HOPELESSNESS
Odiava entrare in quel palazzo: odiava
l’atrio buio e
fatiscente, le pareti umide e sporche, i corrimano arrugginiti.
Odiava quel quartiere, in una zona di Tokyo pericolosa e malfamata: di
giorno regnavano la miseria e il degrado, la notte furoreggiavano
prostitute e spacciatori.
Ma, come ben sapeva, era quello il posto dove lui aveva scelto di
vivere, ormai da tre anni: semplicemente, era quello che voleva.
Sakura sollevò il sacchetto della spesa, improvvisamente
pesante
dovendo affrontare quelle traballanti scale, improvvisamente pericoloso.
Arrivò faticosamente al quarto piano, come unico silenzioso
rumore la muta preghiera che rimbombava nella sua testa.
Fa che stia bene. Ti prego, fa che non sia successo
nulla…
Riconobbe subito la porta scrostata e color ruggine, ancora
più
diroccata di quando l’aveva vista l’ultima volta.
E sapeva anche che l’avrebbe trovata aperta, non si era mai
dato
pena di chiuderla; come soleva ripetere alle sue proteste, i ladri non
avrebbero trovato nulla di valore, e qualora qualcuno
l’avesse
voluto uccidere…beh, forse gli avrebbe fatto un favore.
Mandando giù il terribile groppo in gola, girò la
maniglia: come previsto nessuna chiave o chiavistello, ed
entrò
richiudendola dentro di sé.
Ancora peggio dell’ultima volta, se possibile.
Ovunque aleggiava un opprimente aura mortifera, accentuata dalla
polvere e dalle finestre socchiuse che non lasciavano trasparire la
luce del giorno.
Poteva essere la stanza di un luogo dimenticato da dio, disabitato da
anni. Non certo di un appartamento.
Posò la borsa su una sedia, notando le numerose sigarette
spente, i ritagli di giornali sparsi per terra, qualche libro.
Sussultò all’improvviso vedendo una bottiglia di
vodka
vuota, seminascosta dalle gambe del tavolo, e numerose lattine di birra
ammassate in un angolo. Si morse le labbra, trattenendo le lacrime.
Ha ricominciato a bere…
“Sasuke-kun!”
L’invocazione le uscì di bocca stridula e
affannata prima
che potesse bloccarla: terrore improvviso che lui non fosse in casa,
angoscia lacerante che fosse successo qualcosa…
Sospirò di sollievo quando lo vide emergere dalla sua camera
da letto, con sguardo accigliato e interrogativo.
“Ah, sei tu.”
Fu il laconico commento del ragazzo. La guardò di sfuggita,
andandosi a sedere sul divano malconcio: Sakura lo fissò
intensamente, sentendo pulsare il cuore, impazzito.
Era dimagrito ancora, aveva le guance scavate e gli zigomi affilati.
Gli occhi carbone erano lucidi, il volto pallido segnato dalle
occhiaie, i capelli lunghi e scarmigliati gli coprivano la fronte.
L’emblema della dissolutezza.
E, nonostante tutto, sempre bellissimo.
Sakura lo vide vuotare tutto d’un sorso il bicchiere accanto
al
suo tavolo, e certo non era acqua. Si morse un labbro sforzandosi di
controllare il proprio tono di voce.
“Hai…hai ricominciato a bere…Avevi
promesso che avresti smesso, Sasuke-kun…”
Fu un flebile mormorio, che lui accolse con un’alzata di
spalle.
“Piantala con quel kun. E a chi l’avrei promesso,
se posso saperlo?”
La sua voce tagliente la fece sussultare. Sakura trattenne le lacrime.
A nessuno. Avrei solo voluto che lo avessi promesso a me.
“Speravo solo che fossi davvero intenzionato a finirla,
Sasuke-k…Sasuke. Io ci credevo…un mese fa io ero
convinta
che ce l’avresti fatta…”
Lui sbuffò versandosi un altro bicchiere di- ora
sì che lo riconosceva –gin .
“Ti preoccupi sempre senza motivo. Perché non ti
fai mai i fatti tuoi? Perché stai sempre a
seccarmi?”
Lei dischiuse leggermente la bocca, ma non uscì alcun suono.
Perché ti amo, e tu lo sai bene.
“Non puoi bere alle undici di mattina. Sasuke, maledizione,
non
puoi!” lo implorò infervorata. Lui la
guardò
sprezzante.
“Sakura, ho diciannove anni. Faccio quel cazzo che mi pare,
tengo a precisarlo.”
Lei ammutolì del tutto, sentendosi come sempre incapace.
Perché, perché aveva fallito con
l’unica persona che voleva disperatamente salvare?
Sakura Haruno era una ragazza determinata e persuasiva.
Una promettente studentessa di medicina. La più brillante
del suo corso, senza alcun dubbio.
Ma tutto questo non aveva alcun senso, anzi risultava solo svilente e
avulso di significato: lei non era riuscita a salvare il ragazzo che
aveva amato sin da ragazzina.
Si voltò, dandogli le spalle.
“Ti ho portato la spesa…sono passata
all’alimentare
qui sotto, ho comprato un po’ di roba. Frutta, un
po’ di
legumi in scatole…del riso, del sushi. E poi latte e succo
d’arancia.”
Sakura pronunciò quelle parole distogliendo lo sguardo da
quegli occhi antracite, che la facevano solo stare male.
La cucina era spoglia, come se nessuno l’avesse mai usata.
Inorridì alla vista del frigo vuoto, eccettuate due
solitarie
mele rosse, ormai ammuffite.
Non c’era nulla.
Solo delle bottiglie di sakè, della vodka, stipata in
un’anta.
Dannazione.
Con gesti rapidi svuotò il sacchetto, disponendo con cura
quanto
comprato, e mise subito a bollire dell’acqua per il
tè; la
calma apparente nascondeva fremiti incontrollabili, che aveva ormai
imparato a dominare. Bastava che non incrociasse i suoi occhi. Se non
lo guardava, il suo tono di voce rimaneva controllato e deciso.
“Hai intenzione di morire, Sasuke? Hai deciso di non mangiare
più e farti morire di fame? Alimentazione a base di alcool e
sigarette, un’idea geniale.”
Parlava con le nocche strette, lo sguardo fisso sull’acqua
che iniziava a bollire.
Sì. Non fissandolo riusciva a dire tutto quello che pensava.
Sobbalzò avvertendo improvvisamente la sua presenza accanto,
accorso vicino come un fantasma, lieve e impalpabile.
“ Non ho fame. E mangio spesso fuori.”
Sentenziò
Sasuke prendendo l’accendino posato vicino ai fornelli. La
sua
mano sfiorò inavvertitamente le dita di Sakura, che
arrossì di colpo.
Calore. Bruciante, schiacciante sensazione di calore.
Lo osservò sedersi nuovamente sul divano, lo sguardo vacuo,
le
dita sottili che armeggiavano con le sigarette. Lo seguì
poco
dopo, in mano le tazze di tè.
“Vorrei…vorrei solo che tu la smettessi.
Io…vorrei solo aiutarti.”
E che tutto tornasse come prima. Quando eravamo felici, io, te
e
Naruto. Quando tu eri felice. E io non chiedevo nulla di
più.
Nulla.
Le iridi nere di lui luccicarono divertite.
“Sakura…apprezzo gli sforzi. Ma inizi ad essere
seccante. Noiosa.”
Le parole la trafissero come lance acuminate. Noiosa. Già.
La solita, ingenua Sakura Haruno.
L’unica che ancora dopo tre anni pensava che i vecchi tempi
potessero magicamente riapparire.
Ignorando che Sasuke era ormai alcolizzato.
Che suo fratello Itachi, quando Sasuke aveva sedici anni, aveva
ammazzato in un raptus di follia i genitori. Suicidandosi subito dopo
sparandosi alla testa.
Ed ora Sasuke cercava nell’autodistruzione l’oblio
che
agognava, la pace dei sensi che sembrava averlo completamente
abbandonato.
Nulla del suo vecchio mondo, dei suoi vecchi amici, aveva
più un senso.
Una persona che sceglie consapevolmente di irridere alla morte,
annientandosi sempre più, cosa mai poteva ancora vedere in
un
passato che ormai era confuso e caliginoso?
Niente. Un bel niente.
E lei non era altro che una figurina, ormai vuota, dei suoi ricordi
anteriori al baratro improvviso della sua vita.
La realtà, la desolante realtà, era questa,
davanti ai
suoi occhi: un ragazzo disilluso, cinico, privo di qualsiasi scintilla
vitale.
I vecchi tempi, ormai, erano morti, sepolti.
Sorseggiò tremante il suo tè, caldo e piacevole,
ma
nemmeno il buon sapore bastò a confortarla. Voleva solo
stringerlo, in quell’istante.
Sentirlo accanto a sé. Tutto quello che avrebbe voluto in
quell’istante era abbracciarlo, e la cosa più
frustrante
era avere la certezza che il suo abbraccio non sarebbe stato ricambiato.
Sasuke prese il tè, storcendo leggermente il naso.
“Odio il tè.”
“Una volta ti piaceva.”
Fu la secca risposta di Sakura. Sasuke sospirò, bevendone un
piccolo sorso.
“Già, una volta.”
Rimasero per un attimo in silenzio, in quella stanza buia e polverosa,
come suono solo il vociare dei pochi passanti che passavano per quella
via al mattino.
“Allora…come mai sei venuta?”
La domanda di Sasuke la colse leggermente spiazzata. Come se ogni volta
dovesse giustificare la sua presenza.
“Io…vengo sempre, Sasuke. Ogni mese. Lo
sai.”
“Lo so. Solo che ritengo che potresti usare meglio il tuo
tempo.”
Sakura strinse le mani intorno alla tazza, rischiando quasi di
spaccarla; certo, avrebbe potuto non venire più. E forse
sarebbe
stata la cosa migliore per lei, visto come usciva devastata dopo ogni
visita. Sempre con la recondita speranza che lui sarebbe cambiato, che
il mese successivo l’avrebbe trovato diverso.
Come se Sakura potesse continuare a credere ancora nelle favole.
Piccola, stupida ragazzina.
Si sforzò di modulare il tono di voce, un esercizio che
ormai
era abituale: quanto sarebbe stata rotta dal pianto, altrimenti? Ma
sapeva, oh sì, che era sull’orlo del crollo.
Sarebbe bastata una singola frase sbagliata.
“Il mio tempo è impiegato benissimo. Se tu non
vuoi che venga più, allora è un altro
conto.”
Sasuke scrollò le spalle.
“Che vuoi che cambi per me?”
Stavolta Sakura lasciò cadere a terra la tazzina, che si
frantumò in mille pezzi, piccole schegge che si dispersero
sul
pavimento sporco.
Sasuke alzò solo la testa, le sopracciglia corrucciate, la
fronte aggrottata. Fissò inespressivo il volto di Sakura,
ora
bagnato dalle lacrime, copiose.
Perché faceva sempre così, Sakura: tratteneva, e
poi
tutto d’un tratto le sue emozioni scoppiavano, esplodevano
irrefrenabili.
Si nascose il volto tra le mani, incapace ancora una volta di frenare i
singhiozzi.
Ma quello che faceva più male era certamente la sua
indifferenza.
“Sasuke…ti prego…ti
scongiuro…basta…”
Incurante del suo sguardo vacuo, si avvicinò a lui, e gli
prese
la mano, stringendola forte. Lui non la tolse, ma nemmeno rispose alla
stretta.
Semplicemente, la mano restò inerme.
E Sakura piangeva, piangeva.
“Ti prego, Sasuke…ti prego…fallo per te
stesso…o almeno fallo per me…”
Sasuke la fissò, gli occhi tristi.
Avrebbe voluto dirle di smettere di piangere, dirle che era inutile.
Non era colpa di Sakura, se lui era diventato quello che era.
Non era colpa sua se lui non avrebbe mai potuto darle quello che lei,
incessantemente, chiedeva.
Come può un relitto umano amare qualcuno?
Non può.
Ritirò la mano, deciso, e alzandosi andò ad
appoggiarsi
al tavolo, le mani che stringevano forte il bordo. Fissò i
grandi occhi verdi della ragazza, ancora inginocchiata vicino alla
sedia.
“Perché.”
Sakura chiuse gli occhi al suono della sua voce funerea, ma Sasuke
proseguì.
“Perché ti ostini a volermi redimere? Non capisci
che io
non ho speranze, né un futuro…né uno
straccio di
sentimento che mi sia rimasto in corpo.”
Sakura non voleva guardarlo. Sapeva già la domanda che stava
per farle.
“Sakura. Perché tu…non
puoi…”
Non chiedermelo Sasuke…ti scongiuro non
farlo…
“…essere felice con…”
No…ti prego no…
“…Naruto?”
Silenzio di tomba, e Sakura aprì finalmente gli occhi.
L’espressione di Sasuke era malinconica.
“Lui ti ama. Lui saprebbe come renderti felice.
Perché non gli dai questa possibilità?”
Sakura lo fissava.
Di nuovo quella domanda.
Ed ecco che subito, repentini e implacabili, la assalivano i ricordi,
immagini di tempi diversi che si sovrapponevano con fin troppa
chiarezza nella sua mente.
*
Due giorni addietro.
Lei e Naruto si erano dati appuntamento al parco, approfittando della
bella giornata; una di quelle mattinate soleggiate che non facevano che
risaltare la solarità di Naruto, contagioso nel suo sorriso
smagliante, gli occhi turchesi ridenti, i capelli che catturavano ogni
raggio di luce.
Era impossibile non restarne abbagliati, Naruto era il sole in persona.
Anzi. Il suo sole.
“Saaakura-chan, guarda cosa ti ho portato? Ti piace?
È il
tuo genere? Ci ho messo tre ore a decidere quale
scegliere…non
è che ci capisca molto in queste cose,
‘tebayo!”
Sakura guardò sorridendo la collana che le tese Naruto: una
sottile catenella d’argento,con un ciondolo smaltato a forma
di
luna.
Proprio quello che piaceva e lei. Lo abbracciò con trasporto.
“Ma non dovevi! Certo che è il mio genere,
baka…assolutamente sì!”
Tu sai sempre cosa mi piace. Mi conosci troppo bene.
“Scherzi!? È già imperdonabile che non
ti ho fatto
il regalo di compleanno in tempo…dovevo cercare qualcosa di
veramente bello, Sakura-chan!!” gongolò contento.
L’atmosfera era lieta. Serena. Fino a quando lui con finta
noncuranza le aveva posto la fatidica domanda.
“Andrai ancora a trovarlo?”
Sakura si era irrigidita all’istante, la bocca
improvvisamente
secca. Il nome, seppur non pronunciato, aleggiava pesante
nell’aria.
Naruto l’aveva guardata intensamente.
“Sakura-chan…lo sai che non devi.
Maledizione.”
“Non parlare così. Eravate come
fratelli.”
Aveva sussurrato lei debolmente.
Gli occhi azzurri di Naruto avevano assunto una sfumatura
più scura, dolorosa.
“Vero. Ma i fratelli non ti sbarrano la strada. Non ti
mettono
nelle condizioni di scegliere. Non ti escludono dalla loro vita con
disprezzo e rancore.”
“Ma anche tu lo vai ancora a trovare.”
Una debole replica.
Naruto aveva annuito.
“Sì. Perché per me lui sarà
sempre un
fratello. Anche se non è rimasto nulla di quello che era il
vecchio Sasuke. Anche se ogni volta lui mi allontana, e io sto male. Ma
tu, Sakura…perché tu ci vai?”
Sakura l’aveva fissato, tremante.
Naruto le aveva preso una mano, delicatamente.
“Sakura…perché vuoi soffrire
così?
Lui…ti farà stare sempre più
male…e tu ogni
volta continui a illuderti…sempre…sempre
più.”
Parole che facevano male, parole disperatamente vere.
Si era alzata di scatto, come se il sole, fino a poco fa piacevole, ora
scottasse troppo, insostenibile.
“Io…io devo andare, Naruto…”
La voce triste del ragazzo la raggiunse alle spalle.
“Sakura-chan…lui non ti amerà mai! Mai!
Lui non può amare, non capisci?”
Sakura aveva affrettato i passi, distrutta, ma le ultime parole di
Naruto, seppur rivolte più a se stesso, l’avevano
raggiunta ugualmente, trafiggendola.
“E soprattutto…non potrà mai amarti
quanto ti amo io…”
*
Ed eccola lì, a fissare per l’ennesima volta il
volto
esangue di Sasuke, l’aria di chi attendeva una risposta.
E lei che, per l’ennesima volta, sentiva il cuore sanguinare.
“Perché ogni volta mi costringi a ripeterlo,
Sasuke…Io non amo Naruto …”
“Sei sempre la solita ragazzina…”
A quel punto Sakura si era rialzata in piedi, gli occhi fiammeggianti.
“No, non è il termine giusto, Sasuke! Io sono
un’idiota. Io potrei avere accanto il ragazzo più
dolce
dell’universo, un ragazzo che mi ama…e invece no.
Perché tu sei costantemente nella mia mente,
perché ogni
volta che ti vedo provo una fitta al petto, perché il
pensiero
di non vederti più mi uccide. E ogni mese io…io
vivo con
l’angoscia di perderti per sempre.”
Chinò il viso, affranta. E improvvisamente sentì
la mano
di Sasuke che le si posò su un braccio, e
incrociò i suoi
occhi pece.
Così neri, così profondi.
“Sakura…”
Anche la sua voce, un roco sussurro, la faceva ogni volta impazzire.
“La tua è un’ossessione. La tua
è una folle ossessione.”
“Sasuke…”
“Come puoi amare uno come me? Sono un tossico alcolizzato che
ogni sera si chiede perché non è morto. Per quale
cazzo
di ragione sono vissuto fino ad oggi, quando la mia sorte era quella di
morire con i miei genitori?”
Sakura gli si strinse contro, incapace ancora di trattenersi. Lui non
rispose all’abbraccio. Ma lei lo strinse ancora
più forte,
nascondendo il viso sul suo petto, il respiro affannoso.
Lui, dopo un attimo di imbarazzo, le carezzò con timore i
capelli morbidi. La sentì sussurrare, schiacciata sulla sua
maglietta, parole flebili ma perfettamente distinguibili.
“Sasuke… la mia non è
un’ossessione…”
“Si che lo è. Potresti amare Naruto. Potresti
essere
felice, come meriti. Perché diamine continui a sperare, non
ti
rendi conto che io non…”
“Perché ti amo!”
Eccola, quella frase. Eccola, la semplice verità.
Lo guardò straziata, sconfitta.
“Io ti amo con tutta me stessa. Chiamala ossessione. Chiamala
follia. Chiamala…pazzia. O stupidità. Ma la
verità
è che io non smetto un secondo di pensare a te. E quando ti
vedo
io…sto così male, così
male…vorrei
solo…”
Le parole si spensero così come erano prima erano sgorgate
con tanta facilità.
Parole che si spezzarono per la troppa pena, per la concitazione
più nera.
E le mani che nel frattempo si artigliavano alla maglietta, come se
aggrapparsi a Sasuke avrebbe potuto salvarla dall’abisso di
dolore nel quale lentamente stava precipitando.
Ora erano solo i singhiozzi di Sakura a riempire il silenzio della
spoglia stanza, mentre Sasuke lentamente chinava il viso a guardarle la
nuca.
Avrebbe dovuto amarla.
Avrebbe potuto amarla.
Se tutto fosse stato diverso…Sakura sarebbe stata la sua
vita.
Perché seppur nella sua grigia esistenza, in quella sua
patetica
vita dedicata alla sofferenza e
all’autodistruzione…seppur
in quella sua ostinata persecuzione del rifiuto della
felicità…
Forse…
Sì. Stringere Sakura, in quel momento, lo faceva sentire
più vivo.
Non un relitto umano, non un tossico alcolizzato depresso.
Solo più vivo.
Ma non bastava.
Sasuke la stringeva, ma sapeva anche che non sarebbe bastato
quell’istante, quel breve attimo in cui sembrava che
finalmente
le tenebre lo abbandonassero.
Era così poco.
E nemmeno uno come lui era tanto egoista da far soffrire
così tanto qualcuno che lo amava.
Qualcuna come Sakura. Che non lo aveva mai abbandonato.
E fu così che la scansò lentamente, guardandole
con una
dolcezza rara il volto rigato dalle lacrime, la solita luce spenta
negli occhi.
“Sakura. Vai a casa. Vai da Naruto, vai da chi ti
renderà felice, come meriti. Vai via da me.
Vattene.”
“No.”
“Sakura…non farmelo ripetere. Io non posso amarti.
Non potrò mai amarti.”
Parole che le fecero chiudere all’istante gli occhi.
E Sasuke, dentro di sé, sapeva che non era vero.
Ma l’amore che lui provava, o che avrebbe potuto provare, era
qualcosa che l’avrebbe solo condannata a una vita
d’inferno.
E allontanarla era la cosa migliore che potesse fare, visto che, del
resto, lui era il maestro delle fughe.
Sakura riaprì gli occhi, lo sguardo deciso e determinato,
come
se le parole pronunciate poco fa non avessero sortito alcun effetto.
“Io ti amo.”
Ostinata.
“Io ti amerò sempre.”
Molto ostinata.
“E fino a che non ti salverò, fino a che non ti
riporterò indietro…io non mi darò
pace.”
Dannatamente ostinata.
E quasi senza preavviso Sasuke si ritrovò le labbra di lei
premute sulle sue, calde, morbide.
Le mani che gli accarezzavano il viso.
Una sensazione sconvolgente, nuova.
Un’altra cosa che…lo faceva sentire vivo.
Ma Sasuke ancora una volta si scostò, paralizzato dalla
sorpresa
e dal tremore. Ancora una volta indietreggiò, ignorando il
corpo
che voleva tutt’altro, ignorando la bocca improvvisamente
umida.
Ignorando qualsiasi cosa che potesse minimamente essere paragonata a
un’emozione.
Ancora una volta andò alla finestra, cercando di ritrovare
la
calma, l’usuale apatia che ormai lo avvolgeva, sicuramente
più sicura e meno sconosciuta di quella marea di
trepidazioni
che Sakura all’improvviso gli stava trasmettendo.
“Vai a casa, Sakura. Non farmi ripetere un’altra
volta…”
Vattene perché stai scardinando la mia esistenza.
Vattene perché è vero che ho bisogno di te.
Vattene perché ho paura di amare.
Sakura rimase ancora immobile per un attimo, incredula di quanto aveva
appena fatto, incredula di essersi spinta fino a baciarlo.
Ed essere poi respinta.
Ma cosa si aspettava del resto?
Eppure, l’avrebbe rifatto altre dieci volte. E cento, e
mille. Tutto, ogni cosa per quei pochi secondi.
“Non farmi ripetere tu, un’altra volta. Io ti
salverò, Sasuke. Se non oggi, domani. O tra mesi. O anche
anni.
non mi importa quando tempo ci vorrà. Tu…tu devi
vivere.”
Afferrò la borsa a tracolla, asciugandosi gli occhi ormai
gonfi
e saturi di lacrime, rassettando alla meglio i capelli arruffati.
Si avvicinò alla porta, la mano tesa, la gola che pulsava.
“E sappi che ti amerò sempre. Chiamala pure
ossessione, se
così preferisci, se così ti fa sentire
più sicuro.
Se così credi. Ma il mio è semplice amore,
Sasuke.
Purtroppo? Oh, non lo so. In fondo, è quello che ho sempre
voluto. E sempre provato. Ma io sarei felice solo accanto a te, Sasuke.
E’ questo che tu non vuoi capire.”
Lui dava sempre le spalle. Non si girò.
Non si sarebbe girato.
E Sakura uscì reggendosi a stento sulle gambe, chiudendo
piano la porta.
Sasuke rimase per un breve istante ancora alla finestra, fissando
dritto davanti a sé, in teoria il balcone del vicino pieno
di
piante sfiorite.
In pratica, il nulla.
Solo dopo qualche minuto andò in cucina, prendendo una
bottiglia di gin mezza piena.
L’avrebbe finita all’istante, se quello fosse
servito ad
annullare il malessere che lo aveva improvvisamente annebbiato.
Malessere fisico.
Perché la tua vita sta andando sempre
più a
puttane.
Ma forse peggio ancora il malessere psicologico.
Perché per la prima volta avverti che ti manca
qualcosa.
Afferrò la bottiglia.
Ti manca lei.
Il primo sorso, speranzoso. Oblio.
È uscita e tu non ti sei girato.
Il secondo, amaro. Pena.
Perché sei un fottuto bastardo che vuole morire
invece di
amare.
Il terzo semplicemente rivoltante. Resa dei conti
La verità è che non puoi andare avanti
così.
E Sasuke gettò per terra la bottiglia, il liquido scuro che
sporca le mattonelle, i vetri che per la seconda volta in un pomeriggio
invadono un pavimento.
Ma stavolta per una buona causa.
Sei mesi dopo
Amava quell’appartamento, Sakura. Era la sua casa.
L’affitto era basso perché oggettivamente
c’era ben
poco da ammirare, ma a Sakura andava bene così:
l’importante era ricreare un’atmosfera intima e
accogliente, e poco importava che fosse così piccolo e poco
illuminato.
Anzi, se avesse avuto soldi a sufficienza avrebbe voluto comprarlo.
E così sembravano pensare anche le sue due compagne di
università che abitavano con lei: non appena avessero
completato
i rispettivi corsi, quell’appartamento sarebbe diventato
loro.
Tanti i ricordi che le teneva legate.
Quel giorno Sakura era sola, l’unica rimasta a casa per le
vacanze di Natale: troppi gli esami da preparare.
Una volta finito di appendere gli acquarelli astratti del ragazzo di
Ino, Sai, era ora il turno di smistare la posta.
Come sempre, tonnellate di cartacce.
Aggrottò un attimo la fronte quando vide lì
accanto un
foglio stropicciato con la grafia tonda e infantile di Hinata: un
foglio dove il nome Naruto faceva da padrone.
Incorreggibile Hinata.
Sakura rise ad alta voce, ricordando all’istante gli incontri
tipo che avvenivano tra i due.
“Sakura-chan sono venuto a portarti il libro che
dicevi…Oh, ciao Hinata!”
“N-n-n-naruto-kun…”
balbettava di regola con la sua vocina sottile e delicata, arrossendo
come un peperone, sotto lo sguardo divertito di Sakura e quello
perplesso di Naruto.
“Mm…ma stai bene?”
“Eh? Oh…b-benissimo, Naruto-kun…v-vado
di là a farvi un tè.”
E immancabilmente spariva, con Sakura che come sempre rimbeccava
l’amico.
“Ma proprio non capisci?”
“Che Hinata è pazza?”
“Naruto, ma sei cieco o cosa? È cotta di
te!”
E allora Naruto scuoteva la testa, perplesso, per poi sorriderle.
“Quando ami una persona non ti comporti
così…Tu non lo faresti di certo.”
“Oh andiamo, ma che ne sai.” cercava di schermirsi
lei.
E Naruto allora diventava serio.
“Semplice. Arriveresti a fare di tutto per la persona che
ami. Le
diresti ogni cosa…e ogni fibra del tuo essere
sarebbe tesa
verso di lui. È sempre stato così con Sasuke, no,
Sakura-chan?”
Sakura chiuse gli occhi, maledicendo i ricordi che anche quando erano
lieti inevitabilmente prendevano una piega amara.
Sasuke.
Il dolore era ancora così forte.
Sei mesi senza sapere più nulla. Sei mesi in cui era ormai
lei a
vivere per inerzia, dopo l’iniziale shock e il terrore che
fosse…
Quando cinque mesi addietro non lo aveva trovato in casa si era sentita
morire. Ma ci aveva pensato rapidamente un ragazzo del palazzo a dirle
che non era, come credeva, morto.
Semplicemente, se ne era andato.
“Ma quando, come?!” aveva urlato
distrutta,
torcendosi le mani.
Il tizio aveva scrollato la testa, l’aria apatica.
“Boh. Se ne è andato da una decina di giorni. Mi
ha detto
che partiva, non so dove. Non mi ha detto però che sarebbe
tornato.”
E Sakura si era accasciata sul marciapiede, incurante degli sguardi
delle persone, incurante della pioggia battente.
Sollevata perché era vivo.
Distrutta perché l’aveva perso per sempre.
Asciugandosi rapida le lacrime che, impietose, già stavano
sopraggiungendo, si concentrò sulla posta.
Pubblicità, pubblicità.
Retta universitaria.
Bolletta del gas. Bolletta della luce.
Pubblicità.
Cartolina di Ino in vacanza che la salutava.
Una rivista in omaggio di floricoltura.
Cartolina di Hinata.
Busta con timbro di New York.
Pubblicità…
Sakura si fermò perplessa.
La busta di New York cosa c’entrava?
Bianca, piccola, il suo indirizzo scritto a chiare lettere.
L’aprì stupita, facendo scivolare sul tavolo il
foglio ingiallito all’interno.
Poche righe, al centro della pagina.
E il suo cuore che smise per un attimo di battere, per poi riprendere a
pulsare impazzito.
Non cercare di rintracciarmi. Probabilmente
cambierò
città già domani.
Ho smesso completamente con la droga, forse smetterò anche
di bere.
Sai, solo lontano da lì posso imparare a convivere con il
mio passato.
La mia non è una fuga…è solo un
temporaneo allontanamento.
Ma non tornerò fino a che non saprò realmente
vivere.
E allora saprò amarti come tu mi hai sempre amato.
E potrò davvero renderti felice.
Grazie, Sakura.
Mi hai salvato.
Parto con l'esprimere la mia
contentezza e la mia
graditudine a chi ha giudicato la mia fic meritevole del primo posto
del concorso: quindi a Rory e Kaeru(sperando di sapere che fine ha
fatto in tempi brevi!)
Cosa posso dire...questa fic mi ha
fatta penare,
perchè iniziata in un momento di sconforto, in cui la
situazione
ricreata è attinente a certe realtà vissute.
Più
la scrivevo, però, più ero convinta che potesse
uscirne
qualcosa di buono: raramente io sono soddisfatta di quanto scrivo, sono
autocritica a livelli maniacali, ma questo è uno dei casi in
cui
posso non trovare eccessive pecche.
Spero di essere riuscita a
coinvolgervi, e farvi
sentire partecipi, e anche a farvi sperare, nelle ultime righe:
insomma, il titolo non è beneaugurante, ma in fondo,
è la
situazione che ahimè intercorre tra Sasuke e Sakura: ma
finchè il manga non finisce, non bisogna mai perdere la
speranza.
Dedicata a tutte le fan di
questa
coppia, perchè il SasuSaku,
anche se Kishimoto dovesse farci qualche brutto scherzetto, non
morirà mai. Sono troppo belli insieme.
E un abbraccio particolare a robi e susi, che mi
hanno sempre
incoraggiata durante questo concorso: la prima con la sua dolcezza e il
suo entusiamo, la seconda con la sua ironia e la sua decisione. Grazie
ragazze^^
Un bacio a tutti, e grazie per i commenti che lascerete!
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