Nuova pagina 1
N.D.Dicembre:
Come promesso, sono tornata presto. Ecco qui un nuovo capitolo.Volevo
rassicurare i più confusi, presto(issimo) si scioglieranno alcuni nodi
importanti della storia. Sarà tutto graduale, però piano piano la matassa
comincia ad avere una sua forma ben precisa ^_^. Grazie ancora per tutto il
supporto e le recensioni. Vi adoro *_* (le risposte ad ognuno, come sempre, le
trovate in fondo alla pagina). La smetto con le ciance. Un bacio
***
Capitolo
Sette
Si ritrovò in una stanza
che non conosceva.
All’inizio Nyven non ne
ebbe paura: quante stanze del palazzo poteva riconoscere? Poche. Pochissime.
Forse era arrivato lì pensando di andare in cucina, o forse…
Nyven non ricordava
assolutamente come fosse arrivato lì.
La stanza era buia, a
malapena riusciva ad intravedere le sagome dei mobili. Qualcuno accese un lume.
Nyven cercò di fare un
passo avanti, ma le sue gambe non risposero agli ordini, sembravano ancorate al
terreno. Perse l’equilibrio nel tentativo di fare il passo, ma non cadde in
avanti. A fermare la sua caduta apparve una parete in vetro che gli impediva di
entrare nella stanza. Immobile e segregato al di qua del vetro, poteva
semplicemente vedere quello che succedeva al di là.
La persona che aveva
acceso il lume era un vecchio, leggermente ricurvo sulla propria schiena. Aveva
i capelli candidi e lunghi che si confondevano con i peli sul viso. Barba e
capelli quasi toccavano il pavimento.
Camminava spedito,
nonostante il peso degli anni. Prese un libro da uno scaffale e lo appoggiò
sulla scrivania, dove ardeva la luce appena accesa.
C’era qualcosa d’irreale
in quello che stava osservando i ragazzo, ma Nyven non capì immediatamente cosa
fosse.
Perché l’anziano non lo
vedeva? E perché nessun movimento produceva il naturale e conseguente rumore? La
stanza era immersa nel completo silenzio. Solo il fuoco all’interno della
lampada ardeva, rumorosamente, scoppiettando.
“Mi scusi” Nyven tentò di
parlare, ma dalla sua bocca non uscì alcuna voce.
Continuò ad osservare il
vecchio.
Era immerso nella lettura,
con le sopracciglia corrugate e gli occhi piccoli che scorrevano parola per
parola, velocemente. A volte il viso si distendeva in un’espressione di stupore,
ma subito ritornava concentrato su ciò che leggeva.
Nyven tentò nuovamente di
farsi notare.
“Signore, mi scusi…”
Il vecchio parve non
sentirlo.
Il ragazzo sospirò,
immobile sui suoi piedi, fissi sul pavimento. Cercò di girarsi, per vedere se
poteva uscire da quella stanza. Dietro di lui non c’erano porte.
Il rumore del fuoco,
d’improvviso, si quietò.
Nyven si girò di scatto,
spaventato da quel silenzio improvviso. La lampada emise un lampo e il fuoco
divampò.
Nyven cercò di fare un
passo in direzione del vecchio ma, ancora, le sue gambe rimasero immobili
“Signore, stia attento!”
Ma il vecchio sembrò non notare il fuoco, impegnato com’era a leggere.
“Signore, scappi”
Di nuovo il vecchio non si
mosse.
La fiamma dalla lampada
divampò sulla parete e sui libri che iniziarono a bruciare immediatamente.
Il vecchio ancora, non si
mosse.
Nyven venne colto dal
panico. Perché non s’accorgeva che tutto intorno a lui bruciava?
Picchiò i pugni sul
divisorio in vetro che separava lui da quella stanza ormai in fiamme. Non ci fu
alcun rumore.
Il vecchio non si muoveva.
Nyven tentò di nuovo di
gridare, il fuoco ormai era divampato in tutta la stanza.
Il vecchio alzò lo sguardo
e lo fissò. Gli occhi verdi, appesantiti dalle rughe, sembravano ammonirlo e
sgridarlo. Lo guardavano con tale rimprovero che Nyven fu sicuro che il vecchio
lo conoscesse.
Eppure lui non l’aveva mai
visto prima.
Il fuoco divampava e quel
vecchio canuto non scappava, non faceva nulla se non accusarlo di qualcosa.
Si alzò, coi capelli in
fiamme e portò l’indice tremante di fronte a lui, verso Nyven. La sua bocca era
stretta, le labbra premute l’una contro l’altra per resistere al fuoco.
E poi arse anche lui,
scomparendo in una fiammata alta e scura, mentre anche la stanza bruciava tutta.
E Nyven lo guardò con
occhi vitrei e spalancati, accusato, nuovamente, dal dito e dallo sguardo di un
vecchio che non conosceva.
Il vetro davanti a lui si
sciolse, ma il fuoco non osò lambirlo.
*
Era stato
comprato da un mercante di schiavi, era stato portato lontano… Eppure lì, fra
quelle mura, non era né la distanza, né la sua condizione a pesargli addosso e a
schiacciarlo.
Non sarebbe
stato in grado, probabilmente, di dire esattamente cosa fosse. Nei suoi sogni
veniva accusato di qualcosa che neanche sapeva, una vecchia gli aveva puntato il
dito contro, gridando e intimandogli di andar via… Poteva non avere amici,
poteva rimanere da solo, l’aveva sempre fatto. Ma adesso viveva nell’ansia di
dimostrare, in qualche modo, di meritarsi la sua nuova casa.
Non aveva mai
mangiato così bene come in quei giorni, né dormito in modo così tranquillo.
Non aveva
neanche mai potuto scherzare e ridere così tanto come gli era capitato di fare
da quando era arrivato al palazzo del mago.
Già, il mago…
“Hai deciso di
darmi una mano, oppure non posso disturbare il corso dei tuoi pensieri?”
Zir era stato,
per un attimo, dimenticato.
“No, no” si
affrettò a rispondere Nyven.
“E allora va a
prendermi della polvere di cedro… e già che ci sei, portami anche un po’
d’acqua”
“Ma a che cosa
serve questo…” il ragazzo cercò di trovare le parole guardando il liquido denso
che Zir continuava a rimestare “questo… intruglio?”
“Intruglio?” Zir
la prese sul personale “Questo è l’unico solvente in grado di lucidare e far
brillare le perle rosa!”
Nyven annuì, ma
aveva l’aria di chi non ha capito di cosa si parli.
“Ti si deve
proprio spiegare tutto! Non ti ho detto che Tangorn è famosa per il suo mercato
di gioielli?”
Ma di nuovo
Nyven annuì con l’aria di chi non capiva.
“Le perle rosa
crescono nel lago di Tangorn, e solo lì. Non sono vere e proprie perle, io li
chiamerei più coralli… Ma sono tondi come le perle e sono bellissime. Nascono
opache e l’unico modo per dargli luce è quest’intruglio. Il palazzo avrà
pur bisogno di guadagnare qualche soldo durante il mercato!”
Nyven sorrise
“Che sciocco. Non ci avevo mai pensato, ma anche un mago ha bisogno di soldi per
la servi…”Nyven, d’improvviso, si interruppe “Perché non ci sono umani, nei
dintorni?”
“Che cosa?”
”Perché non c’è nessun umano nel palazzo? Il mercato ne era ricolmo, la città e
i laghi … Eppure qua intorno non ho ancora visto un umano”
“Magari
semplicemente non sai dove cercarlo”
“Ma no…” C’era
una certa urgenza nel tono di Nyven, quasi avesse fretta di mettere ordine fra i
suoi pensieri. “Gli umani non si nascondono, se ci fossero stati, li avrei
visti. Per quanto mi perda ogni volta che cammino fra i corridoi di questa casa,
non ho mai visto umani”
Zir aggrottò le
sopracciglia: “E questo è un male?”
”No, non fraintendermi” Nyven temette che Zir si irritasse“E’solo che è strano.”
“Perché sei
abituato a vivere in un mondo dove ci sono solo umani”
“Questo non è
vero” rispose imbronciato il ragazzo “ è che numericamente…”
“Basta
baggianate! Va’ a prendere ciò che devi” Zir interruppe così il corso di
pensieri del ragazzo.
Nyven andò verso
la mensola con aria pensierosa, fermandosi a metà strada.
“Non dovrei, lo
so. Io non dovrei pensare a tutto…questo” disse facendo un ampio gesto col
braccio “Eppure non posso fare a meno di notare che…”
“Che?”
“Che c’è
qualcosa di insolito”
“Sei nella casa
di un mago” disse l’Eclage con aria di sufficienza.
“Non è quello
che intendo! Non solo, comunque… Perché il padrone mi parla nel sonno, perché
invece non m’interroga quando sono sveglio? Perché non ci sono umani quando nei
dintorni, i paesi pullulano di umani, perché il padrone vuole uccidere un dr…”
“Basta così” il
tono di Zir non ammise repliche “Non spingerti troppo oltre e non trarre insulse
conclusioni!”
Nyven chinò il
capo “Scusami, hai ragione.” Seppur accudito, nutrito e trattato come un pari,
Nyven era pur sempre uno schiavo “A volte dimentico il perché sono qui”
“E dimentichi
chi sei! Se Irìyas ti sentisse parlare in questo modo ti punirebbe severamente.
Forse, addirittura, ti caccerebbe. Bada a quel che dici!”
“Lo offenderei a
tal punto?”
“Ciò che hai
appena detto non è così innocuo come sembra, anche se…”
Zir lasciò
correre via le parole insieme ai pensieri che l’avevano generate. A Nyven non
rimase che prendere la polvere di cedro e portarla a Zir, sperando che il
coniglio riprendesse a parlare.
Cercò di
insistere: “Anche se?” era un rischio, ma quello che riusciva a sapere da Irìyas
era così poco che qualunque dettaglio in più gli sembrava fondamentale per
imparare a conoscere il suo padrone.
“Che cos’è, per
te, Irìyas?”
”Il mio padrone”
“Non solo”
Nyven non poteva
certo mentire: “E’ ciò che è” si strinse nelle spalle “E’ il mio padrone perché
così deve essere…Io non posso sperare o avere desideri, Zir. E di conseguenza,
io non ne ho”
Il coniglio
arricciò il naso, brontolando “Non mi stupisco che Mamir non possa vederti”
“E questo che
significa?”
“Per un Lapidare
qualcuno senza desideri è qualcuno senza forza. E qualcuno senza forza va
eliminato”
“Vuole
uccidermi?” Nyven non pensò di dire una sciocchezza. Del resto, dal modo in cui
era stato ricevuto a Mamir il giorno del mercato, era chiaro non piacesse al
lupo.
Zir versò la
polvere di cedro e il liquido che stava rimestando assunse un colore rosso
intenso, poi rosato, poi bianco.
“Non vuole certo
ucciderti. Inoltre, detto fra noi, Irìyas non lo perdonerebbe mai”
“Ha ancora
bisogno dei miei capelli…” Concluse la frase il ragazzo.
Zir roteò gli
occhi dietro gli occhialini, ma non disse niente.
Per un po’ nella
stanza si udì solo lo sbatter del cucchiaio di legno contro la terrina, fra le
zampe di Zir.
“C’erano umani,
una volta”
“Che cosa?”
Nyven udì quelle parole come se Zir le avesse gridate dritto nelle sue orecchie.
“C’era un
maestro e c’erano dei discepoli. C’era un’accademia, non lontano da qui. C’erano
davvero molti umani. Ma erano ben altri tempi. Ora le loro storie sono ben
diverse da quelle che avrebbero dovuto essere.”
“Un’accademia?”
“L’Accademia”
“Oh…L’Accademia.
Quella scuola nella valle di Liah dove va a studiare anche l’Erede al trono?”
Il coniglio annuì: “Irìyas ha sviluppato buona parte dei suoi poteri fra quelle
mura. Ma lui era troppo dotato, persino …”
“Basta così,
coniglio!”
La voce di
Irìyas raggelò il sangue di Nyven. Si girò d’istinto, per guardarlo, con gli
occhi spalancati. Vide il mago sull’uscio della porta, con lo sguardo severo e
immobile. Seppe benissimo, con quello sguardo, che Irìyas li ascoltava
dall’inizio della loro conversazione. Che l’aveva sentito chiedere troppo. Il
mago spostò gli occhi da Zir a lui, occhi verdi ed inespressivi.
Era
terrorizzato, quasi temesse per la propria vita. Irìyas l’avrebbe ucciso per
quelle sue sciocche domande? O forse l’avrebbe ucciso perché aveva ascoltato l’Eclage?
Tremò. E
sostenne lo sguardo, cercando un indizio di quel che temeva
Cercò di
parlare, ma le sue labbra erano impastate. E fece una cosa inspiegabile persino
per lui: sorrise.
Fu un sorriso
molto rapido, trattenuto e nascosto, abbassando la testa e sperando –
inutilmente – che il padrone non lo notasse.
Ma come si
poteva non sorridere quando si guardava così a lungo Irìyas? La sola possibilità
di guardalo lo rendeva così felice che, in fondo, valeva la pena rischiare di
essere cacciato.
“Io…”
”Taci e va’ nella tua stanza”
Nyven sussultò,
ma obbedì subito. Uscì dalla stanza e si girò indietro, per guardare ancora una
volta il suo padrone. Si sarebbe addormentato con quella immagine negli occhi.
Anche il mago
era voltato e lo guardava.
Nyven inciampò
lievemente sui suoi piedi, e corse via.
Il promontorio
che si tuffava nel lago era ricoperto di verde e creava uno stretto, dove
l’acqua del lago, placidamente, s’infrangeva sulla roccia. Dalla finestra del
palazzo si poteva vedere la statua di donna che sorgeva laddove il promontorio
incontrava l’acqua. Era scolpita nella sua roccia, in parte di forma umana e in
parte pesce, con le braccia protese verso le imbarcazioni che passavano di lì.
L’Ancella era
lontana, probabilmente era vicino alla statua, nel suo elemento naturale:
l’acqua.
“Sarà andata a
giocare con i pesci…”
Irìyas era
seduto sul davanzale dell’enorme finestra ad arco e guardava lontano, nessun
luogo in particolare.
“Sono
preoccupato. L’Ancella, Nyven… Troppe forze contrapposte si stanno riunendo fra
queste mura” La voce di Mamir risuonò roca, quasi fosse un ringhio.
IL mago sorrise:
“Dell’Ancella non ti devi preoccupare. E’ uno spirito mite, non incline alla
guerra. Non ci arrecherà alcun danno”
“Lo stesso non
si può dire del ragazzo”
Irìyas sospirò
“Te ne sei accorto?”
“Non ho certo le
tue capacità, Irìyas, ma non potevo non vedere qualcosa di così evidente”.
“Quando ti ho
detto di prenderlo al Crocevia e di portarlo qui, avevo sospettato che qualcuno
con quei capelli non fosse un semplice schiavo. Tuttavia la conferma l’ho avuta
solo quando l’ho visto”
“E lui lo sa?”
“Dubito. Non è
in grado di mentire così bene da ingannarmi. E poi, io stesso non so esattamente
chi sia…”
“Nemmeno tu?”
Irìyas scosse la
testa, lasciando che i capelli ondulassero un pochino, ritornando a guardare il
lago.
“Non lo so. Ma i
suoi capelli sono troppo importanti per allontanarlo. Devo correre il rischio di
avere Nyven qui. Non posso cederlo a nessuno”
Zir, che era
rimasto in fondo alla stanza, si lisciò il pelo delle orecchie e la profonda
cicatrice che correva lungo una di queste e la sua nuca.
“Voi umani siete
così possessivi…”
Irìyas guardò l’Eclage.
Dopo un attimo alzò le sopracciglia e annuì, con noncuranza.
“Pensi che fra
poco uscirà allo scoperto?”
“Non credo, no”
il mago scosse la testa “Sento Nyven gridare nel sonno. Agitarsi. Deve sognare
qualcosa che lo terrorizza, ma i suoi sogni, ai miei occhi, sono bui. Riesce a
non farmeli leggere. Ci sono persone che schermano i propri sogni senza saperlo.
Più Nyven ha paura, e più si rinchiude in se stesso, credo. Così tutto m’appare
buio.”
“Mandalo via, il
ragazzo non mi piace”
“Non lo manderò
via, lo sai”
“La Bianca ha
detto che porta sventura, e tu sai che la Bianca raramente sbaglia”
“La vecchia deve
fare il suo dovere. Del resto mi occupo io. Tu sai bene che non lo lascerò
andare. Non posso. I suoi capelli sono l’unica cosa che mi permetterà di
liberare Gyonnareth “ Si mise una mano fra i
capelli, tirandoseli indietro, sospirando.
“Irìyas, lascia
che ti dica…”
“Non dire
niente” Disse in tono un po’ troppo alto “Non dire assolutamente nulla.”
“Mi chiedo solo
chi sia il ragazzo. Il mio istinto non sbaglia mai. E non mi posso fidare”
Irìyas sorrise “Fidare? Sai bene Mamir che non parlerei mai di fiducia così a
sproposito. Nessuno si fida. Solo, Nyven m’è utile”
Riprese la
parola il coniglio: “Ed è bello averlo qui”
Le parole
rimasero nell’aria per molto tempo e il mago non vi rispose, né negò. Lasciò che
si spegnessero da sole, ma la loro eco continuò, seppur silenziosa.
Forse era
davvero bello averlo lì, ma ad Irìyas questo non interessava. Voleva liberare
Gyonnareth e per farlo, aveva bisogno di
Nyven. E voleva sapere chi fosse il ragazzo.
Il resto era
davvero di poco conto.
Il mago continuò
a guardare l’acqua del lago e i riflessi cremisi del sole. Erano davvero
bellissimi.
* * *
Francesca
Akira89: Ahimè, sono una
fanatica dell'introspezione. A volte, mi rendo conto, indugio anche troppo sui
risvolti psicologici delle varie scene. *sospiro* Come dicevo prima, però,
sebbene la storia rimarrà un "mistero da svelare", molte cose piano piano
verranno chiarite a breve. Un bacio
Manny_chan:Ah
ah ah. Tenerlo come cucciolo da compagnia non sarebbe poi male. Originale, ma
del resto è Irìyas stesso ad esserlo XD Il nostro piccolo Nyven (come del resto
s'è finalmente accorto Irìyas) non è il rintronato dormiente che pare, anche se
in effetti, è piuttosto rintronato dal suo continuo dormire. Il che, detto fra
noi, è un po' il mio sogno. Dormire dormire dormire perchè "devo". Altro che
svegliarsi ogni mattina alle 6... *sigh*
BiGi:
O dorme o beve, Nyven certo non si può dire che si ammazzi di lavoro (ma ho cose
divertenti in serbo per lui HAHAHAH risata satanica).
Un bacio a tutti
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