La variabile
della coinquilina.
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Penny guardò in alto, cercando di
scorgere la fine di quel palazzo dalle ampie finestre, che davano
direttamente sulla strada.
Doveva esserci
decisamente degli appartamenti carini in quel posto: attraverso le
vetrate del piano terra riusciva a
distinguere un ampio atrio, mentre al primo piano, con un piccolo
sforzo, intravedeva un comodo divano e una serie di vasi dai colori
sgargianti.
Non sapeva
perché quel'edificio la
colpisse tanto: c'erano un sacco di costruzioni simili a Pasadena, ma
nonostante ciò si era fermata esattamente in quel punto.
Effettivamente
cominciava a sembrare un
po' strana. Si guardò intorno, sperando di non essere stata
vista da nessuno.
Tirò
su il pesante scatolone,
cominciando a sentire il graduale intorpidimento delle braccia farsi
via via più importante.
«
Lasci, lasci. Faccio io. » mormorò
una figura alle sue spalle.
«
Oh, non importa. La ringrazio,
Mister Finnigan. » rispose lei, osservando con un sorrisetto
compiaciuto l'omuncolo basso e calvo dell'agenzia immobiliare.
Notò
una piccola spilla di Superman sul colletto della giacca di tweed. Doveva essere di
sicuro uno di quei
nerd che passano ore a
giocare ai videogames.
«
Allora, vogliamo andare? » proseguì
lui, stringendosi nella giacca troppo stretta. Penny annuì
appena,
senza guardarlo ulteriormente. Il suo sguardo tornò a
posarsi su
quell'edificio.
Forse le
ricordava qualcosa. O forse
era solo una stupidaggine.
In quel
momento si sentiva spaesata e
un po' sola. Di certo allontanarsi dal Nebraska per rincorrere il
sogno di diventare attrice non era stato visto di buon occhio dai
suoi, e probabilmente in quel momento ne sentiva il peso.
Scrollò
la testa, lasciando ondeggiare
i morbidi capelli biondi sulla maglietta in cotone leggero.
«
L'appartamento è poco lontano da
qui, ci vorranno cinque minuti con la mia automobile. »
borbottò
l'agente immobiliare, avvicinandosi ad una vecchia monovolume color
sabbia. Salutò con un cenno il suo collega, appostato sulla
soglia
dell'immobiliare da cui erano appena usciti, e guardò
nuovamente la
ragazza.
« La
seguo. » lo rassicurò lei, per poi dirigersi verso
l'auto scassata con cui aveva guidato fino in
California. Dio, che viaggio da incubo.
Salì
in macchina, ma in quel momento
quattro ragazzi uscirono dal portone dell'edificio: erano vestiti in
modo osceno, con dei tagli di capelli antiquati e l'aria da
secchioni. Uno di loro – alto e magro – teneva tra
le braccia una
scatola che sembrava muoversi.
«
Sheldon, no. » disse il tipo
accanto a lui, sistemandosi gli occhiali sul naso. « Non
voglio
riprovare con il gatto di Schrödinger. ».
«
Leonard, questo potrebbe portare i
miei studi a livelli che...che tu non raggiungerai mai! ».
Aggrottai la
fronte. Quel tizio non
conosceva il significato della modestia.
« E
dai, Sheldon, libera quel povero
gatto. » suggerì il ragazzo più a
destra, un tipo dalla carnagione
scura con uno strano accento orientale. Lo spilungone alzò
gli occhi
al cielo.
« Se
non lo liberi comincerà a
graffiarti. Le altre volte è andata così,
ricordi? Hai usato il
disinfettante al posto del sapone per due settimane. »
concluse
l'ultimo dei quattro, decisamente il più strambo tra tutti.
I quattro si
avviarono lungo il
marciapiede. Sheldon, il più alto, arretrò di
qualche passo e si
piegò sulle ginocchia, aprendo lo scatolone dal quale
fuoriuscì un
bellissimo gatto rosso.
« Mi
dispiace, gatto
numero tre,
non potrai partecipare al grande esperimento rivelatore del dottor
Sheldon Cooper. Puoi tornare dalla tua padrona al primo piano,
adesso. ».
Detto questo,
si
voltò e raggiunse gli altri, scomparendo dietro l'angolo.
Penny rimase a
guardarli senza battere ciglio: nonostante avesse capito un quarto
dei loro discorsi, quei quattro erano decisamente i tipi più
strani
che avesse mai incontrato.
«
Signorina, tutto bene?! » gridò il tipo
dell'immobiliare, che si
era improvvisamente appoggiato al suo finestrino. Penny urlò
per lo
spavento, tenendo la mano sul petto. « Oh. Scusi. Vogliamo
andare?
». Probabilmente aveva aspettato un bel po', e doveva essere
parecchio irritato.
« Mi
scusi. »
iniziò, cercando di ritrovare la voce. « Sa per
caso se in quel
palazzo abita un certo signor Schrödinger? ».
Il tizio la
guardò
aggrottando la fronte, poi scosse la testa mugugnando qualcosa e
tornò nuovamente in macchina. Lei osservò la
palla di pelo rossa saltare sul
cornicione della finestra del primo piano ed entrare in casa muovendo
la lunga coda pelosa.
Di certo la
signora
Schrödinger sarebbe stata contenta di riavere il suo gatto.
Tornò
a fissare
nuovamente l'edificio.
Chissà,
forse
c'era qualche appartamento in affitto.
Note: Ipotizzando in che modo Penny
sia finita nell'appartamento 4B è venuta fuori questa
piccola one-shot. Ho voluto aggiungere il paradosso di
Schrödinger perché, a mio parere, l'episodio in cui
se ne parla è uno dei miei preferiti. Spero vi sia piaciuta.
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