Cibo

di CarmelaRos
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Esco dall'oscurità senza guardarmi intorno. La mia mano scivola attraverso il terreno fendendo l'aria e il terriccio. Mi tiro su come posso e appena il mio cranio entra in contatto con l'esterno sorrido.

Sento tra le dita scorrere qualcosa di viscido.

Abbasso lo sguardo, per quel che posso, e mi fisso le dita. Un sorriso compare sulle mie labbra, o quello che credo siano ormai labbra. Tutto il mio corpo sembra una corda di violino, come se fosse stato tirato e poi rimesso insieme alla meglio.

Non sento freddo, non sento il cuore battere, non sento il dolce calore del sangue scorrermi nelle vene. L'unica cosa che sento è una gran voglia di qualcosa che solo un essere umano può darmi.

Alzo le dita fissando il piccolo animaletto scivolare tra pelle e ossa. Sorrido per poi prenderlo con l'altra mano e portarmelo alle labbra.

Avido lo mangio. Sente le ossa scricchiolare sotto i denti e il liquido rosso scivolarmi giù per la gola. Non l'avrei mai immaginato ma è buono.

Senza forza, cerco di darmi la spinta per uscire dal terreno. Mi guardo intorno trovandomi solo.

Ora sono una persona nuova. Sono morto e risorto, per così dire.

Il mio nome non è più Ben. Molti mi definirebbero un morto vivente ma per me non ha importanza. Ho fame, fin troppa fame per parlare. Per cui con passo mal fermo mi dirigo tra le tombe alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti.

Ce l'ho fatta. Sono arrivato alla fine del cimitero. Cammino impacciato per via dei pochi abiti luridi che indosso. Non importa, tanto non devo sembrare bello per nessuno, non più.

Faccio per uscire quando mi blocco. L'odore di qualcosa mi attrae. Mi girò di scatto e individuo una fanciulla. Si dice ancora fanciulla? Non lo so. Sta di fatto che ho fame quindi velocemente mi dirigo da lei.

I miei passi da lenti qual erano diventano veloci e scattanti. Mi sento quasi un vampiro e, per cui, senza indugio, arrivo alle spalle di quella ragazza. Senza perdere tempo l'agguanto da dietro e la stringo con forza. La mano va a stringersi sulla sua bocca.

Sento quasi, sotto quelle che erano una volta le mie dita, l'urlo straziante di lei. La sua voce soffocata mi riecheggia nella mente facendomi sbavare. Ho la bava? Mi sorprendo.

Tutto è stranamente silenzioso. Dei pensieri non miei mi arrivano nella mente.

 

Aiuto... non farmi del male... non farmi del male... non farmi del male...

 

Con occhi da pazzo la guardo e sorrido. E' lei che mi parla. Come fa non lo so, ma poco importa. La fame aumenta e il tempo diminuisce. Non perdo tempo ad ucciderla. La immobilizzò al suolo mettendomi sopra. Le blocco braccia e gambe e la fisso avido.

Con l'unghia, affilata come un artiglio, le squarcio il petto. Lei sgrana gli occhi, urla, si dimena, scalcia. Io rido, godo, continuo. Le apro il petto. Tutto si dipinge di rosso e io mi rallegro più che mai.

“Mia” la mia voce non è come quella di sempre. E' più un grido stridulo composto e scomposto. Non importa. Con un sorriso mi addento su di lei e con le dita, ignorando i suoi pensieri strazianti, le estraggo il cuore producendo un pioggia rossa.

Guardando il cuore ancora pulsare mi lecco le labbra secche e screpolate.

La cena è servita penso affondando la bocca nel dolce e squisito organo.





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