Laura
ha la testa piena delle classiche speranze che animano l'ardore di
tutti i giovani della sua età, in quel giorno d'estate. Quando
stringe il diploma di scuola superiore tra le mani emozionate, sa che
un capitolo della sua vita si è appena concluso. Ma Laura non
ha motivo di avere paura, perché è fermamente convinta
che ora passerà al livello successivo. Mentre con l'amica
Silvia si allontana dalla scuola, spera di poter lasciare lì
quella sorta di magone nostalgico che già le avviluppa lo
stomaco; la scuola le ha dato momenti sia belli che brutti, eppure è
già arrivato il tempo di diventare grandi. Laura non vede
l'ora di intraprendere quella nuova esperienza e con un sorriso,
ricorda che da quando era piccola, non ha fatto altro che desiderare
di diventare grande.
Laura
è un po' scoraggiata, ma non demorde. Quando l'ennesima porta
dell'ennesimo ristorante le si chiude alle spalle, tira fuori dalla
borsa il suo curriculum. L'inverno sta per finire, eppure c'è
ancora quella brezza dispettosa, nell'aria, che ti invoglia a
stringere la sciarpa contro il collo. La lista delle sue esperienze
lavorative è davvero misera e si riduce ad un paio di stage
scolastici, ottenuti per miracolo. Nessuno sembra volerti assumere,
se non hai già fatto un po' di esperienza; nemmeno per fare la
cameriera in una trattoria di quarto ordine. Mentre Laura stringe i
denti e si avvia alla fermata dell'autobus a qualche minuto di
distanza, pensa che forse sua madre non aveva avuto tutti i torti,
quando aveva cercato di spingerla verso l'università.
E'
dura, su questo non ci sono dubbi. Laura cerca di distinguere le
parole del suo libro di inglese, ma la mezzanotte è passata da
un po' e la vista annebbiata dal sonno sembra volerle dire: ehi,
stacca la spina tesoro o qui ci ammaliamo. Mentre richiude il suo
libro, Laura pensa che non ha tempo di ammalarsi. Dopo un altro
inverno inconcludente, si è iscritta all'università di
lingue, ma riprendere il ritmo dello studio è stato piuttosto
faticoso (lo è tutt'ora). Laura non è molto convinta
della scelta che ha fatto, ma la realtà lavorativa che ha
tanto cercato di conoscere, sembra non essere pronta per lei. Suo
padre le paga l'università, perché sua madre è
disoccupata. Il minimo che può fare, è cercare di
laurearsi senza andare fuori corso. Se non c'è il tempo di
ammalarsi, non c'è neanche quello di costringere i suoi ad un
sacrificio più lungo del necessario. La spesa è alta e
Laura sa di non poter tornare sui propri passi.
Tra
alti e bassi, un anno e mezzo fuori corso e parecchi crolli nervosi,
Laura ce la fa. Sua madre non ha mai smesso di credere in lei e le
dice che non avrebbe potuto fare scelta migliore. Laura non ne è
molto sicura e quando si domanda per quale oscura ragione sua madre
ancora non riesca a trovare lavoro (dopo tutti quegli anni passati a
cercarlo disperatamente), quella le risponde che oramai è
troppo vecchia e che nessuno si sognerebbe mai di assumere una donna
di cinquantuno anni. Laura guarda la sua triennale: lei ne ha quasi
ventisette e con orrore realizza che le resta poco tempo per trovare
un impiego, se verrà considerata già troppo vecchia a
cinquanta anni per fare qualsiasi cosa; Laura dice cinquanta, ma chi
glielo assicura che non diventeranno quaranta? È spaventata.
Le sembra di essere tornata a quel lontano giorno d'estate, quando ha
stretto per la prima volta il suo diploma. Silvia questa volta non
c'è ed un po' di quella speranza che l'aveva fatta emozionare
e sorridere, è andata dispersa tra porte di trattorie e
sessioni d'esame allucinanti.
Laura
si chiede che senso ha. Sono le nove di sera e non ne può più
di sentirsi chiudere il telefono in faccia. Con una laurea sudata in
lingue, ma neanche l'ombra di una conoscenza significativa nella
ristretta cerchia degli amici di famiglia, la sola cosa che è
riuscita a trovare è stata un impiego in un call center poco
fuori dal centro. Lo stipendio? Bé, dipende dalla quantità
di contratti che riesce a concludere. Non c'è una base minima:
se vende guadagnerà, altrimenti lavorerà per niente.
Laura lascia cadere una pasticca dentro un bicchiere, pieno per metà
di acqua: ultimamente l'emicrania sembra volerla uccidere. Il suo
ragazzo fa il facchino e di recente le ha chiesto di andare a vivere
insieme. Laura non sa che cosa fare: lui non ha un contratto
indeterminato e lei... si può davvero considerare lavoro,
quello che sta facendo? Alla soglia dei trent'anni Laura non ha
nessuna stabilità economica e teme come la morte il giorno in
cui dovrà badare a se stessa da sola.
Nella
vita bisogna rischiare. È questo ciò che si ripete ogni
mattina Laura, quando si sveglia alle cinque per preparare la
colazione ai suoi due bambini. Deve avere il tempo di svegliarli,
vestirli e portarli a scuola. Suo marito lavora spesso di notte, per
questo preferisce farsi trovare già in piedi quando lui
rientra alle sei: hanno davvero poco tempo per vedersi, anche se
vivono insieme. Laura ha riposto in un cassetto la sua laurea in
lingue e si è adattata ai tempi che corrono. Si è
reinventata. Ci sono mattine in cui va casa di alcune signore, per
fare le pulizie, ma questo soltanto quando ha dei buchi nell'agenda:
infatti, come molte altre sue coetanee, ha capito che saper fare un
po' di estetica (con un unghie e cerette protagoniste), le fa sempre
a ricavare qualcosina, per la fine del mese.
Per
lo Stato italiano, Laura è ufficialmente disoccupata; lo Stato
italiano non sa che cosa deve fare una ragazza, una donna, una madre,
per una vita dignitosa. Non sa che cosa devono fare quelle anime che
non hanno la spinta
per spiccare il volo. Per prendere il via. Laura si destreggia tra
gli impegni di casalinga, quelli di moglie e quelli di madre; deve
farlo, perché è l'unico modo in cui riesce a non temere
più come la morte
il giorno in cui mamma e papà non potranno più
chiederle se le serve una mano. Qualsiasi
cosa. A Laura sarebbe
piaciuto fare un lavoro normale e vedere tutti i suoi sforzi e
l'impegno che ha messo nello studio, dare dei frutti; d'altro canto,
Laura non vuole far mancare niente ai suoi bambini e non può
restare ferma ad aspettare il giorno in cui ciò che desidera
potrà accadere. E se non dovesse succedere? Laura ha scelto di
rischiare, di avere una famiglia, di amare un uomo e di dare la vita.
Per fare tutte queste cose, non si può solo restare fermi.
Laura ha dovuto
reinventarsi. Quello che fa oggi, non le permette di vivere da
signora: la sua vita è fatta di rinunce e di continue
attenzioni. Come molti altri, Laura è felice di avere una
famiglia da poter amare e di essere a sua volta amata, ma certe volte
cade ancora nell'errore di chiedersi perché
debba accontentarsi di sopravvivere. Se c'è una cosa che ora
teme come la morte,
è il futuro dei suoi figli.
A
Laura sarebbe piaciuto fare un lavoro normale e vedere tutti i suoi
sforzi e l'impegno che ha messo nello studio, dare dei frutti; lo
Stato italiano non sa che cosa deve fare una ragazza, una donna, una
madre, per una vita dignitosa. Laura è stata piuttosto
fortunata: quello che fa oggi, di certo non le permette di vivere da
signora, ma senza dubbio le consente di camminare a testa alta.
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