L'invisibile persecutore

di biberon
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Capitolo 1
 
Stavo camminando nel parco, come ogni mattina di quel freddo Gennaio..
 
La neve scricchiolava dolcemente sotto i miei piedi, facendomi sentire attraverso i sandali leggeri e piacevoli brividi di freddo.
 
L’atmosfera era magica.
Gli alberi luccicavano e risplendevano agli ultimi raggi di sole, e fiocchi candidi con riflessi argentati planavano soavemente verso terra.
 
Le panchine erano coperte da grossi blocchi ghiacciati, e sul prato coperto si potevano intravedere piccole e graziose impronte di uccelli e leprotti.
 
Nel lago ghiacciato riuscivo a intravedere i riflessi sfocati degli alberi scuri.
 
Il silenzio era perfetto.
 
Camminavo piano, per non rovinare quell’atmosfera fiabesca.
 
Infilai le mani nelle tasche del giaccone rosso e soffiai.
 
Subito il mio respiro si trasformò in una nuvoletta densa che si disperse nell’aria.
 
Indossavo un paraorecchie rosa, e avevo i capelli raccolti in una coda di cavallo tiratissima.
 
Non ero al massimo della  forma, avevo alcuni capelli sbarazzini che uscivano dall’elastico, leggere occhiaie violacee, la punta del naso rossa e le labbra screpolate.
 
Ero uscita in fretta, avevo messo solo un filo di ombretto marrone scuro e del mascara, che avevo pure sbavato leggermente sulla palpebra.
 
Era mattina presto, le sette, circa, e benché fosse presto ero contenta mi essere uscita, avrei fatto di tutto per non perdermi quella bellezza.
 
Non avevo nemmeno una meta, era un sabato mattina qualunque di un Gennaio qualunque, eppure c’era qualcosa di particolare nell’aria … camminavo, come ogni mattina, per cercare ispirazione per il mio romanzo.
 
Uscii dal vione principale, e a malincuore lasciai il parco per immergermi nel grigio della città.
 
Entrai nel primo bar che trovai, “Da Bibe.”
 
Presi una brioche liscia e una tazza di cioccolata con panna.
 
Divorai la brioche (davvero squisita!) e rientrai nel parco leccando via l’abbondante strato di pazza dalla mia tazza.
 
Trovai una panchina non troppo coperta di neve e mi sedetti, per osservare meglio la splendida natura mattiniera che mi si presentava davanti.
 
Ad un tratto, mentre mi perdevo nelle spirali candide dei fiocchi, qualcosa mi riscosse.
 
Qualcuno si sedette sulla panchina, il più lontano possibile da me.
 
Mi girai a guardare.
 
Era un ragazzo.
 
aveva una chitarra in spalla, chiusa in un bel fodero nero, e una borsa a tracolla.
 
I capelli neri disordinati gli dondolavano davanti agli occhi verdi, le sue labbra si incurvarono leggermente in un sorriso mentre girava pagina del libro che stava leggendo. Sul suo mento c’era un accenno di pizzetto ordinato e un velo di barba appena visibile sulle guancie
 
Sembrava un libro di storia, con la copertina in stoffa beige tenuta insieme da un pezzo di spago.
 
Le pagine erano giallognole, consumate e spiegazzate.
 
lo teneva aperto sulle ginocchia, posato sui jeans con una cintura di cuoio raffinato.
 
Era stretto nel suo giaccone e nel suo paraorecchie blu, teneva una mano sul collo alto e slanciato, fasciato in una sciarpa blu.
 
Sembrava un ragazzo per bene.
 
Un fiocco cadde dal’alto nella mia tazza e affondò, risucchiato dalla cioccolata densa e fumante.
 
Alzai lo sguardo, e vidi che lui mi stava osservando con aria divertita.
 
  • "Singolare, vero?"
 
  • "Che cosa?"
 
  • "Che un fiocco cada proprio nella sua tazza."
Mi stava dando del lei.
Era davvero un bravo ragazzo.
  • Singolare, sì
  • Bello, vero? Dico, stare qui. Il parco in questi giorni è stupendo.
 
  • Ha ragione, io vengo qui tutti le mattine.
 
  • Davvero?
 
  • Sì, davvero.
 
  • Ma pensi! Anche io!
 
  • Non l’ho mai vista.
 
  • Beh, questo posto è grande.
 
 
  • In effetti ... senta, e lei come si chiama?
 
  • Mi chiamo Trent.
 
  • È davvero un bel nome! Conoscevo un ragazzo che si chiamava così …
-            E lei?
 
  • Mi chiamo …
Indugiai.
Da quando avevo abbandonato il reality mi facevo chiamare Betty, perché pensare al mio nome mi faceva pensare a total drama, e quello mi faceva pensare a Duncan.
Quel ragazzo però mi ispirava fiducia.
  • Mi chiamo Courtney.
 
  • Anche io conoscevo una ragazza che si chiamava così … ma sa, sono passati dieci anni … non mi ricordo molto di lei, fatta eccezione per la sua bellezza e la sua pignoleria …
Dieci anni.
Riflettei.
Era esattamente da dieci anni che avevo lasciato a Tutto Reality.
  • Può darmi del tu, Trent …
  • Fantastico! Ehm … tu … cosa studi?
 
  • Studio per un master di legge. Mi sono laureata in legge.
 
  • Woah! Roba di poco conto, eh?
 
  • Ah ah ah. Lo so, è un percorso abbastanza difficile. Mi piacerebbe riuscire a diventare giudice, ma so che bisogna farsi una bella gavetta  … tu, invece?
 
  • Io studiavo musica … vorrei riuscire a entrare a far parte di un complesso abbastanza famoso, ma per il momento eseguo le colonne sonore nei teatri.
 
  • È un lavoro ben retribuito?
 
  • Direi.
 
  • Sai, anche io studiavo musica, prima di intraprendere la carriera legale.
 
 
  • Cosa studiavi?
 
  • Violino.
 
  • Davvero un bello strumento!
Posò una delle sue belle mani sulle mie ginocchia e mi guardò dolcemente.
Io guardai quel ragazzo intensamente, nei suoi magnetici occhi verdi.
Eppure c’èra qualcosa in lui, qualcosa di terribilmente familiare …
All’improvviso capii.
  • Trent!
 
  • Che succede? Ti ha dato fastidio … che io abbi a messo le mie mani sulle tue ginocchia?
 
 
  • No, no, affatto, ma …
 
  • Ma cosa?
 
  • Trent, non mi riconosci?

- no, io non … un momento! Tu sei … Courtney?


  • Esatto! Sono io!
 
  • Oh mio Dio, Courtney, ne è passato di tempo!
 
 
  • Dieci anni, per l’esattezza.
Ci guardammo per un attimo, un attimo che conteneva universi.
  • Cosa stavi leggendo?
 
  • Qui … ho raccolto alcune lettere che io e Gwen ci siamo mandati dopo l’isola, dopo Azione  … e durante la vendetta. Dopo i due reality ci siamo mandati lettere e sms … l’ultima corrisponde al giorno in cui siamo passati davanti all’isola con la nave da crociera … lei stava, stava … baciando Duncan.
A sentire quel nome fu come se qualcuno mi avesse dato un pugno nello stomaco.
Li avevo visti anche io, ed ero stata male …
  • Potrei … vederlo?
 
  • Sì … tanto, ormai. Lo ammetto, non sono riuscito a dimenticarla … l’ amata così tanto …
  • Si vedeva. Lo ammetto, l’ho sempre invidiata. Tu eri così innamorato, così dolce, così premuroso … e lei … non ti ha mai meritato.
 
  • Lasciamo perdere …
 
 
  • Beh, ora devo andare …
 
  • Okay …
 
  • Tieni il libro … se vuoi.
 
  • Okay, grazie.
 
  • Ah … mi è dispiaciuto per la tua eliminazione, ho guardato la puntata in tv … è stato un brutto malinteso … colpa di Heather e Lesawna …
 
 
  • Ah, Heather …
 
  • Lei faceva solo strategia, però … come … come ho fatto io in azione …
 
  • Già …
 
  • Beh, vado, allora.
 
  • Ciao Courtney, e … mi è dispiaciuto per LA TUA  eliminazione … Duncan e te stavate così bene insieme …
 
  • Grazie.
 
  • Aspetta, prima di andare … mi dai il tuo numero.
 
  • +393921356478
 
  • Grazie, ciao.
 
  • Ciao ciao.
M’incamminai verso casa lentamente.

Quel giorno non dovevo studiare nulla, ero libera.

Era un sabato mattina qualunque, in un Gennaio qualunque.

Strinsi le dita al quaderno di Trent.

O forse no. 




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