I’ve been walking in the same way as
I did / Missing out the cracks in
the pavement / And tatting my heel and strutting my feet…
<<
Tanti auguri Isabel…la. È
così oggi sono 26. Cazzo, sto invecchiando. E per giunta da
sola. Ho bisogno di
un caffè doppio malto per calmarmi e affrontare un altro
schifo di giornata. >>
“Is there anything I can do for you
dear? / Is there anyone I could
call?” / “No and thank you” /
“please Madam.” / “I ain’t
lost, just wandering.”
<<
Ah! Cavolo la lingua! Scotta,
scotta! Dov’è il limone? Credevo di averlo
comprato l’ultima volta che sono
andata dal fruttivendolo. Mmm, ah!
Eccolo. >>
Round my hometown / Memories are fresh / Round
my hometown / Ooh the
people I’ve met...
<<
Buono. Ok, mi ci vuole
una doccia. Dio la testa, che male! >>
Poggio
la tazza nel lavello e
dribblo con passo di danza la bottiglia di gin ai piedi del divano;
acchiappo
un paio di slip puliti e una maglietta extra large gialla dal cassetto
sgangherato e sono pronta per una super doccia rinfrescante.
È
questa era “Hometown Glory”
della magnifica Adele, tutta per voi. Qui è radio ZetaTetha
sono le 5.15 di un
altro favoloso mattino qui a Constantine City. Buongiorno mondo.
Driiin-driiiiin
<< Arrivo!
>>
Apro
la porta e chi mi trovo di
fronte?
<<
Alan! Che ci fai qui a
quest’ora del mattino? Tra l’altro oggi non lavoro,
Thompson mi ha concesso il
giorno libero. >>
<<
Ehm... Isabel, mi... mi
spiace disturbarti. >>
<<
Come se tu non fossi un
fastidio continuo. Dai entra non rimanere impalato sulla soglia. Ti
avverto che
ieri sera ho finito la mia scorta di superalcolici per cui ho solo orzo
e
camomilla. Serviti pure da solo, io cerco di domare questa massa
informe di capelli
che mi ritrovo. >>
<<
Si... Isab... >>
<<
Non far caso al
disordine, sposta quel che trovi e accomodati pure sul divano.
>>
<<
È un po’ difficile
spostare i residui di patatine. Comunque... >>
<<
Dimmi pure. Cazzo che
male! Maledetti nodi! >>
<<
Isabel potresti
indossare qualcosa alle parti basse? Tipo un pantalone? >>
Cosa?
Abbasso
lo sguardo e noto con
orrore che indosso solo una T-shirt di Spongebob giallo fluo e un paio
di slip
viola.
Cazzo!
Cazzo!!
<<
Oh, Alan per la miseria!
Sei tu che vieni a casa mia alle 5.30 del mattino. Potevi dirmelo prima
almeno,
no? >>
<<
Beh, c’ho provato...
>>
<<
Copriti gli occhi!
>>
<<
Ahi! >>
<<
Che succede adesso?
>>
<<
Ho battuto la testa!
>>
<<
Ci credo, cammini per
casa come un imbecille con gli occhi bendati! >>
<<
Ma tu hai detto... Ah!
Lascia stare. >>
<<
Dai siediti ti prendo
del ghiaccio. >>
Recupero
dei mini pantaloncini di
jeans e un panno da cucina dal mucchio indistinto ai piedi del letto e
vado in
cucina. Alan è steso sul divano con gli occhi chiusi.
Che
testa di...!
Prendo
dei cubetti di ghiaccio e
li avvolgo nel panno di cotone, poi ritorno nella stanza principale che
funge
da anticamera, sala relax e pseudo ufficio e poggio il fagotto sulla
fronte del
mio collega.
<<
Oh, finalmente. >>
<<
Ora mi dici perché mi
sei piombato in casa? E questi cosa sono? >>
Ai
piedi del divanetto giace un
bel mazzo di girasoli freschi e mimose profumate.
<<
Sono per te. Tanti
auguri Isabel. >>
Sono
senza parole.
<<
Te ne sei ricordato.
Grazie. >>
<<
Grazie a te per il
bernoccolo. Ne ho sempre desiderato uno. Che ne dici se oggi andiamo a
mangiare
una fetta di torta al limone da Carlo’s insieme ad un freddo
bicchiere di
latte? È ottimo per il post sbronza solitario.
>>
Quant’è
carino. È un imbranato
colossale, un nerd sfegatato, ma con me è sempre gentile e
soprattutto è
tenace. Se gli ho concesso un paio di uscite è proprio per
la sua testardaggine
e la sua caparbietà.
Peccato
che si sia preso una
cotta per la persona sbagliata.
<<
Il tuo disordine e la
tua sciattezza mi fanno venire la nausea lo sai? >>
Ecco,
appunto.
Avanti
Isa, accetta l’invito e stacca la spina per un po’.
<<
Mi piacerebbe venire a
mangiare un boccone con te Alan ma oggi ho un appuntamento. E poi devo
rassettare questo buco di casa. >>
Perché
diavolo non mi do mai ascolto?
<<
Per quello ti aiuto io.
In due si fa prima. >>
<<
E che ho da fare.
>>
<<
Isabel sono abituato ai
tuoi due di picche. Tranquilla, ci andremo un’altra volta.
Anche se il tuo
compleanno arriva una volta sola in un anno intero. >>
Cerca
di alzarsi dal divano, ma
lo scatto repentino gli fa girare la testa e barcollando mi cade
addosso e mi
ritrovo bloccata al suolo dal peso del suo corpo.
I
nostri occhi sono fissi in
quelli dell’altro, le punte dei nostri nasi si sfiorano,
posso sentire il suo
respiro fresco sulle labbra.
<<
Io.. io devo andare.
Auguri Isabel. >>
Stupido,
stupido, stupido! Ti prego non farti spaventare da me.
Forza
Isa è sulla porta, sta per andare!
<<
Aspetta! Se vuoi puoi
restare. Voglio dire, ho proprio bisogno di una mano qui e tu sei
così pignolo
che forse questa volta riesco davvero a mettere tutto in ordine. Sempre
se non
hai niente di meglio da fare, si intende. >>
Alan
mi sorride e mi porge il
mazzo di fiori, un trionfo d’oro e di profumo.
<<
Trova un vaso per
questi, poi cominciamo. >>
<<
Come fai a vivere da
sola e avere tutto questo caos in giro? >>
<<
Perché vivo sola. E poi
questo posto è una topaia tanto è minuscolo.
>>
<<
Non è così male. Sembra
piccolo perché non ci si può camminare
liberamente visto i mucchi di vestiti
sparsi per l’intera superficie calpestabile. >>
<<
Sei il solito rompi.
>>
<<
Ehi questa sei tu?
>>
Alan
stringe tra le mani una
vecchia foto incorniciata. Ci siamo io e Stella in primo piano e i
nostri
genitori sullo sfondo.
<<
È una vecchia foto di
famiglia. Non la trovavo più da un po’.
>>
<<
Era infilata sotto il
divano. >>
<<
Davvero? >>
<<
Isabel, non parli mai
della tua famiglia. >>
<<
Perché non ho nulla da
raccontare. >>
<<
Non sapevo neppure
avessi una gemella! >>
<<
Perché non c’è nessuna
gemella. >>
<<
Ma è proprio qui nella
foto! Siete identiche. >>
<<
È MORTA, ALAN, OK?
>>
Mi
ritrovo in piedi, la foto
stretta nella mano sinistra, pezzi di vetro rotto sotto i miei piedi.
<<
Isabel stai... stai
sanguinando. >>
<<
Cosa? >>
Il
vetro della cornice si è
frantumato sotto la pressione delle mie dita e la foto sottostante si
è
macchiata di sangue.
<<
Vieni, troviamo qualcosa
per disinfettare il taglio e medicare la ferita. >>
Mi
sento sopraffatta dalle
emozioni, la stanza gira tutta e la vista comincia a diventare vacua e
lattiginosa. Mi accascio sulle ginocchia e Alan è
lì che mi stringe forte,
senza parlare. Il suo buon profumo mi invade le narici e lo stringo
più forte a
me, soffocando sul suo collo i miei inarrestabili singhiozzi.
<<
La teiera è sul fuoco,
tra poco sarà pronta una buona tazza di camomilla calda. Ho
trovato anche un
goccio di miele nella credenza, ti aiuterà a eliminare il
peso che hai sul
petto. >>
<<
Bastasse solo questo,
sarei riuscita a conciliare il mio sonno molti anni fa. >>
<<
Si chiama Stella vero? È
il nome che ripetevi in aereo, durante il caso Castiel –
Golden. >>
<<
Si, il suo nome era
Stella. >>
Fiuuu!
<<
È pronto. Non muoverti
arrivo subito. >>
Fiuuuu!
<<
Guarda quanto è lungo! È come fischia! Mi senti
papà? >>
<<
Isabella non urlare per favore, ci guardano tutti. >>
<<
Papà perché siamo alla stazione? Dove stiamo
andando? >>
<<
In un posto molto bello bambina mia. >>
<<
E perché la mamma non è con noi? >>
<<
La mamma è con la nonna adesso. Stanno organizzando il
funerale di tua sorella.
>>
<<
Papà perché piangi? Padre Fernando ha detto che
Stella adesso vive in cielo con
gli angeli e dorme sulle nuvole. Si starà divertendo un
mondo lassù. >>
<<
Sta’ zitta Isa! >>
<<
Papà, sei arrabbiato di nuovo con me? >>
Dal
treno scende una donna vestita di nero che si avvicina a noi. Si
inginocchia e
mi guarda dritta negli occhi. Mi fa paura.
<<
Questa deve essere Isabella. Molto bene, da questo momento la sua
custodia è
affidata a me. Potete venire a trovarla in qualsiasi momento con un
dovuto
preavviso di almeno 15 giorni e in occasioni particolari, potete
portarla fuori
dall’istituto per un massimo di 2 ore. >>
<<
Né io né mia moglie siamo intenzionati a venire.
>>
<<
Capisco. Bene, allora direi che abbiamo finito. Forza Isabella, prendi
la tua
valigia e sali sul treno. In carrozza ti aspetta suor Gertrude.
>>
<<
Papà?? Tu vieni con me? >>
<<
No Isabella. Questo è un addio. Questa donna si
prenderà cura di te e farà in
modo che tu possa crescere in modo retto e garbato. >>
<<
Ma io voglio restare a casa! Non conosco questa signora ma sembra
cattiva!
>>
<<
Isabella ora basta! Sii rispettosa. >>
E
mi dà un forte ceffone sulla guancia.
<<
Comportati da grande. Addio >>
<<
Forza signorinella andiamo. E non piangere. Imparerai ad essere
più educata, a
sopportare il dolore e reprimere le tue emozioni. >>
<<
È sbagliato piangere? >>
<<
Mostrare le proprie emozioni non è utile. Non è
la cosa giusta da fare, specie
in pubblico. Forza asciuga quelle lacrimucce e vieni con me.
>>
<<
Signora che cos’è un addio? >>
<<
È quello che succede quando si è cattivi come te.
>>
Fiuuuuu...
<<
Ecco, prendi. Attenta, è
bollente. >>
<<
Non piangevo così forte
da quando ero solo una bambina. Credo mi si sia rotto qualcosa dentro
al petto.
Mi mancano le forze. >>
<<
È la corazza che ti sei
costruita. Ora si capiscono tante cose. >>
<<
Quali cose? >>
<<
Isabel sei una donna
fantastica! Sei forte, intelligente e sicura di te, ma il tuo chiuderti
a
riccio nei confronti della vita, lo stare sempre sulla difensiva... non
riuscivo a spiegarmi il perché del tuo comportamento. Ma
adesso... >>
<<
Adesso credi di
conoscermi? Solo perché mi hai vista in un attimo di
fragilità? >>
<<
Ehi, mostrarsi
vulnerabili a volte non è così brutto come credi.
>>
<<
Parla per te. >>
E
butto giù una lunga sorsata di
camomilla che mi riscalda il cuore.
<<
È buono con il miele.
>>
<<
Lo so. >>
<<
Ehi Alan, oggi non devi
andare a lavoro? >>
<<
Ho il cercapersone
acceso, nel caso avessero bisogno di me. >>
<< Ti va di
accompagnarmi in un posto?
>>
<<
Certo, dove vuoi andare?
>>
<<
A casa. >>
<<
Isabel, dove vivevi coi
tuoi? >>
<<
Lo chiedi per sapere
quanto manca? >>
<<
Lo chiedo perché abbiamo
già preso due tram, un taxi e adesso siamo in treno
già da più di venti minuti
e credo che la destinazione sia ancora lontana. >>
<<
Avevamo una casa in
campagna, molto fuori mano e dislocata dalla città o anche
solo dal centro
della piazza principale, dove ogni venerdì si faceva il
mercato. Mio padre
gestiva una fattoria proprio alle spalle della nostra abitazione, tutto
quello
che ci serviva era proprio lì, sotto il nostro naso. Non ci
allontanavamo
spesso da casa se non per qualche piccola gita nel bosco e qualche raro
picnic.
>>
<<
E da quanto vivi in
città? A quanti anni hai lasciato questo posto dimenticato
da Dio? >>
<<
Ho trovato casa a 18
anni. Ma ho lasciato casa mia quando ne avevo 6. Dopo la morte di
Stella, i
miei genitori mi hanno affidato ad un istituto gestito da suore.
>>
<<
Perché ti hanno fatto questo?
Perdere una figlia non era abbastanza? >>
Bella
domanda Alan.
<<
Beh.. mia madre ha... ha
avuto un crollo di nervi, ecco. Non riusciva a badare a me dopo il
forte trauma
subito. >>
<<
E tua sorella, come...
>>
<<
Era malata di polmonite.
Una forma molto acuta e violenta. >>
Mi
affretto a dirgli e la
conversazione si stronca lì.
Alan
è intento a guardare gli
alberi che sfrecciano veloci dal finestrino della nostra cabina e
sembra
assorto nei suoi pensieri.
<<
A cosa pensi? >>
<<
Al fatto che sei una
pessima bugiarda. >>
<<
Come? >>
<<
Quando menti rotei gli
occhi all’insù e scrolli le spalle con finta
indifferenza. >>
<<
Mi fai paura. >>
<<
AhAhAh. Scusa! Hai
ragione sono uno stolker! >>
<<
Lo puoi ben dire.
>>
<<
E solo che ti osservo,
tutto qui. >>
<<
Ho notato! >>
<<
Ancora mal di testa?
>>
<<
Un po’ >>
<<
Vado nel vagone
ristorante e ti prendo un caffè. >>
<<
Sarebbe meglio un
bicchierino di vodka. >>
<<
Curi la sbornia bevendo
cicchetti? >>
<<
Mai stato ubriacato tu,
vero? È la prima regola dell’alcolista: chiodo
scaccia chiodo. >>
<<
Si come vuoi, ma
facciamo a modo mio ti va? >>
<<
Ok, vada per il caffè,
ma che sia bello forte. >>
Un’ora
più tardi...
<<
Eccoci arrivati.
>>
Un
cartello ci avverte che
abbiamo messo piede ad “Halloween Town” come amo
definire io questo posto, con
una mastodontica avvertenza luminosa da sottotitolo:
“Attenti
alle merde di vacca!”
Home
sweet home.
<<
Bene. Dove possiamo
prendere un taxi? >>
<<
Vedi Alan, da qui si
estendono ettari ed ettari di campi coltivati e lunghe spighe di grano
dorate
che si stagliano in alto verso il cielo. E non c’è
nemmeno l’ombra di un
veicolo a quattro ruote che caga smog sulle loro preziose e vergini
terre.
>>
<<
Quindi mi stai dicendo
che dobbiamo incamminarci per sentieri sdrucciolosi e scalare colline
per
chissà quanti kilometri, il tutto sotto il sole cocente?
>>
<<
Comincia a buttar via la
giacca e ad allentare il nodo alla cravatta! >>
Hello
darkness my old friend /
I've come to talk with you again / Because a vision softly creeping /
left it's
seeds while I was sleeping / And the vision that was planted in my
brain still
remains / within the sounds of silence...
In restless dreams I walked alone / for narrow
streets of cobblestone /
'neath the halo of a streetlamp / I turned my collar to the cold and
damp /
when my eyes were stabbed by the flash of a neon light / split the
night and
touched the sound of silence.
Camminiamo
per ore sotto il sole,
percorrendo sentieri solitari e alquanto instabili, incrociando mucche
e
pastori, vecchi e giovani, bambini che giocano con il fieno e
coltivatori di
terre intenti nella raccolta dei loro frutti.
And in the naked light I saw / ten thousand
people maybe more / people
talking without speaking / people hearing without listening / people
writing
songs that voices never share no one dare / disturb the sound of
silence…
"Fools" said I "you do not know / silence like
a cancer
grows / hear my words that I might teach you / take my arms that I
might reach
you" / but my words like silent raindrops fell… / and echoed
the will of
silence.
Tutti
ci guardano in cagnesco,
perché in un posto come questo una faccia nuova la riconosci
subito, e una
faccia nuova non è mai ben accettata qui. Tutti si conoscono
tra loro e nessuno
vuole guai. Se ti ritrovi faccia a faccia con uno di città,
la prima cosa che
pensi è “buon Dio quel tizio vuole comprare la mia
terra per costruirci sopra
una superstrada!”
Ed
eccoci qui, quelle facce
silenziose e abbronzate per il sole preso a chiazze nei campi di lavoro
durante
il maggese, mi mettono ancora paura, come prima, come sempre.
And the people bowed and prayed / to the neon
god they made / And the
sign flashed out its warning / in the words that it was forming. / And
the sign
said, "The words of the prophets are written on the subway walls, and
tenement halls" / and whisper the sound of silence.
<<
Siamo arrivati. >>
In
un campo di margherite appena
fiorite, si staglia sovrana una lapide marmorea sulla quale si
può leggere il
nome “Stella” e vedere una sua fotografia.
L’epitaffio recita:
“Ora
dormi sulle nuvole bambina
mia, coi tuoi angeli e le fate.”
<<
Ciao Stella, quanto
tempo. Questi sono per te, da parte del mio amico Alan. >>
<<
Peccato si siano
sciupati durante il tragitto. I girasoli hanno abbassato le loro teste.
>>
<<
Non importa, è il
pensiero che conta. Tanti auguri sorellina. >>
<<
Ehi, io vado a fare un
giro per questo meraviglioso campo di margherite ok? >>
<< Alan,
è un cimitero! Forza siediti
qui con me. Anche se ti sembra assurdo, ho bisogno di parlare un
po’ con mia
sorella. Tra gemelle funziona così per tua informazione.
>>
<<
D’accordo. Piacere di
conoscerti Stella, io sono Alan, il suo futuro marito. >>
<<
COSA?!?! >>
<<
Scherzavo!! >>
<<
Torna subito qui!!
ALAN!!! >>
<<
Sono le 7 di sera, sarà meglio
ritornare o perderemo l’ultimo treno che ci riporta in
città e poi domani chi
lo sente Thompson! >>
<<
Visto che siamo qui,
potresti fare un salto dai tuoi genitori, che ne pensi? >>
<<
Penso che posso
affrontare uno spirito alla volta. >>
<<
Anche i tuoi genitori
sono... beh ecco passati oltre? >>
<<
Vuoi dire trapassati oltre??
Hahaha. Non intendevo
dire questo. Mi riferivo ai miei spiriti passati. Magari
un’altra volta.
>>
<<
Ok allora andiamo.
>>
In
treno...
<<
Sai Alan, era davvero
molto tempo che non facevo visita a mia sorella e per la prima volta
dopo
tanto, non mi sono sentita in colpa per quello che è
successo. >>
<<
E perché avresti dovuto
sentirti in colpa. >>
<<
Non lo so. È quello che
mi hanno fatto credere i miei genitori e mia nonna. Io li detesto.
>>
<<
Probabilmente avevano
solo bisogno di trovare qualcuno su cui accanirsi. Erano distrutti dal
dolore e
tu sei così simile a Stella. Probabilmente ogni volta che ti
vedevano, gli
saltava alla mente la figlia che gli era stata strappata via
ingiustamente.
>>
<<
Questo non li giustifica
affatto. >>
<<
Certo che no. Ma almeno
tu potresti sentirti apposto con te stessa e liberarti da questo senso
di colpa
che ti opprime l’animo. Credo che a Stella sarebbe piaciuto
vederti vivere la
tua vita appieno invece di sprecarla e buttarla via bevendo fino a
stare male
ed evitando ogni rapporto umano. >>
<<
Ehi, a te do retta un
pochino. Non evito tutti. >>
<<
Ne sono onorato.
>>
<<
Sono stanca morta.
>>
<<
Anche io. Il viaggio è
lungo, riposiamo un po’. >>
E
quella volta, su quel treno,
dormii senza fare incubi, con Alan al mio fianco.
Quando
mettiamo piede a terra il
cielo sopra di noi sembra volerci inghiottire. È tutto
così buio e non si vede
nemmeno una stella brillare nel firmamento. In compenso ci sono alti
lampioni,
cartelloni pubblicitari, semafori e insegne al neon di locali notturni.
<<
Finalmente siamo tornati
a casa. Caro vecchio smog, quanto mi sei mancato! >>
<<
Smettila, dai. Ci siamo
divertiti tutto sommato! >>
<<
Ho bisogno di una doccia
e del mio vecchio amico. >>
<<
E chi sarebbe? >>
<<
Linux. >>
<<
Eh? >>
<<
Lascia stare. >>
<<
Ahahah. >>
<<
E adesso perché ridi
così? Stai soffocando. >>
Mi
avvicino ad Alan e gli tolgo
via dai capelli i residui di una spiga di grano.
<<
Mio Dio quella cosa è
stata sulla mia testa per tutto il tempo?? La mia reputazione da latin
lover
sta decisamente perdendo colpi con te al mio fianco. >>
Poi
mi porge il suo braccio a cui
aggrapparmi e ci avviamo verso il mio appartamento con l’aria
più stanca che mai.
<<
Beh allora buonanotte
Isabel. Ci si vede domani a lavoro. >>
Si
volta per andar via e con una
mano levata verso il cielo blu notte ferma al volo un taxi.
Io
sto lì sulla soglia di casa a
ciondolare e giro e rigiro il mazzo di chiavi tra le dita che tintinna
gaiamente.
Sbrigati
fermalo!
<<
EHI ALAN! >>
Si
volta, lo sportello dell’auto
già semiaperto.
Ok
si è voltato. Ora invitalo dentro.
<<
Vuoi venire a bere
qualcosa? >>
Sorride
e sbatte forte la
portiera del taxi. Si china verso il conducente e gli dice qualcosa che
somiglia ad uno “scusi”, poi si avvicina e mi dice:
<<
Hai dimenticato che il
tuo frigo è vuoto. Mi offri una tazza di orzo o di
camomilla? >>
<<
Non infierire, accetta
l’invito e basta. >>
<<
Opto per un bicchier
d’acqua allora. >>
Entriamo
in casa, Alan si siede
sul divano ed io mi dirigo in cucina.
<<
Ecco a te la tua acqua,
ma non ho il ghiaccio, l’abbiamo utilizzato tutto stamattina.
>>
<<
Peccato, poteva passare
benissimo per un bicchiere di gin con un paio di cubetti.
>>
Mi
siedo anch’io sul divano al
suo fianco e raccolgo i pensieri per essere più chiara e
concisa possibile.
<<
Ok, sarò breve. >>
<<
Ti ascolto. >>
<<
Non interrompermi.
>>
<<
Muto come un pesce.
>>
E
con le mani finge di cucirsi la
bocca.
<<
Ti ringrazio per aver
passato l’intera giornata con me. È stato il
compleanno più bello che potessi
mai desiderare ed in verità è il primo che
festeggio da moltissimi anni. >>
Secondi
di silenzio.
<<
E ora puoi parlare!
>>
Che
stupidone.
Oddio!
Perché sto pensando a lui con vezzeggiativi smielati?
<<
Non devi ringraziarmi,
sono stato davvero bene con te. >>
I
suoi enormi occhi azzurri sono
a meno di mezzo centimetro dalla mia faccia e non riesco a distogliere
lo
sguardo. Mi sento scuotere da forti brividi, ma non è come
quando senti freddo.
È qualcosa di stranamente piacevole. Sento il cuore battere
forte e ho paura
che possa esplodere da un momento all’altro. Strani crepitii
partono dalla
radio in cucina.
Ecco
l’ultimo pezzo della
giornata: Skyfall. Magnifica serata a voi, mondo!
This is the end / Hold your breath and count to
ten / Feel the earth
move and then / Hear my heart burst again…
For this is the end / I've drowned and dreamt
this moment / So overdue I
owe them / Swept away I'm stolen / Let the sky fall / When it crumbles
We /
will stand tall / Face it all Together…
<<
Isabel? >>
<<
Si? >>
<<
Ho un regalo per te.
>>
E
poi le sue labbra sono sulle
mie. E un bacio dolce, il più dolce del mondo. La sua lingua
sfiora il contorno
delle mie labbra delicatamente, quasi fosse un alito di vento. Un
attimo dopo
sono sopra di lui, le mie mani sotto la sua camicia, le sue dita tra i
miei
capelli.
Alan
mi tiene stretta tra le sue
braccia; è forte eppure allo stesso tempo la sua morsa
mortale sembra un
abbraccio pieno d’amore.
Mi
ritrovo avvolta dalle fresche
e candide lenzuola del mio letto vuoto da troppo tempo e sento il suo
respiro
affannoso sul mio collo.
La
sua bocca corre lungo tutto il
mio corpo, sfiorando appena la mia pelle diafana.
I
nostri corpi sgusciano dai loro
involucri, gli strappo di dosso la camicia, lui mi sfila gli slip
così
delicatamente che quasi non me ne accorgo.
Volano
indumenti ovunque, la sua
bocca corre sui miei seni piccoli e turgidi, i miei denti gli
mordicchiano un
lobo.
Mi
tira su di lui, siamo seduti
al centro del grande lettone e Alan mi stringe forte a sé;
adesso siamo una
cosa sola.
I
nostri corpi si uniscono in
un'unica meravigliosa cosa. Un calore indescrivibile m'avvolge e mi
lascio
inebriare dal profumo della sua pelle, senza che Alan se ne accorga.
Timidamente,
scivolo sul suo
petto, scoprendo il suo corpo palmo a palmo, ardendo di una passione
inaspettata
e violenta che mi spinge a chiedere ancora, insaziabile.
È
muscoloso, quasi statuario,
perfetto. I suoi capelli bruni sono una cascata di riccioli ribelli, le
sue
labbra carnose, sono il peccato capitale più dolce.
Le
mie labbra baciano ogni lembo
di carne che ricoprono il suo essere, bramose di quella amabile e
allettante
sensazione che mi colpisce alla testa, rendendo la mia vista acquosa.
Le
sue mani si stringono più
forte a me, mescolando dolcezza e vigore, alternando baci e dolci
parole sussurrate
al mio orecchio.
Sono
sua tutta la notte e, avidamente,
desidero esserlo per tutte le notti future.
Per
tutte le notti del mondo.
Per
sempre.
Non
ho più voglia di dormire da sola, Alan. Ti prego resta con
me.
Bip-bip-bip
*click*
6.30
Un altro giorno.
Il
sole non è ancora sbucato da
dietro quelle grosse nuvole grigie. I vetri sono macchiati, forse
stanotte ha
piovuto. Cerco la mia amica di sempre sul comodino, ma non
c’è. Né lei né le
mie pillole scaccia sogni.
Guardo
il mio corpo avvolto dalle
lenzuola, sono ancora nuda, ma la mia maglietta di Spongebob
è poggiata sullo
sgabello ai piedi del letto.
Quindi
è successo davvero.
Mi
volto di scatto ma lui non
c’è.
Il
mio letto è ancora quello di
una volta, sempre vuoto, sempre troppo grande per una persona
sola
come me.
Porca
puttana Isabel sei andata a letto col tuo collega di lavoro che
è sgusciato via
mentre tu dormivi candidamente come un ghiro in letargo. Sei la
sensualità
fatta persona, complimenti!
Ok.
Tempo scaduto per
l’autocommiserazione. In fondo sei sempre tu, la donna cinica
e spietata che
non si fa toccare da nulla. Ora ti vesti, vai in ufficio e lo affronti.
Gli
dici che è stato un momento di debolezza, che andava ad
entrambi e che non ti
mancheranno assolutamente le sue dolci mani sul tuo corpo e i suoi baci
che
rincorrono la tua schiena.
Si,
più o meno così può andare.
*crash*
<<
Che... >>
Chi
diavolo c’è in cucina?
Prendo
la Glock dal cassetto e mi avvicino
furtivamente alla fonte
del rumore.
Maledetto
topo di fogna, chi sei un ladruncolo da quattro soldi? Sei nel posto
sbagliato
amico mio.
E
ancora buio, ma riesco a
distinguere una sagoma in piedi di fronte al frigo. Arrivo di spalle,
non ha
scampo. Miro alla spalla, sto per sparare quando la sagoma apre lo
sportello
del frigo illuminando il volto del mio intruso.
<<
ALAN! >>
<<
Oddio! Isabel, posa
quella pistola! >>
<<
Scusami avevo sentito un
rumore. >>
<<
Non pensavo che
prepararti la colazione fosse un reato punibile con la morte!
>>
<<
Mi dispiace! E che casa
mia è sempre vuota e... >>
<<
E credevi che fossi sgattaiolato
fuori dal tuo letto, appena ne avessi avuto
l’opportunità vero? >>
Accidenti!
<<
No! Beh, un pochino, ma
solo per un istante! >>
<<
Il tuo frigo è misero.
Non dovresti sempre mangiar fuori nei fast food. Comunque ho trovato
delle uova
e del latte, ti preparo delle omelette, tu corri
a fare una doccia, Thompson ci distruggerà
oggi. >>
<<
Non darmi ordini. Sulla
mia voglio lo sciroppo d’acero. >>
<<
Perché siamo andati a
lavoro insieme? >>
<<
Perché mi fai questa
domanda? >>
<<
Beh sei tornato a casa
tua per prendere dei vestiti puliti, non c’era bisogno di
passare a prendermi.
>>
<<
Isabel? >>
<<
Che c’è? >>
<<
Stai rinnegando ciò che
è successo stanotte? >>
<>
<<
Signorina Isabel!
Signorina Isabel! >>
<<
Carlo! Buongiorno.
>>
<<
Buongiorno signorina
Isabel. Agente Moore. Ho qui per lei quei fascicoli che mi aveva
chiesto.
>>
E
mi porge un involucro giallo
imbottito.
<<
Grazie Carlo ti devo un
favore. >>
<<
Si figuri. Sempre al suo
servizio. Buon lavoro. >>
<<
Anche a te Carlo.
>>
Mi
volto e lo sguardo di Alan è
sconvolto.
<<
Che hai? >>
<<
Perché Carlo si rivolge
a me chiamandomi Agente e con te usa il tuo nome di battesimo?
>>
<<
Il mio nome di battesimo
è Isabella. E poi non dirmi che sei geloso. Tra
l’altro è un ragazzino.
>>
<<
Di questo ne
riparleremo. Stai lavorando ad un caso indipendente? >>
<<
Anche di questo ne
riparleremo. Ora corriamo da Thompson. >>
Mi
siedo alla mia scrivania e
scarto il pacco che mi ha consegnato Carlo. Dentro
c’è il fascicolo che
riguarda il caso dell’omicidio di mia sorella e
l’indirizzo del suo assassino.
Bravo ragazzo.
Dall’ultima
volta che l’ho visto,
il tizio si è fatto una plastica facciale e a cambiato i
suoi dati anagrafici,
credendo così di rimanere nell’ombra, a quanto
pare senza successo.
Dopo
quella fatidica notte, venti
anni fa, la notte dell’omicidio di Stella, ho rivisto il
volto del suo
assassino un’altra volta. E quella volta è stato
per vendicarmi.
Ma
purtroppo ho commesso un
errore fatale e quel viscido è riuscito a farla franca. Ma
questa volta non
sbaglierò. Quando ci rincontreremo sarà
l’ultima volta.
*toc-toc*
<<
Isabel, scusa se ti
disturbo, ma il vecchio sta facendo una bella strigliata ad Alan e il
mio
ufficio è troppo vicino all’area di guerra. Non
è che posso rintanarmi qui fino
a che la bufera non è passata? >>
<<
Certo Maggie. Tu resta
qui, io vado a vedere cosa succede. >>
Mi
affaccio in corridoio e tutto
quello che vedo è Davide che indietreggia di fronte la
mostruosità di Golia.
<<
Questo è un lavoro
serio! Ieri avevo bisogno di te qui! Dove diavolo sei stato! Se proprio
non ti
va di venire in ufficio a lavorare, da oggi puoi continuare pure a
poltrire a
casa tua! Sei sospeso dal servizio a tempo indeterminato! Ed ora levati
di
torno! Ti voglio fuori da questo ufficio in meno di 2 minuti!
>>
<<
Come vuole Signore.
Questo è il mio distintivo, il badge e la pistola.
>>
<<
Bene. E ora sparisci.
>>
<<
Alan che stai facendo,
non puoi andartene! >>
<<
Tranquilla posso
lavorare anche da casa. >>
<<
La colpa è solo mia! Ora
vado in ufficio e gliene dico quattro! >>
<<
Così uccideresti il mio
orgoglio maschile, Isa. Va tutto bene, non metterti nei guai anche tu.
Ci
vediamo. >>
Gli
volto le spalle senza
controbattere e mi rintano nel mio ufficio. Lavoro senza sosta tutto il
giorno,
Thompson mi sta col fiato sul collo. Esamino prove balistiche in
laboratorio,
altri casi vengono riaperti, i centralini squillano
all’impazzata, la pazienza
del capo sembra dissolversi ogni 3 minuti, le scartoffie ricoprono
l’intera
scrivania. In un batter di ciglia, la giornata e letteralmente
scivolata via e
il mio fascicolo è sommerso da innumerevoli altri casi.
<<
Isabel, il tuo lavoro
per oggi qui è terminato. Torna a casa. Gli agenti stanchi
sono agenti inutili.
Ci si vede domani. >>
Prendo
le mie cose e mi lascio
alle spalle gli orrori che domani mi daranno il loro macabro buongiorno
e
controllo il cercapersone. Non ha fatto altro che vibrare tutto il
giorno e sul
cellulare ci sono numerose chiamate senza risposte. Sono tutte di Alan.
Ora non
ho tempo di pensare a lui, mi dico, fermo un taxi e torno a casa. La
mia caccia
all’uomo è appena cominciata.
Lunedì.
Sono
passati diversi giorni dal
mio compleanno e da quello che è successo in camera mia con
Alan e le cose
sembrano essere tornate quelle di sempre: nessuno ha mai un momento di
riposo,
le corse frenetiche per i vari dipartimenti sono sempre
all’ordine del giorno e
il boss non fa altro che farci ramanzine e strigliate di capo ogni
volta che
può. Già tutto sembra essere esser tornato al
proprio posto tranne che per un
particolare; Alan.
È
rimasto a casa 2 giorni, nei
quali ha provato invano di contattarmi.
Se
cerco di avvicinarmi con una
scusa, mi risponde che è oberato di lavoro e sparisce dietro
i suoi schermi e i
suoi numerini cibernetici. Non mi sforzo più di tanto di
attaccar bottone;
sembra che quello che è successo, sia stata solo una
parentesi di vita ormai
già dimenticata, e a me va bene così, o almeno
cerco di convincermene.
La
mia caccia all’uomo non
prosegue come sperato. Il tizio è furbo, non ha carte di
credito, cellulare o
mobili e immobili di proprietà da cui un agente
può risalire ai suoi
spostamenti. Tutto quello che ho è una faccia su un
tabellone.
Giovedì
L’aria
in ufficio è diventata
irrespirabile. La freddezza di Alan mi lascia senza parole. Non mi
saluta e si
rivolge a me solo se è strettamente necessario, sempre e
solo per lavoro. Così
non posso andare avanti...
Domenica
*toc-toc*
<<
Ciao posso aiutarti? >>
Ad
accogliermi sulla soglia di
casa Moore c’è una donna su 30, la pelle rovinata
da troppe lampade solari,
rossetto rosa shocking, big babol coordinata tra i denti, capelli
sfibrati da
fin troppo finte tinte color biondo platino, occhi azzurri incorniciati
da lunghissime
ciglia ricurve, anch’esse rigorosamente made in china.
<<
Cercavo Alan. È in casa?
>>
Si
aggiusta il mini top azzurro
all’altezza del seno siliconato e con le sue unghia da Barbie
smaltate di un
giallo canarino si scosta una ciocca di capelli, sembrerebbero
extention.
C’è
qualcosa di umano in questa donna?
<<
Al momento è sotto la
doccia, chi lo desidera prego? >>
<<
Lasci perdere. Scusi il
disturbo. >>
Mi
volto per andar via quando il
cyber alle mie spalle comincia a starnazzare come un’oca
giuliva.
<<
Aspetta, io ti ho già
vista! Tu sei la collega di Alan giusto? Lavori con lui. ti ho vista
all’aeroporto
quando siete partiti per uno dei vostri casi. >>
Mi
volto e la guardo meglio.
Massì
ora ricordo chi sei: la groopy di un motociclista Harley Davidson!
<<
Già ora ricordo. Tu sei
Karoline giusto? >>
*Pof*
Una
bolla grande quanto una casa
le scoppia sul viso.
<<
Katerine. >>
<<
Katerine, bel nome.
>>
<<
Accomodati, Alan ha
finito. >>
E
fa un ampio gesto col braccio
scheletrico invitandomi ad entrare.
<<
Aspetta qui. >>
Mi
indica il divano e si
volatilizza in cucina. L’appartamento di Alan è
davvero diverso dal mio. Tutto è
in un ordine quasi maniacale, ogni ambiente della casa è ben
collocato e diviso
dagli altri e una
magnifica vista sulla
città si staglia su un intero lato della casa.
La
Barbie botulinica ritorna con
un vassoio ricolmo di biscotti, caffè, latte e dolcificante.
<<
Serviti pure. Quando vedi
Alan digli che sono andata via e che ci vediamo domani mattina. Buona
serata
lavorativa. >>
L’ultima
frase suona come una
minaccia.
<<
Riferirò. >>
E
detto ciò si infila i lunghi e
altissimi stivali neri di pelle nera lucida e una giacca leopardata ed
esce
dall’appartamento con la massima disinvoltura.
Subito
dopo compare sulla soglia
opposta una sagoma.
<<
Isabel! Che ci fai qui?
>>
Mi
volto per dirgli qualcosa ma
le parole mi si bloccano in gola. È quasi totalmente nudo se
si esclude un mini
asciugamano di cotone che gli cinge teneramente i fianchi. La sua pelle
e
ancora bagnata e accaldata dal getto bollente d’acqua.
Piccole goccioline
scendono giù dai suoi capelli bruni e corrono veloci lungo i
suoi pettorali
scolpiti.
Sembra
notare il mio sguardo
imbambolato e si affretta a dire:
<<
Scusa l ‘aspetto. Non aspettavo
nessuno. Vado ad indossare qualcosa di comodo e ti raggiungo. Suppongo
che
adesso siamo pari. >>
<<
Va bene anche così!
>>
Ma
che ti salta in mente Isabel!!
<<
Perché sei qui? >>
<<
Ho bisogno del tuo aiuto
per un caso. Sono una frana con i computer e devo trovare una persona.
È importante.
>>
<<
E solo per questo che
sei qui? >>
<<
Si. >>
<<
Beh Isabel, non ho
voglia di aiutarti. >>
<<
Perché mi tratti in modo
diverso. In ufficio mi eviti come la peste. Cosa è cambiato
tra di noi?
>>
<<
Cosa, dici? Isa siamo
andati a letto una settimana fa! forse per te non significa nulla, ma
scusami
se mi sono sentito un emerito cretino a credere di piacerti davvero!
Invece a
quanto pare sono stato solo un giocattolino per te. Spero tu ti sia
divertita.
>>
<<
Come osi dire questo. Sei
un’idiota! >>
<<
Oh si che lo sono! Dici che
io ti ho evitato e tu invece? Ti ho chiamata cento volte e tu hai di
proposito
preferito non rispondere. >>
<<
Sai una cosa, posso
chiedere a Jack questo favore, di certo sarà molto
più disposto di te ad
offrirmi il suo aiuto senza dover pregare come ora sto facendo con te.
>>
<<
Certo, ammesso che te lo
porti a letto. >>
*sbam*
Un
sonoro schiocco scoppia nell’aria.
La guancia di Alan si tinge di rosso.
E
subito dopo i miei occhi si
riempiono di lacrime.
<<
Isabel... mi, mi
dispiace, scusami. Non ho alcun diritto di parlarti così; se
non vuoi creare qualcosa
con me, non posso di certo fartene una colpa. >>
<<
Sta’ zitto! Sei uno
stupido! Pensi davvero che io vada a letto con il primo che capita? Che
mi
porti a casa tutti gli uomini che incontro per riempire una qualche
carenza d’affetto?
>>
<<
No. >>
<<
Sei un imbecille come
tutti gli altri! >>
Corro
verso l’uscita, ma Alan e
più veloce di me e con un braccio blocca la porta
impedendomi di andar via.
Nella
foga il piccolo asciugamani
vola via e giace a terra privo di vita dopo un debole vorticare a
mezz’aria.
<<
Sono un vero idiota,
perdonami. La mia è solo gelosia. Non penso assolutamente
tutto quello che ti
ho detto. >>
<<
Tu mi giudichi e
pretendi di psicanalizzarmi, quando in realtà sei tu quello
che tradisce la sua
ragazza. >>
<<
Cosa? Ma di che stai
parlando? >>
<<
Della sciacquetta bionda
che mi ha aperto mentre eri sotto la doccia. >>
<<
Katerine? Praticamente mi
fa da mamma! Mette apposto casa, cucina e stira tutto qui!
>>
E
scoppia in una fragorosa
risata.
<<
A me piacciono le rosse
lentigginose Isabel. >>
Tutto
quello che ricordo dopo e
la sua pelle umida sulla mia e la mia lingua strisciare nella sua bocca.
Un
altro Lunedì.... alba
*brrrmm*
<<
Il tuo stomaco brontola.
Ho solo uno yogurt magro in frigo, ma non ho tazze, quindi dovrai
mangiarlo dal
mio stomaco. >>
<<
È allettante, dico
davvero, ma devo passare. Ho davvero bisogno del tuo aiuto per
risolvere una
volta e per tutte una questione in sospeso. >>
<<
Cosa cerchi? >>
<<
L’assassino di mia
sorella. >>
FINE
3° EPISODIO
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