xehanort prima di scomparire aveva lasciato cadere a terra il Keyblade. Perciò
lo presi e mi colpii al cuore, rilasciando il cuore di Kairi. E anche il mio.
Scomparvi nell’oscurità, tornando indietro come Heartless. Però, a differenza
di tutti gli altri, ero riuscito a mantenere la mia identità. Ero cosciente di
chi ero.” “Aspetta… vuoi dire che adesso sei un
Heartless?” domandò Selenia, portando la mano su un pugnale che aveva legato
attorno alla vita. “No, no, tranquilla. Quando incontrai di
nuovo Kairi, tornata in possesso del suo cuore, avvenne quello che si potrebbe
definire un miracolo. Nonostante il mio Heartless e il mio Nessuno fossero
ancora vivi, riuscii a tornare me stesso, come mi vedete ora.” “Nessuno? Aspetta, che cosa significa?” “Roxas, il mio Nessuno. Quando si crea
un Heartless, nasce un Nessuno. E se il tuo cuore è sufficientemente forte, il
Nessuno ha il tuo aspetto e ricordi. Tuttavia, non è in grado di provare
sentimenti.” Bétamèche aprì la bocca per fare
un’altra domanda, ma non ebbe il tempo di pronunciare sillaba che il terreno
cominciò a tremare. “C-Che cosa sta succedendo?!” esclamò
Arthur, cercando di restare in piedi. “La Luna!” gridò Selenia, alzando un
dito verso il satellite. Tutti seguirono lo sguardo, per poi
spalancare gli occhi. Come se vi fosse stata incisa, una
serratura brillava sopra di essa. “Impossibile!” urlò Sora, evocando il
Keyblade e puntandolo contro l’astro notturno. Il raggio di luce uscì come sempre, ma
durante il tragitto s’infranse nel nulla. “Che cosa? Perché non riesco a
chiuderla?” “Che cosa sta succedendo, Sora?” chiese
Arthur. “Qualcuno ha aperto la serratura del
vostro mondo!” rispose il custode, senza nascondere la sua preoccupazione. “E
per qualche motivo, il mio Keyblade non riesce a richiuderla!” “Che cosa significa?” “In parole povere… questo mondo potrebbe
essere presto distrutto.” Prima di poter dire altro, intorno a
tutta la piazza apparvero un centinaio di piccoli varchi oscuri, da cui
uscirono degli Shadow, affiancati da alcuni Soldati. “E questi cosi da dove saltano fuori?
Non sono insetti!” “No, questi sono Heartless! Non provate
ad attaccarli, le vostre armi non serviranno a nulla contro di loro!” rispose
Sora, alzando la mano libera e aprendo un varco dietro di lui. “L’ho impostato
verso la cucina di Arthur, attraversatelo! Non posso assicurarvi di riuscire a
proteggervi tutti se restate qui!” “Non possiamo abbandonarti a combattere
da solo!” “Ho affrontato migliaia di questi esseri,
non è un problema per me, ma se voi restate qui, mi sareste solo d’intralcio!”
replicò il custode, per poi creare una sfera di fuoco che lanciò contro un paio
di Heartless, che esplosero non appena colpiti dalla magia. “Vi prego, fate
come vi chiedo!” “Va bene… Forza, andiamo!” ordinò il
padre di Selenia, correndo dentro il varco, seguito subito da tutti gli altri. Solo Selenia e Arthur rimasero al loro
posto, senza muoversi. “Che cosa credete di fare? Vi ho già
detto che le vostre armi sono inutili contro di loro!” urlò Sora. “E con ciò?” domandò Selenia, lanciando
il suo pugnale a Arthur, che lo prese al volo, per poi tirarne fuori un altro
da una tasca, buttando via la fodera. “Questo è il nostro mondo, e io sono la
futura regina dei Minimei. Non crederai davvero che me starò in disparte a
guardarti combattere per noi, vero?” Il custode sospirò, per poi lanciare il
Keyblade come un boomerang, falciando una decina di Heartless, che scomparvero
nell’oscurità. “Fate come volete, ma vi avverto che le
cose non-” Ma prima che potesse finire la frase,
Selenia lanciò il pugnale contro un Heartless, trapassandolo in piena testa,
facendolo così sparire. “Che cosa dicevi sul fatto che le nostre
armi erano inutili?” chiese lei, sorridendo. Sora la guardò esterrefatto, per poi
scuotere violentemente la testa. “Non male, lo ammetto. Sono pochi quelli
che riescono a ferire o eliminare un Heartless senza usare il Keyblade. Ma ora
non hai più nessuna arma da usare.” “Anche se l’avesse, sarebbe inutile.”
Disse una voce. Sora e i due Minimei si girarono,
ritrovandosi a guardare Maltazard, libero, che camminava tra gli Heartless
senza alcuna difficoltà. “Tu?!” esclamò irata Selenia. “Già, io.” Rispose lui, sorridendo. “Visto così, fa decisamente paura…”
commentò Sora. “Come hai fatto a liberarti?” “Ottima domanda, custode… Vedi, il tuo
arrivo era in parte previsto. Lo stavo aspettando per attuare questo piano. Tuttavia,
non dovevi essere tu.” “E chi allora?” Maltazard sorrise di nuovo, per poi
parlare con una voce diversa. “Dark. Aspettavo lui per manovrare
questo debole essere.” Disse. Sora spalancò gli occhi. “Tu!” esclamò, puntandogli contro il
Keyblade. “Lui chi?” domandò Selenia. “L’Oscurità… è nel corpo di Maltazard.”
Spiegò il custode, deglutendo. “Già… Sono proprio io.” Continuò
l’avversario, schioccando le dita. “E dimmi, Sora, come pensi di affrontarmi
con quelle tue ridotte dimensioni? Come vedi, la serratura è bloccata. E il tuo
misero Keyblade non può fare nulla.” “Che cosa vuoi fare al nostro mondo?!”
gli urlò Arthur. “Distruggerlo ovviamente.” “Non te lo permetterò!” dichiarò il
custode, partendo all’attacco pronto a colpirlo. Ma questi alzò un braccio, bloccandolo a
mezz’aria. “Non sei ancora sufficiente…” giudicò,
per poi spedirlo indietro, facendolo andare a sbattere per terra. “Sora, Arthur, Selenia! Affrontatemi se
ci riuscite!” li sfidò, mentre gli Heartless attorno a lui cominciavano a
circondarlo, per poi farlo sparire sotto la loro massa. Per qualche secondo non successe nulla. Poi, tutto d’un colpo, una colonna nera
si alzò da dove si trovavano, raggiungendo il cielo. Lentamente, questa cominciò a cambiare
forma, assumendo gli stessi tratti di Maltazard, solo che adesso era alto un
centinaio di metri. Sora e i due compagni alzarono lo
sguardo. “È un po’ più alto dell’ultima volta…” considerò
Arthur, deglutendo e indietreggiando. “Ha fuso gli Heartless con lui… l’ha
trasformato definitivamente in un essere oscuro…” disse il custode, guardando
il suo Keyblade. “Che cosa facciamo? Era impossibile affrontarlo
quando era alto come un umano, e ora…” “A questo punto non mi resta altra
soluzione… dovrò forzare il passaggio.” Decretò Sora, alzando il Keyblade verso
l’alto. “Che cosa?” “La nostra trasformazione. Cercherò di
innescarla artificialmente e immediatamente, ma non posso assicurare nulla sui
risultati.” “Potresti farlo anche per me?” chiese
Selenia. “Non voglio restare in disparte.” “Ma Selenia, tu-” “Se tu puoi trasformarti in uno di noi,
allora anch’io posso diventare come te.” affermò lei, per poi tornare a
guardare Sora. “Non lo so… potrebbe funzionare, oppure
no. Non sono nemmeno sicuro funzioni per me e Arthur.” “Provaci.” Il ragazzo annuì, mentre il Keyblade
s’illuminava. “Allora andiamo!” urlò, mentre gli altri
due mettevano le mani sul Keyblade. Maltazard voltò lo sguardo verso il
basso, vedendo una luce brillare, per poi diventare sempre più grande. Prima che potesse rendersene conto, si
divise in tre fasci, che andarono a sbattere sull’erba del giardino. “Ohi… l’atterraggio non è stato dei migliori
neppure stavolta…” fece il custode, tornado al suo aspetto normale,
rialzandosi. “Già…” rispose Arthur. “Tutto bene,
Sele-” Ma il bambino si bloccò. Di fronte a lui c’era una bambina della
sua età, con lunghi capelli rossi e con addosso una tunica verde, che si stava
rialzando da terra. “Che male… voi custodi non siete i
migliori nel far atterrare qualcuno, vero?” chiese, guardandoli, per poi
spostare la testa a lato. “Arthur, perché mi stai guardando con la bocca
aperta?” “S-Sei… fantastica…” disse lui, cercando
di riprendersi. Ma prima che potesse dire altro, una
folata di vento si alzò su di loro, sollevandoli da terra. “Vedete di resistere a quest’altra di
caduta!” urlò la voce dell’Oscurità, scagliando verso l’alto Arthur e Selenia,
mentre spedì Sora nuovamente sul prato. “No!” urlò il castano, guardando i due
bambini volare verso l’alto. Ma prima che potesse anche solo pensare
ad altro, il rumore di un vento impetuoso, che sembrava costretto in una
feritoia riempì l’aria, sovrastando ogni altro suono. “E ora che cosa sta-” fece il custode,
per poi vedere il cielo sopra di loro piegarsi, lasciando uscire dal nulla una
cabina del telefono blu, che andò a sbattere contro il volto di Maltazard,
rimbalzandoci sopra e allontanandosi illesa, continuando a ruotare su se stessa
a velocità folle, e con suo orrore, Sora la vide andare verso Arthur e Selenia. Tuttavia, prima che i due potessero
andarci a sbattere contro, una porta si aprì verso l’interno da uno dei lati,
lasciando entrare i due, e lasciando sentire subito dopo il rumore di due tuffi. “Eh?” esclamò sorpreso, sbattendo le
palpebre un paio di volte, non sicuro di aver sentito bene, per poi vedere la
cabina scomparire nello stesso modo in cui era arrivata. Arthur e Selenia uscirono subito con la
testa dall’acqua, cercando di riprendere aria. “Ma che diamine è successo?!” sbottò la bambina,
nuotando fino al bordo di quella che aveva tutta l’aria di essere una piscina
al chiuso. “Scusateci, ma non abbiamo avuto il
tempo di farvi arrivare nella stanza dei materassi.” Disse una voce, mentre i
due videro degli asciugamani volare verso di loro, prendendoli al volo. “Uscite
e asciugatevi. Direi che non è il momento giusto per perdere tempo in un bagno.” “Ma come… stavamo precipitando e siamo
caduti… in una piscina?” fece Arthur, guardandosi intorno. “Sì, cose che capitano più volte di
quanto possiate immaginare.” Continuò la voce, mentre una ragazza dai capelli
biondi che indossava un paio di jeans e una maglietta rossa entrava nella
stanza. “Anche se a essere sincera, mi mancavano ancora un mostro gigante e due
bambini che tentano stupidamente di affrontarlo.” “Chi sei?” “Rose Tyler, piacere di conoscervi. Ora
sbrigatevi e seguitemi.” I due annuirono, ancora sorpresi,
avvolgendosi con gli asciugamani e seguendola nella stanza accanto. Si ritrovarono in una stanza enorme, con
al centro uno strano macchinario che arrivava fino al soffitto, composto da un
panello circolare che stava attorno a una colonna di vetro al cui interno c’erano
diversi pezzi in movimento. Di fronte a quel tripudio di tecnologia,
intento a muovere leve e premere bottoni, a volte prendendoli a martellate, si
trovava un uomo con un completo elegante beige. “Stanno bene tutti e due.” Gli disse la
bionda, raggiungendolo. “Quanti danni abbiamo subito?” “Mia cara Rose, lo dovresti sapere che
quasi niente può scalfire questa bellezza!” rispose l’uomo, con un tono
assolutamente non serio, guardandola con un sorriso e baciando la macchina
subito dopo. “Nemmeno un mostro gigante alto circa cento volte più di noi.” “Arthur… che cos’è quella cosa?” chiese
Selenia, guardando incredula il macchinario, che sembrava continuare a
sbuffare. “Ehi!” esclamò l’uomo, girandosi verso
di lei. “Parlane bene, non è una qualsiasi cosa! Lei è il TARDIS, ed è grazie a
lei se vi abbiamo salvato l’osso del collo. Ora… voi chi siete?” “Questo dovremmo esserlo noi a chiederlo!
Siete custodi?” replicò Arthur. “Custodi? Certo che no.” Rispose Rose,
sorridendo. “Sebbene anche noi passiamo gran parte del nostro tempo a salvare
mondi…” “È un soprannome che mi manca ancora.
Alcuni mi chiamano Distruttore, altri Salvatore, altri ancora
Vattenedalnostromondo… No, forse quest’ultimo non è un nome…” rifletté
guardando in alto. “Ma che importanza ha? Voi chiamatemi il Dottore.” “Il Dottore? E che razza di nome è? E
dove ci troviamo adesso?” urlò Selenia, perdendo la pazienza. “Come ho detto prima, siete a bordo del TARDIS,
e per essere meno precisi, stiamo volando nello spazio tempo, ma non avete
ancora risposto alla mia domanda… chi siete?” “Io sono Selenia, principessa dei Minimei.”
Rispose la ragazza, per poi guardare il compagno. “E lui è Arthur, mio marito.” “Marito? Non siete un po’ troppo…
giovani?” chiese Rose. “Oh, no. Anzi, per alcuni sono anche
decisamente grandi.” Fece il Dottore, per poi tirare fuori da una tasca uno
strano oggetto di metallo, che puntò contro i due, facendo accendere una luce
azzurra accompagnata da un ronzio. “Interessante… Uno di voi è umano, e
l’altro non proprio.” Disse spegnendolo. “Ma chi sono io per parlare? Dopotutto
non credo ci siano umani con due cuori come me, no?” “Che cos’è quello? Una specie di spada
laser?” domandò Arthur. “Oh, nulla di così incredibilmente
banale. È un cacciavite sonico. Allora…” continuò lui, alzando entrambi gli
indici delle mani. “Che cos’era quella cosa là fuori?” “L’Oscurità. Era l’Oscurità dentro il
corpo di un nostro nemico.” “L’Oscurità? Dottore, non è un po’
presto? E soprattutto, non avevi detto che non interveniva mai in prima
persona?!” esclamò Rose, guardando l’uomo, che assunse un’espressione semi
preoccupata. “Primo, il Dottore mente. Secondo, il
Dottore molto, ma veramente molto raramente, sbaglia.” “Tipo modesto, eh?” lo interruppe
Selenia. “Quando hai oltre novecento anni umani,
della modestia non rimane molto.” Rispose lui, ignorando la ragazza, la quale
sgranò gli occhi. “Terzo… Il Dottore non ha mai voluto affrontare quel mostro.
E non mi riferisco a quello qui fuori, ma quello che si trova dentro.” “C’è qualcosa di cui hai paura anche
tu?” “Ho paura di molte cose, Rose. Ma quella
è la prima della lista. Mi dispiace ragazzi, ma questo cambia le carte in
tavola. Ce ne andiamo il più lontano possibile! Che ne dite dell’anno 3000?
Molto pacifico, almeno finché non arriveranno gli alieni per tentare di
conquistare di nuovo la Terra e-” “Noi non andremo da nessuna parte!”
esclamò Selenia, avvicinandosi a lui e guardandolo minacciosa. “Là fuori c’è il
nostro mondo, e i nostri amici! Il mio popolo! Non li abbandonerò scappando
come una codarda!” “E io sono con lei!” disse Arthur.
“Inoltre, Sora sta combattendo da solo e non-” “Sora?” fece il Dottore, guardandoli.
“Un ragazzo dai capelli castani, a punta, tutti all’insù, aria un po’ da tonto,
occhi azzurri… Quel Sora?” “Lo conosci?” domandò Rose. “Diciamo di sì… io conosco lui, ma lui
non conosce me. Non ancora almeno. E forse non mi conoscerà mai.” “Basta, non aspetterò oltre!” dichiarò
la principessa dei Minimei, andando verso l’unica porta della stanza. “Io vado.
Forza Arthur, non possiamo lasciare che M vinca.” “La serratura del vostro mondo è stata
aperta.” Disse il Dottore. “Non è un evento che capita spesso. E quando capita,
quel mondo è condannato.” “Allora noi cambieremo questa regola.”
Rispose Arthur. “Selenia ha ragione, non possiamo arrenderci così.” Il Dottore restò in silenzio per qualche
secondo, per poi sorridere. “Sapete, chiudere una serratura è
un’esperienza che ancora mi manca!” esclamò, cominciando di nuovo a trafficare
con il marchingegno al centro della stanza. Subito l’intera struttura cominciò a
tremare. “Ma prima, dobbiamo andare a prendere
qualcun altro!” annunciò, afferrando altre leve per non cadere. “Senza
considerare che ora come ora, voi due non avete nessuna possibilità di
vittoria. Tenetevi forte!” Sora venne colpito in pieno dal pugno
della creatura, che lo spedì contro un muro della casa di Arthur, il quale
cedette e lo lasciò entrare, rotolando lungo il pavimento e le macerie,
fermandosi contro l’altro muro. “Maledizione… è troppo forte…” mormorò,
rialzandosi ma cadendo subito a terra, sputando del sangue. Lo sguardo gli cadde sul varco che si
stava chiudendo in ciò che restava della cucina. Fortunatamente era riuscito ad aprirlo e
a far entrare i Minimei, i nonni di Arthur e i guerrieri Bogo-Matassalaï,
mandandoli nella Città di Mezzo. Ora, però, era da solo. La cabina che aveva preso Arthur e
Selenia era scomparsa nel nulla prima che riuscisse a raggiungerla, e ora
Maltazard era in piedi di fronte a lui, ghignando. “Allora Sora… Vuoi continuare a
combattere o ti arrendi?” fece la voce dell’Oscurità, che risuonò nell’aria. “Mai!” replicò il custode, tagliando
l’aria di fronte a sé con il Keyblade. “Non mi arrenderò mai a te!” L’avversario ridacchiò. “Divertente… e
come speri di fare? Sei rimasto da solo ad affrontare me, l’essere più potente
dell’universo. Non ho visto chi è intervenuto prima per salvare quei due
mocciosi, ma anche lui è scappato via subito.” Sora digrignò i denti per la rabbia. “Sì, così. Presto cadrai anche tu sotto
il mio potere.” “No… Io ti sconfiggerò assieme a tutti
gli altri! Non vincerai!” “La tua è una causa persa, custode della
Luce!” Sora fece per replicare, ma si sentì di
nuovo lo stesso rumore di prima. Il custode si girò, vedendo la cabina
blu cominciare a materializzarsi dal nulla alle sue spalle, finché non divenne
definitivamente visibile. “Sai… mi piacciono le cause perse.” dichiarò
una voce, mentre la porta dalla cabina si apriva, lasciando uscire il Dottore.
“Sono quelle che ti spingono ad andare avanti.” “E tu chi sei?” domandò il castano,
alzandosi. “Sono il Dottore. E tu sei Sora, giusto?
Piacere di conoscerti nuovamente, ma se non ti dispiace, rimanderò a dopo i
saluti.” “Il Dottore?” ripeté l’Oscurità, per poi
scoppiare a ridere sonoramente. “Non ci credo… mi hai evitato per così tanto
tempo e ora vieni di fronte a me di tua spontanea volontà!” “Che cosa?” esclamò il custode,
guardando alternamente i due. “Sì, hai ragione. Sono oltre novecento
anni che scappo da te. Come fanno quasi tutti nell’universo, aggiungerei. A
essere precisi, è quello che fanno fin dall’inizio dei tempi. Sai, li ho sempre
visti opporsi a te.” “Sono sempre stato temuto da tutti, non
c’è bisogno che tu venga a ricordarmelo.” “Ho passato la mia intera vita a cercare
di metterti i bastoni tra le ruote, per quanto mi fosse possibile senza un
confronto diretto, ma tu hai sempre manovrato tutti i miei nemici, dico bene?” “Insomma, di cosa state parlando?”
chiese Sora, confuso. “Solo che in tutta la storia
dell’universo, mi sono sempre ritrovato ad affrontare creature corrotte da
lui.” Spiegò il Dottore. “E che ora è giunto il momento che io lo affronti
faccia a faccia.” “E come conti di fare, Dottore?” chiese
divertito l’Oscurità. “So bene che tu non usi mai nessuna arma oltre al tuo
cacciavite. E quello con me è inutile.” “Vero. Per questo, ho chiesto aiuto a un
po’ di persone.” Rispose lui, mentre dalla cabina uscivano Arthur e Selenia,
entrambi con in mano una spada, i quali si voltarono verso l’alleato. “Siamo in ritardo?” chiese la principessa
sorridendo. “Arthur! Selenia! State bene!” esclamò sollevato
il custode della Luce, osservando come sembravano più grandi rispetto a pochi
minuti prima. “E non sono soli!” urlò un’altra voce,
mentre dietro i due sposi appariva un ragazzino dai capelli bianchi, affiancato
da un altro della stessa età dai capelli verdi e neri, che teneva in mano una
canna da pesca. “Così è lui quello che dovrei salvare?”
chiese una ragazza dai capelli viola, che indossava una divisa scolastica,
tirando fuori da una tasca un ventaglio con cui cominciò a farsi aria.
“Consideralo già fatto.” “Tsk! Non c’è alcun bisogno di salvarlo.
Basta assicurarsi che quell’altro tipo sia fatto a fettine sufficientemente
piccole da risultare innocuo.” Replicò un uomo dai corti capelli verdi, che si
portava dietro tre spade e che rivolse subito uno sguardo minaccioso al nemico. “Cavoli Dottore… Quando mi ha chiesto
aiuto, non pensavo che mi sarei ritrovato con una simile squadra di pazzi…”
commentò un altro uomo dai capelli neri, che aveva tra le mani quello che
pareva essere un grosso cannone laser. “Beh, io e il fratellone abbiamo visto
cose anche più assurde… forse.” Fece Alphonse, uscendo e mostrando un sorriso. “Tutto questo non ha importanza.” Disse
un altro ragazzo, che indossava dei vestiti neri, uscendo e togliendo dalla
mano sinistra un guanto dello stesso colore. “Occhio per occhio, dente per
dente, male per male.” “Spero non ti dispiaccia, Oscurità, ma
ho pensato che prelevare un po’ di persone in grado di affrontare gli Heartless,
e spero anche te, potesse tornare utile.” Maltazard li guardò tutti dall’alto, per
poi scoppiare ancora a ridere. “Tu pensi davvero che portandomi dei
ragazzini io possa essere in difficoltà? Mi deludi, Dottore.” Ma prima che potesse dire altro, un raggio
laser lo colpì in mezzo agli occhi, costringendolo a cacciare un piccolo
lamento. “Forse da soli no, ma tutti insieme
credo che qualcosa riusciremo a farti.” Disse una donna dai ricci capelli
biondi, abbassando un pistola. “Mi chiedevo quando saresti arrivata.
Tutto bene?” fece il Dottore, guardandola. Lei gli sorrise. “Spoiler.” Rispose
semplicemente, appoggiando la canna della pistola sulla spalla. “Ora, ho
creduto necessario portare qui un altro custode… Spero non ti dispiaccia,
dolcezza.” “Un altro custode?” intervenne Sora. “Esatto. Un custode che a quanto pare in
questo tempo non esiste più.” Rispose una voce, mentre una figura si avvicinava
a loro. “Ma non ha importanza. Ero pronto a una simile eventualità.” Sora guardò sorpreso l’uomo che si stava
avvicinando: indossava una tunica bianca, che copriva un’armatura che al
custode della luce ricordò quella di Aqua, Terra e Ventus, soprattutto per via
dello stesso simbolo che aveva sulla vita. Il suo volto era deturpato da due
vistose cicatrici, che rendevano ancora più dura la sua espressione seria, e
allo stesso tempo malinconica. I suoi capelli erano neri, con una capigliatura
che ricordava vagamente un ananas. Infine impugnava un Keyblade grigio, che
Sora riconobbe immediatamente. “Master… Eraqus?” pronunciò incredulo. “Vedo che conosci il mio nome.” Rispose
lui, raggiungendolo e guardandolo con attenzione, soffermandosi sul suo
Keyblade. “Posso sapere come ti chiami.” Il castano si riprese subito,
togliendosi di dosso la sua aria sorpresa. “Io sono Master Sora. È un onore
conoscere l’insegnante di Aqua, Terra e Ventus!” rispose. “Master? Così giovane?” commentò lui,
sorridendo. “Sembra che le cose siano messe davvero male. Chi è stato a
nominarti?” “Master Aqua e Master Yen Sid.” “Ragazzo, è meglio non spoilerare troppo
del futuro. Potresti cambiare gli eventi.” Disse la donna. “Se non sbaglio, sei stata tu a portarlo
qui.” Le fece notare il Dottore. “Oh, per te questo e altro, dolcezza.”
Rispose lei divertita, per poi puntare di nuovo contro l’avversario la sua
pistola. “Ora, che cosa facciamo con lui?” “Io direi di cominciare col farlo uscire
da quel corpo.” Fece Arthur, alzando la spada di fronte a sé. “Non ci siamo
allenati per anni per niente!” “Anni?” domandò Sora. “Ma sono passati
sì e no dieci minuti!” “Non per loro.” Spiegò il Dottore. “Li
ho portati in un altro mondo e in un altro tempo per farli allenare. E sì, il
TARDIS, alias cabina del telefono blu, può viaggiare nel tempo e nello spazio.” “L’ultimo esemplare della sua specie.”
Ricordò l’Oscurità. “Proprio come te, Signore del Tempo. Sterminatore di Dalek.
O come preferisci che ti chiami?” “Dottore andrà più che bene. Tu invece…
come dobbiamo chiamarti? M? Maltazard? Oscurità?” “Chiamatemi Fine!” rispose lui ghignando,
per poi alzare una mano, facendo cadere una decina di fulmini a terra. La maggior parte dei presenti li
evitarono, tranne la ragazza dai capelli viola, la quale ne prese in pieno uno,
restando tuttavia in piedi senza alcuna difficoltà. “Tutto qui?” domandò lei, chiudendo di
colpo il ventaglio, il quale stava fumando per la temperatura a cui era appena
stato sottoposto. “Speravo in qualcosa di meglio. Kumagawa era ben più pericoloso.” “Oh, una Anormale. Hai scelto degli
alleati piuttosto strani, Dottore.” “Sai com’è, non volevo sfigurare.”
Rispose lui sorridendo. “E Medaka mi sembrava un’ottima candidata.” “Umpf!” fece lo spadaccino dai capelli
verdi, avvicinandosi e mettendosi tra i denti l’elsa di una delle spade.
“Esibizionista. Ma devo essere grato di poter affrontare un avversario così
potente.” “Non cambi mai, eh, Zoro?” intervenne
Arthur. “Ci hai addestrato per un anno e continuavi a chiederci solo se valeva
la pena affrontarlo.” “Sai, a furia di affrontare solo Marines,
uno comincia ad annoiarsi. E il mio mondo non è ancora stato raggiunto dagli
Heartless.” “Marines? Vuoi dire che sei un pirata?”
domandò l’uomo con il cannone, sorridendo e guardando l’avversario. “Ad ogni
modo, concordo con il verdino, però devo ammettere che per uno che si definisce
l’essere più potente dell’universo speravo in qualcosa di più… carino, ecco.” “Quel Jack mi fa un po’ di paura…” fece
il bambino albino, per poi tendere le mani di fronte a sé, creando tra esse
qualche lampo. “Tu non trovi Gon?” “Non saprei Killua… non mi sembra uno cattivo.
Anche se mi ricorda un po’ Hisoka…” rispose il ragazzino al suo fianco, appoggiando
sulla schiena la canna da pesca. “Il fratellone probabilmente sbatterebbe
la testa da qualche parte dicendo che non è possibile…” mormorò Alphonse, per
poi battere le mani e poggiandole a terra, creando una spada che impugnò subito.
“Fortuna che io oramai mi sono arreso al fatto che la legge dello scambio
equivalente non vale in tutti i mondi!” “Umpf.” Fece l’ultimo ragazzo del gruppo
portato dal Dottore, schioccando le dita e facendo uscire dalla mano una
fiammata blu che colpì in pieno Maltazard, il quale però la dissipò muovendo il
braccio. “Questo tipo sarà piuttosto difficile da eliminare.” “Tu non sei mica il male che sconfigge
il male, Ogami-kun?” domandò Medaka, guardandolo con un sorrisetto. “Dovresti
essere più forte allora.” “Incredibile…” riuscì semplicemente a
dire Sora, guardando il gruppo, mentre Eraqus lo affiancava. “L’universo dev’essere davvero in crisi
per aver dovuto riunire così tante persone di mondi differenti. Cosa ne è stato
dei passaggi?” “Sono stati distrutti qualche anno fa.”
Rispose il castano. “Ho viaggiato per i mondi per sigillare le serrature, ma
dopo la mia sosta al Castello dell’Oblio, ho dovuto riaprire i passaggi,
facendo però in modo che gli Heartless non potessero viaggiarci.” “Il Castello dell’Oblio, hai detto? Vuoi
dire che sei stato al suo interno e ne sei uscito indenne?” “A dire la verità ho perso tutti i miei
ricordi, ma un’amica è riuscita a restituirmeli.” Rispose con una risatina
Sora. Eraqus spalancò gli occhi, mentre per un
istante gli parve che la figura di Sora venisse sostituita da quella di Ventus. “Capisco. Allora sei tu.” costatò
sorridendo e guadagnandosi un’occhiata curiosa. “Colui che ha salvato il cuore
di Ventus.” “Molto bello questo momento di riunione,
però vi ricordo che di fronte a noi c’è la personificazione del male.” Li
interruppe River. “Che ne dite di affrontarla?” Sora e Eraqus si voltarono a guardarla,
per poi scambiarsi uno sguardo d’intesa. Senza dire altro, i due scomparvero,
riapparendo ai due lati della testa dell’Oscurità. “Che cosa?!” urlò lui, mentre sulla
punta dei Keyblade cominciò a crearsi una sfera di luce. “Come osate-” Ma non riuscì a finire la frase che la
magia dei custodi lo colpì in pieno, facendo letteralmente esplodere la sua testa
in centinaia di fasci di luce, che si estesero su tutto il corpo, il quale si
dissolse in pochi secondi. “Come? Lo hanno già eliminato?” domandò
con somma disapprovazione Zoro. “Diamine, non sono nemmeno riuscito a
colpirlo.” “Sbagli.” Intervenne il Dottore. “Hanno
distrutto solo il corpo. La vera battaglia inizia ora.” “Risposta esatta, Dottore!” rispose una
voce, mentre l’Oscurità riappariva da un varco, avvolta dal suo impermeabile
nero. “Cosa?” esclamò incredulo Eraqus, tornando
a terra assieme a Sora, che prese subito la parola. “Non si può sconfiggere così facilmente.
Lui è l’essenza stessa dell’oscurità. Nemmeno suo figlio è riuscito a
eliminarlo.” “Figlio?!” esclamò Alphonse. “Vuoi dire
che quella cosa ha avuto un figlio?!” “E tu lo conosci, Alphonse Elric.
Dopotutto, devi a lui il recupero del tuo corpo!” esclamò Nigrae, facendo
spalancare gli occhi all’alchimista. “No… impossibile…” mormorò il ragazzo,
voltandosi verso il custode castano. “Dark è suo nemico quanto noi!” replicò
Sora, alzando il Keyblade, pronto a partire all’attacco. “Ha cercato di
controllarlo, ma grazie a Hikari è riuscito a rompere l’ipnosi e a opporsi!
Inoltre nemmeno ne era lui a conoscenza!” “Mi pare di capire che non sono l’unico
ad avere una famiglia strana alle spalle.” Commentò Killua, per poi alzare una
mano, le cui dita si rimodellarono divenendo dei grotteschi artigli. “Beh, mi
pare di capire che non se la prenderà se priverò il suo vecchio del cuore!” Senza dire altro scomparve alla vista di
tutti, riapparendo di fronte all’avversario. “Muori!!!” urlò, colpendolo in pieno
petto. Ma prima che potesse anche solo pensare
di sorridere, fu scagliato indietro dalla pura oscurità, facendolo volare fino
a sbattere contro il TARDIS. “Killua!” gridò Gon. “Davvero pensate che i vostri miseri
attacchi possano farmi qualcosa? Io sono l’essere più forte dell’universo!
Esisto da molto prima che si creassero i vostri atomi!” “Cavoli… e io che pensavo che i Dalek
fossero degli ossi duri…” mormorò Jack, per poi guardare il Dottore. “Idee?” “Al momento temo di no… Possiamo solo
combattere usando tutte le nostre capacità… ma il problema principale è che
abbiamo solo due custodi con noi…” “Lascia fare alla tua mogliettina.”
Disse River, facendo fuoco contro Nigrae, il quale rimase impassibile. “Credi davvero che quella tua pistola-” Ma l’Oscurità questa volta s’interruppe,
alzando subito le braccia per fermare il proiettile laser, il quale si ingrandì
pochi istanti prima di colpirlo, creando un’esplosione tale da far alzare un
piccolo tornado. “Mai sottovalutarmi.” Continuò la donna,
soffiando sulla canna della pistola, facendo emettere un fischio di ammirazione
a Jack. “Però Dottore! Si vede che è sua moglie!
Avete lo stesso stile!” “Sinceramente non sapevo neppure io che
era mia moglie…” rispose il Signore del Tempo. “Purtroppo, però, temo che non
sia servito a niente…” Infatti, come risposta, un raggio nero
uscì dal fumo creatosi dall’esplosione, diretto verso il Dottore. Ma prima che questi potesse scansarsi,
Medaka si mise in mezzo, incrociando le braccia e ricevendo in pieno il colpo,
arretrando di qualche metro. “Q-Questo sì che si è sentito…” si
lamentò, mentre abbassava le braccia, sulle quali erano rimasti grossi lividi.
“Ho perso anche qualche costola…” “Umpf. Non male… Credevo avrebbe
superato anche le tue difese.” Fece Nigrae, riemergendo dal fumo. “Allora vediamo se tu riesci a superare
queste!” esclamò Master Eraqus, scagliando dal Keyblade una serie di catene dorate,
che si avvolsero attorno all’Oscurità. “Ora, tutti insieme!” “Poveri stupidi!” urlò lui, distruggendo
i vincoli come se niente fosse, per poi avvolgersi con la sua aurea, facendo
volare via tutti quanti, che rovinarono a terra pochi istanti dopo. “Ugh… Ma quanto è forte?” si lamentò
Selenia, rialzandosi ansimando. “Sapete… sarei tentato di eliminarvi tutti
qui adesso… Però non sarebbe divertente a sufficienza.” Disse Nigrae. “Non credere che io mi arrenda così
facilmente!” urlò Zoro, rimettendosi in piedi e correndo verso di lui, con le
spade incrociate. L’Oscurità sorrise, per poi scomparire
dalla vista di tutti e ricomparire di fronte al pirata, prendendolo per il
collo e costringendolo a lasciare cadere a terra le tre spade. “Non riesci a sconfiggere Mihawk, credi
di poter eliminare me?” “Lascialo andare!” urlò Sora,
raggiugendoli e cercando di colpirlo con il Keyblade, mossa che l’avversario
evito saltando indietro. “Come desideri!” rispose,
lanciandoglielo contro. Sora spalancò gli occhi, facendo scomparire
il Keyblade e prendendo al volo il compagno, cadendo a terra per il peso. “E ora… sparite!” esclamò Nigrae,
lanciandogli contro un raggio oscuro. Tuttavia, prima che riuscisse a
raggiungerli, questo venne intercettato dal TARDIS, che apparve avanti ai due
guerrieri, prendendo in pieno il colpo, restando tuttavia integro. “Cosa?” fece incredulo il custode,
rialzandosi. “Come può aver resistito?” “Il TARDIS non è così facile da
distruggere.” Rispose il Dottore, sorridendo. “Ha sopportato l’invasione del
più grande esercito della Terra, e nessuno è riuscito anche solo a scalfirne la
porta. Questa è la mia ragazza!” dichiarò con orgoglio. Nigrae sorrise sotto il cappuccio,
cominciando a scomparire nel suo stesso elemento. “Molto bene, Dottore. Dato che tu puoi
viaggiare nel tempo, immagino tu sia a conoscenza del mio piano…” asserì,
spalancando le braccia. “Questa sarà la tua unica occasione per fermarmi! Che
cosa decidi di fare? Fermi me e violi tutti i tuoi principi o mi lasci
proseguire, condannando l’universo?” Il Dottore tornò serio, guardando
l’entità. “Io trovo sempre una soluzione. Riuscirò
a fermarti senza dover eliminare nessuno. Come hai detto tu, io, l’ultimo
Signore del Tempo, so cos’hai in mente. E sempre come hai detto tu, potrei
fermarti adesso.” Lo sguardo dell’uomo si fece triste. “Ma per colpa tua ho già dovuto mettere
fine al mio stesso popolo… e sono un codardo. Per questo sono costretto a
lasciare che le cose vadano come devono andare…” aggiunse per poi mostrare un
sorriso furbo. “Ma se credi di avere tutto sotto controllo, ti sbagli di
grosso! Non sottovalutare gli esseri dell’universo! Qualcuno sarà anche dalla
tua parte, ma la maggior parte di essi vogliono la tua disfatta definitiva! E
non si fermeranno di fronte a nulla! Ci rivedremo presto… e nessuno di noi sarà
com’è adesso!” Nigrae scoppiò a ridere. “Divertente! Quindi secondo te verrò
fermato nonostante tutto… voglio proprio vedere come… Gallifreyano!” Detto questo, scomparve, lasciando sul
campo di battaglia i guerrieri. “Maledizione!” urlò Arthur, sbattendo un
pugno a terra. “Tre anni passati ad allenarsi e non siamo nemmeno riusciti a
sfiorarlo!” “Non era alla nostra portata. Non avete
nessuna colpa.” Cercò di consolarlo Sora, per poi guardare il Dottore. “Cosa
volevi dire dicendo che nessuno di voi sarà com’è adesso?” Per tutta risposta lui gli punto contro
il suo cacciavite sonico, accendendolo ed esaminandolo. “Beh, piccola lezione sui Signori del Tempo.”
Fece, spegnendolo e mettendolo in tasca. “I Signori del Tempo sono molto duri a
morire. L’aspetto con cui mi vedi è il mio decimo aspetto. Sono morto già nove
volte, e ogni volta mi sono rigenerato in un nuovo corpo. Ho oltre novecento
anni grazie a questo trucchetto.” Medaka fischiò. “Conosco persone che
pagherebbero oro per sapere come fai.” “Beh, temo che non basterebbe tutto
l’oro del mondo per saperlo.” S’intromise River. “In fondo, l’unica che c’è
riuscita sono io.” A quella frase tutti si voltarono a
guardarla. “Vuoi dire che è anche lei una Signora
del Tempo?” domandò Jack, guardando il Dottore, che scosse la testa. “No. È umana, ma con DNA dei Signori del
Tempo. Storia complicata, e non so nemmeno io come sia possibile.” “Spoiler.” Rispose lei, per poi
avvicinarsi a Eraqus. “Beh, penso che sia il caso di tornare a casa dolcezza.
Ho un appuntamento con i miei genitori e non voglio fare tardi.” Detto ciò, prese per un braccio il
Master, scomparendo assieme a lui pochi secondi dopo. “River Song… mi chiedo quanto tempo
dovrò aspettare per sapere qualcosa in più sul suo conto.” Fece il Dottore,
scuotendo la testa, per poi voltarsi verso gli altri. “Beh, direi che anche per
voi è ora di tornare al vostro mondo d’origine.” “Dove passeremo il tempo ad allenarci.
Venire sconfitto così mi brucia non poco.” Mormorò Killua, voltandosi a
guardare Gon. “Che ne dici di sgominare qualche banda criminale? Finché non
avremo maggiori informazioni su tuo padre possiamo continuare a cercare di
guadagnare nuove carte per finire il gioco.” “Ottima idea! E poi Biscuit ci sta
aspettando!” “Io invece tornerò a occuparmi della
scuola. Sono sicura che senza di me sarà già caduta a pezzi.” Fece Medaka,
tirando di nuovo fuori il suo ventaglio. “Di sicuro con te invece resterà in
piedi.” Fece ironico Ogami. “Ad ogni modo non m’interessa. Il mio compito è
quello di eliminare i criminali.” E qui guardò Zoro. “Cerchi rogne per caso?” replicò lui. “Su, su, non è il caso di agitarsi. In
fondo siamo tutti dalla stessa parte, no?” intervenne Alphonse. “E poi, non dovrete aspettare molto per
tornare a combattere insieme.” Fece il Dottore. “Purtroppo la guerra ormai è
alle porte. E mi dispiace dire che in confronto la Guerra del Tempo sarà stata
come un mero litigio tra due gatti…” “Aspetta!” esclamò Sora. “Non puoi dirci
qualcosa in più sulla guerra? Se sapessimo le cose in anticipo potremmo-” “Mi spiace, ma non mi è permesso.
Inoltre, non posso neppure tornare alla guerra per il momento. Devo aspettare
il permesso.” “Il permesso? Non hai detto di poter
viaggiare liberamente nel tempo e nello spazio?” “Non in tutto il tempo e nello spazio.
Alcune zone mi sono vietate, tra cui la Guerra del Tempo e le Guerre del
Keyblade. Per potervi andare il TARDIS ha bisogno di un potere ben maggiore di
quello che posso procurargli io. Ma c’è qualcuno che può rimediare a questo. E
sarà la nostra carta vincente.” “Di chi stai parlando?” Il Dottore sorrise, per poi poggiargli
una mano sulla spalla. “Tu lo conosci già. Ora Sora, ascoltami
bene: qualunque cosa succederà, non arrenderti. Tu sei il prescelto della Luce.
Io ho fatto quel che potevo, il resto dipende da te.” Sora sbatté le palpebre. “Temo di non capire.” “Ti sarà presto tutto chiaro.” Concluse
il Dottore, per poi entrare nel TARDIS, seguito dagli altri, compresi Arthur e
Selenia. “Noi continueremo a viaggiare con il
Dottore per diventare più forti.” Fece la principessa. “E poi, ormai qui non
c’è più nessuno.” “Tranquilla, sono tutti al sicuro alla
Città di Mezzo!” la rassicurò Sora, salutandoli, per poi vedere la porta della
cabina chiudersi, cominciando a scomparire accompagnata dal suo rumore.
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Sora spalancò gli occhi, abbassando il
Keyblade. “Ma certo!” esclamò, lasciando sorpresi
Roxas e Xion. “Ora mi è tutto chiaro!” “Come?” “Il Dottore sapeva che cosa mi sarebbe
successo!” rispose Sora. “Ma se non mi ha fermato… significa che questa non è
ancora la fine!” “Vuoi dire che sai come uscire da qui?”
domandò Roxas. Il castano sorrise, per poi alzare le
mani, poggiandole sulla fronte dei due. “No.” Rispose, per poi avvolgere i palmi
con la luce, che coprì interamente i due Nessuno. “Che cosa stai-” “Vi ho donato un cuore.” Continuò il
Master. “Ora ho capito perché Lucis ha scelto me come suo custode.” “Sora, che cosa vuoi fare?!” chiese
Xion, incredula. “E come sarebbe a dire che ci hai donato un cuore? Nessuno può
fare una cosa del genere!” “Nessuno tranne me. E ora andate!” Senza lasciare il tempo ai due di dire
altro, Roxas e Xion scomparvero in una scia di luce, proprio pochi istanti
prima che il paesaggio attorno al custode cominciasse a venire divorato dalle
tenebre. “E questa è fatta… ora, Nigrae…” mormorò,
girandosi verso il mare ed evocando il Keyblade. “Cominciamo la nostra
battaglia!”