Victoria's Memories. Il Regno dei Demoni

di Kirara_Kiwisa
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- Ferme! La Regina è già in salvo!-
Intravidi la figura delle quattro principesse reali, con i loro volti sprezzanti.
I loro sorrisi soddisfatti, i loro occhi, mi sferravano colpi durissimi da cui non potevo difendermi. Digrignai i denti impotente, mentre constatavo di essere stata catturata.
Le zie che si sarebbero arrabbiate alla fine giunsero veramente, desiderose della rivincita.
- Per questo e solo per questo eviteremo un conflitto con il vostro paese-
Affermò una di loro con un cristallo fra le mani. Più lo avvicinava a me, più la pressione mi opprimeva. Colei che aveva annotato il mio nome sul registro era una fata dei cristalli, capace di usarli per qualsiasi cosa, anche uccidere.
- L’assassina la teniamo noi-
Proseguì, nonostante le sonore proteste di Isaac.
- No, non potete. Lei serve a me, ho salvato la vostra regina ora datemi la strega-
Risi, divertita dal pensiero che stavano litigando per chi dovesse uccidermi.
Alzando il capo, vidi la bambina tornare dalla madre. Mi guardava, stretta al vestito della fata che avevo scambiato per la sovrana.
Sbuffai umiliata, ero stata battuta da delle lucciole in tutù.
- Se continui ad intralciarci verrai fatto prigioniero come lei-
A quella minaccia Isaac tacque, non lasciandomi sorpresa. Era solo un codardo, per questo ero stata felice di lasciarlo. Sicuramente era più forte di tutte loro messe insieme, eppure temeva qualcosa di più ampio, qualcosa che andava ben oltre quelle coccinelle scintillanti. Temeva la reazione di un Concilio che aveva tradito, di Anziani corrotti che non lo avrebbero più ripreso se solo avesse fatto scoppiare un caso diplomatico. Stupido, oltre che codardo.
- Flo!-
Urlò improvvisamente la fata che mi stava tenendo prigioniera.
- Sì-
Rispose venendo avanti la creatura con l’abito di fiori. Senza ricevere ulteriori ordini, la donna fece comparire dal terreno dei rami che mi bloccarono braccia e gambe.
Come se non fossi stata già immobilizzata. Adesso, oltre la pressione del cristallo, avevo i rami che mi tenevano ferma e che mi graffiavano. Non riuscì a sopportare oltre e tentai di liberarmi, divincolandomi il più possibile. La fata floreale sorrise malignamente, incentivando le ramificazioni a stritolarmi e a strattonare gli arti ulteriormente. Urlai dal dolore quando le fronde tirarono con violenza anche il braccio sinistro, dove portavo i bendaggi. La ferita si riaprì, macchiando le fasciature di sangue. Strinsi i pugni, certa che in poco tempo mi avrebbero staccato il braccio.
Gemetti ancora una volta, constatando che avrei dovuto concentrarmi sulla mia temperatura per bruciare i rami. Pensai a Nolan, al fatto che fosse scomparso lasciandomi da sola in quel casino.
Pensai a quanto normalmente mi facesse infuriare, a quanto lo odiassi per non avermi dato la pozione. Era tutta colpa sua se mi ero affidata al piano B e non compariva neanche ad aiutarmi.
Era vivo ma non tornava da me, impegnato in chissà cos’altro. Stavo soffrendo e lui non c’era, abbandonandomi ad Isaac e a delle stupide libellule.
In pochi attimi la mia pelle carbonizzò le ramificazioni fatate, che caddero a terra in un cumulo di cenere. Mugolai dal sollievo, piegandomi in due con una mano sulla ferita alla spalla. Perdeva sangue ma non era il momento di preoccuparsene, avevo delle fate da uccidere.
- Maledetta-
Gridò furiosamente la creatura dei fiori, indietreggiando innanzi alla mia figura. Mi alzai in piedi lentamente, contrastando con tutte le mie forze la potenza del cerchio magico. Fissai negli occhi la fata dei cristalli, sorridendole perfidamente. Indietreggiò anch’essa, stringendo il roseo cristallo.
Più le incutevo paura più il suo incantesimo si indeboliva, rendendomi capace di muovermi.
Avanzai di un passo, massaggiandomi i polsi graffiati dai rovi. Ripulì il marchio di Nolan dal sangue, scrutando preoccupata i suoi disegni leggermente danneggiati.
- Giuro che vi ammazzo-
Proferì, furibonda. Senza esso non sarei riuscita a ritrovarlo, né avrei potuto vendicarmi della sua prolungata assenza.
- Pearl-
Bofonchiò la donna con il cristallo in mano.
- Si sta liberando-
Avvertì, sempre più spaventata.
- Tranquilla sorellina, si pentirà di voler giocare con noi-
Rispose l’altra fata venendo avanti, impugnando una grande perla. Non appena me la puntò contro, percepì di essere immobilizzata nuovamente, quasi congelata. Osservai il mio corpo e con orrore notai che stava cambiando colore, diventando sempre più duro.
- Ma cosa…?!-
Rabbrividì, cadendo a terra. Posi entrambe le mani sulle gambe, quasi sperando di arrestarne il processo. Le ritrassi terrorizzata, notando che si stavano ricoprendo di madre perla.
Sentì la piccola regina delle fate ordinare di non farlo, sebbene in ritardo. La magia della fata mi aveva già ricoperta fino al busto, impedendomi di respirare.
Le gambe e le braccia divennero dure come il marmo, bloccate e schiacciate dalla pesantezza del materiale. Cercai di muovermi invano, imprigionata in un guscio duro ed impenetrabile.
- Victoria Van Liard-
Avanzò dicendo la donna con il cristallo in mano, improvvisamente colma di coraggio.
Ruotai gli occhi, riconoscendo già il tono di voce. Quando le autorità mi chiamavano in quel modo, non voleva dire niente di buono.
- Sei accusata di plurifaticidio, di tentato regicidio, del rapimento della regina e d’aver ferito un membro della famiglia reale. Pertanto, sei condannata a morte-
Le ringhiai contro, bloccata nel mio bozzolo di pietra, impossibilitata nel respirare.
Percepì il volto divenire paonazzo, il petto schiacciato dalla perla impediva ai polmoni di catturare ossigeno, soffocandomi.
La fata che mi aveva elencato i misfatti si avvicinò a me, per guardarmi dritta negli occhi.
- Se ti colpissi in questo momento, il tuo corpo si ridurrebbe ad un cumulo di detriti. Di te non rimarrebbe che la polvere, proprio come le nostre sorelle-
Sorrisi, prima di sputarle sulle sue eleganti scarpette. La fata retrocedette disgustata, cercando di colpirmi per mettere in atto la sua minaccia.
- Ferma!-
Urlò improvvisamente la madre della regina. La fata si bloccò repentinamente, volgendosi verso la sorella.
- Sua Maestà non gradisce tutto questo. Fermati e limitati a prendere in consegna la strega-
- Ma…deve essere giustiziata. Questo mostro ha…-
- Cris-
Urlò più forte la principessa primogenita.
- E’ un ordine. Vuoi metterti contro tua sorella maggiore e l’autorità di Sua Maestà la Regina?-
- N-No…perdonatemi Vostra Altezza-
Disse la donna inchinandosi innanzi alla bambina e obbedendo.
Dopodiché si voltò verso di me, puntandomi contro un altro dei suoi cristalli. L’ultima cosa che vidi fu una intensa luce rosa, poi più niente. Mi parve di sentire solo la voce di Isaac, chiamarmi, disperato per aver perso la sua preda.
 
Mi risvegliai in una strana stanza, illuminata da una luce fioca e le pareti rivestite di roccia. Tre figure mi stavano fissando da lontano, intente a sbattere soddisfatte le proprie buffe ali da insetto. Circondate da numerosi strumenti e macchinari appuntiti, aspettavano diligentemente che io mi svegliassi.
- Dove sono?-
Domandai, notando immediatamente di non essere più rivestita di perla. Potevo respirare, muovermi, se ben fossi legata su di un tavolo.
- Sotto il palazzo reale, nella stanza degli interrogatori-
Spiegò una delle tre fate, le stesse che mi avevano catturato.
- La stanze delle torture piuttosto-
Puntualizzai, fissando sorpresa il vasto assortimento di affilati utensili finalizzati all’estrazione della verità. Non erano poi le creature pacifiche che credevo.
- Come ti chiami?-
Chiesero in principio, sorprendendomi.
- Lo sapete già-
Borbottai, cercando di liberarmi dalle corde.
- Rispondi-
Incitarono le tre donne, brutalmente.
- Victoria-
Proferì, seccata.
- Victoria Van Liard-
- Menzogne!-
Urlò la fata dei cristalli, battendo un pugno sul tavolo in legno. Sobbalzai, fissando la mano a pochi centimetri dal mio ventre. Se solo fossi riuscita a sfiorarla, sarebbe morta carbonizzata.
- Tu non puoi essere una nobile-
Continuò la leggiadra creatura, infuriata.
- Perché mai una strega dell’alta società dovrebbe uccidere le fate?!-
- Avete una regina che legge nel pensiero. Chiedetelo a lei-
Con sorrisetto malizioso, mi puntò il suo magnifico cristallo contro, provocandomi delle terribili fitte per tutto il corpo. Urlai dal dolore, facendo echeggiare la mia voce nell’intera stanza, fino a che il cristallo non terminò di illuminarsi. In quegli attimi, mi chiesi a cosa servissero gli altri congegni di tortura.
- Cosa sei tu? Perché il tuo corpo brucia?-
Chiese, facendomi sorridere.
- Perché voi siete deboli-
- Smettila-
Gridò la creatura, tornando a puntarmi contro il cristallo. Ripresi ad urlare, mentre la donna mi intimava di non scherzare.  
- Ti abbiamo bloccato i poteri mentre non eri cosciente, come fai ad attuare ancora questa magia?!-
Continuai a ridere, istericamente nonostante il dolore.
- Pensavate che uccidessi con la magia? Divertente ma no-
Spiegai, se pur a fatica.
- Con voi deboli creature la magia non mi serve-
La fata intensificò il potere del cristallo, provocandomi un dolore maggiore, capace di farmi credere di morire. Gridai forte, soffrendo tanto che il mio sangue iniziò a ribollirmi nelle vene. Percepì di divenire rossa in volto mentre la mia temperatura aumentava, fino a bruciare lentamente le corde che mi stavano imprigionando.
- Come hai ucciso quelle ragazze?-
Proseguì chiedendo la donna.
- Toccandole-
Ammisi infine, stremata.  
- Non è una magia-
Continuai, ansimando, non appena il cristallo si spense.
- Sono semplicemente io. Li vedi questi occhi? Nessuna magia. Io sono un mostro-
La fata si allontanò, inorridita. Si rivolse alle sorelle, ordinando di chiamare il boia per l’esecuzione. Il “mostro delle fate” doveva finalmente morire.
- Cris, non credo che Ros ce lo lascerà fare senza il consenso della Regina-
- La Regina è troppo buona-
Rispose la fata.
- Questo demone va ucciso prima che possa fare ancora del male. Vendicheremo le nostre compagne-
Demone, era la prima volta che qualcuno mi chiamava così.
- Cris ha ragione. Flo dobbiamo…-
La fata col lungo abito ricoperto di perle venne interrotta da un forte rumore, che provocò delle scosse simili a quelle di un flebile terremoto. La stanza tremò per qualche secondo e il silenziò cadde al suo interno.
Dopo una breve quiete lo risentimmo: lo stesso suono simile a quello di un’esplosione che si avvicinava. Man mano divenne sempre più forte, sconcertando le mie aguzzine. Presto udimmo dei passi e delle urla di soldati, accompagnato da ulteriori esplosioni, talmente forti che ormai per le donne era impossibile reggersi in piedi. Dal soffitto iniziò a scendere della polvere, preannunciando il suo crollo imminente. Iniziai a dimenarmi, tentando di accelerare il processo di fuga. Le scosse e gli scoppi erano sempre più prossimi, tanto che qualcosa riuscì ad abbattere la porta in acciaio scavata nella roccia. Essa esplose, liberando una forte folata di vento e polvere. Chiusi gli occhi, temendo che quell’ultima esplosione potesse far cedere il soffitto del tutto.
- Chi sei?!-
Urlò la fata dei cristalli, cercando di avanzare tra i detriti. Vidi la sua figura indietreggiare spaventata, non appena intravide l’incursore ancora sulla soglia. Scagliò una potente luce rosa contro l’ignoto aggressore, che tuttavia la respinse senza fatica rispedendola al mittente. La fata dei cristalli cadde, segnando così l’intervento delle due sorelle. Queste si avventarono sull’intruso, seguendo lo stesso destino della compagna. Ogni loro attacco andò a vuoto, finendo a terra con profonde ferite. Coraggiosamente, tornarono sempre ad alzarsi, ponendosi fra la misteriosa figura e me.
- Vattene-
Ringhiarono le fate.
- Non riuscirai a salvarla-
Nonostante le loro parole, l’incursore avanzava indisturbato, facendo tremare la stanza ad ogni suo colpo. Dal soffitto caddero le prime pietre, alcune piombando intorno al tavolo, scansandomi appena. La mobilia nella stanza si rovesciò o venne colpita, distruggendo i terribili strumenti di supplizio di cui si avvalevano le fate. Quasi tutto finì sepolto dalla polvere o lo divenne a sua volta.
Strattonai forte le corde, riuscendo a sfilacciarle grazie al calore. Continuai a dimenarmi, sperando di liberarmene prima di finire schiacciata. Puntai gli occhi verso la porta, scorgendo delle grandi ali nere. Il mio cuore sobbalzò, la mente mi portò subito a lui.  
- Nolan!-
In quell’istante, il soffitto già tremante cedette del tutto.
Nella stanza si alzò un enorme polverone ed iniziarono a cadere giganteschi blocchi di terra. Uno grande il triplo della mia stazza di stava dirigendo verso di me.
Chiusi gli occhi, certa che sarei morta.
Strattonai ancora le corde, adempiendo al mio ultimo e disperato tentativo. Inaspettatamente le spesse corde si ruppero del tutto, liberandomi pochi attimi prima che la roccia crollasse. Scattai in fretta sotto al robusto tavolo in mogano, ponendomi entrambe le mani sopra la testa. I massi piombarono su di esso, incrinandolo fino a costringermi a venirne fuori. Indietreggiai, osservando il blocco di pietra che mi aveva quasi uccisa, volgendomi verso Nolan furibonda.
- Perché non mi hai liberata subito?-
Gridai, attraverso la nube di polvere che mi impediva di vedere appieno la sua figura. Udì urlare le fate, le vidi scagliate a terra per l’ennesima volta mentre le ali della creatura non assomigliavano più a quelle di un diavolo. Scorsi delle piume, poco prima che il resto della grotta cedesse.
Un pezzo della volta rocciosa, più grosso del precedente, puntò nuovamente su di me. Cercai di scansarlo ma inciampai su altri massi, finendo stupidamente a terra sotto il soffitto crollante.
Chiusi gli occhi spaventata, ponendomi le mani sul volto.
Lanciai un urlo, quando percepì qualcuno afferrarmi.
Rapidamente, mi trascinò via dai sotterranei, portandomi lontano dal castello. Senza neanche rendermene conto, mi ritrovai sull’erba bagnata fuori da palazzo, illuminata dalla luna.
Rimasi immobile per qualche istante, stringendo forte il terriccio sotto le mie mani. Ansimai, atterrita da quel che era appena successo. Il cuore mi batteva all’impazzata, comprendendo che questa volta me l’ero scampata per un pelo.
Percepì colui che mi aveva salvato scansarsi da me, evitando meticolosamente il contatto diretto con la mia pelle. Alzai lo sguardo verso di lui, fissandolo incredula stesa al suolo.
- Abaddon-
Sussurrai, pietrificata innanzi a quelle gigantesche ali nere da angelo.
- Hai fatto un po’ di confusione, Victoria-
Indietreggiai da terra, strisciando e finendo di sporcare l’elegante abito blu che ancora indossavo.
- Cosa ci fai qui?-
Domandai, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi neri.
- Non ci arrivi da sola? Sono venuto a salvarti-
Scossi il capo, non desiderando aiuto da un angelo. Mi bloccai, portandomi a sedere sull’erba. Mantenni il contatto visivo con lui, togliendomi lentamente i tacchi dorati.
- L’hai fatto-
Pronunciai.
- Adesso puoi andartene-
- E’ questo il ringraziamento?-
La creatura cercò di afferrarmi ma io mi scansai, alzandomi da terra a piedi scalzi.
- Non osare toccarmi-
- Giusto, avevo sentito che odi profondamente gli angeli. Eppure sono stato esiliato dal Cielo, non potresti avere un po’ di riguardo nei miei confronti?-
- Affatto-
Risposi.
- Odio tutto ciò che è legato al Cielo, anche se lavori per i demoni tu sei sempre un angelo-
- Che ragazzina cocciuta-
Sospirò lui, mettendosi una mano fra i capelli neri.
- Eppure anche tu sei un angelo-
- Zitto maledetto!-
Urlai.
- Io non sono un angelo!-
Con queste parole mi voltai e scappai, verso la foresta. Non feci molta strada, Abaddon si alzò in volo e mi raggiunse subito, bloccandomi la via frontalmente.
- Non dovresti trattare così chi ti ha appena salvata-
- Chi ti ha chiesto niente! Io potevo farcela da sola!-
- Oh, non ne dubito. Tuttavia non posso lasciarti andare, hai già fatto troppi guai-
- Cosa vuoi da me?-
Domandai, ignorando perché l’angelo caduto Abaddon, cavaliere dall’apocalisse, fosse giunto sino nel Regno delle Fate per salvarmi da tre insetti.  
- Mi è stato chiesto di portarti indietro, viva-
Spiegò la creatura, avanzando con il sorriso disegnato in volto.
- Chi è stato a chiedertelo?-
- Vuoi sapere chi mi manda? Vieni con me e lo vedrai con i tuoi occhi-
Continuò a sorridere malignamente, non volendomi dare la soddisfazione di dirmi chi fosse il suo capo. Semplicemente venne avanti, volando e abbattendosi su di me come un corvo.
Io mi voltai, scappando ancora. Provavo ribrezzo che un angelo mi toccasse e mi infastidiva il pensiero che poco prima mi avesse salvato dalle fate.
Strappai l’abito, lungo alle caviglie, riuscendo così a correre più velocemente. Non fu abbastanza per seminare un angelo, che si avventò su di me afferrandomi per la vita. Mi innalzò di mezzo metro, con tutta l’intenzione di condurmi in volo chissà dove. Gli toccai prontamente le mani, ferendolo a tal punto da costringerlo a mollarmi. Caddi a terra, rotolando e strappando del tutto il costosissimo abito firmato.
- Maledetta!-
Urlò il demone, posandosi a terra per far fronte all’intenso dolore. Ne approfittai, riprendendo a correre verso il centro della foresta.
- Torna qui!-
Sbraitò, facendo echeggiare la sua voce fra gli alberi. Dopo poco, udì le sue grandi ali dietro di me sopraggiungere a grande velocità. Mi stava raggiungendo e compresi che sarebbe stata una lotta impari.
Mi volsi, scorgendo la sua figura prossima a ghermirmi. Gli puntai velocemente le mani contro, scagliando contro di lui numerose lame di ghiaccio che lo colpirono come tanti piccoli proiettili. 
L’angelo fu costretto a fermarsi, riparandosi con le ali mentre io proseguivo nella corsa. Lo rallentai, sapendo tuttavia che presto sarebbe tornato a raggiungermi. Sempre più lontano dal castello e dai cristalli delle fate, la mia magia tornò, permettendomi di creare una grande barriera di tela. Migliaia di fili d’argento si frapposero fra me e la figura del mio inseguitore, attendendo di catturarlo come un insetto. Sorrisi quando udì le sue urla, furioso di non riuscire a liberarsi. L’incantesimo incollava la vittima alla tela, rendendola del tutto simile a quella di un ragno. Se pur fosse un angelo, Abaddon ci avrebbe messo un po’ a distruggerla.
Corsi più forte, evitando ogni radice, ogni arbusto, sperando di arrivare presto in città.
La foresta pareva non terminare mai. Senza fiato, continuai a sfrecciare fra gli alberi fino a quando qualcosa non cadde dal cielo, bloccandomi la strada.
Mi fermai urlando, indietreggiando innanzi alla figura di una persona senza ali. Nell’oscurità più totale osservai un giovane alzarsi da terra, appoggiato ad un elegante bastone nero col pomello d’oro.
- Chi sei?-
Gridai, non riuscendo a scorgere il suo volto. Udì le sue risa, poco prima che avanzasse sotto la luce della luna, mostrandomi i suoi occhi verdi.
- Abrahel-
Ringhiai.
- E’ stata una lunga notte. Levati di mezzo-
- Si tratta così un vecchio amico?-
- Tu non sei mio amico-
Bofonchiai, indietreggiando alla sua presenza. Scalza, col vestito a brandelli, sporca di terra, cenere e sangue, fissai il suo volto piena di odio. Era l’ultima persona che desiderassi vedere quella notte, anche più dell’angelo dietro le mie spalle.
- Perdonami, pensavo che ci fossimo riappacificati dopo il mio regalo-
- Quale regalo?-
- Non hai ricevuto il mio umile dono? Era contenuto in una valigetta, te l’ho fatto recapitare direttamente in albergo-
- Sei stato tu allora-
Pronunciai, avendone finalmente la conferma.
- Tu mi hai mandato il siero-
- Chi altri?-
Sbottò il ragazzo, sarcastico.
- Per caso non lo hai gradito?-
- Come no, hai cercato di uccidermi! Come potrei non averlo gradito?-
- Ucciderti? Certo che no, non era quella la mia intenzione-
Spiegò la creatura, avanzando sotto i lievi raggi lunari.
- Mia cara, te l’ho semplicemente fatta conoscere. Non dovevo forse?-
Tacqui, scrutando la sua figura in ogni particolare. Ancora una volta gli occhi verdi non sembravano mentirmi, eppure l’ultima volta erano riusciti ad ingannarmi perfettamente.
- Perché?-
Chiesi, non capendo.
- Hai sempre cercato di non farmela prendere, di farmi allontanare da Nolan. Per quale motivo hai fatto in modo che ora io la bevessi?-
Il giovane continuò a sorridere, abbassando lo sguardo a terra prima di rispondere.
- Vedi, Victoria, non volevo proprio che tu non la prendessi-
Spiegò.
- Quel che volevo, esattamente, è che tu la prendessi per mio conto-
Ammise, stringendo il bastone dal pomello d’oro.
- Che tu sfruttassi il suo potenziale, dalle fila del mio esercito-
Proseguì, fissandomi maliziosamente.
- Visto poi che il mio bracciale è inutile con te…-
Borbottò facendo spallucce.
- Hai mentito-
Puntualizzai.
- Hai mentito per tutto il tempo, dicendo che mi avrebbe uccisa-
- Sei molto dura con me-
Rimproverò il principe.
- Non ho del tutto mentito. C’era un minimo di rischio effettivamente che il siero ti uccidesse-
- Non hai fatto altro che mettermi contro Nolan-
Ribattei con rabbia, avanzando verso di lui sfidandolo con lo sguardo. Avrei voluto prenderlo a schiaffi, a calci, battermi se possibile. Avrei voluto rendergli tutto il dolore che mi aveva fatto provare l’ultima volta, quando mi aveva quasi strappato via quel demone con gli occhi di civetta.
- Sono affari Victoria, nient’altro che questo. Ma dimmi, non ti è piaciuta la pozione?-
Tacqui, allontanandomi leggermente. Non sapevo cosa rispondere senza arrecargli soddisfazione.
- Certamente che ti è piaciuta. Tu mi sei grata, te lo leggo negli occhi-
Proferì la creatura, facendomi sussultare.
- Il figlioccio di mio padre non la sperimenterà mai su di te, questo è chiaro. Se desideri riaverla, sono l’unico a cui tu possa rivolgerti. Ma c’è una condizione, ovviamente-
Indietreggiai ulteriormente, avvertendo dei brividi lungo la schiena.
- Uccidere Nolan?-
Il Principe fece una smorfia, ancheggiando e ballonzolando la testa.
- Uccidere è una brutta parola. Potresti toglierlo di mezzo, diciamo, regalandomi il trono-
- Ti ho già detto di no. Ti ho già detto che non intendo fargli del male-
Affermai, decisa.
- Devi avere la memoria corta-
- Affatto-
Pronunciò il ragazzo, avanzando verso di me.
- Credo solo che cambierai idea-
- Cosa te lo fa credere?-
- Il fatto che io so qualcosa che tu non sai-
- Come puoi pensare che ti crederò? Sei un bugiardo di natura-
Affermai con forza, tornando ad avanzare verso di lui rabbiosamente. Il demone mi fissò dritta negli occhi, avanzando anch’esso, con tutta calma.
- E’ vero. Ti ho detto che la pozione di quel traditore ti avrebbe uccisa pur sapendo che eri perfettamente compatibile-
Confessò, tranquillamente.
- Non potevo rischiare che tu distruggessi il mio regno sotto il suo comando, cerca di capire-
Tentò di toccarmi una spalla, senza perdere quel suo sorrisetto fastidioso.
Mi scansai, costringendolo a ritirare il braccio. Fece una smorfia, non perdendo comunque il sorriso.
- Capisco perfettamente-
Sbottai mentre il principe tornava a stringere forte il bastone.
- Meglio sotto il tuo di comando, annebbiata dal potere del bracciale, piuttosto che sotto quello di tuo fratello-
- Già-
Sbottò amaramente il ragazzo.
- Ma come al solito tu devi rovinare tutto, rivelandoti niente meno che la nipote di Samel-
Ricordò amareggiato, sospirando per la sua incomparabile sfortuna.
- Ad ogni modo, cerca di capire Victoria-
Pregò nuovamente.
- Io e te in fondo siamo estremamente simili. Entrambi bramiamo la disfatta dei nostri nemici. Puoi biasimarmi per ciò che ho fatto?-
Tacqui, stringendo i pugni. Avevo appurato di non saper leggere i suoi occhi, di non capire quando mentisse o dicesse il vero. Era estremamente bravo a dissimulare, ad ingannarmi con espressione ferma e con sguardo lucido, senza mai farmi comprendere appieno cosa gli passasse per la testa.
- Sarebbe stato un piano perfetto. Tu assumevi la pozione, io usavo il tuo potere per ottenere la corona e in cambio ti avrei permesso di distruggere chiunque tu desiderassi. Avresti eliminato il Concilio Victoria, fino all’ultimo stregone. Ma non disperare, siamo ancora in tempo-
Propose, raggiante.
- Basta che tu venga con me-
Cercava di convincermi con tante parole, facendomi credere di agire autonomamente quando in realtà era lui a guidarmi. Avevo quasi fatto uccidere Nolan per colpa sua, eppure non riuscivo a restar impassibile alle sue provocazioni.
- Cos’è…-
Iniziai, con voce tremolante.
- Cos’è che non so, riguardo Nolan?-
Abrahel sorrise, illuminando tutto il suo volto.
- Sta lavorando con una persona che conosci bene, qualcuno che odi profondamente-
Spiegò, sogghignando.
- La persona che per prima lo ha indirizzato verso di te, che lo ha condotto fino a te. Qualcuno che lo ha convinto ad ingannarti, ad usarti, sperando segretamente che quel dannato siero ti uccidesse-
Continuò, facendomi intuire che non stava parlando dei suoi amici veggenti.
- La persona che gli ha svelato cosa tu fossi esattamente. Qualcuno che lo sta manovrando come un burattino, Victoria. Non può fidarti di lui perché tu, come sai bene, non puoi fidarti neanche di…-
Stava per dirmi il nome, quando Abaddon spuntò dal nulla piombando su di lui. Lo colpì, con una tale intensità da farlo crollare a terra ai piedi di un grande albero. Il principe perse il bastone, massaggiandosi nervosamente il volto.
- Cane-
Sbraitò, fulminando con lo sguardo l’angelo caduto. Io sussultai sconcertata, facendomi indietro. Avevo pensato che la creatura alata lavorasse per Abrahel, che desiderasse uccidermi o portarmi al suo cospetto. Vederlo colpire il demone mi sconvolse, constatando che forse avevo combattuto contro la persona sbagliata.
- State lontano da lei, Altezza-
Pronunciò Abaddon fermamente, scrutando la figura del nemico mentre si rialzava.
- Il traditore è tornato a mostrare la testa-
Ringhiò il principe con rabbia, appoggiandosi al tronco dell’arbusto.
- Spostati se non vuoi che te la tagli-
- Non posso-
Spiegò la creatura, allargando le ali per coprirmi alla vista del ragazzo.
- Devo riportarla dal padrone, possibilmente tutta intera-
- Sono io il tuo padrone!-
Urlò il demone furibondo, facendomi sussultare. Nascosta dalle possenti ali dell’angelo non riuscivo ad osservare il suo volto, dalla sua voce capivo comunque quanto fosse fuori di sé.
- Tu sei al servizio dei Lancaster!-
Gridò Abrahel, talmente forte da far echeggiare la sua voce per chilometri.
- Hai giurato fedeltà al nostro sangue!-
Ricordò con impeto.
- Fedeltà al re! Ed io sono il legittimo Re dei Demoni! Non quel sangue misto, quel traditore, quel moccioso illegittimo che non fa neanche parte della mia casata! Se mio padre potesse vederti si rivolterebbe nella tomba!-
Continuò a sbraitare, con una furia che ancora non avevo mai visto in lui.
- Voi non siete il mio re-
Affermò l’angelo caduto, con tutta calma.
- Non da quando avete ucciso il principe che io servivo, l’erede al trono del mio re-
Sobbalzai, stringendomi dietro le grandi ali di Abaddon. Abrahel tacque, cadendo in un silenzio assordante.
- Voi avete tradito il vostro sangue, vi siete rivoltato contro esso. Il Signorino è il mio re adesso-
Il ragazzo dagli occhi verdi rise, così malignamente da ghiacciare il nostro animo.
- Folle. Io mi sarò anche macchiato del peccato di cui tu mi accusi ma il tuo “re” ha conquistato il trono delle terre sud occidentali assassinando il sovrano che tu servivi-
Proferì il principe, lasciando Abaddon in silenzio, immobile davanti ad una tale verità.
- Lo ha ucciso sotto il tuo naso, con la complicità degli umani. Il Signorino che segui con tanta devozione, non è altro che un mostro. Dopo tutta la clemenza ricevuta da mio padre, lo ha ripagato tradendolo. Ecco chi stai servendo, angelo-
Calò il silenzio, attimi in cui mi chiesi cosa sarebbe accaduto. Momenti in cui temetti di dover fuggire inseguita da ben due nemici, invece che uno.
- In tutta sincerità-
Iniziò la creatura dalle grande ali nere.
- Sono dispiaciuto che questa ragazza abbia impedito a Lilith di uccidervi-
Feci un respiro di sollievo, poco prima di udire i denti di Abrahel stridere. Con il cuore che scalpitava, continuai a domandarmi cosa spingesse l’angelo verso quella scelta. Il principe secondogenito aveva ucciso Medardo con una freccia durante la prima guerra, quando nessuno poteva attribuire a lui la colpa ma Nolan aveva ucciso il Re dei Demoni.
- Te ne pentirai-
Continuò il ragazzo dagli occhi verdi, imperterrito.
- Ti pentirai del tuo tradimento-
Udì il suono di una spada sguainata, prima che la figura dell’angelo scattasse verso il principe, scompigliandomi i capelli.
Iniziarono a combattere sotto i miei occhi, senza risparmiarsi. Illuminarono la notte, distruggendo un paio di alberi e facendo scappare ogni creatura della foresta nell’arco di chilometri.
Assistessi impotente allo scontro, mentre le forze dei due si equivalevano. Indietreggiai, nascondendomi fra i cespugli. Le enormi ali dell’angelo sbattevano violente, alzando un immenso polverone capace di accecarmi. Mi coprì il volto, perdendomi la maggior parte dello scontro.
Riuscì solo ad udire Abrahel urlare, colpito al fianco. Si accasciò a terra, stringendo nella mano sinistra il bastone dal pomello d’oro. Lo nascose dietro la schiena, tramutando la liscia impugnatura in una punta contundente. Si rialzò di scatto, fendendo il piccolo pugnale a tradimento contro Abaddon. Lo ferì con quel metallo agli angeli così velenoso, cogliendolo di sorpresa ed iniziando ad evocare un portale per fuggire in fretta. La creatura alata vacillò, tentando di sferrare un attacco mortale al nemico prima che svanisse. Si strinse l’avambraccio ferito, pronunciando un lungo incantesimo che gli avrebbe permesso di ucciderlo e correre a ricevere la ricompensa per il suo coraggio. La magia nell’antica lingua degli angeli avrebbe fermato il cuore di Abrahel in un istante, consegnando la sua anima agli inferi, se solo fosse riuscito a finire il rituale. Il portale del principe fu più veloce, aprendosi prima che le lunghe e intricate parole giungessero a termine.
Lo fissai mentre stava per svanire, decisa di non poter mancare una tale opportunità. Corsi verso di lui, innanzi agli occhi increduli dell’angelo. Mi fermai ad un metro dal demone e dalla sua via di fuga, urlando il suo nome.
- Ho un messaggio per te da parte di tuo fratello!-
- Nolan?-
Domandò questo ridacchiando, mentre la sua figura stava già scomparendo nel portale.
- No, Medardo! Sei anni fa incontrai il suo spirito. Lui ti perdona!-
La sua espressione mutò del tutto, divenendo terribilmente cupa. Non rispose, fissandomi impietrito prima che una luce oscura lo inghiottisse, portandolo via. Abaddon digrignò i denti, sbuffando e interrompendo il suo delicato incantesimo. 
- Avevo quasi finito-
Bofonchiò infuriato, stringendosi l’avambraccio ferito.
- Invece di blaterare potevi colpirlo o impedirgli di fuggire-
- Scusa, dovevo mantenere una promessa-
 
Mi convinsi a lasciarmi condurre da Nolan, in volo. Stetti buona, in silenzio quasi per tutto il viaggio. Cercai di non guardare mai in basso, odiando terribilmente volare.
Le sue ali mi avevano portato spaventosamente in alto, dove le luci della città si vedevano a malapena.
Lo faceva apposta, si stava divertendo come un bambino. Lo avevo fatto rimanere mezz’ora impigliato in una ragnatela, adesso agognava vendetta.
Mi teneva in braccio, cercando di toccarmi attraverso i vestiti mentre io al massimo mi appoggiavo alla sua camicia, blu scura. Rivolgevo il mio sguardo verso il suo petto, cercando di dimenticare di essere a centinaia e centinaia di metri da terra.
- Non ti faccio cadere-
Disse, notando il mio terrore.
- So che non lo farai-
- Il padrone mi punirebbe-
- Infatti-
Sospirai, mancava ancora un qualche minuto prima di arrivare.
- Tu…tu sei il capitano delle guardie?-
Domandai, cogliendo la creatura alla sprovvista.
- Come?-
- Sei tu il capitano delle guardie di Nolan?-
- Sì, perché?-
- Quindi sei uno dei pochi che sapeva dove ci trovassimo e dove fosse nascosto il siero-
- Non sono stato io a tradire il principe, se è questo che vuoi insinuare-
- Lo so-
Mugolai, continuando a stringermi alle sue vesti.
- Altrimenti mi avresti lasciato ad Abrahel-
- Cos’è che vuoi sapere, esattamente?-
- Non lo so-
Sussurrai, ripensando a tutte le parole del demone dagli occhi verdi.
- Al fianco di Nolan…c’è qualcuno che io conosco?-
- Lilith- 
- No, non Lilith…Lilith è al fianco di Nolan?!-
L’angelo non rispose, continuando a volare in silenzio. Lasciai perdere, non essendo quello ciò che mi interessava.
- Abrahel ha detto…-
- Il Principe Abrahel dice un sacco di cose-
Interruppe la creatura.
- Mente da quando è nato-
Continuò, notando quanto fossi angosciata.
- Ed io lo so, perché l’ho visto nascere-
Sorrisi, cercando di non fissare il vuoto.
- Ha detto…-
Proseguì.
- Che Nolan è guidato da qualcuno che io odio, come un burattino-
L’angelo rifletté a fondo prima di tornare a parlare.
- Non credo, il Signorino non si fa guidare da nessuno. Sua Maestà è terribilmente cocciuta-
Sorrisi nuovamente, stringendo il marchio che portavo al polso.
- Lo so…-
Sussurrai.
- Non capisco a cosa Abrahel si stesse riferendo-
- Conta sul fatto che tu non conosca Sua Altezza, in questo modo mette le persone l’una contro l’altra. Non può colpirti se non hai niente su cui dubitare-
- Io lo conosco…-
Pronunciai sottovoce, soffocata dal rumore del vento.
- Come?-
- Ho detto che io lo conosco. So molte cose di lui-
Proferì.
- So che se al mattino non beve un latte macchiato con molto zucchero ha una crisi di nervi, ad esempio-
Svelai, sorridendo.
- So che adora i dolcetti, li mangerebbe continuamente ma odia il cioccolato fondente. So che non sopporta le giornate di shopping ma gli piace stare in un punto alto, fermo ad osservare la gente che passa sotto di lui senza essere visto. So che quando dorme si ostina a prendere tutto il posto che c’è sul letto, nonostante vi sia un’altra persona. So che ancora non si spiega come senza magia l’acqua della doccia diventi fredda e calda a comando. So che si arrabbia se entro di soppiatto nel bagno mentre dentro c’è lui e so che preferisce comprare dei vestiti nuovi, piuttosto che lavarli-
- E’ vero-
Ammise l’angelo, sorridendo.
- Sai un sacco di cose, cose che nessuno sa-
Sospirai, non domandando altro all’angelo. La mia mente non riusciva a fermarsi, a smettere di pensare alle parole velenose di Abrahel. La persona che conosceva tutto di me e gli aveva detto cosa io fossi, che lo aveva spinto ad uccidermi. Qualcuno che mi odiava e che io odiavo altrettanto ardentemente, qualcuno capace di manovrare persino quel demone testardo. 
 
La creatura dalle ali nere mi lasciò sul tetto dell’albergo, avvertendomi che, nonostante le nostre confidenze, io gli ero profondamente antipatica. Una mina vagante, una perdita di tempo per il proprio padrone, una distrazione che in quel momento il principe non poteva permettersi. Sorrisi, anche quando mi definì una bomba ad orologeria che poteva scoppiare in ogni momento.
Ricambiai, ricordandogli che lui per me restava sempre un angelo.
Se ne andò, lasciandomi scendere sino al balcone che mi aveva indicato. Balzai su di esso, in una piccola città alle porte dalla capitale. Mi accostai ai vetri, cercando attentamente la figura di Nolan nell’oscurità. Vidi che era seduto sul letto, a braccia incrociate, intento ad aspettarmi.
Feci un respiro profondo, prima di entrare con cautela.  
- Nolan, dove sei stato?-
Domandai con preoccupazione, avanzando verso di lui.
- Cosa è successo?-
- Dovrei chiederlo io a te-
Pronunciò il demone, alzandosi in piedi. Mi bloccai in fondo alla stanza, scrutandolo nel buio. Portava altre bende sul corpo, che si sommavano a quella sul fianco. Scorsi numerosi lividi e contusioni, nonché il suo volto terribilmente pallido.
- Come ti è venuto in mente, Victoria?-
Chiese la creatura, fissandomi con aria di rimprovero.
- Come hai potuto uccidere tutte quelle persone?-
- Non erano persone-
Sviai, sorridendo istericamente e stringendomi nell’abito ridotto a stracci.
- Erano fate-
- Victoria!-
Ammonì il ragazzo.
- Sei forse impazzita? Adesso vogliono la tua testa, come se non la volessero già in molti!-
Cominciò a gridare, non smettendola più. Scalza e sporca di sangue, stetti nelle tenebre ad ascoltare i suoi rimproveri senza ribattere.
- Potrebbe scoppiare una guerra e in questo momento non l’avevo proprio prevista. Non posso occuparmi di Abrahel e delle fate insieme, non ho abbastanza soldati!-
Spiegò, come se lui dovesse essere immischiato nel casino che io avevo combinato.
- Se le fate scendono in campo, gli stregoni si uniranno a loro. Il Concilio potrebbe rompere l’accordo con Abrahel e tornare ad esigere la tua morte-
Proseguì.
- Si può sapere perché l’hai fatto?-
Chiese, finalmente non ponendomi una domanda retorica.
- Per ottenere il potere-
Esposi, tranquillamente.
- Tu non hai voluto darmelo ed io l’ho cercato altrove, nel sangue della regina-
- E l’hai ottenuto?-
Domandò, dopo qualche istante di silenzio.
- No, l’ho lasciata vivere-
- Meglio, forse non dichiareranno guerra-
Le mie mani iniziarono a fremere a quelle parole.
- Hai paura di qualche insetto?-
Ringhiai, divenendo bollente.
- Non posso combattere due guerre, Victoria-
Informò Nolan, avvicinandosi sempre qui, quasi minacciosamente.
- Non me lo posso permettere-
- Chi te lo ha chiesto?-
Borbottai, colma di rabbia.
- Ciò che faccio io non ti deve riguardare-
- Come non potrebbe?-
Proferì il ragazzo, ridendo nervosamente.
- Ciò che fai tu è sotto la mia responsabilità-
- Cosa?! Perché?!-
- Perché è grazie a me se sei viva-
Ricordò.
- E tutto il mondo riconduce le tue azioni a me. E’ solo questione di tempo prima che qualcuno inizi a puntarmi il dito contro-
Tacqui, ricordando le parole di Isaac.
- Se tu mi avessi dato la fiala…-
- E se tu non fossi così assetata di sangue!-
Sbraitò il demone, facendomi sussultare. Indietreggiò, portandosi le mani ai capelli e volgendomi la schiena. Rimasi in silenzio, domandando a me stessa quanto effettivamente di quello che dicesse fosse falso.
- Sono mancato solo pochi giorni-
Riprese a blaterare la creatura.
- E tu tenti di uccidere un capo di stato straniero. Sarei venuto a cercarti personalmente se mi fossi retto in piedi. Non puoi immaginare la rabbia quando Abaddon è tornato da me dicendo che eri tenuta prigioniera nel castello reale!-
Continuò, agitandosi sempre più.
- Per di più sei stata attaccata da Isaac e dalle guardie!! E se fossi morta?! Non ci pensi a questo?!-
Sbuffai, constatando che non si stava calmando, bensì che si stesse arrabbiando sempre più.
- Ho mandato Abaddon a prenderti due ore fa! Mi dici perché diamine ci hai messo tanto a tornare?!-
- Sono scappata-
- Sei scappata?!-
Urlò, talmente forte da far tremare la stanza.
- Ti eri scordato di dirmi che Abaddon era tuo servitore-
- Come diavolo hai fatto a scappare ad Abaddon?! E’ uno degli angeli della Apocalisse! Come diamine avresti fatto a scappare?!-
- Con la magia, ovviamente. Uscita dal castello delle fate ho riacquistato i miei poteri-
Spiegai.
- Lo avrei seminato se non fosse stato per…-
Mi fermai, prima che quel nome uscisse dalla mia bocca.
- Per…?-
Fui costretta a continuare.
- Per Abrahel, mi ha trovato-
Dovette sedersi, sopraffatto dalla rabbia.
- Tutto apposto, Abaddon lo ha messo in fuga-
Raccontai, sperando che si calmasse.
- E se non ci fosse stato?-
Domandò, ponendosi una mano sugli occhi e respirando profondamente.
- Cosa avresti fatto se non ci fosse stato lui?-
- Non lo sapremo mai-
Ammisi con fermezza, snervata dai suoi rimproveri, allargando le braccia.
- Probabilmente sarei andata via con lui-
- Come?-
Nolan alzò lo sguardo sconcertato, fissandomi con i suoi grandi occhi d’oro.
Si allontanò dal letto, avvicinandosi a me. Lo osservai dritto in volto, decisa di ciò che avevo appena detto.
- Se avesse ritardato anche solo di un minuto, probabilmente sarei andata via con Abrahel-
- Perché?-
Domandò incredulo, con un accenno di disperazione.
- Perché è stato lui a farmi trovare la pozione-
Raccontai.
- E non per uccidermi, bensì per mostrarmi di poterla sopportare-
- Ti fidi di lui?-
Chiese il ragazzo, venendo avanti.
Alle mie spalle il sole stava sorgendo, illuminando la stanza con i primi raggi solari del nuovo giorno. Irradiarono il volto di Nolan, mostrandolo ancor meglio sbalordito e sconcertato. I suoi occhi d’oro vagavano nervosi mentre pronunciavo quelle parole, ferendolo profondamente.
- No-
Sbottai, afferrando l’anello che dovevo portare di giorno. Lo indossai, impedendo alle mie ali di mostrarsi
- Però mi ha mostrato un potere che tu non mi avresti mai dato-
- Per non metterti in pericolo-
Ricordò.
- Per non distruggere la tua personalità-
- Abrahel ha dimostrato che…-
- Non ha dimostrato un bel niente!-
Sbraitò il demone.
- La prossima volta il tuo cuore potrebbe non reggere lo sforzo, oppure la tua personalità potrebbe essere annientata!-
- Oppure potrebbe andare tutto bene-
La creatura tacque, fissandomi come se fossi stata pazza. Si allontanò, dandomi della cocciuta, della testarda, sciocca e impossibile donna con cui parlare.
- Ti preoccupi troppo, per aver tentato di sacrificarmi-
- Maledizione Victoria-
Sbottò mentre io lo osservavo rabbiosamente, a braccia incrociate.
- Per quanto dovrò chiederti perdono?-
Tacqui, consapevole che non sarei mai riuscita a dimenticare.
- Abrahel ha detto che non devo fidarmi di te-
Informai.
- Che al tuo fianco c’è una persona che io odio e che tenta di uccidermi-
- Cosa? No!-
Affermò il ragazzo.
- Non c’è nessuno che conosci al castello e nessuno tenta di ucciderti!-
- E’ la persona che per prima ti ha parlato di me, quella che ti ha convinto ad usarmi per l’incantesimo-
Il demone rimase in silenzio, fissandomi profondamente. Fuori dalla finestra si udivano i primi canti degli uccellini, il sole si alzava in cielo sempre più, illuminandoci completamente.
- Ed Abrahel, come fa a sapere chi mi ha parlato di te?-
- Allora è vero-
- No-
Sbottò.
- Tu non la conosci, come potresti odiarla? E poi non vuole ucciderti-
- Di chi si tratta?-
- La conosco da una vita, abita a palazzo con noi-
Feci trascorrere qualche istante, prima di parlare ancora.
- Abrahel ha detto che mi vuole morta, che ti sta manovrando. Ti ha detto di darmi la pozione, sperando che mi uccidesse-
- Abrahel è un bugiardo-
Proferì il ragazzo, difendendo a spada tratta tale persona.
- Ogni cosa che dice è una menzogna, non capisco come tu possa dare credito alle sue parole-
- Meglio che delle tue, vuote e prive di senso. Tu non mi hai mai detto la verità-
Sbraitai, facendolo indietreggiare.
- No, non mi fido di Abrahel ma neanche di te-
Pronunciai, voltandogli le spalle e camminando decisa verso il balcone.
- Dove stai andando?-
- Faccio quello che avrei dovuto fare da settimane, me ne vado-
Annunciai, spalancando i vetri con forza e avvicinandomi alla balaustra.
- Victoria, non farlo-
Supplicò il demone venendo avanti, lentamente a causa delle ferite.
- Sono sempre sopravvissuta da sola e continuerò a farlo, anche senza di te-
Sbottai, rivolgendogli lo sguardo per l’ultima volta.
- Quello che farò non sarà più un problema per te-
Continuai, furiosa.
- Non sarai più coinvolto, adesso puoi occuparti del tuo regno in santa pace-
- Non volevo dire questo-
Bofonchiò il giovane, pentito.
- Non te ne faccio una colpa, hai un paese da portare avanti, fallo-
Affermai, saltando sul parapetto in pietra del balcone, fissando i quindici metri di vuoto che mi separavano da terra.
- Ti ringrazio per avermi insegnato a difendermi. Addio, Principe Nolan Rayan…eccetera eccetera-
Saltai dal balcone, senza indugio. Il demone tentò di fermarmi, non riuscendo ad utilizzare nessuno dei suoi poteri. Impotente, mi fissò scendere velocemente sino al suolo, cadendo in piedi per decine di metri senza neanche un graffio. Urlò il mio nome, pregandomi di non farlo. Ricordò che sarebbero venuti ad uccidermi, i demoni, le streghe e le fate prima o poi mi avrebbero trovato ed io non avrei potuto combatterli tutti. Alzai il volto verso la balconata, osservando la figura di Nolan in lontananza.
- Non osare cercarmi-
Minacciai, ignorando le sue parole e graffiando il marchio che portavo sul polso.
- Giuro che me lo strappo dalla pelle se ti vedo ancora una volta-
Il mezzo demone sussultò, allontanandosi istintivamente dalla balaustra.
Soddisfatta presi a camminare verso il sole che sorgeva, senza mai voltarmi indietro.
Lentamente non riuscì più ad udire la voce del demone chiamarmi, rimanendo sola con i miei pensieri. Il cuore correva veloce, temendo ciò che mi aspettava d’ora in avanti.
Tornavo ad essere sola, sola contro il mondo.
Lontana dall’albergo mi fermai un attimo, immobile a piedi scalzi sull’erba bagnata.
Sospirai, assaggiando l’aria fresca del mattino, socchiudendo gli occhi.
Puntai lo sguardo all’orizzonte, sull’alba che stava sorgendo proprio in quel momento.
Sorrisi. Tutto doveva ancora cominciare. E sarebbe stato divertente.
 

Fine del Primo Volume. 




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