Wicked Wenches - Ragazze Cattive

di MilesRedwing
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Stimati colleghi, pirati, salve! Dopo una lunga pausa eccomi qui a riprendere questa storia lasciata in sospeso, per così dire, a causa di una svariata e del tutto imprevedibile serie di impegni che mi ha tenuto lontana da efp … comunque, Quickdraw e Mildred sono tornate insieme all’autunno e con questo nuovo capitolo ho deciso di fissare un giorno preciso per gli aggiornamenti che da ora in poi avverranno di domenica. Buona lettura, ciurma! ;)

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Legno bagnato e assi scricchiolanti. Spruzzi di sale e acqua di mare a ricordarmi qual è il mio posto, uno straccio consunto tra le mani e un secchio di lucido e grasso di balena affianco al mento. Guai se la capitana non potrà specchiarsi nelle assi di questo dannato veliero! Quest’orrendo ammasso di legname, sartie, vele e chiodi, questa promessa di libertà diventata una prigione.

Sembrava bello imbarcarsi verso un tesoro che nemmeno il grande Avery era riuscito a trovare, diventare un pirata nobile, solcare la acque in eterno senza temere la morte. A quanto pare i sogni non sono fatti per i lupi di mare.

“Porco mondo, Raja, cazza quella scotta prima che t’ammazzi a suon di frustate!” Il nostromo si fa un vanto di strapparti l’anima dalle ossa a furia di farti trasalire. È mia personale convinzione che quel vecchio pazzo sia più sadico della megera passera che ci duce all’orizzonte.

Con uno scatto butto lo straccio da una parte, estraggo il pugnale e pulisco lo scafo, i ninnoli tra i capelli tentennano ad ogni movimento. Quei dannati inglesi si divertono a beffarmi.

“Di un po’, stai per caso cercando una bella balena da scoparti, arabo?”

“Che cazzo dici, Spit, loro sono contro i piaceri della carne.”

“Già, tutti sodomiti.” Una orrenda risata risuona tra la

gozzovigliante ciurmaglia, denti d’oro ghignano e brillano alla luce del giorno, pugnali schizzano da ogni parte e l’inconfondibile olezzo d’umanità vissuta impregna ogni vela e ogni cima. Mi domando cosa mi trattenga dal diventare un assassino.

“Largo, manigoldi, un regalo della capitana!” L’insopportabile e stridente vociare di mastro Ragetti, biondiccio omuncolo dal chiodo conficcato in bocca e il grilletto facile, mi costringe ad alzare gli occhi sul misterioso e tanto bramato bottino. Altre interiora di capra, forse?

La macchia s’allarga, mastro Pintel si fa avanti con pesanti falcate e getta qualcosa sul pavimento, si sente un tonfo sordo e un gemito soffocato, odore di donna. Odore di guai.

Il riso e la brama di godere s’impossessa degli occhi dei filibustieri e presto ogni mano, bocca, dente, barba, naso, anello o pugnale s’è ignobilmente posato sul corpo inerme della bella fanciulla. Solo alla sera riesco mesto a rivolgerle la parola.

“Bevi.” Una scodella d’acqua e una galletta muffita, tutto quello che sono riuscito a conservare dalla cena. A lei non sembra dispiacere e divora il tutto con foga, mi guarda supplichevole e porta una mano al fianco. “Sei ferita?” è in una pozza di sangue, il dolore le tinge il volto e la paura le colma lo sguardo. È inerme. è sola. Non sa più a chi votarsi ormai. Strappo un lembo della camicia e lo impregno d’acqua e rum, sciolgo i lacci del suo corsetto e inizio a disinfettarle la ferita. “Sei tu Quickdraw?” Gli occhi s’alzano appena e mi cercano, la bocca si apre e un filo di fiato viene fuori debole, impercettibile.

“Non sono altro che ombra ormai.”

Subito dopo perde coscienza, il suo corpo si fa freddo e pesante, ma il sangue non smette di uscire e il taglio sembra infetto. La porto sotto coperta, raggiungo una vecchia scialuppa rotta, la mia branda, l’unica rimasta libera. La copro con una vecchia rete strappata, le bagno la fronte con uno straccio e cerco di abbassarle la febbre.

Improvvisamente la sua mano mi tira a sé, m’afferra il bavero della camicia come a volersi aggrappare. Un sospiro quasi più debole del precedente viene fuori dalle belle labbra, un tempo vermiglie. “John …” . Trasalisco.

Com’è possibile che una donna che non ho mai visto prima sappia il mio nome?





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