Si ritrovò in una
stanza, illuminata esclusivamente da una lampadina. Era nuda, sdraiata in
un letto metallico e freddo.
Non c'era nessun mobile, tranne un piccolo tavolo, in cui erano posti
degli strumenti da chirurgo.
Cercando di alzarsi notò con orrore che
aveva i polsi e le caviglie legati con delle cinghie.
Si guardò intorno
spaesata. Cercò di urlare, ma dalla sua bocca
uscì solo un flebile
lamento.
Vide un uomo. Dall'aspetto non
poteva avere più di sessant'anni. Aveva dei lunghi capelli
grigi e crespi, che arrivavano fino alle spalle. I suoi occhi la fecero
inorridire. Non avevano le palpebre, e l'iride era completamente rossa.
Com'è
possibile? pensò.
Cercò nuovamente di urlare, ma emise solo dei mugolii.
Quell'uomo sembrò finalmente accorgersi di lei,
sorridendole. I suoi denti erano completamente
neri, ed un fetore le invase le narici. Per poco non ebbe un conato di
vomito.
Cercò di urlare, di chiedere aiuto, ma non ci
riuscì.
L'uomo le si avvicinò alla caviglia, guardandola mentre
fremeva, estasiato. La donna cercò invano di scalciare
mentre l'uomo, addentando la caviglia, le strappò carne e
tendini. Urlò, fino a che non le bruciò la gola.
Sentiva il sangue colarle sul piede, e la lingua dell'uomo leccarle la
carne. Un dolore lancinante la pervase, facendola quasi svenire.
L'uomo raggiunse la coscia, addentandola e scavando a fondo coi denti.
La donna urlò di nuovo, dimendandosi. Il dolore persistente
le sembrò quasi inverosimile.
Estrasse dal pantalone un coltello da cucina, guardando sadicamente la
povera donna. Quest'ultima lo implorò di lasciarla andare,
ma l'uomo era così eccitato che non se ne rendeva conto. Si
avvicinò al tavolo posto vicino al letto, scaraventandolo
via. Si avvicinò alla mano destra e, come se fosse carne da
macello, gliela recise. Il sangue scorse a fiotti, mentre l'uomo rideva
sguaiatamente.
Si svegliò,
madido di sudore. Era solo un incubo.
"E' questo che provano
le mie vittime.", pensò, alzandosi e dirigendosi
sorridente verso la cantina.
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