01.
'Il vento freddo freddo picchiettava sul mio viso mentre tanti piccoli
fiocchi di neve si adagiavano lenti su tutti i muretti che
costeggiavano il viale di casa mia. Fissai il vuoto per minuti
interminabili, mi piaceva osservare come quei piccoli fiocchi
ghiacciati scendevano piano dal cielo e si poggiavano con eleganza su
tutto ciò che incontravano lungo il loro tragitto. Mi
sarebbe
piaciuto essere un fiocco di neve, mi sarebbe piaciuto avere una forma
diversa dagli altri miei coetanei, essere originale a modo mio, essere
libera. Alzai il viso verso il cielo, chiusi gli occhi e mi beai di
quella sensazione di freschezza che mi avvolse. Sorrisi tra me e me,
mentre stringevo sempre di più le braccia sul mio ventre.
-Freedom, c'è papà a telefono!- urlò
mia madre, sull'uscio della porta.
-Arrivo.- mi affrettai a dire, volgendo un ultima occhiata al cielo
prima di rientrare in casa: faceva decisamente più caldo.
Presi
velocemente il cellulare dalle mani di mia madre. -Papà!-
-Ciao, pesciolino! Come stai?-
-Sarai a casa per Natale?- chiesi, senza rispondere alla sua domanda.
-Freedom, sai che non..-sospirai e, senza ascoltare altro, passai il
cellulare a mamma, presi il cappotto e uscii fuori di casa.
I miei genitori erano divorziati e mio padre viveva in un'altra
città, con un'altra donna e un altro figlio, che tra l'altro
non
era nemmeno suo. Da quando avevo due anni, lui e la mamma non stavano
più insieme, e cosa sapeva mio padre di me? A malapena
ricordava
il giorno del mio compleanno, una volta mi fece gli auguri il l'otto
luglio, mentre il mio compleanno sarebbe stato il sette agosto. Mi
sembrava di essere sempre di troppo per lui. Eppure lo amavo, lo amavo
così tanto... Quando lo incontravo, dopo mesi che non lo
vedevo,
era come se non fosse mai andato via. Fra le sue braccia mi sentivo
completa, mi sentivo viva, mi sentivo felice. Poi però
andava
via e mi faceva promesse su promesse che non manteneva mai: come per
esempio, la promessa che avrebbe passato il Natale con me. E che non ha
mantenuto.
Sospirai e strinsi ancora di più il cappotto al mio corpo.
Camminavo lenta fra le vie di Stratford, diretta a casa di due persone
che io stimavo davvero tanto: Diane e Bruce. Erano una coppia davvero
strana e divertente, amavo sentire i racconti di nonno Bruce risalenti
alla sua adolescenza e mi piaceva cucinare con nonna Diane. Restavo
spesso a cena da loro, sopratutto quand'ero giù di morale.
Mamma, ovviamente, lo sapeva. Diane era come una seconda madre anche
per lei. Dopo una decina di minuti, arrivai finalmente a destinazione.
Bussai al campanello e aspettai sull'uscio l'aprirsi della porta.
-Freedom! Tesoro, che piacere vederti.- sorrisi, mentre Diane mi
strinse in un caloroso abbraccio. -Che ci fai qui?-
-Sono venuta a trovarvi, è troppo tempo che non vi vedo.-
-Troppo tempo? Sei stata qua ieri mattina.- ridacchiai, mentre sul suo
viso comparve un sorriso.
-Per me è troppo tempo, okay?- assottigliai gli occhi e le
puntai il dito, in tutta risposta rise di gusto.
-Entra, piccola.-
Mi sorrise come solo una nonna sa fare e mi fece spazio sull'uscio
della porta. Entrai in casa e subito un profumo di dolce
penetrò
le mie narici. Annusai l'aria e chiusi gli occhi, quello sì
che
era l'odore di casa, quello sì che era l'odore di famiglia.
Mi
avviai verso il salotto, dove trovai un Bruce intento a poggiare degli
scatoloni sul pavimento. Affrettai il passo e lo aiutai, prima che
tutto cadesse per terra.
-Ah, la mia povera schiena. Bocciolo, sei il mio angelo.- sorrisi
ancora alle parole di Bruce, prima di battere più volte le
palpebre guardando il soffitto sognante.
-Lo so.- unii le mani in segno di preghiera e ripetei il gesto di poco
prima, provocando la risata dell'uomo di fronte a me, che dopo poco
contagiò anche me. -Cosa devi fare con tutti questi
scatoloni?-
-Tra poco meno di due settimane è Natale e sai cosa manca in
questo salotto per rendere l'atmosfera ancora più festiva?-
-Un albero?- risposi senza pensarci due volte, guardandomi attorno.
-Esattamente, bocciolo.- sorrisi malinconicamente, non avevo mai
addobbato un albero di Natale con la mamma, riteneva questi gesti solo
perdite di tempo. -Ti piacerebbe aiutarmi con gli altri scatoloni?-
Annuii semplicemente, togliendo poi con una mossa veloce il giubbotto e
scendendo in cantina. Portammo al piano superiore una decina di
scatoloni in tutto, contenenti un mix di addobbi natalizi. Tutti quegli
oggetti mi mettevano di buon umore. Disfai uno scatolone, dove
all'interno di trovai una palla di vetro con la neve all'interno. Avete
presente quelle palle di vetro dove all'interno c'è una
piccola
statuetta e che, se le agiti, la neve svolazza qua e la? Ecco, mi ero
innamorata di quella piccola palla di vetro. Al suo interno, c'era una
statuetta di due ragazzi che si baciavano sotto al vischio e solo Dio
sa quanto desideravo baciare sotto al vischio il ragazzo dei miei
sogni. La fissavo e la sfioravo con le dita, completamente incantata
dalla neve e dalla bellezza di quell'oggetto. La poggiai poi sul
davanzale del caminetto, proprio nell'esatto momento in cui bussarono
alla porta di casa.
-È arrivato!- urlò contenta Diane. -Bruce,
è
arrivato!- continuò, uscendo dalla cucina e poggiando lo
strofinaccio che aveva in mano sulla sua spalla.
-Arrivo, tesoro!- rispose Bruce, poggiando l'ultimo pacco sulla pila di
scatole che si era formata e avanzando verso la porta.
Udii delle voci e, curiosa, mi avviai anch'io verso la porta di casa.
Diane e Bruce non erano soli: Bruce abbracciava un ragazzo, ma dato che
era girato di spalle non riuscii a delinearne i tratti,
mentre Diane teneva stretta fra le sue braccia una donna, alta
più o meno
quanto lei, con dei lunghi capelli marroni e gli occhi azzurri, molto
azzurri. Occhi che penetrarono nei miei, rimasi spiazzata dalla
lucentezza che emanavano. Mi sentii subito a disagio, lo sguardo era
fisso su di me, era evidentemente sorpresa di trovarmi lì,
infondo non era casa mia ed ero una perfetta sconosciuta.
-Oh, che sbadata che sono! Vieni, vieni Freedom, voglio farti conoscere
due persone.- si avvicinò con passo deciso, mi prese la mano
e
mi trascinò vicino alla donna dagli occhi azzurri. -Freedom,
lei
è mia figlia Pattie. Pattie, lei è Freedom, la
ragazza di
cui ti ho parlato. Non è bellissima?- arrossii
immediatamente,
mentre un sorriso imbarazzato comparve sul mio viso.
-È un piacere conoscerti, Freedom.-mi strinse piano la mano,
sorridendo.-Hai davvero un nome insolito.- ridacchiai, stringendo la
stretta.
-Pensi che il mio secondo nome è Aquamarine.- feci
spallucce,
mentre lei invece corrugò le sopracciglia
e arricciò
le labbra.
-Okay, non è poi tanto strano dopotutto.- sorrise.
-Praticia, giù le mani dalla mia donzella.- intervenne Diane
che, dopo aver picchiettato più volte la sua mano su quella
di
Pattie, mi tirò a sé e mi girò verso
il ragazzo
che poco fa era tra le braccia di Bruce. -Lui, invece, è
Justin,
il fioglio di Pattie.-
I miei occhi grigi si scontrarono con quelli nocciola del nipote di
Diane, Justin. Rimasi completamente estasiata dalla bellezza di quel
ragazzo. Le sue sopracciglia erano folte, il suo naso piccolo, la pelle
chiara, le labbra carnose, i capelli corti rasati ai lati e col
ciuffo..Le sue labbra erano semi aperte mentre i suoi occhi erano
puntati nei miei. Affogai in quel color nocciola, così
intenso
che sembrava miele, o caramello. Era davvero bellissimo.
-Ciao.- sussurrai, arrossendo imbarazzata.
-Ciao.- ripeté, l'ombra di un sorriso sul suo viso. -Allora
tu
sei la famosa Freedom.- cominciò, avvicinandosi piano a me.
-Così sembra.- risposi, continuando a fissare i suoi occhi.
-Così sembra? Sei forse la sua sosia? oppure gli alieni ti
hanno
rapita e quindi sei un clone?- mi porse la mano, ridacchiai
afferrandola.
-Sono io, in carne ed ossa.- sorrise e giurai di vedere un pizzico di
malizia in quel sorriso.
-Justin, figliolo, non provarci con lei.- lo rimproverò
Bruce.
-Hey, sono un maschio.- si giustificò Justin.
-E hai dodici anni in più a lei, quindi giù le
mani.-
Spalancai la bocca, dodici anni in più a me? Facendo due
calcoli, dato che io avevo solo quindici anni e lui ne aveva dodici in
più a me, aveva ben ventisette anni. La sfiga è dalla mia
parte pensai.
Justin, invece, sbuffò sonoramente, roteò gli
occhi al
cielo e passò, con un gesto veloce e sexy, la lingua sulle
sue
labbra. Fissai attentamente tutti i suoi movimenti, così
eleganti e decisi. Sembrava il solito tipo che sa cosa vuole e che, se
ciò che desidera è impossibile, cambia le leggi
per
renderlo possibile, per poterlo ottenere.
-Fatte le presentazioni, che ne dite di portare velocemente queste
valigie sopra e di scendere per la torta? Ho fatto anche i biscotti.-
neanche il tempo che Diane finisse la frase, che Justin già
era
di sopra con le sue valigie. Ridacchiai osservando la scena,
avvicinandomi poi a Pattie per aiutarla con le sue valigie.
-Dia una valigia a me, tre ne sono tante.- dissi sorridendo alla donna
dagli occhi azzurri, prima di prendere una valigia dalla sue mani.
-Oh, dolcezza, dammi del tu e chiamami Pattie.-
Trascinai la valigia fino alle scale, poggiai il piede sul primo
scalino e, proprio mentre stavo per alzare la valigia da terra, una
mano si poggiò sulla mia e automaticamente alzai lo sguardo.
Per
la seconda volta, incontrai gli occhi color caramello di Justin. Prese
delicatamente la valigia dalle mie mani senza mai staccare i miei occhi
dai suoi.
-Lascia fare a me.- sussurrò, prima di prendere del tutto la
valigia e di salire velocemente le scale.
Rimasi spiazzata dal suo gesto così gentile, con lo sguardo
sognante e la bocca semi aperta. Chiusi gli occhi e scossi la testa
più volte, il mio labbro inferiore incastrato tra i miei
denti,
intenta a reprimere un sorriso. Quando riaprii gli occhi, il biondo
stava scendendo le scale col fiatone e, dopo avermi fatto un gesto col
capo, si avviò velocemente in cucina. Lo seguii a ruota
entrando
in cucina, l'odore di dolce era più intenso. Tutti presero
posto
a tavola, ed io mi sentii tremendamente a disagio, infondo non
facevo parte di quella famiglia, ero solo una persona di troppo..
-Bocciolo, siediti pure vicino a Justin.- mi sorrise Bruce,
rassicurandomi.
-Ma no, non voglio rovinare questo ritrovo familiare. Caso mai torno
dopo..- sorrisi anch'io, stringendo le braccia, ancora una volta,
attorno al mio ventre.
-Non rovini affatto questo ritrovo familiare, piccola.- Justin
schioccò la sua lingua al palato, quell'ultima parola
l'aveva
pronunciata con così tanta premura.. -Forza, siediti.-
Strusciò i piedi della sedia per terra provocando un rumore
stridulo, batté poi più volte il palmo della sua
mano sul
cuscinetto decorato sulla sedia e mi sorrise. Aveva un sorriso
così bello. Sorrisi anch'io di rimando e, velocemente, mi
sedetti al suo fianco. Diane tagliò cinque fette di torta al
cioccolato con un cuore di morbido cioccolato bianco e le
poggiò
in cinque piatti con decorazioni natalizie, accanto a tre biscotti
ancora caldi e dall'aspetto squisiti. Amavo i dolci, sopratutto per il
fatto che potevo mangiarne a palate senza mai ingrassare, avevo un
metabolismo davvero molto alto grazie ai dodici anni di atletica e i
sei anni di nuoto. Sport che odiavo tra l'altro, però a mia
mamma piacevano ed io non volevo darle un dispiacere, stava spendendo
un botto di soldi per me e non mi andava di deluderla.
Chiusi gli occhi e inspirai il profumo di cioccolato ancora caldo:
adoravo il cioccolato bianco.
-Justin.- la voce di Pattie riuscì a distogliermi dai miei
pensieri e immediatamente mi girai verso il suo viso: fissava suo
figlio con la bocca aperta e gli occhi semi spalancati. -Ma tu non
preferivi il salato al dolce?-
-Prima di tutto,- cominciò Justin con la bocca piena,
ingoiò e si pulì il viso col fazzoletto. -ho
fame, sono
ore che non mangio. Secondo, preferisco il salato al dolce, ma per il
semplice motivo che i tuoi dolci o sono bruciati o sanno di detersivo.-
Pattie fulminò suo figlio con gli occhi. -Senza offesa,
mamma.-
-Comunque, c'è una signorina a tavola, quindi cerca di
essere
più educato. Avrai pure ventisette anni, ma il tuo cervello
è rimasto indietro, tesoro.-
Justin alzò gli occhi al cielo, sospirò e
cercò di
mangiare con più 'eleganza'. Sorrisi alla scena, afferrando
poi
un biscotto e portandolo alle mie labbra. Il biondo al mio fianco
notò il mio sorriso e mi fece un occhiolino, subito avvampai.
-Allora, Freedom, parlaci un po' di te.- mi chiese Pattie.
-Cosa vorresti sapere?- le chiesi, mordendo ancora la mia fetta di
torta. L'imbarazzo si faceva sentire.
-Che scuola frequenti, cosa vorresti fare da grande, i tuoi
interessi..- cominciò Pattie.
-Se sei fidanzata, il tuo numero di cellulare..- continuò
Justin, arrossii ancora di più. Bruce diede uno scappellotto
dietro la testa del nipote. -Ahia, che c'è?-
-Ci stai provando.-
-Hey, devo passare qui ben due settimane, tanto vale uscire
con
qualcuno. E sono sicuro che a Freedom piacerebbe stare in mia
compagnia, vero, piccola?- Avvampai ancora.
-Be', se..se vuoi ehm, okay, tan..tanto io sono sempre qua.- mi
maledissi mentalmente dopo quella frase pronunciata alla cazzo.
Balbettare era il mio forte, sopratutto quando si trattava di
situazioni simili.
-Visto?- chiese retoricamente Justin, mentre sul suo viso si espanse un
sorriso. -Ha acconsentito, quindi dopo la torta mi darà il
suo
numero e ci vedremo anche fuori da questa casa.- fece spallucce e
continuò a mangiare come stava facendo poco prima.
Okay, i ragazzi non erano mai stati il mio forte. Certo, a scuola non
ero la più sfigata, ma nemmeno la più amata. Ero
semplicemente una ragazza che preferiva starsene per i fatti suoi e che
nessuno conosceva, non venivo né derisa dai più
popolari
né stimata dai più secchioni. Mi era capitato
giusto
qualche volta di essere presa in giro per il mio fisico, ero sempre
stata tanto piccola e sottile e ai ragazzi piaceva la donna bella e
formosa. Non avevo ancora dato il primo bacio, l'altro sesso era per me
qualcosa di ancora misterioso e sconosciuto. Non sapevo com'era avere
un migliore amico maschio oppure un fidanzato, non sapevo
com'era
poggiare le mie labbra su quelle di un'altra persona, non sapevo cosa
significava essere amata, cosa significava sentirsi amata e cosa
significava amare un ragazzo. Certo, una piccola cotta anch'io l'ho
avuta alle medie, ma non era niente di così eclatante..
Niente di eclatante e sopratutto niente di paragonabile alle farfalle
che svolazzavano nel mio stomaco dopo aver sentito che Justin voleva il
mio numero per uscire con me.
-Voi dov'è che abitate?- mi azzardai a chiedere.
-Cambridge, anche se non la sento casa mia come Stratford.- rispose
Justin. -Lì è tutto troppo movimentato,
c'è caos e
le strade sono sempre occupate. Se non fosse stato per
l'Università sarei rimasto qui.-
-Tu frequenti la Harvard University?!- chiesi, spalancando la bocca.
-Ho frequentato la Harvard e sono uscito col massimo dei voti.- sorrise
soddisfatto, mentre i miei occhi si spalancavano ancora di
più e
il mio cuore accelerava. -E da quello che ho capito, sei rimasta
abbastanza sorpresa.- ridacchiò.
-È una delle Università più importanti
in America,
devi essere un vero genio se sei uscito col massimo dei voti.- mi unii
alla sua risata.
-E tu?- chiese dopo pochi secondi. -Vai alla Waterloo-Oxford?-
-Sì, è la più vicina e mi trovo bene..
Anche se i miei voti non sono proprio buoni, ecco.-
-Potresti farti aiutare da Justin.- suggerì Diane.
-È un insegnante.-
-Cosa?-
-Non preoccuparti, piccola, ho fatto solo qualche supplenza.-
ridacchiò ancora. -E poi, sarebbe un motivo in
più per
vederci, non trovi?-
Avvicinò il suo viso al mio, i suoi occhi completamente
puntati
nei miei. Mi persi nuovamente in quel color caramello e di conseguenza
annuii senza pensarci due volte. Sorrise dolcemente e mi
accarezzò il viso col dorso della sua mano, era
così
calda mentre la mia pelle era così fredda. Finimmo di
mangiare
poco dopo di mangiare la nostra fetta di torta, Pattie era
davvero
una donna tanto simpatica mentre Justin era..era Justin. Non riuscivo
ancora a capire, a decifrare l'effetto che mi stava facendo. Dentro di
me regnava il caos, nel mio stomaco si stava scatenando la terza guerra
mondiale e no, non era stata la torta a provocarmi tutti quei crampi.
Già ero dipendente dal suo sorriso, dal suo viso perfetto.
Lo
guardai, mentre si alzava dalla sedia e posava il suo piatto nella
lavastoviglie e continuai a guardarlo, mentre si avvicinava a me e mi
faceva segno di alzarmi. Seguii i suoi movimenti, poggiai il mio piatto
nella lavastoviglie e andammo in salotto, dove Pattie e Bruce stavano
già disfando gli scatoloni. Era così bello
vederli
mentre, in sintonia, toglievano tutti quegli oggetti natalizi e li
poggiavano sul divano, o per terra, o sugli altri scatoloni. C'era
un'aria così serena e festiva, ti contagiava. Il sorriso sul
mio
viso si espanse alla scena e i miei occhi cominciarono a brillare: come
mi sarebbe piaciuto poter far tutto quello anche con mia mamma, magari
anche con papà.
Purtroppo quello era solo un sogno. Un sogno destinato a rimanere tale,
perché papà non voleva saperne di tornare ad
essere
presente nella mia vita.
-Hey, voglio aiutarvi anch'io ad addobbare la casa!- Justin si
avvicinò agli altri, io rimasi sull'uscio del salotto a
fissare
la scena.
-Figliolo, perché non mi aiuti a montare l'albero? La mia
schiena non è più quella di una volta.-
ridacchiò
Bruce.
-Pattie, ho trovato delle splendida ricette per la cena che ci
sarà la sera della vigilia di Natale.- disse Diane a Pattie.
-Io ho portato la ricetta di alcuni dolci natalizi prettamente
italiani, una mia amica è andata in vacanza a Napoli e ha
provato alcune cose davvero deliziose.-
-Questa sera mi mostrerai tutto!-
E fu in quel momento, quando li vidi presi a parlare tra di loro mentre
disfavano gli scatoloni, che mi sentii davvero, davvero di troppo. Mi
pensava di invadere il loro spazio, mi sentivo solo un peso, qualcosa
di troppo. Come quando hai mangiato primo, secondo e contorno e per
esagerare aggiungi anche il dessert, oppure quando un disegno
è
già perfetto e per renderlo migliore aggiungi la sfumatura
di un
altro colore che rende il lavoro perfetto di prima completamente
sbagliato. Ecco, io ero quel colore, quel colore così scuro
e
freddo in confronto a loro, che erano così brillanti e
caldi. Il
sorriso immediatamente abbandonò il mio viso, indietreggiai
di
qualche passo e abbassai il capo: non facevo parte di loro,
perché continuare a invadere quello spazio così
intimo?
Sospirai rassegnata e mi girai le spalle, intenta ad andarmene, ma
venni fermata da una voce.
-Dove vai?- mi chiese Justin.
-A casa mia,.- risposi girandomi, un sorriso sforzato fece la sua
entrata in scena sul mio viso.
-Come mai vuoi andare via?- continuò Pattie.
-Non vi vedete da tanto e questo è un momento vostro, non
voglio rovinare l'atmosfera.-
-Non rovini affatto l'atmosfera, bocciolo.- rassicurante, Bruce mi
sorrise.
-Cosa fai adesso a casa da sola? Meglio stare qua, almeno ti fai
quattro risate quando Bruce bacchetta Justin dopo che ci ha provato con
te.- Diane fece spallucce, ridacchiai.
Justin, invece, abbandonò la sua postazione ai piedi del
divano
e si avvicinò lentamente a me, il suo sguardo era fisso sul
mio
corpo. Quando una persona fissava intensamente il mio corpo mi sentivo
a disagio, eppure sentire lo sguardo fisso su di me da parte di Justin
aveva l'effetto contrario: stavo bene. Arrivò a pochi passi
da
me, mi porse la mano e mi sorrise.
-Infondo, hai detto tu stessa che sei sempre in questa casa.
Perché dovresti fare un'eccezione proprio adesso?-
Alternai lo sguardo dalla sua mano ai suoi occhi finché,
titubante, non unii il mio palmo al suo. Il sorriso che si espanse sul
suo viso era lungo da un orecchio all'altro. Staccò le
nostre
mani, ma con lo stesso braccio circondò le mie spalle e ci
avvicinammo a passo svelto al centro del salotto.
-Solo io riesco a convincerla.- si vantò Justin con gli
altri, mi baciò la guancia.
-Justin, non ci..-
-Non ci provare, okay, lo so. Lo so.-
E sorrisi, ancora.
Non mi capitava di sorridere così tanto da, quanto? Avevo
perso
il conto dei giorni ormai, eppure qualcosa mi diceva che avrei
cominciato un'altra conta.
Gli occhi di Justin trovarono ancora una volta i miei.
E sentii che il vuoto presente nel mio corpo si stava colmando.
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Buonsalve.<3
Indovinate un po' chi c'è qua?
Ma sono io, la vostra Sharrrron!
Quando finì 'Do you believe in love?' promisi che mi sarei
fatta
sentire a settembre e mi dispiace di non aver mantenuto la
mia
promessa.
Però, sapete, con l'inizio del nuovo liceo mi sono trovata
un
po' spaesata. Le materie sono abbastanza pesanti, ho interrogazioni e
verifiche a go go e ho preferito concentrarmi sulla scuola mettendo da
parte la tecnologia in generale. Pensate che ho riattivato la mia
pagina
Facebook pochi giorni fa e
ci sto comunque pochissimo,
quindi perché riattivare questo profilo e farvi aspettare
settimane per un capitolo? Amo scrivere, ma mi prende troppo tempo..
Per scrivere questo capitolo, per esempio, ci avrò messo si
e no
cinque ore, infatti l'ho scritto in due giorni.
E adesso, dato che l'ho menzionato, parliamo del capitolo!
Da quello che avete capito, ho cominciato una nuova storia. Premetto
che domenica sera avevo un po' di ispirazione e ho cominciato a buttare
giù qualcosa per una One Shot. Però, dato che
ciò
stavo scrivendo stava diventando troppo lungo, ho ben pensato di fare
una piccola fan fiction, che durerà si e no dieci capitoli,
o
anche meno. Pubblicherò una volta alla settimana, due se
riesco.
I capitoli saranno sempre lunghi come questo e be', che altro dire?
Non mi dilungo ancora, già avete sprecato un bel po' di
tempo.c:
Vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato, spero sia servito a
qualcosa passare ore davanti al computer a scrivere tutto
questo.<3
Seguitemi su Twitter
akjslsgds.
(chiedetemi il
follow back.)
Per domande o
curiosità, askatemi
pure.
Se semplicemente
volete aggiungermi su Facebook,
questa sono io. c:
E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
ladies.
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