Capitolo Due
Le scale che Zir
gli aveva indicato per raggiungere le stanze del padrone s’erano rivelate essere
anguste, dai gradini pericolanti e malfermi, tanto che Nyven, dovette appoggiare
le mani alle pareti più volte per non cadere. Ed erano infinite. Chiocciola dopo
chiocciola, sembravano non terminare più. Finalmente, dopo almeno un’ora
dall’inizio della salita, Nyven trovò una porta a fermargli la strada:
probabilmente la porta d’ingresso.
In realtà era
tutta diversa da come se l’era immaginata: era piccola e impolverata, in legno.
Il chiavistello era divelto e il lucchetto arrugginito. Sembrava la porta di una
cantina abbandonata, piuttosto che l’entrata alle stanze di qualcuno.
Aprendola
scricchiolò e lasciò cadere anni di polvere e sabbia che probabilmente nessuno
s’era mai dato la briga di pulire. Nyven iniziò a tossire, mentre quella nuvola
gli imbrattava la pelle e gli penetrava negli occhi.
La stanza nella
quale entrò era vuota, se non per del mobilio accatastato ad una parete e una
cassapanca sulla parete opposta. Del suo padrone neanche l’ombra.
Nyven si chiese
se, per caso, avesse sbagliato strada, ma subito scartò l’idea: non avrebbe
potuto, le scale andavano in una sola direzione. Pensò che forse Zir lo aveva
preso in giro, forse lo aveva mandato da tutt’altra parte.
Del resto, era
l’unica spiegazione possibile, fra quelle quattro mura non c’era nessun padrone,
né per altro avrebbe potuto vivere lì nessuno che si fregiasse del titolo di
mago.
Si guardò un
attimo intorno, indeciso sul da farsi, anche se la cosa più sensata gli apparve
quella di tornare indietro e chiedere a Zir quale fosse la strada giusta per le
stanze del padrone.
Guardò quel
luogo per un’ultima volta, indugiando un po’ più a lungo sulla cassapanca. Non
era un peccato lasciarla lì abbandonata, quando aveva tutta l’aria di essere di
fattura pregiata?
“In effetti, è
un peccato”
Nyven si girò di
scatto verso la voce che aveva sentito provenire alle sue spalle, ma non vide
nessuno. La porta malandata era come l’aveva lasciata.
Si girò di nuovo
per vedere chi avesse parlato, ma la stanza era quadrata, non c’era luogo dove
nascondersi.
“Mio signore?”
Nyven mantenne la voce ferma, ma si avvicinò alla cassapanca. Che la voce
provenisse da lì dentro?
Sollevò il
coperchio e, di nuovo, udì la voce di prima, che rise.
“Mi credi così
piccolo da entrare lì dentro?”
Nyven si
spaventò all’udire di nuovo quella voce profonda così vicino a lui da sembrare
gli stesse parlando all’orecchio. Lasciò andare il coperchio della cassapanca
indietreggiando d’istinto. Dalla cassapanca si sollevò una nuvola di polvere.
“No…” rispose
Nyven “No, mio signore… E’ che non la vedo”
“Certo che non
mi vedi, non sono lì” disse l’altro “Tu piuttosto, perché sei laggiù?”
“Ho preso le
scale che m’ha indicato Zir, signore” disse Nyven mortificato.
Era poco
importante chi gli avesse indicato la strada, quando questa era sbagliata.
Probabilmente il padrone era molto infastidito dal non vederlo ancora da lui.
Per un po’ la
stanza ripiombò nel silenzio e Nyven non poté fare altro che girarsi intorno
alla ricerca di quella voce.
Era bassa e
molto calda, ma lo terrorizzava.
Da dove
proveniva? Sembrava che gli parlasse da vicino, ma lì non c’era nessuno. E
sembrava gli parlasse da destra, o forse da sinistra. Ma all’inizio l’aveva
pensata dietro di sé.
Quella voce era
in tutta la stanza.
“Prendi quelle
scale e vieni da me. In fretta”
Nyven si guardò
in torno. Quali scale? Non c’erano scale in quella stanza
“Qu…” ma la voce
lasciò il posto allo stupore. Di fianco alla cassapanca, Nyven scorse la sagoma
di alcuni scalini. Si avvicinò per vederli meglio, prima era sicuro non ci fosse
niente.
O forse sì?
Erano gradini
trasparenti - difficili da vedere con un occhio distratto - che scomparivano
oltre una piccola apertura sul soffitto. Li avrebbe notati se ci fossero stati
prima…
Appoggiò il
piede sul primo gradino per cominciare a salire le scale, ma di nuovo, si fermò
stupito: il suo piede era zuppo d’acqua.
Nyven fece un
passo indietro. I gradini non c’erano sicuramente quando era entrato nella
stanza e l’acqua non può reggere il peso di un uomo. Che senso aveva che fossero
comparsi dei gradini fatti d’acqua?
Nessuno, ma
quella era l’abitazione di un mago, era altrettanto sciocco farsi così tante
domande e non salire velocemente. Avrebbe ottenuto – come unico risultato –
quello di fare arrabbiare il proprio padrone per il suo ritardo.
Eppure…
Si rese conto di
avere paura, molta più paura di tutte le altre volte in cui aveva conosciuto un
nuovo padrone.
Salì quelle
scale d’acqua più lentamente di quanto avesse voluto, temendo, ad ogni scalino,
di cadere. Eppure, gradino dopo gradino, l’acqua lo reggeva benissimo.
Arrivato in cima
alle scale Nyven, non riuscì a trattenere lo stupore. Si ritrovò immerso in una
foresta pluviale, dove – dall’acqua sulla quale camminava – crescevano alberi
nodosi che s’intrecciavano a rami di altri alberi. Le foglie enormi e le liane
che si tuffavano in acqua, impedivano di vedere se ci fosse qualcuno lì ad
attenderlo, oppure se, ancora una volta, fosse arrivato nel luogo sbagliato.
Alcune ninfee rosse e gialle galleggiavano vicino ai suoi piedi. Nyven si chinò
per vederle meglio, ma all’incresparsi dell’acqua toccata dai suoi piedi, le
corolle dei fiori si chiusero, in difesa.
“Le spaventi”
Nyven sussultò
“Si… Signore?”
“Vieni avanti”
Il ragazzo fece
qualche passo, senza avere idea di dove si stesse dirigendo.
Sentì un fruscio sopra di lui, probabilmente un battito d’ali.
“Segui i pesci,
loro sanno dove mi trovo”
Nyven guardò
l’acqua sotto di lui e vide numerosissimi pesci nuotare in un'unica direzione.
Li seguì. Sperò di non dover fare troppa strada: era certo che le ginocchia non
avrebbero retto molto più a lungo.
Poi i pesci
scesero più in profondità, e Nyven non li vide più, ma non era necessario: il
suo padrone era davanti a lui.
Il ragazzo chinò
in fretta la testa.
“Mio signore…”
cercò di mantenere la voce ferma “Scusate se l’ho fatta aspettare”
L’altro non
rispose e lo squadrò, a lungo. Il silenzio si fece insopportabile quasi subito e
Nyven spostò il peso da un piede all’altro, sperando che il rumore dell’acqua
potesse alleviare quella paura ingiustificata. Non era la prima volta che si
trovava di fronte ad un nuovo padrone, non era forse così?
Ma i rumori
della foresta erano ovattati, l’acqua sotto i suoi piedi sembrava un’eco
lontana. C’era il suo respiro, ma non era sufficiente a calmarlo. Non poteva
parlare, perché non era stato interpellato, ma moriva dalla voglia di fare
qualcosa – qualunque cosa – pur di sentire un rumore conosciuto.
Finalmente,
l’altro parlò “Sei bravo a controllarti”
“Mi scusi
signore?”
“Conosco altri
che avrebbero parlato. Dunque è vero ciò che si dice del Crocevia Sud: gli
schiavi sono davvero i migliori del Regno”
“Io farò quel
che m chiederete di fare, signore”
L’altro sorrise,
ma Nyven, pur non guardandolo in viso, ebbe la chiara sensazione che quello
fosse un sorriso di scherno.
“Sai leggere,
ragazzo?”
“Conosco bene la
lingua ufficiale del Regno, signore. So leggere il dialetto di Droà e capisco
bene i dialetti dell’ovest, ma non so pronunciarli.” Nyven arrossì leggermente
“Ho più volte provato, ma il mio accento è così forte che non venivo capito”
“E come mai uno
schiavo conosce e sa leggere la lingua ufficiale?”
“Il penultimo…”
ma poi Nyven si corresse, pensando a Tocua “Il terzultimo padrone era un
cartografo, signore. Mi ha insegnato a leggere le mappe, a disegnarle. E con lui
ho letto molti libri di esploratori e viaggiatori, per poter disegnare mappe
complete”
Il mago annuì.
“E sei mai stato
oltre i confini del Regno?”
“No signore,
mai. Ma ho incontrato molti viaggiatori provenienti da ovest. Mai nessuno
proveniente da est”
“Nessuno mai è
andato o venuto dall’est”
“Ma ho sentito
che Giqiath la Sagg…”
“Conosci Giqiath
la Saggia?” lo interruppe il mago.
“Ho solo sentito
dire che è una regina di un regno lontano, nell’est, signore. E che sia l’unica
ad essere venuta sin qui… Non l’ho mai conosciuta, però”
Irìyas sorrise
“E’ venuta qui trecento anni fa”
Nyven arrossì:
“Non lo sapevo signore…”
La stanza
ricadde nel silenzio e solo in quell’istante Nyven si accorse di non avere
assolutamente idea dell’aspetto della persona con la quale stava parlando. La
voce del suo padrone gli imponeva di tenere la testa china, impaurito in quella
stanza d’acqua. Ma ora che il silenzio era tornato, il ragazzo osò guardare
davanti a sé.
Irìyas sorrise.
Era seduto su
una poltrona per metà immersa nell’acqua. Aveva un libro appoggiato sulle gambe
che teneva accavallate e una mano appoggiata sul libro. La pelle era così
chiara che Nyven si chiese se fosse bianca.
Alzò ancora lo
sguardo, osando arrivare fino al volto. I capelli nero corvini gli ricadevano
sulle spalle e sul viso, nonostante fossero in parte legati. Gli occhi erano
così verdi che Nyven si sentì in colpa nel guardarli apertamente, e subito
riabbassò lo sguardo.
Esistevano,
dunque, anche gli occhi color dell’acqua? Nyven, in vita sua, non ne aveva mai
visti.
Forse s’era
sbagliato, forse erano solo occhi celesti che, col riflesso dell’acqua intorno a
loro, catturavano un po’ di verde.
Alzò di nuovo lo
sguardo e non ebbe dubbi: erano verdi e, divertiti, aspettavano che lui facesse
qualcosa.
“Signore…Posso
farvi una domanda?”
“L’hai appena
fatta”
Il ragazzo si
zittì subito “Oh…”
Nyven spostò il
peso prima su uno, poi sull’altro piede, cercando di trovare una posizione
comoda fra quel disagio che dilagava.
Sentì il padrone
sorridere. Sapeva benissimo lo stato in cui Nyven si trovava: non era
propriamente paura, non era propriamente panico. In effetti, il ragazzo, non
riuscì a capire esattamente cosa si agitasse nel suo animo.
Incomprensione.
Per il suo nuovo padrone, affabile ma gelido. Non violento, a gesti o parole, ma
apparentemente piuttosto aggressivo.
Fascino. Perché
l’uomo di fronte a lui sembrava in estremo controllo di tutto quello che stava
accadendo lì intorno, sapeva dove nuotavano i pesci e sapeva dove si trovava
anche quando Nyven non era di fronte a lui. Ed era seduto su una poltrona
immersa nell’acqua, senza peraltro essere bagnato.
“Sai perché sei
qui?”
“Per servirvi”
rispose prontamente.
“Sai perché ho
preso te e non qualcun altro. Per quella cifra, a dire il vero, avrei potuto
acquistare braccia ben più muscolose, più adatte ai lavori pesanti”
Nyven diede un
rapido sguardo ai suoi muscoli che sapeva non essere molto grossi. Chinò il
capo.
“Forse…” alcuni
l’avevano voluto per il suo corpo. Ma non fece in tempo a finire la frase.
“Perché ti ho
fatto rasare i capelli?”
Nyven scosse la
testa “Erano forse sporchi?”
Il padrone
sospirò, apparendo esasperato.
Appoggiò il
mento su una mano e guardò Nyven a lungo. “Davvero nessuno si è mai accorto di
niente?”
Il ragazzo alzò
lo sguardo, confuso “Di cosa, signore?”
L’uomo seduto
picchiò il palmo contro il libro in grembo, seccato.
“Che ignoranti!
Ignoranti e certamente sciocchi!” disse stizzito. Poi si strinse nelle spalle
“Tanto meglio. Questo agevola me”
Nyven era molto
confuso.
“Non capisco,
signore…”
“Irìyas”
“Cosa?”
”Chiamami col mio nome”
“Sì, sign…”
Nyven s’ammutolì.
“Che cosa spegne
il fuoco, Nyven, lo sai?”
Il ragazzo
aggrottò la fronte “L’acqua”
Di nuovo si
ritrovò quegli occhi verdi addosso. Irìyas indugiò un po’ su di lui e poi si
alzò dalla poltrona. Prese un bicchiere appoggiato su un tavolo che Nyven non
aveva notato prima e con questo raccolse un po’ d’acqua dal pavimento.
Indicò il camino
– e ancora una volta Nyven avrebbe giurato che prima non c’era nessun camino
nella stanza – e vi buttò l’acqua. Il fuoco si abbassò leggermente, ma subito
l’acqua evaporò, lasciando nuovamente spazio alle fiamme.
“Che cosa spegne
il fuoco, Nyven, lo sai?”
***
sine nomine: Grazie davvero! La
storia ha una fabula piuttosto complicata (alleggerita da un non tranto
complicato intreccio), quindi non sarà un racconto "breve" (neanche infinito,
ovviamente). Sono contenta che sin da subito ti siano piaciuti i toni
favoleggianti, perchè quest'aura fra fantasy e favola piace tanto anche a me (la
panciotta di Zir, poi, è così tenera XD). Baci
Dolceamara: Ciao!Come dicevo
prima, i toni favoleggianti sono una caratteristica a cui tengo, per
inframezzare meglio il fantasy canonico ad un'idea un po' diversa che vorrei
sviluppare. E sono davvero felice che ti piaccia l'esordio e come scrivo. La
"quantità" di recensioni non è uno sprone, non ti preoccupare. Leggere
recensioni come la tua sì. E poi già ti adoro, per l'affascinante... Ahhh
* /me gongola. Bacio
BarbaraG.: Che entusiasmo
davvero. Grazie davvero. Spero che non scemi tutto subito e spero anche di
risentirti presto (e sì, anch'io adoro il coniglio, così bisbetico!)
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