Pace.
Calma.
Silenzio.
Una
tazza di tea bollente con latte sul tavolino.
Un
ottimo classico in una mano.
L'altra
sepolta nella zazzera corvina di Sherlock.
La
sua testa appoggiata nel mio grembo.
Amo
le giornate libere dal lavoro. Apprezzo questi momenti di pace e
riposo tra un turno e l'altro, e tra un caso e l'altro. Infatti solo
in quei momenti Sherlock si lascia completamente andare e diventa
quello che posso senza dubbio definire il ragazzo perfetto. E'
affettuoso, si preoccupa e focalizza tutta la sua attenzione su di
me, non diventando tuttavia troppo opprimente e lasciandomi i miei
spazi. Sorrido tra me e me, ormai ho smesso di leggere da una buona
decina di minuti, ma Sherlock sembra non essersene accorto, impegnato
in chissà quale riflessione. Arrotolo un ricciolo
particolarmente
lungo attorno al mio indice, tastandone la morbidezza, e lo rilascio,
fissando quasi incantato il movimento con il quale piuttosto che
tornare al suo posto finisce sulla fronte del consulente
investigativo. Quest'ultimo non si accorge di nulla nemmeno quando lo
rimetto al suo posto con un dito. Sorrido di nuovo e mi concentro su
un'altra ciocca, quando noto con la coda dell'occhio che Sherlock ha
sollevato una palpebra e mi fissa curioso.
-Buongiorno-
sussurro e lascio andare il ricciolo, accarezzando con il palmo
aperto il cuoio capelluto.
-John-
mi risponde usando quel
tono. Blocco la mia mano mentre il sorriso mi scema dalle labbra e io
deglutisco pesantemente. Il mio nome ripetuto in quella maniera vuol
dire una sola cosa. -Mi annoio- per l'appunto.
Sospiro
e riprendo ad accarezzargli la testa, vedendolo andare incontro al
palmo con un movimento quasi felino mentre continua a fissarmi con un
solo occhio aperto.
-Cosa
vuoi fare, Sherlock?- domando.
-Non
annoiarmi, ovvio- risponde e si tira a sedere di scatto, sottraendosi
alle mie carezze. Tuttavia si fa più vicino a me e mi posa
la fronte
sul petto, mettendosi cavalcioni sul mio grembo. Gli circondo
meccanicamente le spalle con le braccia e lo stringo leggermente a
me.
-E
cosa avevi in mente?- gli reggo il gioco, accarezzandogli la schiena
con una mano mentre con l'altro braccio lo sostengo per la vita.
Mugola
qualcosa contro il mio maglione e muove timido le braccia intorno al
mio torace. Lo sento inspirare profondamente e sorrido.
-Cos'hai
detto, Sherl?- lo incalzo.
Infatti
alza la testa e fissa le iridi acquamarine nei miei occhi,
lasciandomi per un momento senza fiato. -Non farmi ripetere, John, lo
sai che lo odio- dice quasi stizzito per poi appoggiare di nuovo la
fronte contro di me.
Ridacchio
leggermente e gli lascio un bacio veloce sulla tempia, che sembra
apprezzare rilasciando un debole mugolio. Alza nuovamente la testa,
ma questa volta non mi fissa negli occhi, e noto un leggero rossore
colorargli le guance solitamente pallide. Conosco quell'espressione.
-Vuoi
dirmi qualcosa, Sherl?- sussurro continuando ad accarezzargli la
schiena e beandomi della sensazione del suo corpo contro il mio.
-Perché
me?- bisbiglia con un filo di voce quasi impercettibile.
-Scusa?-
rispondo io, non sicuro della domanda appena postami.
-Perché hai
scelto me?- ripete con un un po' più forte
-Perché proprio me?
Potresti avere chiunque. Una moglie, dei figli, una vita tranquilla.
Lestrade ti chiama Watson dei Tre Continenti, non è vero?-
termina
poggiandosi le mani nel proprio grembo, quasi timoroso della
possibile risposta.
Sorrido
intenerito dalla sua espressione e poggio i miei palmi ai lati del
suo viso, carezzandogli gli zigomi con i pollici. -Forse non voglio
una vita tranquilla. Forse non voglio una moglie che mi aspetti al
ritorno dal lavoro e dei bambini che mi corrano in mezzo alle gambe.
Forse non voglio nemmeno pensare che potrei avere una vita simile-
sposto una mano sul suo collo -Forse voglio semplicemente una vita
diversa, una vita che non avrebbe senso senza un consulente
investigativo sociopatico frenetico, che spara contro i muri e fa
strani esperimenti con parti umane, ma che quando siamo soli mi dona
la certezza che è con quella persona che vorrei passare il
resto
della mia esistenza.-
Termino
serio, incatenando lo sguardo al suo leggermente sorpreso. E
all'improvviso allarga le labbra in un sorriso, uno di quelli lunghi
e sinceri che regala solo a me e non in tutte le occasioni.
-Questa
risposta mi soddisfa- afferma e mi stampa un bacio sulla bocca,
alzandosi subito dopo dal mio grembo, la vestaglia che gli svolazza
fedele dietro. Scuoto la testa osservandolo andare in cucina, che
sono certo proverà a distruggere con uno dei suoi
esperimenti.
NOTE
DELLO SPELACCHIOTTO
Mi
vergogno. Tanto. Vorrei andare a nascondermi sotto un sasso oppure
chiudermi come un riccio. E non sto scherzando.
Quello
che posso dire è che posso dare la colpa del titolo a NCSP
a cui posso dire che la Grecia le ha dato alla testa, eheheh. <3
Ringrazio
chiunque abbi letto fino alla fine e voglia prendersi la briga di
lasciarmi un commento o
un insulto
<3
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