world Wide West - Mezzanotte di Fuoco
World Wide West: Mezzanotte di Fuoco
Il cielo era di un azzurro innaturale che spiccava
decisamente troppo in contrasto con una terra brulla e bruciata dal
sole, le ombre degli avvoltoi compivano i circoli rituali prima di
gettarsi sulla carcassa di qualche povera bestiola arrostita dal calore
e le balle di fieno vagavano solitarie anche se nessuno aveva fatto
battute pessime.
In questo orizzonte secco e brullo, qualcosa turbava una quiete che
solitamente rasentava la noia più perenne, un carro, c’era
un carro diretto in città!
Roger esultò dall’alto della sua postazione, in cima ad
una torretta di legno adibita al controllo dei confini, si diceva che
ci fossero pericolose tribù indiane da quelle parti ma lui non
le aveva mai viste da quando si era trasferito lì da Londra, due
anni prima, alla ricerca di ciò che da sempre aveva spinto tutti
i conquistadores nelle Americhe, ovviamente l’oro. Gli indiani
non erano l’unica cosa che Roger non aveva ancora avuto occasione
di vedere, anche l’oro sembrava scarseggiare da quelle
parti… per questo era stato costretto a cercare lavoro ovunque
ce ne fosse bisogno, e considerando i salari da fame e la noia mortale
che aleggiava in quelle lande desolate, il volenteroso ragazzo aveva un
impiego in banca, uno presso l’agenzia di pompe funebri, uno come
vedetta ed a volte rallegrava persino la folla del saloon suonando il
vecchio pianoforte.
“Un carro! Un carro!” esclamò in preda
all’eccitazione, finalmente una faccia nuova in quel piccolo e
monotono paese.
Nel frattempo il carrozzone trainato da due pony molto affaticati aveva
raggiunto il confine della cittadina, una mano leggiadra e coperta da
un guanto di pizzo bianco si alzò per fare ombra su un viso per
nulla abbronzato, che si sarebbe potuto definire pallido ma sarebbe
stata una violazione della tregua con gli indiani, e lo sceriffo Texa
Colt non lo avrebbe mai lasciato impunito.
La giovane donna all’interno del carro lesse il cartello di legno
esposto al confine della città, CYDONIA, diceva, sotto
c’era una lavagnetta, con scritto con del gesso bianco:
Popolazione: 57.
“Beh, da oggi saremo in 58!” esclamò Catherine prima
di spronare i cavalli a ripartire, dirigendosi verso il centro della
cittadina.
Cydonia era il classico villaggio da far west, un’unica lunga via
di terra battuta con qualche abbeveratoio, pali per
l’impiccagione e ruote di carro rotte, con ai lati costruzioni di
legno poco interessanti dove uomini ubriachi e dormienti sostavano
sulle proprie sedie a dondolo.
Catherine osservò con attenzione quella che sarebbe stata la sua
nuova patria, ma quello che la nuova arrivata non vide, fu il luccichio
che produce il sole quando colpisce una canna metallica, qualcuno aveva
puntato un fucile fuori da una delle finestre, BANG!
Il colpo risuonò per tutto il paesello, il vecchio Bill cadde
dalla sedia in un lago di sangue, il misterioso assassino
sogghignò e pulì la canna dell’arma, “Con
questo caldo chi ha voglia di andare a cambiare il numero della
popolazione?” si giustificò con se stesso.
Catherine nel frattempo aveva raggiunto quella che, nonostante la via
fosse tutta dritta e larga uguale, era comunemente chiamata piazza.
L’arrivo del carro aveva richiamato l’attenzione di una
piccola folla, che assistette incuriosita alla discesa di una giovane
ragazza con indosso il tipico vestitone elegante da far west intriso di
puritanesimo inglese, qualcuno fece sentire il proprio apprezzamento
con un fischio ma Catherine non ci badò, facendosi largo
dignitosamente tra la folla, raggiunse il Saloon.
All’interno l’atmosfera non era delle più allegre,
la proprietaria, Devil la Rossa, stava strofinando un bancone bagnato
di alcool mentre le due cameriere, Serena e Lunna servivano annoiate i
soliti drink ai soliti ceffi.
L’ingresso della nuova arrivata destò molto interesse,
specialmente ad uno dei beoni con una barba incolta e scura ed un viso
bruciato da sole, si sistemò il cappello e facendo ben risuonare
i propri speroni mentre camminava, raggiunse Catherine.
A differenza di buona parte degli abitanti, che erano di origine
inglese o che erano nati nelle Americhe da genitori emigrati dalla Gran
Bretagna, costui era uno dei coloni spagnoli, un vero maschio latino,
come amava definirsi, tutti lo chiamavano El Marcho.
“Hola chica, sai cosa si dice da queste parti?”
esordì, Catherine gli rivolse gentilmente la propria attenzione,
El Marcho si sentì lusingato ed allargò di un buco la
propria cintura “Quando una donna incontra un uomo con un
pistolone, quella sarà una donna fortunata”.
Catherine sorrise dolcemente, mettendo mano alla propria giarrettiera, dove conservava sempre una revolver per simili evenienze.
El Marcho non fece in tempo ad aggiungere altro che si ritrovò una canna ben premuta sulla fronte.
“Lascia in pace la signorina!” si intromise una voce
virile, una musichetta alla Morricone risuonò per la stanza
facendo da sottofondo per l’ingresso dell’eroe, la cui
sagoma si stagliò in controluce attraverso le porte cigolanti
del Saloon.
La figura si aggiustò il cappello da cowboy e fece roteare
abilmente le pistole con gl’indici, quindi fece qualche passo
verso Catherine e si presentò con galanteria “Io sono
Klimt, Klimt Eastwood. Sono il pittore di questa cittadina ma quando
serve faccio anche la parte dell’eroe, non esiti a rivolgersi a
me per sbarazzarsi delle persone indesiderate!” spiegò con
un palese accenno a El Marcho.
Catherine ringraziò e rimise rapidamente a posto la pistola,
mentre Klimt rimetteva a sedere il molestatore, la ragazza raggiunse la
locandiera e chiese se per caso ci fosse una stanza libera.
“Mi dispiace, purtroppo la scenografia è piuttosto
carente, il budget per i film western è quello che è,
pertanto come avrai sicuramente notato, anche se in questo villaggio
vivono 57 persone, le case saranno almeno una decina. La maggior parte
dei cittadini ha una stanza affittata da me, e purtroppo non ne ho in
avanzo” fu la sincera risposta.
“Se vuoi puoi venire a dormire nel mio letto!” si offerse
cavallerescamente El Marcho, ma bastò un cenno di Klimt per
farlo star buono.
Catherine comprese che nel Saloon non avrebbe trovato ciò che le
serviva e quindi se ne andò, aggirandosi per l’unica
strada del paese ed osservando le insegne alla ricerca di un posto dove
passare la notte.
Passò davanti alla banca, all’agenzia di pompe funebri, al
casotto dello sceriffo connesso alla prigione, ad un casinò
indiano, ad una chiesa ed infine trovò questa strana insegna
cancellata dal sole e dal tempo.
Le uniche lettere visibili erano una O, poi non si capiva, ed infine un IUM.
Catherine pensò di aver trovato l’emporio, appunto
Emporium, e vi entrò per comprare almeno qualcosa da
mangiucchiare, oppure un bel souvenir come la città di Cydonia
in una palla che se scossa fa cadere la neve, un po’ fuori luogo
ma sempre di grande impatto sui turisti.
Una volta dentro trovò un ambiente molto confortevole, per terra
erano sparsi morbidi cuscini e l’aria era densa di un buon odore,
il fumo profumato riempiva la stanza e Catherine decise di sdraiarsi e
riposare.
Inalò quei fumi e dormì per qualche ora, pensando che
quello era il luogo migliore del mondo, voltandosi verso la persona che
nel frattempo si era seduta alla sua sinistra biascicò la sua
richiesta “Possho resshtare qui per sshempre?”, il bruco
violaceo (che le ricordava anche il suo vecchio professore di pozioni)
soffiò qualche lettera di fumo colorato dalla bocca e le disse
“Chi esserrrrre tu?”
“SShono… - ci pensò su un attimo – sshono
Catherine, quesshto posshto mi piashe tanto, possho resshtare?”
Ma in quel momento il Brucaliffo svanì, le porte della casa
dell’oppio (Opium, per l’appunto) erano state spalancate e
buona parte del fumo se n’era uscito, una sagoma nera ed arcigna
s’intravedeva tra la nebbia oppiacea.
“Ne è passato di tempo, non è vero, Calamity Kate?” esclamò.
Catherine subito si riebbe, riconoscendo la voce del suo acerrimo
nemico, “Reverendo Doom! Cossha ci fai qui?” esclamò
turbata, cercando di riprendersi del tutto dagli allucinogeni.
Il prete sogghignò con aria maniacale, “Ti ho seguita sai,
in ogni villaggio in cui sei stata in questi ultimi anni, a San Miguel,
ad Agua Caliente (probabilmente luogo di provenienza di El Marcho,
n.d.A.), persino alla riserva Navajo, e sapevo che la tua fuga ti
avrebbe condotta qui, nel piccolo paesino di Cydonia. Per questo ti ho
preceduta, Calamity Kate, aspettavo che cadessi in trappola!”
Catherine cercò di alzarsi di scatto ma ebbe un giramento di
testa, barcollò e si appoggiò ad una delle pareti,
“Ed ora stai ferma, mia cara, preparerò la mia macchina
fotografica d’avanguardia e ti farò una foto che
appenderò con sotto la tua taglia in tutta la contea, non potrai
più sfuggirmi!” diceva nel frattempo il reverendo, mentre
sistemava il cavalletto della sua grossa macchina fotografica e le
metteva sopra il pezzo per fare il flash, sparendo sotto alla membrana
protettiva e scura.
“Ed ora dì cheese!” esclamò contento facendo
scattare la foto quando la macchina fu pronta, ma Catherine ormai era
già lontana, si era nascosta sul retro del casinò indiano
ed ancora non riusciva a credere di essere finita nella trappola
dell’odiato Reverendo Doom.
Il prete nel frattempo era molto molto adirato, aveva perso la sua
occasione di scattare una foto a Calamity Kate, senza una sua immagine
non avrebbe potuto mettere una taglia sulla sua testa ed impedirle di
scorazzare liberamente nel far west.
Arrabbiato lasciò la casa dell’oppio e si diresse verso il
Saloon, dove sconvolto si rese conto che Klimt Eastwood stava appendendo
per tutte le pareti proprio delle immagini di Calamity Kate.
“Io amo questa donna! – diceva mentre li attaccava con
delle puntine ai vari muri – Da quando l’ho vista la prima
volta, ovvero stamattina, non ho potuto far altro che pensare a lei ed
anche se il sole deve ancora calare, le ho già fatto questi
settecento ritratti ed ora diffonderò la sua bellezza in tutta
la città!”
Il reverendo sogghignò soddisfatto, e quando l’innamorato
Klimt lasciò il Saloon per continuare la sua opera di
volantinaggio per il resto del paese, il prete prese un pennarello e
scrisse sotto i vari ritratti la taglia che avrebbe messo in palio per
l’uccisione di Calamity Kate, pericolosa criminale.
“Hey un momento padre!” chiese El Marcho, che passava 34
della sua vita a fare il beone nel saloon perché a Cydonia non
c’era molto altro da fare, “Che cosa sono quei numeri che
stai scrivendo sotto alle immagini della nuova venuta?”
“E’ molto semplice, caro fedele, questi numeri rappresentano la sua taglia!” spiegò bonario il prete.
“Cooooosa?” gridò esaltato El Marcho,
“Catherine porta la trecentocinquantamillesima? Ed io che le
avrei dato circa una terza…”
Devil la Rossa intervenne versando del nuovo whiskey nel bicchiere del
suo affezionato cliente “Non dire sciocchezze, il reverendo
è un uomo di chiesa, sicuramente voi due non state parlando
dello stesso tipo di taglia”.
Una ragazza bionda mandò giù in un sol sorso il contenuto
del proprio bicchiere e lo batté forte sul tavolo, si trattava
di Texa Colt, lo sceriffo di Cydonia, “A quanto mi è parso
di capire, una fuggitiva si è appena intrufolata nella mia
città! Non posso tollerare criminali qui dentro, farò il
possibile per scovarla!”
Questa fu una sera stranamente poco noiosa per gli abitanti di Cydonia,
il reverendo si rigirava felice nel suo letto, pensando
all’imminente cattura della sua nemica, Texa si allenava sparando
contro fantocci di paglia preparandosi alla grande caccia, Roger
lasciava il pianoforte del Saloon per correre alla postazione di
guardia, Devil versava da bere agli avventori, tra cui c’era un
El Marcho ubriaco che cantava cose come “Al Saloon numero
venti…” (il resto lo lascio immaginare a voi) ed un Klimt
che beveva per dimenticare il suo amore per una criminale ricercata in
tutto il villaggio.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH
Un urlo agghiacciante nella notte svegliò l’intero paese (grazie tante, è composto da un’unica via!)
Il mattino seguente, lo sceriffo Texa sorseggiava il suo caffé
con aria pensosa, Serena, la cameriera del saloon, sedeva di fronte a
lei mentre il dottore del paese le disinfettava i graffi che aveva
sulla candida spalla.
La porta si spalancò e Blackie Postmortem, il becchino, comparve in un
gracchiare di avvoltoi “Allora, dov’è il
morto?” chiese con voce lugubre.
“Hey, sono ancora viva!” si lamentò Serena mentre
Texa lo mandava via, aveva bisogno di fare nuove domande alla povera
ragazza aggredita.
(riportiamo un estratto dagli atti del processo, battuti diligentemente
a macchina da Roger, che di tanto in tanto faceva anche questo lavoro)
Texa: Dove ti trovavi ieri sera, quando è avvenuta l’aggressione?
Serena: Avevo appena finito di lavorare al saloon, sono uscita sulla strada ed è lì che…
Texa: Quale strada? Ricordi il nome preciso della via?
Sirena: Non so, sono così confusa, se solo ci ripenso… io… (scoppia in lacrime)
Texa: Non fa niente, calmati. Hai visto in faccia l’aggressore?
Sirena: Sniff… no, ero di spalle quando mi ha strappato la camicetta… facendomi questi graffi…
Texa: Hai sentito qualche rumore strano? L’aggressore ha parlato?
Sirena: Ora che ci penso, sì. Era la voce di un uomo ed ha
farfugliato qualcosa che c’entrava con il fuoco della
passione…
Texa: Certo, abbiamo a che fare con un pervertito. Non ci bastavano le
criminali fuggitive, ora anche un maniaco! Grazie Roger, puoi andare,
per oggi abbiamo finito
.
Roger annuì e corse ad infilarsi la divisa da banchiere mentre
Texa si recava dritta dritta al saloon, dove sapeva che avrebbe trovato
il peggior pervertito di tutta Cydonia.
“Confessa, El Marcho, cos’hai fatto ieri notte alla
cameriera?” esordì puntando un dito contro il barbuto e
latino beone.
“Beh… quale cameriera? Se stiamo parlando di Lunna, beh,
non ho fatto apposta a sbirciare in quella direzione… Dopo tutto
questo gran parlare di taglie ho pensato di fare un calcolo mentale su
tutte le ragazze del paese… Tu ad esempio potresti avere una
secon…”
CLIK!
Il rumore del tamburo pronto a sparare lo fece zittire.
“Taci, pervertito! Confessa, sei stato tu ad aggredire Serena,
vero?” lo accusò lo sceriffo, El Marcho continuò a
negare e Texa, non avendo le prove per arrestarlo, rimise la pistola al
suo posto.
“Stavolta ti è andata bene perché non hai lasciato
tracce, ma stai certo che prima o poi ti incastrerò!”
disse prima di lasciare il saloon.
El Marcho da parte sua non sembrava troppo preoccupato, bevette un
altro sorso di whiskey e guardò ad uno dei ritratti di Catherine
appesi alla parete, quindi prese un pennarello nero e cancellò
tutti i numeri della taglia ad eccezione del primo, “Ora
sì che si ragiona” disse.
“Stai fermo, non alterare i manifesti! Chi credi che si darebbe
la pena di cercare una così pericolosa criminale per soli tre
dollari?” chiese il Reverendo Doom, recatosi al saloon per la sua
grappetta quotidiana.
Klimt Eastwood sospirò tristemente, “Povera dolcissima
Catherine, come posso credere che un faccino così innocente
possa in realtà nascondere doti assassine?”
Il prete sedette accanto a lui e gli batté sulla spalla con
comprensione, “Lo so, caro fedele, le donne sono spesso una
tentazione. Sono creature subdole e peccatrici, compiono crimini
tremendi e riescono persino a fuggire la giustizia facendo gli occhi
dolci… Ma tu sei un uomo coraggioso e dai sani principi, sei
l’eroe di Cydonia, so che non ti farai certo imbambolare da
Calamity Kate e che una volta trovata, la consegnerai allo
sceriffo”.
Klimt annuì con gli occhi lucidi e dopo aver mandato giù
il suo whiskey, lasciò il saloon “Oh Catherine, ti
nascondi là fuori da qualche parte ed io dovrò venire a
cercarti… spero di essere abbastanza forte per fare ciò
che la legge mi imporrà di fare.”
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH
Un urlo agghiacciante nella notte, svegliò di nuovo l’intero e piccolo paese
Ancora nell’ufficio dello sceriffo, ed ancora il registro
dell’interrogatorio diligentemente trascritto da Roger il
tuttofare
Texa: Ancora una volta quel maniaco di El Marcho ha aggredito una
donna, stavolta speriamo che abbia lasciato qualche traccia.
Dov’eri quando è avvenuto il misfatto?
Lunna: Avevo finito di lavorare da un paio d’ore, sarei tornata a
casa prima ma mi ero incastrata in un corridoio troppo stretto…
C’era un avviso che vietava il passaggio di lato a chi indossava
reggiseni push up ma non gli ho voluto prestare ascolto…
Così quando sono riuscita ad uscire era notte fonda e qualcuno
mi ha aggredito!
Texa: Raccontami la dinamica dell’evento. Sei riuscita a vedere il tuo aggressore?
Lunna: Sono stata colpita alle spalle e mi sono accasciata a terra, ho
sentito una voce maschile dire qualcosa ma non ci ho capito nulla.
Quando sono riuscita ad alzarmi ho sentito dei passi allontanarsi di
corsa lungo la via e così ho aguzzato la vista per riconoscere
il mio aggressore e si trattava di…
“Non è vero, non sono stato io!” gridò Roger.
“Zitto e fai il tuo lavoro, non ti pago per interrompere gli
interrogatori ma per trascriverli!” lo rimproverò lo
sceriffo.
Lunna: Si trattava di Roger.
Roger: Non è vero, non sono stato io!
Texa: Zitto e fai il tuo lavoro, non ti pago per interrompere gli interrogatori ma per trascriverli!
Lunna: L’ho visto chiaramente mentre correva via, si stava recando verso il confine del paese.
Roger: Stavo andando al lavoro al posto di vedetta!
Texa: Lunna, lo hai visto mentre ti colpiva?
Lunna: No, ma che importa? L’ho visto sulla scena del delitto e questo basta per incriminarlo!
Texa: Tecnicamente no, ci servono ulteriori prove a suo carino ed
inoltre io non sono del tutto convinta. Di solito il mio fiuto non
sbaglia mai e credo che il colpevole sia El Marcho. Andrò ad
esaminare la scena del crimine, voi potete andare a casa per ora.
Roger: Grazie mille capo!
Lunna: Non osare avvicinarti più a me, mascalzone!
“Stavolta sei stato più furbo di ieri, El Marcho,
rischiavi quasi di mandare in gattabuia un innocente al posto tuo!
Dì la verità, sappiamo tutti del tuo interesse per le
forme di Lunna, l’hai attaccata tu?” chiese lo sceriffo una
volta raggiunto il saloon.
“Ancora con queste accuse! Io sono un pervertito, sì, ma
un pervertito galantuomo. Non farei mai certe cose ad una
ragazza” si difese.
“E allora quella volta in cui hai finto di svenire per spiare sotto alla mia gonna?” rimbeccò Serena.
“E quando mi hai detto che le birre ti piacciono rosse e le donne
anche?” continuò Devil.
“Per non parlare di quando
sei venuto nel mio ufficio per mostrarmi la tua nuova, grande e
perfetta arma da fuoco!” terminò Texa.
“Sei stata tu, Texa, che hai rifiutato di voler vedere il mio
gatling. Non ne troverai uno del genere per parecchi anni a
venire” si giustificò El Marcho.
“Gli anni a venire? Il suo gatling? Quest’uomo è un
maniaco, le nostre mogli non saranno mai al sicuro con lui in
città. Sceriffo, si può sapere perché non fai il
tuo dovere e non lo arresti?” chiese Bob, l’aggiustatutto.
“Mi dispiace Bob ma siamo nel far west, non nella giungla, ed
abbiamo una legge. Finché non avrò prove sufficienti per
incarcerarlo non lo farò, ma stai sicuro che nel frattempo lo
terrò d’occhio” rispose.
“Macché sott’occhio, dovresti tenerlo sotto tiro, e
se tu sei troppo vigliacca per farlo, lo farò io!”
esclamò estraendo il suo fucile a canne mozze e puntandolo
contro El Marcho.
Texa balzò indietro tirando fuori le due pistole “Abbassa il fucile Bob, in nome della legge!” intimò.
“Tu non rappresenti la legge, se lo facessi manderesti questo maniaco dove merita!”
BANG! BANG!
Due colpi.
Il primo sparato dal fucile di Bob, che ora si trovava a terra con le canne fumanti.
Il secondo dalla pistola di Texa.
I primi proiettili avevano bucato una trave a pochi centimetri dalla
spalla sinistra dello sceriffo, il secondo era conficcato nel petto di
Bob.
“Lo… lo hai ucciso…” piagnucolò Serena
guardando inorridita il corpo del povero affezionato cliente, Texa
scrollò le spalle “Se non lo avessi fatto per prima, sarei
stata io la vittima. Chiamate il becchino, che si occupi lui del
resto”, e con aria autoritaria e fredda, lo sceriffo
lasciò il locale, chissà se dentro di lei provava rimorso
o se davvero era convinta di aver agito secondo la legge, nessuno dei
presenti avrebbe saputo dirlo, anche se tutti cercavano in cuor loro di
indovinarlo.
El Marcho si sedette al bancone come se nulla fosse ed ordinò da
bere, Devil obbedì senza proferir parola mentre il locale si
riempiva di un silenzio mesto e colpevole.
Il rumore degli stivaloni di Blackie risvegliarono ciascuno dalle
proprie meditazioni, “Ah, avete fatto festa eh?” disse con
una voce stridente come quella del cancello di un cimitero che non
viene oliato da secoli, mostrando un sorriso con più denti del
previsto, alcuni dei quali erano d’oro, forse l’unico che
Roger avesse potuto vedere a Cydonia.
“Non fare i tuoi soliti commenti e portalo via” lo
pregò la padrona del locale, Blackie fece un cenno al suo
aiutante di prendere la salma e trasportarla fuori, Roger obbedì
anche se a malincuore, quello era il lavoro che gli piaceva meno di
tutti.
Quando furono fuori, il ragazzo tuttofare tratteneva a stento le
lacrime, ricordava i pomeriggi trascorsi assieme a Bob
l’aggiustatutto, insieme avevano riparato la torretta di guardia
e ferrato alcuni cavalli, ed ora se n’era andato. Quella
città stava decisamente cadendo in rovina, e tutto per colpa di
una donna, pensò.
“Pensa tu a lui, io devo sbrigare un’altra
commissione” disse Blackie con voce scricchiolante, quindi si
avviò verso i confini di Cydonia a passo molto lento.
Giunse il tramonto quando il becchino raggiunse la lavagnetta con
annotato il numero della popolazione, con una manata cancellò il
7 e prendendo un gessetto dalla tasca e facendo attenzione a farlo
stridere il più possibile sulla lavagna, tracciò un 6,
quindi sogghignando tornò verso casa, quando arrivò era
notte inoltrata.
Ed anche quella notte…
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH
Un urlo agghiacciante etc etc… ormai lo sapete anche da soli no?
Stavolta lo sceriffo non intendeva farsi ingannare dalle testimonianze
falsate delle cameriere, Devil la Rossa non era certo una sprovveduta e
se qualcuno aveva avuto il coraggio di aggredire la padrona del Saloon,
sarebbe stato un criminale molto pericoloso per l’intera Cydonia.
Devil aveva lottato contro il misterioso assalitore ed era riuscita a
strappar via un pezzo del suo abito, un abito scuro e di buona fattura.
Texa lo osservò a lungo con una lente di ingrandimento,
“Potrebbe appartenere a più di una persona: El Marcho ha
sicuramente una camicia elegante per le sue presunte serate romantiche,
ne indossava una quando mi chiese di uscire con lui…. Che
tremendi ricordi. Roger, il secondo indiziato poiché era
presente nella scena del crimine ha un elegante vestito da banchiere,
inoltre questo ritrovamento chiama in causa anche un terzo sospettato,
una persona spregevole e meschina che veste sempre di nero,
Blackie!”
Come aveva visto fare in numerose serie tv, fece l’identikit e la
scheda dei tre indiziati ed appese il tutto alla bacheca del suo
studio, quindi ritenne completato il suo dovere per quel giorno, per
anni a Cydonia i problemi più grossi erano stati i cactus a
crescita rapida e spontanea, che solitamente amavano comparire
improvvisamente sulle sedie e sugli sgabelli, e poco altro, ora invece
tutto sembrava sfuggirle di mano.
Le misteriose aggressioni, la fuggitiva che era scomparsa da quando il
Reverendo Doom e Klimt Eastwood avevano appeso dappertutto manifesti
con la sua taglia, bisognava ristabilire l’ordine in
città, ed al più presto!
Si recò al Saloon per vedere come procedessero le cose tra i
cittadini, Serena era rimasta traumatizzata dalla sparatoria del giorno
prima e versava tristemente il vino da una bottiglia vuota agli
avventori, Devil la Rossa, famosa ballerina di can can in
gioventù, non si era lasciata troppo impressionare e continuava
il suo lavoro come se nulla fosse stato, Lunna invece si guardava bene
dallo stare nei pressi di Roger e non faceva che dire a tutti che
dovevano crederle, era lui il colpevole!
El Marcho, dal canto suo, sedeva sul suo solito sgabello e per
risollevare il morale della povera cameriera traumatizzata decise di
sedurla dedicandole una filastrocca nella lingua del suo paese di
origine, Agua Caliente, che faceva così:
(sulle note de La Bamba)
Esta tard, se Tromba!
Esta tard, se Tromba, viva la vida
Son pieno de fiamma
Son pieno de fiamma de la passion para ella
Y es figa, Y es figa
Y es figa, Y es figa, Por ti Seren
Por ti Seren, Por ti Seren
A questo punto Serena, che fino a quel momento era stata triste e
malinconica e Texa che era appena entrata, si scambiarono uno sguardo
complice.
L’accenno al fuoco della passione, le stesse parole che Serena
aveva sentito la notte dell’aggressione, infine El Marcho si era
tradito!
“Finalmente abbiamo le prove per metterti dentro, vile
maniaco!” gridò lo sceriffo puntandogli subito contro le
pistole, “Mi dispiace che ci sia voluto così tanto per
acciuffare il colpevole, ma finalmente le strade di Cydonia sono di
nuovo sicure. Seguimi, ti porto in cella!”
I presenti scoppiarono in applausi ed esultanze, tutti tranne El
Marcho, che senza preoccuparsi troppo si diresse verso l’uscita
del Saloon tenendo ancora tra le mani il bicchiere di whiskey, e tranne
Lunna, che gridava il nome di quello che secondo lei era il vero
colpevole, Roger, non El Marcho!
Il pervertito venne chiuso nella sua prigione mentre Texa gli faceva la
guardia soddisfatta, almeno uno dei due problemi della sia città
era stato risolto.
Il pomeriggio infatti fu abbastanza tranquillo, apparte il fatto che
molti cittadini si presentarono spontaneamente nell’ufficio per
depositare delle dichiarazioni sull’accaduto.
Ovviamente toccò a Roger trascriverle come al solito.
Lunna: Avete preso la persona sbagliata! So che El Marcho è un
porco e che merita di stare dietro le sbarre, però in questo
caso l’aggressore è ancora libero, si tratta di Roger, io
l’ho visto con i miei occhi! Perché nessuno mi crede?
Serena: Finalmente quel maiale è stato acciuffato, da quando
lavoro nel Saloon non faceva che farmi ridicole avances, ora ha quel
che si merita!
Roger: Mi permetto di scrivere una mia dichiarazione, credo che il
colpevole sia invece Blackie, lavorando al suo fianco non solo ho
notato che si tratta di una persona priva di scrupoli e di umana
decenza, inoltre di notte non è mai in casa e vaga inquietante
per la città… non può essere stato lui ad
aggredire le giovani?
Devil la Rossa: Povero El Marcho, era il mio cliente più fedele,
il saloon non sarà più lo stesso senza di lui. Ma siete
proprio sicuri che sia colpevole? La mia esperienza mi insegna che gli
uomini più pericolosi sono quelli con delle ferite
d’amore… ed abbiamo in città un giovane che
è sparito dalla circolazione non appena una donna lo ha fatto
innamorare invano… Mi riferisco a Klimt Eastwood, datemi
ascolto! Potrebbe essersi accanito sulle mie povere ragazze per sfogare
le sue pene d’amore.
Blackie Postmortem: Interessante… di solito non si vedono maiali in gabbia,
devo dire che questa cosa mi rende stranamente euforico. Ed io non sono
mai euforico. Appunto. Ora torno serio e sinistro. Click clack e me ne
vado al confine a cambiare di nuovo il numero della popolazione…
Chi ho ucciso stavolta, vi starete chiedendo… Chissà,
forse nessuno.
Jim il tappezziere: Avete preso l’uomo sbagliato! E’ stato
il serpente piumato vi dico! L’ho visto volare sulla città
come un coccodrillo che plana su di un iceberg rovesciato. E’
così, perché tutti mi credono un pazzo?
Calamity Kate: Ebbene, sono venuta qui per dirvi…
Hey, aspetta un momento… Ma Calamity Kate non era ricercata?
Texa: Alza le mani e getta a terra le armi! Tutte le armi, so che ne
tieni un paio anche sotto la gonna! Ti sei presentata nella mia
città sotto mentite spoglie, non posso permettere che Cydonia
diventi il rifugio dei peggiori criminali. Ti consegnerò alla
giustizia, arrenditi.
Calamity Kate: No, aspetta! Stai facendo un errore, un doppio errore!
Non ho fatto nulla di male, sono solo la vittima delle tremende
macchinazioni del Reverendo Doom. E’ lui il vero criminale, anzi,
credo che le aggressioni alle donne siano state fatte proprio da lui.
Texa: Sciocchezze, lui è un uomo di chiesa, non farebbe mai una cosa del genere.
Calamity Kate: Devi darmi ascolto, non mi sarei mai presentata qui,
nella casa dello sceriffo, se fossi davvero una fuorilegge, voglio
solamente riportare giustizia!
La porta dell'ufficio si aprì di colpo. Le due donne scattarono
in piedi voltandosi in direzione della figura che si era nel frattempo
intrufolata dalla soglia.
- Klimt, finalmente! Sono tre quarti del racconto che non ti
si vedeva! - fu la risposta sollevata di TExa. - Puoi anche posare
quell'enorme arma che ti porti a tracolla: come vedi la fuggitiva si
è consegnata spontaneamente alle autorità. -
Texa: Klimt, finalmente! Sono tre quarti del racconto che non...
- Roger, non è necessario trascrivere questo, grazie! -
Con 'arma' Texa si riferiva a una sorta di arma da fuoco,
caratterizzata da una canna davvero enorme: anzi, per la verità
erano piu canne assemblate insieme in una specie di grosso rotellone, e
dall'aspetto doveva essere davvero pesante. Texa, Calamity Kate e Roger
infatti, si stavano chiedendo come potesse alzare un affare di
così inusitato calibro.
Le due donzelle non poterono fra l'altro fare a meno di notare la montagna di
muscoli guizzanti che sollevavano quella enorme arma da fuoco, persino
Klimt a quel punto ebbe la tentazione di mettersi a torso nudo,
togliersi il cappello, legarsi una fascia rossa sulla fronte, e
assumete un'espressione cazzuta.
Tuttavia già posare quella enorme bocca da fuoco gli avrebbe
garantito una ernia perenne, e decise di limitarsi all'espressione
cazzuta.
- Sceriffo, rilasci immediatamente Kate -
Lo sceriffo non credeva alle sue orecchie.
- Klimt, se è per la taglia, mi spiace ma... - ma un inferno di
fuoco costrinse la giovane tutrice della legge a interrompere la frase
e a buttarsi a terra, insieme alla stessa fuggitiva e un atterrito
Roger.
Dopo alcuni secondi di baccano infernale, suppellettili sbriciolate e
il bucherellarsi della parete alle spalle dello sceriffo, finalmente il
silenzio, sottolineato dal rumore del rotellone ancora fumante che
stava smettendo di girare su se stesso.
Klimt sottolineò così la sua richiesta. - La taglia non
c'entra nulla. Rilasci Kate, perchè lei è innocente! -
Texa era esterrefatta, si sentiva tradita da quello che credeva un uomo integerrimo.
- Cosa diavolo blateri? Lei è una ricercata! Anche tu ti vuoi opporre alla legge? Avanti, posa quell'aggeggio e... -
Altro inferno di fuoco, rumori di schianti, la parete letteralmente
sbriciolata. E ancora il rotellone fumante che smetteva di girare.
- La prossima raffica non sarà di avvertimento - la
ammonì Klimt - E spero vivamente di non esserci costretto
-.
Texa decise di rimanere prudentemente appiattita al terreno,
mentre Calamity Kate sgattaiolò verso la mano tesa di
Klimt.
Rassegnata alla fuga dell'ostaggio, lo sceriffo si lasciò tuttavia sfuggire un commento riguardo quell'arma portentosa.
- Certo che è fantastico quel fucil...anzi no, quel... quella.... -
- E' una mitragliatrice Gatling -.
- 'Quell'affare si chiama Gatling?' -
Una voce latineggiante urlò dalla prigione accanto.
- Hai visto, sceriffo? Io te l'avevo che non era una proposta oscena -
- Zitto laggiù, porco latino! - lo zittì lo sceriffo.
- Catherine mia diletta! - esclamò Klimt, mentre la donna si alzò per abbracciarlo teneramente.
La scena disgustò lo sceriffo, che protestò.
- Klimt! Cosa può mai aver spinto un eroe come te a passare dal lato oscuro della legge? -
- Naturalmente l'amour! - disse con un misto di romanticismo e
virilità il cowboy. - Ma non mi sono dato alla macchia sceriffo!
Come ho già detto, la fanciulla qui presente è innocente!
-
Roger tirò fuori un fazzoletto commosso, ma Texa non si fece impressionare: esigeva spiegazioni, e subito.
Uhm, da dove iniziare a raccontare....? Idea. Un bel flashback.
Roger corse a indossare la divisa da addetto del cinema, prese su la
bobina con scritto "Flashback", lo sistemò su un rudimentale
proiettore che provvide successivamente ad accendere e sulla parete si
materializzò uno schermo in bianco e nero.
Klimt stava barcollando lungo la via
(l'unica di tutto il paese). Aveva inseguito la fuggitiva su e
giù per tutto il territorio che si estendeva da un capo
all'altro dell'intera Cydonia. Finchè alla fine la dea bendata
gli sorrise. Klimt fu lusingato delle attenzioni della dea, anche se
continuava ad amare Catherine.
- Su e giu per la via, alla fine hai imboccato l'unico vicolo cieco di tutta Cydonia! Arrenditi Catherine -
La ragazza era ormai con le spalle al muro, e Klimt era
stremato dalla fatica e roso dalle contraddizioni. Si sentiva
estremamente confuso, oltre che stanco, la testa non era lucida, e nel
suo animo si agitava una disperazione senza confini.
Sapeva che era sempre più vicino alla fuggiasca, ma ad ogni
passo che lo portavano verso la via della rettitudine divina, gli
sembrava invece di poggiare i piedi sui carboni ardenti dell'inferno.
- Perchè mi sento così? - si domandò sconsolato il cowboy.
In suo aiuto venne in un gustoso cameo nientemeno che l'esimio Sigmund
Freud con un libro sottobraccio. L'autorevole guest star aprì il
librone, lo sfogliò un paio di pagine e finalmente esordì.
- Figliolo, questo è un chiaro caso di contraddizione morale ed
emotiva derivata da una contrapposizione di due sentimenti
diametralmente opposti: da una parte il suo amore sincero per la dolce
e gentile Catherine, che le ha donato un raggio di sole in una vita
dovelei aveva solo conosciuto alcool e miseria; dall'altra i suoi
integerrimi e inviolabili principi morali e il suo sommo senso della
giustizia e del dovere, che le ricordano in continuazione che è
su di essi che lei ha fondato la sua dignità di uomo. Quindi lei
giovanotto, è indeciso se dare ascolto al suo cuore a discapito
del suo orgoglio e della sua dignità morale, o rimanere coerente
con se stesso fino alla fine, conscio che questo la
porterà comunque a un tragico destino solitario. -
Klimt, per nulla soddisfatto, sospirò.
(....)
Sulla spalla destra di Klimt si materializzo un piccolo Klimt, vestito da giudice, che lo rimproverò.
- Sono il tuo senso del dovere, compi ciò che devi fare! -
Klimt grande sospirò, e si apprestò a obbedire.
Sulla spalla sinistra di Klimt si materializzò un altro piccolo Klimt, questa volta vestito da cupido.
- Sono la tua Sfera Sentimentale, non dare retta a quel materialista laggiù! Tu la ami non è vero? -
- Beh, io... - balbettò Klimt confuso.
- Non dare retta a quel figlio dei fiori! Non sei certo un essere
così debole tale da farsi corrompere dagli occhi dolci di una
femminuccia!- protestò il suo Senso del Dovere.
La Sfera Sentimentale ebbe qualcosa da ridire.
- Ma taci tu, essere arido e insensibilie! Non vedi quanto Klimt stia soffrendo? -
- Sta soffrendo perchè si sono incarnazioni psichiche come te
che lo tormentano, e gli fanno dimenticare i sani principi! -
- Sani principi? Tzè! Ma guardati! Sempre a blaterare di
giustizia e bene della comunità, ma chi pensa al bene di Klimt e
di Catherine? -
- Stai zitto, piccolo scarto di Woodstock! Facendo così mi
rammollisci un orgoglio di eroe che ho cresciuto personalmente per
più di vent'anni! -
- Oh, falla finita, topo di Codice Penale! Torna a masticare le tue
teorie, che la primavera bussa impaziente alla porta del cuore di
Klimt! -
- Porta il tuo deretano alato fuori dai revolver, pennuto sdolcinato, o giuro che ti prendo a calci da qui alla forca! -
- Questo Klimt è troppo piccolo per entrambi, mezzo rimbecillito fissato con le regole! -
- E' un duello che cerchi? Sta bene, facciamo dieci passi l uno all opposto dell'altro,e poi spareremo! 1....2....3.... -
*rumore di qualcosa che viene teso, e poi rilasciato. un sibilo nell'aria, qualcosa che si conficca, e un gemito*
- Ma...le....detto... hai bara...to... -
Il Senso del Dovere si accascia a terra, stecchito.
- Al cuor non si comanda. - è la risposta laconica della Sfera Emotiva.
Klimt osservò il minuscolo Senso del Dovere ormai cadavere, e precipitò nel panico.
- Cielo! Mi è morto il senso del dovere! -
- C è bisogno di me, allora! - fu la voce tempestiva di Blackie,
il becchino, sorridente come non mai, alla vista di un lavoro per lui,
e questa volta non doveva neppure disturbarsi di modificare la
lavagnetta della popolazione di Cydonia.
Klimt obiettò su un particolare. - Il cadavere però
è molto piccolo! Non esistono bare di quelle dimensioni! -
Ma il becchino sorrise come una iena davanti al cadavere di un elefante.
Da non si sa dove si udì un coretto.
- Tuttururuttu Tuttururù -
Blackie estrasse dal taschino un piccolo contenitore di venti centimetri per quattro.
- Pocket Coffin! La carica del legno di pioppo, e l'energia della
paulownia. Pocket Coffin! Salma e Riposo Eterno, sempre con te. -
Detto questo, Mr. Postmortem caricò il corpicino nel piccolo
sarcofago, e se andò fischiettando il Requiem di Mozart.
Klimt a quel punto ebbe tutto chiaro. Corse incontro a Catherine, e
l'abbracciò con tutto se stesso, confessandole i suoi sentimenti.
La donna, per la prima volta in vita sua, dopo una vita passata a
fuggire, sentì che finalmente aveva trovato un rifugio nel quale
sciogliersi, e questo rifugio aveva anche una bella dose di
muscolatura, tastò con mano.
Venne immancabilmente, come in ogni film che si rispetti, la scena
romantica e intima dove le luci diventano soffuse, finalmente i vojeur
tra il pubblico vengono appagati dalla catasta dei vestiti ai bordi del
giaciglio degli innamorati, e la visione naturale e sensuale di due
corpi spogliati delle loro incertezze che finalmente componevano un
mosaico armonico in un cielo stellato finalmente riunito da due pezzi
perfettamente combacianti, come un grande quadro astratto, laddove un
pennello passa su e giù per il dipinto intingendo ogni tanto
nell'acquerello, in mezzo al profumo della polvere da sparo mista a
Chanel n. 5, la raffinatezza e la rudezza miste insieme in un unico
frollino farcito di golosa panna.
- E questa la chiami una scena di sesso? Dove sono i particolari
scabrosi? – si lamentò El Marcho che dall’interno
della cella si era gustato tutta l’anteprima.
Il buon Roger si rese conto che la proiezione stava andando un tantino
oltre la comune decenza, lui era un ragazzo di sani principi e di certo
non guardava quel genere di cose, senza contare che non era ancora
l’ora del coprifuoco per i più piccoli. Subito si
gettò sul proiettore, spegnendolo e ponendo fine al lungo
flashback di Klimt.
- Hey, ma perché hai spento? In questa cella ci si annoia sai,
almeno dovresti lasciarmi un minimo di intrattenimento! –
protestò ancora il pervertito.
Roger non si fece intimorire e non ci pensò nemmeno a riaccendere il proiettore.
El Marcho cominciava a farsi sempre più impaziente e bramoso.
- Avanti, accendi quel coso o lo farò io! Beh, dimenticavo che
la mia cella è chiusa a chiave e non credo che voi là
fuori sareste così gentili da consegnarmela vero? – disse
guardando speranzoso i volti severi di Texa e Roger.
Comprese però che non avrebbe trovato alcuna compassione
– E va bene, allora sarò costretto ad usare questo
candelotto di dinamite che portavo con me per ogni evenienza, nascosto
sotto il sombrero! Un due tre….-
KABOOOOOOM
Le sbarre della cella si piegarono a causa della deflagrazione, interi
pezzi di parete si staccarono precipitando al suolo, tutti i presenti
si gettarono a terra coprendosi la testa per non essere investiti dalle
macerie, lo sceriffo però scelse l’angolo sbagliato ed un
frammento di muro le finì sulla testa, lasciandola priva di
sensi.
- Ed ora riprendiamo la visione da dove l’avevamo
interrotta… - ghignò El Marcho, leggermente bruciacchiato
ma illeso.
- No, lascia stare il proiettore, fuggi insieme a noi! Approfittiamo
del fatto che lo sceriffo è svenuto, andiamocene prima che si
riprenda! – lo incitò Klimt, strattonandolo ed
allontanandolo dalla macchina delle tentazioni.
- Ma se vengo con voi… poi facciamo la stessa scena a tre?
– chiese alzando un nero sopracciglio in gesto d’intesa.
- Tu sei proprio ossessionato! – lo rimproverò Kate
– Se verrai con noi cercheremo di dimostrare la nostra innocenza,
il Reverendo Doom è il colpevole e quando l’avremo
scagionato potrai tornare alla tua malsana vita di sempre!
El Marcho trovò sensate queste parole, anche se dentro di
sé non aveva ancora rinunciato all’idea del
ménage-a-trois, e quindi seguì Klimt e Kate mentre lo
stordito Roger cercava di ridestare la povera Texa.
I tre fuggitivi si fermarono sul retro della casa dell’oppio,
dovendo organizzare la loro prossima mossa, Klimt non si era mai
sentito vivo come in questo momento, aveva sfidato la legge per amore
della sua Catherine ed era più che certo di fare la cosa giusta,
Kate dal canto suo voleva finalmente mettere in atto la sua vendetta.
- Ora non ci resta che trovare un modo per incastrare il Reverendo.
Dobbiamo avere delle prove contro di lui altrimenti non ci crederanno
mai! – spiegò l’eroe.
- Io avrei un’idea! – suggerì El Marcho –
Perché non facciamo una seduta di massaggi preliminari prima di
pensare ad un piano? Sono sicuro che in questo modo saremo molto
più efficienti… Cominciamo da me! -
Calamity Kate nel frattempo si massaggiava la fronte cercando di
ignorare le proposte del maniaco, infine il suo sguardo divenne
più consapevole, aveva avuto un’idea!
- Il piano è il seguente, mi intrufolerò a casa del
reverendo sotto mentite spoglie… Sono anni che uso certi
stratagemmi per fuggire alle autorità e sono diventata piuttosto
abile nei travestimenti… Mi spaccerò per lo sceriffo e
metterò il reverendo con le spalle al muro, quando gli
dirò che so tutto sulla sua colpevolezza sarà costretto a
confessare. Qualche domanda?-
El Marcho alzò subito la mano, come uno studentello esaltato
– Io, io! Scegli me! Ho io una domanda! Hai detto che ti
travestirai da Texa, quando avverrà il cambio d’abito?
Posso assistere? –
Kate non rispose a questa idiozia e continuò a spiegare,
estraendo la revolver dalla giarrettiera e controllando che fosse
carica - Il vostro compito sarà molto semplice, mentre io mi
fingerò Texa, è fondamentale che il vero sceriffo non si
presenti proprio dal reverendo, in questo modo ci sarebbero due Texe e
questo rovinerebbe tutto! Dovrete distrarre lo sceriffo finché
io non avrò finito con il prete, ci siamo intesi? –
I due uomini annuirono come due ebeti, entrambi stavano pensando alla
giarrettiera di Calamity Kate e ad essere sinceri non avevano sentito
una sola parola di quest’ultima spiegazione.
Credendo che non ci fosse altro da dirsi, Kate salutò i due
compagni e si recò a svolgere la prima fase del piano, ovvero il
travestimento.
Klimt si sedette con le spalle contro la parete, guardando le stelle
come un adolescente innamorato, El Marcho gli diede una gomitata
goliardica.
Allora capo, tu che hai avuto il piacere di vederla con i tuoi
occhi… di che colore è la famosa giarrettiera di Calamity
Kate? – chiese morbosamente.
Klimt sospirò – A dire la verità quando è
stato il momento non ho fatto caso a questo particolare… Avevo
ben altro di cui occuparmi… -
- Secondo me è rosso cobalto! Ci scommetterei un dollaro! – esclamò El Marcho.
- No, non credo, piuttosto un bell’ecru con sfumature tendenti al
ciano-vermiglio… Scommettiamo? – continuò
l’eroe.
Mentre i due continuavano le loro losche scommesse, non si accorsero
della presenza di un pipistrello che svolazzava insistentemente sopra
le loro teste, era lì da poco dopo il loro arrivo e quando si
rese conto che il discorso stava degenerando, se ne volò via, il
suo padrone lo stava richiamando e voleva succose informazioni.
Trascorse circa una mezz’ora e qualcuno bussò alla porta
del Reverendo Doom, che con un ghigno aprì l’uscio e
quando vide che si trattava dello sceriffo Texa, lo fece accomodare.
- Entra mia cara, ti stavo aspettando… - disse con tono mellifluo.
- La ringrazio padre, sono qui per avvisarla di un grosso pericolo,
Calamity Kate è ancora in circolazione ed ha persino liberato il
pericoloso maniaco, El Marcho. Credo che abbia intenzione di venire qui
al più presto e per questo sono venuta il prima possibile ad
avvisar… -
Lo sceriffo non riuscì a terminare la frase poiché Doom
le si era appena scagliato contro, graffiandola e lottando
riuscì a scaraventarla a terra e ridendo come un pazzo le si
fece sempre più vicino.
- So bene perché sei venuta, Calamity Kate. La mia creatura
della notte mi ha riferito tutto, il tuo piano del travestimento era
astuto, ma io lo sono di più! -
Texa non comprese, si era da poco riavuta da una botta in testa dovuta
al crollo di un masso scagliatole addosso da un candelotto di dinamite,
il battere nuovamente la testa contro il pavimento non l’aveva
certo resa più acuta o agile, rimase al suolo fissando inebetita
il reverendo.
- Finalmente potrò avere la mia vendetta! Finalmente
potrò farti provare lo stesso fuoco in cui ho arso per tanto
tempo! Il fuoco della passione che provavo per te! Non hai voluto
concederti a me e te ne sei andata, sei fuggita piuttosto che darmi un
solo attimo di gioia! Miserabile donna, portatrice del peccato! Tu e la
bramosia lussuriosa che da sempre il tuo sesso porta con sé mi
avete reso pazzo! Pazzo!
Ti ho cercata, seguita, ero alle tue spalle ad ogni tuo passo, la
vendetta è divenuta per me l’unica ragione di vita. E da
quando ti ho ritrovata, qui a Cydonia, il mio senno ha iniziato a
vacillare spinto dall’ebbrezza di questo momento! Ho cominciato
ad odiare tutte le donne, loro erano tali e quali a te, portatrici di
peccato e lussuria! Le ho aggredite una ad una ma non sono mai riuscito
a completare il mio piano di accendere un mirabile rogo, perché
volevo che fossi tu la mia prima vittima, tu che sei stata la causa
della mia follia!!!! -
Nella mente di Texa cominciava a farsi largo il terribile dubbio di
aver agito nel modo sbagliato, quella del reverendo sembrava proprio
una confessione, allora Kate aveva ragione? Lei ed El Marcho erano
davvero innocenti?
No, non poteva essere così! Guardò la stella che portava
al petto, essa significava giustizia, non poteva credere che fosse
stato proprio Doom ad aggredire tutte quelle donne…
Perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere? In fondo lui
odiava solo Calamity Kate, cosa c’entravano le altre?
In quel momento fece la sua comparsa il simpatico dottor Freud, che per
la seconda volta si accinse a spiegare i complessi tratti psicologici
del personaggio in questione:
- Il soggetto ha sviluppato una natura schizofrenico compulsiva nel
quale coltiva una misoginia allo stato subconscio, collegandovi il
rifiuto che ha sempre ricevuto dalle donne - tra i tanti motivi che lo
spinsero ad abbracciare i voti.
Il rifiuto di Catherine fu la goccia che fece traboccare il già
fragile equilibrio psichico del prete, che ora crede di detenere
diritti di giudizio nei confronti delle donne, con il pregiudizio
già di considerarle impure ed egoiste, ma dentro di sè
coltiva anche un desiderio per l'universo femminile che disprezza
tanto, tale che la sua natura bipolare a volte si distorce,
trasformando il severo reverendo in un pazzo aggressivo e violento. -
Quando la figura del noto professore svanì, Texa trovò
nuove energie nella consapevolezza di aver risolto il caso. Ora i
tasselli si collegavano tutti nella sua mente, dando vita
all’immagine del vero colpevole.
La prima vittima, Serena, aveva detto di aver udito qualcosa
concernente il fuoco della passione, che lei aveva scioccamente
assimilato alla filastrocca caliente di El Marcho, ma che invece erano
parte del discorso folle che il reverendo aveva appena fatto.
Il secondo indizio poi, l’abito scuro che Devil la Rossa aveva
strappato durante l’aggressione, era perfettamente combaciante
con quello di Doom.
E pensare che era venuta sin qui per avvisare il buon prete delle
strane macchinazioni della ricercata, invece era stata scambiata per
lei scoprendo così che Calamity Kate aveva ragione, il vero
nemico era proprio il reverendo, raccolse le proprie forze e
balzò in piedi.
- Ti dichiaro in arresto! – esclamò.
Il reverendo fu colto di sorpresa mentre il revolver della giustizia veniva puntato contro di lui.
- In alto le mani! - intimò lo sceriffo.
Il giudice realizzò che quella che aveva davanti non era affatto
la vittima che aveva inseguito tanto a lungo e finalmente
catturato, e capì di aver fatto un errore fatale!
Così tanto tempo speso a inseguire quella maledetta donna, e ora
che finalmente credeva di averla catturata, la donna davanti a lui non
era la Catherine che tanto cercava, ma era nientemeno che un
rappresentante della legge, l'ultima persona al mondo che avrebbe
dovuto aggredire, e non solo, le aveva fornito una confessione in piena
regola! Mentre alzava le mani, il reverendo pensò che quello che
gli capitava era maledettamente sbagliato. Era questo il volere di Dio?
Che finisse così? Squallidamente? Arrestato, senza poter
soddisfare la sua sete smisurata? Tutto rovinato! E poi, ironia della
sorte, finire i proprio giorni in gattabuia, facendosi arrestare, tra
le altre cose, proprio da una donna?
Il reverendo sbarrò gli occhi ed alzò i lati della
bocca in una gelida risatina. Una donna! Un'altra di quelle creature
immonde, portatrici di tentazioni e di peccato, proprio davanti a lui.
Però.... in fondo non vi erano testimoni, e lui era lì,
uomo di chiesa, e davanti a lui, una donna.... quale migliore
occasione... e poi, se lei fosse morta, non ci sarebbero stati
testimoni... un'altra colpa da far ricadere su Catherine... e lui ne
sarebbe uscito pulito, pronto ad inseguirla di nuovo... anzi, quella
donnaccia non avrebbe avuto alcuno scampo! In fondo, anche se ha una
stella ed una pistola, è pur sempre una donna, una di loro.
- Carne succulenta, immagine peccaminosa che si nasconde dietro la legge! - cominciò a farneticare il Giudice.
- In alto le mani e fermo, soprattutto! Non costringermi a sparare! - intimò di nuovo Texa.
- Tu, una donna, una portatrice di lussuria e di tentazioni! Ti erigi a
rappresentante della legge, ma davanti alla legge di Dio non conti
nulla! Io rappresento Dio, e tu sei solo una peccatrice! Hai bisogno di
essere purificata! -
- Fermo o sparo! E' l'ultimo avvertimento! - ruggì lo sceriffo.
Il giudice si apri la camicetta, e ciò che vide lo sceriffo la scioccò. Il prete era imbottito di dinamite!
- Avanti spara, donna peccatrice. - la sfidò il Reverendo.
Lo sceriffo era sconcertato, se avesse premuto il grilletto, sarebbero morti insieme.
- Lo vedi? Non puoi contrastare la legge di Dio - detto questo il
reverendo scattò in avanti e diede uno spintone allo sceriffo,
che sbattè la schiena insieme alla testa contro il muro, e per
la terza volta si sentì abbandonare i sensi.
Davanti al corpo privo di sensi dello sceriffo, Doom accarezzò con la mano viscida quel viso privo di colorito.
- Donna impura, brucerai con la fiamma della mia passione e verrai
purificata con il fuoco divino, che tutto si prende e tutto cancella" -
Proprio quando il reverendo stava per attuare il suo piano diabolico,
venne distratto dal rumore di un cane: non un quattrozampe amichevole,
ma un componente di una pistola pronta a sparare.
A possedere quella pistola era Calamity Kate, nel suo travestimento da sceriffo.
- Lasciala stare. Non è me che vuoi? -
Il diabolico uomo di chiesa si girò, e sfoggiò un gran sorriso di soddisfazione.
- Finalmente ci incontriamo, Catherine! Non sai quanto ho atteso questo momento, ed ora eccoci qui! -
- Tu sei un pazzo! E il mio principale errore è stato quello di
non aver mai avuto il coraggio di farla finita con te. Ma ora basta.
Chiudiamo questa partita e subito! -
- Avanti, accomodati, cara! Salteremo in aria assieme, se è ciò che vuoi! -
Catherine notò il chiaro riferimento al corpetto costituito da candelotti di tritolo indossato da Doom sotto la tonaca.
- Non ho paura di andare all'inferno, se questo servirà a porre
fine alla tua miserabile esistenza, e all'angoscia di tante fanciulle
che sono cadute tue vittime! -
Il reverendo, davanti alle parole coraggiose di Catherine, stava cominciando a perdere la pazienza.
- Posa quella pistola, Catherine - le intimò, ma Catherine non cedette.
- No, Doom, non l'avrai vinta! - rispose la donna, tenendo ben ferma la
pistola sul prete. All'improvviso, Catherine sentì come un
colpo, sulla nuca. Stordita, si passò le dita nel punto
impattato, e se le ritrovò sporche di sangue. Poi uno strillo,
uno strano verso, e qualcosa che le svolazzava sul volto.
-Oh, il mio fido pipistrello. Posso sempre contare sul mio fido informatore - commentò con un sorriso il reverendo.
Catherine aveva abbandonato la pistola e stava cercando di togliersi
quella diabolica creatura, occasione che fu colta al volo dal reverendo
che la raccolse, e contando anche la pistola dello sceriffo, risultava
essere ben armato, contro due donne disarmate.
Si udirono però due spari. Dopo il primo, il pipistrello che
stava infastidendo Catherine cadde a terra esanime. Dopo il secondo,
una delle rivoltelle in mano al prete era volata via di parecchi metri.
- Non t'azzardare a toccarla - una voce potente e virile aveva tuonato
minacciosa. Con una rivoltella ancora fumante, vi era Klimt Eastwood,
con uno sguardo di ghiaccio.
- Figliolo, alla fine anche tu ti sei fatto corrompere da una di quelle creature peccaminose. Mi dispiace tanto per te -
- Non mi interessa cosa dici, come parli, chi sei o da dove vieni. So
solo che non toccherai Catherine senza che una sana dose ti piombo
avrà spazzato via la tua povera anima. - mugugnò il
nostro eroe.
- Che belle parole, mio giovane eroe, ma forse ti sfugge il fatto
che se mi colpisci... bum, saltiamo tutti per aria - lo sfidò
con una risata.
- Intendi con questo corpetto? - si intromise una terza voce. Era El
Marcho, mentre teneva in mano il corpetto di dinamite, dopo averglielo
velocemente sfilato senza che il prete se ne fosse accorto -
Modestamente, sono sempre stato lesto con le mani, me lo dicono anche
le donne del Saloon - si pavoneggiò il messicano.
Dopo un sorriso complice al companéro, Klimt apostrofò l'uomo disarmato.
- Potrei farti secco adesso come un lurido cane, ma la risolveremo con
un regolare duello. Tra dieci minuti, a mezzanotte in punto, estrarremo
le pistole qua fuori sulla via principale. E sarà una mezzanotte
di fuoco.
-Oh, si! Una mezzanotte di fuoco! De passion! Abbiamo qua due belle
chique per ardere insieme! - fu il commento entusiasta del Marcho, che
come al solito aveva equivocato.
Due minuti a mezzanotte. La luna piena splendeva alta nel cielo. La
gente correva tutta a rinchiudersi in casa (anche perchè il
coprifuoco vigeva da un bel pezzo). La tensione si sentiva alle stelle.
I passi dei due sfidanti potevano sentirsi per tutta la cittadine. Gli
sgualciti stivali che battevano la nuda terra arida, accarezzata dal
freddo vento notturno. Le mani sfioravano le rivoltelle nelle fondine.
Due paia di occhi iniettati di sangue e pazzia scrutavano la sagoma
avversaria con disprezzo e malvagità. Altri due occhi, freddi ed
assetati di giustizia, scrutavano la figura di quel pazzo uomo che si
era fatto scudo della tonaca per i suoi misfatti fin troppo a lungo.
Altri due occhi, lubrici e assatanati, stavano sbirciando sotto le
vesti delle due ragazze.
Scoccò la mezzanotte. Il silenzio venne permeato da dodici
lunghi rintocchi del campanile del paese. I due uomini agirono, di
scatto si udì uno sparo. Poi il silenzio. Klimt era sicuro di
aver fatto centro. Eppure, con suo grande stupore, il proiettile non
aveva raggiunto il suo bersaglio. E quando vive il motivo di
ciò, Klimt fece due passi indietro dallo stupore.
- Che magia è mai questa?
Il proiettile di Klimt si era conficcato, ma non nel corpo del
Reverendo. Il prete stava sorridendo come non mai, e non aveva neppure
estratto la pistola. Quello che teneva in mano era un mazzo di carte.
Klimt avrebbe ironizzato sul fatto che magari il duello consisteva in
una sfida a poker, se non che c'era qualcosa di assurdo, e questo
qualcosa aveva a che fare con il proiettile mai arrivato al Reverendo.
Infatti, il corpo che aveva fermato la pallottola apparteneva a.... un
drago? O almeno era questo il nome che Klimt avrebbe attribuito alla
creatura. Ma era assurdo: un drago, una creatura immaginaria, si era
materializzato davanti al prete, e aveva fermato la pallottola con il
suo enorme corpo!
Il prete sorrise in tutta la sua follia.
- Sono un duellante, a tutti gli effetti. Ma forse non è il tipo di duelli che ti aspetteresti. -
Klimt era sconvolto. Puntò di nuovo la pistola e svuotò il tamburo contro il drago, inutilmente.
- Molto bene, hai avuto la tua occasione, eroe, ma ora tocca a me.
Questo simpatico amico si chiama Drago Bianco Occhi Blu. E ora lo
faccio attaccare direttamente ai tuoi punti vita. Attacca! -
Il lucertolone sconvolse il paese con un gran ruggito, seguito da una immensa fiammata.
Il sorriso del Reverendo si spalancò in una grassa risata
quando, laddove prima vi era Klimt, non rimaneva che un paio di stivali
ancora fumanti, affiancati da un cumulo di cenere.
- Per tutte le sottane - esclamò El Marcho, ma questa è magia nera! E' il demonio -
- Tecnicamente è magia egizia infusa su di un antico rituale
basato su carte magiche - lo corresse il prete. - Ma il volere di Dio
passa attraverso vie traverse, figliolo. E ora consegnami Catherine. -
- Dovrai venirmi a prendere! -
Kate si era alzata, e aveva visto con i suoi occhi la tragica
fine del suo amato. Un altro affetto toltole, un'altra vittima, un
altro tassello dell'incubo infinito a cui quel pazzo l'aveva costretta.
Quella notte sarebbe stata l'ultima, giurò.
Adesso era lì, in piedi, con la sua inseparabile pistola puntata
verso quell'uomo, anzi no, quell'incarnazione demoniaca della pazzia
stessa.
- Ah donna, cosa vorresti fare con quella misera pistola? Vai, attacca con Fiammata Infernale! -
Un enorme soffio infuocato costrinse la donna a buttarsi a terra per
non fare la stessa fine del suo ex fidanzato. El Marcho correva, con il
poncho in fiamme, a tuffarsi dentro l'abbeveratoio dei cavalli, e lo
sceriffo era ancora svenuta.
- Cara, dolce, Catherine, è inutile cercare di resistere, l'inferno ti aspetta con il suo caldo abbraccio! -
E Catherine rimase a terra, mentre un'altra vampata incandescente la sfiorava da sopra la schiena.
Il reverendo decise che il Drago non era sufficiente.
- Evoco Spirito Tormentato, che polimerizzo con Drago Bianco Occhi Blu
per farlo diventare Drago della Morte, il cui soffio strappa l'anima a
chi viene investito! -
Ma ci fu qualcuna in lontananza, che stava correndo a perdifiato verso Drago della Morte. Era Brenda, la vedova del defunto Bob.
- Le anime! Le anime! Vedo le anime! E fuso con quel drago c è mio marito! -
La poveretta, evidentemente impazzita, era convinta che "Spirito
Tormentato" non fosse altro che il fantasma di Bob l'Aggiustatutto.
Il Drago della Morte soffiò il suo attacco, e il corpo di Brenda
si accasciò a terra, privo di vita, mentre una massa evanescente
si elevava fuori dal cadavere.
Un altro poveretto corse verso il mostro, farneticando frasi sconnesse.
- Eccolo, ve lo dicevo, è lui, il serpente piumato, è l.... -
Un altro soffio mortale, e anche Jim il Tappezziere cadde fatalmente vittima del Drago della Morte.
- Di questo passo ci ucciderà tutti! - urlava in preda al panico
El March. - Non voglio morire! Come fantasma non potrei fare contatti
fisici! Anche se potrei sbirciare negli spogliatoi... -
Il drago intanto aveva puntato Catherine, e si apprestava a sparare il suo soffio mortale.
Kate, vistasi senza scampo, chiuse gli occhi, ma la pausa che attese era troppo lunga: non era successo niente.
Azzardò ad aprire gli occhi, e vide che il Drago stava agitando la testa, come in preda a un conflitto interiore.
Catherine udì delle voci. Si guardò intorno, ma non c'era
nessuno intorno a lei, se escludiamo uno sceriffo svenuto e un maniaco
sessuale compulsivo. Capì che le voci erano dentro la sua testa,
e con gran stupore riconobbe le voci di Bob, Brenda e Jim.
- Marito! Marito mio! Questo drago vuole uccidere tutta la città, come ha fatto con noi! -
- No, signora, questo è un serpente piumato! E poi dicevano che ero pazzo! -
- Io sono, anzi, ero, l'aggiustatutto del paese. Non permetterò
che la città che ho provveduto a mantenere in ottimo stato
in tutti questi anni vada perduta per uno stupido lucertolone! -
Erano i fantasmi di Bob, Brenda e Jim, fusi con il Drago della Morte,
che interferivano con le sue azioni. L'occasione era preziosa!
- El March! Hai ancora la dinamite? -
- Si tesoro, e ho anche la miccia lunga - disse ammiccante il messicano.
- Il corpetto del reverendo, intendo! -
- Ah, questo qui! - mostrò con orgoglio El March.
- Gettalo vicino al reverendo! -
- Si, ma querida! - rispose il macho latino mentre gettò
il corpetto con precisione nelle vicinanze del reverendo e del drago.
Fu un attimo. Catherine prese velocemente la mira e detonò un
colpo. Il proiettile raggiunse il corpetto, e una devastante esplosione
coinvolse e spazzò via insieme il prete e il Drago della Morte.
L'immane esplosione ebbe anche il pregio di ridestare i sensi dello
sceriffo, che si trovò davanti uno spettacolo di fuoco e fiamme,
un paio di cadaveri, e la fuggitiva che si reggeva a malapena in piedi,
sorretta da un poliposo maniaco con poncho e sombrero.
La morte? Non esisteva per lui. Le arti egiziane che aveva
imparato gli avevano garantito, oltre la magia nera, anche una
invulnerabilità pressochè totale, e una lunga vita, quasi
millenaria. Ecco perchè non aveva alcuna paura, quando
indossava quel corpetto di dinamite e intimava agli altri di sparare:
perchè anche in caso di esplosione, lui sarebbe comunque
sopravvissuto. E in quel caso, sarebbe bastato fingersi morto, e poi,
all'insaputa di tutti, sarebbe scappato, e avrebbe ricominciato tutto
da capo. Catherine non sapeva affatto con chi aveva a che fare,
nossignore! Lui, il Reverendo Doom, era pressochè immune alla
morte, e avrebbe dato la caccia a Catherine per sempre, finchè
un giorno, sarebbe stata inevitabilmente sua!
Bene, ormai non si sentono più rumori, è il momento di
riaprire gli occhi. Dev'essere ormai notte, è tutto buio. Allora
alziamoci... che dolore! Ehy, non riesco ad alzarmi c è qualcosa
che mi impedisce i movimenti! Cos'è questa parete di legno...di
legno? Non...non è possibile... quale terribile dubbio.
Non sarà che.... Ehy, aprite! Aprite! Io sono vivo! Dovete
aprirmi!
Avete commesso un errore! Io sono vivo! Sono VIVOOOOO!!!!!! Aprite! Aprite!!!!
Soffusi lamentii provenivano dal fondo di una buca, mentre il becchino Blackie Postmortem la stava allegramente ricoprendo.
- Ah, ormai la lavagnetta l'ho corretta, e oggi ho lavorato fin troppo
- disse, con un gran ghigno inquietante. E se ne andò,
fischiettando con allegria il Dies Irae.
Incrociando l'assistente part time Roger gli chiese - Roger, mi ripeteresti lo slogan della mia agenzia? -
Il giovane, stupito da quella strana domanda, gli rispose con
naturalezza - Certo, signor Postmortem, è "Nessuno è mai
tornato per lamentarsi" -
- Precisamente - sorrise Blackie, quindi non far caso se qualcuno nel
cimitero avesse qualcosa da ridire - e se ne andò fischiettando
allegramente La Notte sul Monte Calvo. Roger rimase un pò
inquietato da quelle parole: il senso dell'umorismo del suo capo era
davvero bizzarro.
Fu così che la ridente e calorosa cittadina di Cydonia
ritrovò la sua armonia. Nel saloon Roger era intento a suonare
il vecchio pianoforte mentre le cameriere ballavano allegramente,
Serena si stringeva forte a El Marcho, che si era comportato da vero
eroe, e pensare che per anni aveva tenuto appeso in camera il poster di
Klimt Eastwood con quel fisico muscoloso e quell’espressione sexy
da vero duro del far west… Il povero cowboy era stato sconfitto
non da un’intera tribù di indiani infuriati, ma da un
prete! El Marcho le aveva raccontato com’erano andate davvero le
cose, era stato lui, il maschio latino, a risolvere tutto, salvare lo
sceriffo e riportare la pace a Cydonia, per questo aveva fatto breccia
nel suo cuore.
Lunna nel frattempo accarezzava la schiena di Roger, Texa le aveva
raccontato la verità dei fatti, non era stato lui ad aggredirla
e questo lo faceva tornare ai suoi occhi il gentiluomo di sempre, ma
con quella marcia in più dell’uomo selvaggio che nelle sue
fantasie avrebbe potuto saltarle addosso ed aggredirla.
“Roger, tesoro, quando finisci di lavorare vorresti salire per un
po’ nella mia stanza?” chiese con un sussurro.
“Ehm… in verità il mio turno al saloon finisce
proprio… – osservò la lancetta dei secondi puntare
verso il nord – adesso!” rispose.
Lunna esultò, sistemandosi con fare civettuolo i capelli mentre
Roger si toglieva la giacca elegante da pianista ed indossava una
divisa militare.
“Hey, ma che stai facendo? Non è finito il tuo turno?”
“Quello al Saloon, ora devo recarmi alla torre di vedetta!” esclamò lo stacanovista.
“E quando avrai finito verrai da me?”
“Mi dispiace, quando avrò finito dovrò andare in
banca, ed all’alba aiuterò il sole a sorgere con delle
parole propiziatorie, alle 7 in punto lo sceriffo mi aspetta per i
lavori di riparazione delle celle mentre alle 9 devo andare a caccia di
balle di fieno nella prateria… Se vuoi possiamo vederci alle
13… anzi no, sono stato assunto da un’impresa che vende
aghi, li devo raccogliere uno ad uno dai cactus e poi sistemare in
apposite scatolette e…”
Lunna diede un sospiro di disperazione.
Texa nel frattempo sorseggiava il proprio whiskey offertole dalla
vecchia amica Devil la Rossa, era davvero fiera di sé, aveva
riportato la pace a Cydonia.
Quando tornò al suo ufficio si aspettava di trovarvi una gran
tranquillità e rimase quasi stupita sentendo qualcuno bussare,
si trattava di El Marcho.
“Cosa ci fai qui? Non mi aspettavo che saresti tornato alle
prigioni dopo essere evaso facendole saltare in aria” disse con
tono secco.
El Marcho rispose con un eloquente sorriso, “Hey bella, ti
darò una seconda possibilità: vuoi vedere il mio
gatling?”
Stavolta Texa rispose di sì ed il maniaco posò sulla
scrivania quella grossa e portentosa arma che aveva visto nelle mani di
Klimt qualche tempo prima.
“Vedo dal tuo sguardo che ti piace… Scommetto che vorresti
possederlo, non è vero? Facciamo così, te lo lascio in
regalo ma tu in cambio devi darmi il filmino del flashback tra Klimt e
Calamity Kate, con le scene integrali eh!!!”
Texa accettò senza battere ciglio mentre lucidava la sua nuova
fantastica arma, “Con questa nessun criminale potrà avere
vita facile a Cydonia!”
El Marcho annuì prendendo soddisfatto la pellicola “Dici
bene, puoi chiamarla la lunga canna della giustizia. Ed a proposito di
canne… ti va di provare la mia?”
Non attese la risposta poiché Texa era armata di gatling, El
Marcho corse via con il prezioso filmino e nella sua fuga passò
davanti al cimitero di Cydonia, dove gli parve per un secondo di
sentire delle urla soffocate… Ma forse erano solo i soliti
scherzi di cattivo gusto di Blackie.
Passò sotto la torre di vedetta, dove Roger svolgeva il suo
lavoro e Lunna gli chiedeva di passare da lei una volta ottenuta una
piccola pausa… L’instancabile lavoratore chiamò El
Marcho sulla cima della torre, dove lo invitò a guardare
l’orizzonte.
Un cavallo galoppava in controluce mentre un sole grande e rosso
tramontava oltre il caldo e vastissimo orizzonte, entrambi sapevano che
si trattava di Calamity Kate, una volta seppellito il suo acerrimo
rivale assieme al suo nuovo amore, la ragazza non aveva più
nulla da fare a Cydonia, se ne stava andando.
Mentre Roger si asciugava una lacrima di commozione, El Marcho non
perse tempo ed inforcò il cannocchiale con il quale
guardò Calamity Kate cavalcare selvaggiamente verso sud…
Anche da quella distanza il macho latino riuscì a vederla…
Sorrise provando un moto di gioia ed un paio di lacrime rigarono anche il suo viso bruciato dal sole.
“Klimt, vecchio mio, avevi ragione tu”.
Più tardi passò di nuovo dal cimitero, dove lasciò un dollaro sulla tomba del caro amico.
The end
Epilogo:
Dopo un giorno di viaggio, Calamity Kate decise di fermarsi per la
notte in un tranquillo paesino di confine. mentre passava con lo
stallone stanco, ripensava alle disavventure vissute nella cittadina di
Cydonia, questa volta aveva davvero bisogno di un posto tranquillo dove
riposare il corpo e la mente. Basta sparatorie e fughe, e specialmente
basta maniaci pronti ad aggredire le donne nel buio...
Sospirò, pensando che da quel punro di vista almeno, nessun
paese sarebbe stato peggio di Cydonia, dove risiedeva il temibile El
Marcho...
Si avvicinò al nuovo paesino, e il suo destriero non fece che alcuni
passi, quando si impennò imbizzarrito, mentre lo strascicante e
stridulo suono cacofonico di alcuni violini impazziti accentuava
l'espressione di puro terrore che ebbe nel
leggerne l'insegna: "Agua Caliente".
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