Bugiardi
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BUGIARDI
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Giornata
limpida, cielo terso, sole splendente.
Konoha
scintillava nella luce del mattino, gli uccellini cinguettavano, e i
volti degli Hokage proteggevano il villaggio dalla loro alta parete.
Un’immagine
idilliaca.
O
un’insolita rottura di palle.
Shikamaru
Nara sbadigliò vistosamente, senza preoccuparsi di mettere una
mano davanti alla bocca.
Il
villaggio all’alba era qualcosa che si risparmiava volentieri, se
comprendeva raccapriccianti levatacce.
Ma,
purtroppo, certe volte l’Hokage sfiorava livelli di deficienza da
far rabbrividire; come poteva anche solo pensare di affibbiargli una
rottura come quella, a lui, il leggendario (ananas) svogliato della
Foglia?
Non
solo alzarsi presto, non solo occuparsi di una seccatura come il
torneo per chunin, non solo avere troppe responsabilità, no.
Anche
lei.
Lei,
che ovviamente era da accogliere all’ingresso del villaggio insieme
al sorgere del sole.
Perché
i ninja di Suna avevano la pessima abitudine di arrivare a Konoha
all’alba? E perché riuscivano ad essere sempre
irritantemente in forma?
Quando
la vide spuntare lungo il sentiero della foresta, Shikamaru fece un
respiro profondo. Temari avanzava a passo spedito, incurante del
pesante ventaglio sulle sue spalle, e sotto l’espressione decisa
non nascondeva nemmeno l’ombra di un’occhiaia. I capelli biondi e
crespi erano raccolti come loro solito, impeccabili eppure ribelli, e
ogni muscolo si muoveva compiendo il minimo sforzo per il massimo
risultato, guizzando impercettibilmente sotto la pelle abbronzata.
Una
volta arrivata alle porte di Konoha, la kunoichi inarcò un
sopracciglio e si piazzò una mano sul fianco.
«Tu?»
fu la prima, gentile cosa che chiese.
«Io»
fu la triste risposta di Shikamaru. «Mi hanno detto che devo
occuparmi di te finché starai qui»
Temari
sbuffò, con aria annoiata. «Ecco, lo sapevo. Doppio
lavoro. Voi della Foglia non avete la minima idea di cosa voglia dire
organizzarsi»
“Ma
quanto parla?” si trovò a chiedersi Shikamaru, staccando la
spina dell’udito.
Attese
finché il vago ronzio della sua voce non si fu spento, e solo
allora si svegliò dalla catalessi.
«Ti
porto all’ufficio centrale» disse senza preamboli. «Vieni
con me»
Ogni
maschio frustrato sembra sentire il bisogno di sfottere i maschi non
frustrati.
E’
una legge scientifica, inevitabile e non aggirabile, e riguarda
soltanto l’uomo, animale sarcastico per eccellenza.
Qualcuno
la chiama invidia.
Shikamaru
la chiamava gran rottura di palle.
Sapeva
che sarebbe successo, perché lui era un genio e certe cose le
prevedeva. Ma sperava, per una volta, di essersi sbagliato.
E
invece non appena mise piede nell’ufficio per l’organizzazione
dell’esame di chuunin, colse non meno di quindici paia di occhiate
maliziose all’indirizzo suo e della sua accompagnatrice.
“Eccoli.
Maledetti fancazzisti...” si trovò a pensare quando
partirono gli occhiolini e le gomitate leggere.
Li
ignorò, stoico, sperando che anche Temari facesse la superiore
e non li degnasse della sua attenzione... ma ovviamente con le donne
ogni speranza andava statisticamente al diavolo.
«Che
hai da guardare?» chiese al volo la kunoichi, fulminando con lo
sguardo un impiegatucolo dagli occhiali spessi come fondi di
bottiglia. Quello avvampò, cercando di sprofondare nella
sedia. «E mi auguro che il tuo sia un tic nervoso»
ringhiò a un altro, che aveva avuto la sfortuna di farsi
beccare in pieno occhiolino.
Shikamaru
incassò la testa tra le spalle.
Se
fino a due minuti prima la versione del pubblico poteva
ragionevolmente somigliare a “tu
pensa chi si è trovato quel geniaccio di Shikamaru! Nientemeno
che la sorella del Kazekage!”,
ora all’improvviso doveva essersi trasformata in “Shikamaru
si è dato al sadomaso!”
Maledizione.
L’aveva
sempre detto che le donne erano una gran seccatura. Soprattutto
quando erano aggressive come Sabaku no Temari.
«Muoviamoci»
bofonchiò aumentando il passo. «Prima iniziamo e prima
finiamo»
Ignorò
elegantemente il dito medio che Temari aveva sollevato contro la
terza delle sue vittime, e raggiunse la sala riunioni quasi di corsa.
Aprì la porta senza nemmeno bussare, alla ricerca di un
rifugio sicuro in cui sbuffare senza scatenare commenti scomodi, e
scoprì di aver commesso l’ennesimo errore della giornata: si
trovò davanti Asuma e Kurenai in piene... ehm... effusioni
mattutine.
Come
quelli sentirono la porta aprirsi si staccarono dall’appassionato
bacio in cui erano avviluppati, e lei arrossì violentemente,
distogliendo lo sguardo.
«Ops»
commentò Temari accanto a Shikamaru, apparentemente per nulla
turbata.
«Si
bussa» fece notare Asuma, schiarendosi la voce con delicatezza.
«...Chiedo
scusa» bofonchiò Shikamaru, fissando con insospettato
interesse un angolo del soffitto.
Porca
miseria. Ci mancavano solo quei due che...
...intercettò
l’occhiata di Temari.
Intravide
il suo ghigno.
«Sei
in imbarazzo?» chiese schietta la Kunoichi, con un brillio di
perversa soddisfazione nello sguardo.
«Ma
va’» ribatté lui ostentando una tranquillità
che era ben lungi dal provare. «Quanti anni pensi che abbia?»
«Oh,
non saprei» lo provocò lei. «Dipende tutto da
quanta familiarità hai con certe cose»
Asuma
tossicchiò piano, attirando la loro attenzione.
«Scusate
se interrompo, ma visto che ci siamo...» disse, accennando con
il capo agli ultimi membri della commissione, in attesa fuori dalla
porta.
Shikamaru
scivolò rapido alla sua sedia, tirando un sospiro di sollievo
interiore. Mentre Temari si accomodava dall’altra parte del tavolo,
sorridendo con irritante superiorità, lui finalmente riuscì
a sbuffare in santa pace.
Donne.
Incomprensibili
seccature.
Quattro
ore e otto pacchetti di sigarette dopo, la commissione si sciolse,
avendo preparato a grandi linee il solo programma generale.
Shikamaru
uscì dalla sala riunioni stiracchiandosi a lungo, e sbadigliò
profondamente rimpiangendo il letto abbandonato troppo presto.
Dio,
che cosa stressante!
«Ho
fame» disse Temari comparendo al suo fianco, fresca come una
maledetta rosa e sorridente come la più cattiva delle streghe
delle fiabe. «Dove mi porti?»
«Io?»
ribatté lui, e vide andare in frantumi il suo sogno di
sdraiarsi su un tetto a guardare le nuvole e appisolarsi.
«Non
devi occuparti di me fino a quando resterò qui?» gli
ricordò lei, come se la cosa fosse estremamente
piacevole, e nel mentre uscirono dall’ufficio centrale.
Shikamaru
guardò altrove, scocciato. Sbuffò. «E va bene...
ma non offro io» cedette, per amor di quiete.
La
portò in un locale a due passi, economico e abbastanza
appartato, e prese un tavolo sul fondo per evitare che qualcuno,
passando davanti alla vetrina, lo vedesse e decidesse di sghignazzare
un po’ alle sue spalle. Temari lo lasciò fare senza
lamentarsi, ma quando si sedettero nell’angolo più in ombra
lo sbirciò di sottecchi.
«Potrei
quasi pensare che sei in cerca di intimità» gli fece
notare soave.
«Con
te?» replicò lui nel suo miglior tono neutro.
E
poi, chissà perché, gli tornarono in mente Asuma e
Kurenai avvinghiati nella sala riunioni... e il suo imbarazzo che non
era poi vero imbarazzo, perché...
«Oh,
per favore!» sbuffò Temari riportandolo con i piedi per
terra, e roteò gli occhi. «Stai provando a ferirmi? Se è
così sappi che hai mirato malissimo: non sarai certo tu a
demolire la mia autostima»
«Non
provocarmi, e non sarò costretto a risponderti male»
replicò il Nara seccato. «Muoviamoci a mangiare, non ho
voglia di perdere altro tempo» bofonchiò afferrando il
menù, e anche Temari, dopo averlo scrutato per un lungo
istante, lo imitò sbuffando.
Mentre
scorrevano la lista strizzando gli occhi nella penombra, sul tavolo
regnava l’immobilità. Sotto, al contrario, la gamba
accavallata di Temari segnava il ritmo muovendosi nervosamente, ben
alla larga dai piedi divaricati e tranquilli di Shikamaru.
Certo
che gli uomini erano degli idioti colossali, si trovò a
pensare la kunoichi, all’altezza della grigliata di pesce. Non
capivano mai niente.
«Bah,
udon con carne» buttò lì alla fine, gettando il
menù sul tavolo.
«Anche
per me, non ho voglia di scegliere» se ne uscì
Shikamaru, richiudendo la lista e appoggiando la schiena alla sedia.
Sbadigliò.
«Educato»
commentò Temari.
«Che
vuoi?» borbottò lui. «Mi sono alzato prima
dell’alba per venire a prenderti»
«Io
alle tre di notte, per arrivare in tempo»
«Non
mi sarebbe dispiaciuto un ritardo»
«Scansafatiche»
«Stacanovista»
«Avete
già deciso cosa ordinare?»
Interdetti,
i due impiegarono qualche istante a capire che l’ultima voce
apparteneva al cameriere spuntato all’improvviso, ma quando ci
riuscirono gli dissero cosa volevano, leggermente asciutti.
«E
da bere?» domandò il ragazzo dopo aver segnato gli udon.
«Birra»
risposero insieme. Si scambiarono un’occhiata stizzita.
«Va
bene» annuì il cameriere, e poi commise l’errore di
aggiungere una parola di troppo. «Siete proprio affiatati, eh!»
Se
ne andò tutto allegro, l’ignaro, e lasciò una cappa
di sospensione sul tavolo.
Temari
si studiò le unghie, in attesa.
“Dai,
sentiamo cosa tiri fuori” si disse tendendo le orecchie.
Shikamaru,
dall’altro lato, cercò di sprofondare nella sedia.
Affiatati.
Lui e la seccatura. Come cane e gatto, forse. E poi un menù
simile non voleva dire nulla. Lui aveva preso quelle cose soltanto
per pigrizia.
Temari
tamburellò con le dita sulla tovaglia, e gli lanciò una
rapida occhiata.
Maledizione,
non sembrava aver intenzione di commentare.
«Affiatati,
eh?» iniziò allora, gettandogli la palla.
Shikamaru
si strinse nelle spalle, schivando il passaggio. «Quel
cameriere è un idiota»
«Se
ben ricordo non siamo così male assortiti, in battaglia»
rettificò lei, sporgendosi lungo il tavolo. «Non fare
tanto il superiore, ti ho parato il culo una volta e ti ho sconfitto
un’altra»
«Tecnicamente
avrei vinto io al torneo... E infatti se ben ricordi sono stato
l’unico chuunin di quell’anno»
«Sai
che roba. Io sono jonin, ormai»
«Sì,
hai ragione, stai invecchiando»
Sotto
il tavolo partì un calcio, che colpì preciso tra tibia
e rotula. Shikamaru dovette ingoiare l’imprecazione e piegarsi
sulla tovaglia per non lanciare una serie di insulti.
«Prego?»
chiese Temari con finta dolcezza.
«Bestia...»
bofonchiò lui tra le labbra. «Se tu fossi meno rude
piaceresti di più agli uomini, maledetta frustrata»
Partì
anche il secondo calcio, ma questa volta Shikamaru riuscì ad
evitarlo, con un mezzo ghigno stampato in faccia.
«Ti
brucia, eh?» ridacchiò piano.
«Mai
quanto brucerà la tua faccia entro la fine di questa odiosa
faccenda, non appena risco a colpirti» minacciò Temari.
Prima
che lui potesse ribattere, il cameriere si ripresentò con le
loro birre, e l’atmosfera andò persa nel sapore fresco e
familiare del liquido color dell’oro.
Temari
svuotò mezzo bicchiere in una volta sola, per recuperare la
calma e la tranquilla superiorità di sempre, ma mentre la
birra scivolava giù per la gola si rese conto che, in effetti,
la riunione era riuscita a stancarla in maniera non indifferente.
Mise
giù il boccale, tirando il fiato, e prese la saggia decisione
di lasciar morire la lite appena iniziata.
In
fondo non era lì per litigare con Shikamaru Nara.
No
di certo.
Se
la presero comoda per finire gli udon, senza quasi aprire bocca –
evento più unico che raro. Anche Temari, che di solito non
resisteva alla tentazione di punzecchiarlo ogni tre minuti, se ne
rimase zitta.
Non
aveva voglia di battibeccare. Anche se non lo mostrava, era stanca
per la levataccia e la riunione con il resto del comitato... e poi
non vedeva Shikamaru da tanto tempo.
Non
era lì, in quel ristorante, con
lui,
per litigare.
Una
volta che anche gli udon furono terminati, dovettero trovare le forze
per alzarsi e andare a pagare. Arrivati alla cassa Shikamaru, già
in piena ‘modalità sonnellino’, scoccò un’occhiata
a Temari, e sbuffò.
«Lascia
stare, ci penso io» borbottò aprendo il portafoglio.
«Non si fa pagare una femmina. E non voglio farmelo rinfacciare
per gli anni a venire»
Lei
sfoderò un sorrisino compiaciuto. «Prevedi di starmi
attorno così tanto, allora?» chiese con un pizzico di
malizia.
«Sempre
se non muori prima» ribatté lui atono.
Lei
digrignò i denti. «Sai sempre cosa dire a una donna,
eh?» commentò aspra.
«Le
donne sono una seccatura» Shikamaru si strinse nelle spalle,
mentre uscivano nel sole del pomeriggio. «Parlano troppo e a
voce troppo alta, e poi pretendono, pretendono, pretendono»
«Si
vede lontano un miglio che di donne hai conosciuto solo tua madre»
«Che
mi basta e avanza»
«Oh,
davvero?»
Temari
sorrise, vagamente minacciosa. E poi, senza preavviso, lo spinse in
una stradina in ombra che stavano per oltrepassare. Prima che lui
avesse il tempo di realizzare che qualcosa stava andando in maniera
strana, sentì la schiena premere contro il muro e si trovò
intrappolato tra le mani di lei appoggiate alla parete, le braccia
che formavano una specie di barriera.
«C’è
un lato delle donne che non conosci, allora» disse Temari, gli
occhi verde scuro nell’ombra. «Un lato che con la mamma non
esce allo scoperto»
Shikamaru
sbatté le palpebre, interdetto. Poi sospirò e le
rivolse un sorriso sghembo.
«Ho
sempre saputo che prima o poi avresti fatto qualcosa di simile»
commentò.
«Ah,
certo» rise lei sprezzante. «Tu prevedi sempre tutto, eh
cry-baby?»
«Per
quanto talvolta sia seccante, è così» si staccò
dal muro, facendosi avanti di qualche centimetro. «...E decido
cosa voglio che succeda... e cosa no»
In
effetti, la colse di sorpresa.
Quando
Temari aveva deciso di provocarlo in quel vicolo, lo aveva fatto solo
perché sperava di rivedere la sua espressione meravigliata,
dopo la volta in cui gli aveva salvato la vita. Lui, che non si
lasciava mai cogliere impreparato.
E
invece... era stata lei, quella presa in contropiede.
Lei,
che aveva interpretato il suo disagio davanti ad Asuma e Kurenai come
semplice imbarazzo, senza sapere che era più senso di colpa...
per pensieri che avevano involontariamente virato verso un’immagine
di lei e lui insieme... insieme alla frustrazione di constatare che
erano solo fantasie, e non la realtà concreta dei due che
avevano sorpreso nella sala riunioni.
Shikamaru
fece scivolare una mano alla sua nuca, immergendo le dita nei capelli
crespi, e la attirò a sé. Azzerò la distanza tra
di loro e si impadronì della sua bocca, con insospettata
irruenza. Temari ne fu così scioccata che per un attimo rimase
senza fiato, rendendosi a malapena conto che gli stava permettendo di
trasformare un semplice contatto di labbra in qualcosa di molto
diverso. Poi, chissà come, chissà perché, si
trovò aggrappata al suo giubbotto, anzi avvinghiata a lui, e
perse completamente la testa.
Shikamaru
frugò ogni angolo della sua bocca, respirando solo per caso e
necessità, e se la strinse contro il petto, sentendola aderire
ad ogni centimetro di pelle. Immaginava che avesse un seno discreto,
ma decise comunque di accertarsene, facendo correre una mano
all’incrocio delle stoffe del suo abito viola, insinuandosi sotto
il tessuto, e fino alla meta. La sentì sospirare contro le sue
labbra, fremere quasi, e spostò i suoi baci dalla bocca al
mento, e giù lungo il collo. Lei intrecciò le dita
dietro la sua nuca, piegò la testa all’indietro, e lasciò
che lui scostasse il vestito dalla spalla per seguirne il contorno.
Il suo respiro pesante era l’unico suono nell’ombra, insieme al
fruscio della stoffa. Poi, Temari lo spinse contro il muro, di nuovo.
Gli accarezzò le labbra con le dita, e il collo, il petto, e
ancora giù, fino ai pantaloni. Sorrise.
«Ah,
le donne sono solo una seccatura...?» sussurrò. «Qua
sotto non sembrano proprio pensarla così»
Shikamaru
sorrise a sua volta. «Non ho mai detto che fossero solo
una
seccatura» si corresse.
Lei
rise, piano, e gli diede un buffetto leggero sulla guancia.
«Andrai
alla ricerca di questa particolare seccatura, vedrai...» gli
disse, maliziosa e perfida al tempo stesso; fece un passo indietro.
«...E adesso portami al palazzo dell’Hokage, che devo
parlarle e voglio fare in fretta... Ho un gran sonno, sai?»
Shikamaru
rimase interdetto. Poi sospirò.
“Le
donne pretendono, pretendono, pretendono” ricordò.
Se
avesse potuto pretendere lui, altro che pisolino pomeridiano, ora.
«Andiamo,
seccatura» cedette, consapevole che protestare sarebbe stato
inutile e sapendo che lei ci sperava, per sfottere ancora un po’.
Cercò di consolare mentalmente la delusissima tifoseria del
“qui sotto”, dicendosi che c’era tempo, ancora... Vide Temari
sorridere, e prima di tornare alla luce del sole volle l’ultima
soddisfazione: con scatto felino ed agile mossa piazzò la mano
leggermente più giù della schiena, solo per un breve
istante, e si concesse un ghignetto trionfante.
Lei
gli rifilò una gomitata nello stomaco che per poco non gli
fece vomitare tutto il pranzo.
«Argh...
Tu hai fatto ben di peggio» protestò lui.
«E
tu hai già iniziato a cercare ‘questa particolare
seccatura’» ribatté lei, serafica.
Shikamaru
imprecò mentalmente. Fregato.
Che
razza di giornata.
E
che razza di donna.
Prima
sembrava ben disposta, poi lo piantava in asso, e alla fine lo
malmenava pure.
Perché
doveva impegolarsi con quel genere di complicazioni?
La
affiancò, sulla strada assolata, e maledisse l’Hokage che
gliel’aveva affidata. Ebbe appena il tempo di ricomporsi, che in
lontananza vide avvicinarsi un volto noto e uno... inaspettato.
«Ehi
Shikamaru, guarda chi è tornato!» esclamò Sakura,
additandogli una zazzera bionda inconfondibile.
«Naruto!
Sei proprio tu?» chiese sorpreso.
«Sì,
sono appena tornato!» confermò Naruto con il sorriso a
trentadue denti che lo caratterizzava. Poi, gettò un’occhiata
a Temari e si fece improvvisamente ghignante.
«Anche
il vostro è un appuntamento?» sussurrò.
Lui
ci rifletté per un microsecondo.
Pranzo,
passeggiata, mezza pomiciata. In effetti si poteva quasi definire
tale.
«Ma
va’» se ne uscì tuttavia, per il solo gusto di
provocare la bionda al suo fianco. E fu un modello di indifferenza e
neutralità, un perfetto bugiardo.
Temari
sorrise, altrettanto gelida. «Non scherziamo. Perché
dovrei stare insieme a uno come lui?» chiese con aria di
superiorità. «Tra poco c’è l’esame di
selezione dei chunin. Sto facendo avanti e indietro tra la Foglia e
la Sabbia per arrangiare il tutto» spiegò, bugiarda
quanto e più di lui.
«Non
ne ho nessuna voglia» ribatté Shikamaru, e in quelle
cinque parole ci mise tutta l’annoiata indifferenza che era in
grado di provare. «Ma anch’io faccio parte degli esaminatori.
Mi hanno detto di accompagnare il responsabile della Sabbia»
Sorrise
interiormente, congratulandosi per la scelta di un termine tanto
freddo.
Temari
si trattenne a stento dal rifilargli un pugno. Poi, ripensandoci, si
trattenne a stento dal sorridere.
“Fai
l’indifferente quanto vuoi... cercherai questa particolare
seccatura, eccome se la cercherai” rifletté compiaciuta.
Mentre
Naruto si perdeva in ricordi nostalgici sull’esame di chunin,
Shikamaru dovette fare uno sforzo per evitare che i suoi pensieri
deviassero verso un’ipotetica previsione del futuro, in particolare
verso una stanza degli ospiti nel palazzo dell’Hokage e una certa
spalla abbronzata, che solo a ripensarci il “qui sotto” si
risvegliava... e dimenticò le maledizioni a Tsunade, e tutto
ciò che avrebbe dovuto tenerlo lontano dalle seccature.
Se
non altro, lei non continuava a parlare, parlare e parlare.
Oh,
no di certo.
Dedicato
ad Arwen, perché è stata la prima a leggerlo e perché mi
capisce quando entro in trip ShikaTema.
E
a ShAiW, perché è il suo compleanno.
Auguri!
(e
a tutte le mosche nere, naturalmente)
09/02/2008
Uhm...
devo davvero dire qualcosa?
Beh, quei due non me l’hanno mai
contata giusta, nel famoso episodio del ritorno di Naruto. U_U
Ho
sempre pensato che il «ma va’» di Shikamaru fosse un
po’ troppo simile a quello di Asuma, quando Kakashi lo incontra
insieme a Kurenai... e sappiamo tutti come sono finiti i due
affascinanti jonin. Quindi, queste sono state le mie fantasiose
conclusioni! XD
Liberi di concordare o meno.
Aya
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