-Maledizione- mormorai scansando per un pelo un primino che aveva rischiato
di farmi finire a gambe all’aria. Spostai il tomo di magia avanzata
sull’altro braccio per sistemare la tracolla della borsa. Le lezioni erano
appena iniziate e stranamente non vedevo già l’ora di avere un attimo di
pausa. Quest’anno era cominciato decisamente male.
Di Voldemort non si avevano più notizie da un bel po’, esattamente dalla
battaglia alla fine dello scorso anno quando il suo tentativo di uccidere
Silente non era andato a buon fine. Ma il ritiro a vita privata del mago
più oscuro di tutti i tempi non aveva affatto riportato la tanto agognata
tranquillità a scuola. Anzi, se possibile, aveva peggiorato la situazione.
Sembrava di camminare continuamente sulle uova: si doveva stare attenti a
quello che si faceva, si diceva e addirittura si pensava.
Sbottai nuovamente entrando nella mia stanza e chiusi velocemente la porta
alle mie spalle.
Posai velocemente il libro e la borsa sul letto sistemando una foto che
probabilmente era caduta quando prima ero uscita di corsa per la prima
lezione con Piton.
Non potei fare a meno di sorridere vedendo mia madre salutare
frettolosamente. La foto era stata scattata qualche settimana fa in Spagna.
Per la prima volta dopo due anni avevo deciso di non passare l’estate alla
tana. Ero riuscita a rintracciare i miei genitori e a toglier loro
l’incantesimo di memoria che avevo fatto all’inizio del quarto anno per
proteggerli da Voldemort e dai Mangiamorte. Avevo impiegato settimane a
localizzarli con l’aiuto di Silente e poi non ero più riuscita ad
allontanarmi da loro per più di mezza giornata. Forse era semplicemente
questo il motivo per cui stare ad Hogwarts quell’anno non mi entusiasmava
più di tanto.
Posai la cornice sulla scrivania pensando a quanto ero cambiata negli
ultimi anni, a quanto la guerra mi aveva cambiata.
La strana sensazione di tranquillità che aleggiava per l’intero mondo
magico non sembrava reale. Quanto tempo era passato dall’ultima volta in
cui ci eravamo davvero sentiti al sicuro?
Probabilmente non lo eravamo nemmeno in quel momento. Voldemort era
semplicemente sparito, forse per leccarsi le ferite e cercare di racimolare
qualche mangiamorte. Nell’ultima battaglia ne erano morti parecchi,
altrettanti erano stati rinchiusi ad Azkaban e sottoposti al bacio.
Qualcuno si era salvato cambiando improvvisamente fazione. Di sicuro non
erano più così tanti da poter organizzare un altro attacco.
Ma quanto ci sarebbe voluto? Settimane, mesi o anni?
Cominciai a svuotare la borsa mentre mi sentivo improvvisamente sbagliata.
Come potevo starmene ad Hogwarts, finire l’ultimo anno, tornare alla vita
di prima sapendo che prima o poi avrei dovuto abbandonare di nuovo tutto?
Mi lasciai cadere sul letto esausta. Non ne avevo ancora parlato con Harry
o Ron ma visto lo sguardo da animale in gabbia che intravedevo spesso negli
occhi del mio migliore amico probabilmente nemmeno per lui il rientro a
scuola era stato come gli altri anni.
Senza poi considerare che dovevo ancora dirgli cosa cavolo era successo
quel maledetto pomeriggio. Ero stata più volte sul punto di raccontargli
tutto ma per un motivo o per un altro non ero nemmeno riuscita a cominciare
l’argomento: prima Lavanda che doveva urgentemente parlare con Ron, poi la
McGranitt che voleva sapere la sua disponibilità per le selezioni della
squadra di Quidditch, poi Piton, anche se non si era capito bene cosa
volesse…
E ogni volta che per sbaglio mi cadeva lo sguardo sul loro tavolo lo
trovavo a fissarmi. Mi sorrideva lievemente e poi tornava a parlare con i
suoi odiosi compagni di casata.
Lui era uno dei pochi purosangue che avevano deciso di cambiare fazione
all’ultimo momento per salvarsi il culo. Di sicuro uno non poteva cambiare
idea così radicalmente da un giorno all’altro, passare dall’odiare una
persona a correre da lei al primo problema in meno di un mese.
Chiusi gli occhi ripensando di nuovo a quel pomeriggio di metà agosto.
***
Non potevo nemmeno immaginare quanto mi era mancato lo shopping per il
centro di Londra con mia mamma. Due anni senza di lei erano lunghi da
recuperare ma stavamo facendo di tutto per tornare almeno alle nostre
vecchie abitudini. Prima con il viaggio a Parigi, poi con le vacanze in
Italia e infine con la nostra routine in Inghilterra che comprendeva
soprattutto l’uso della carta di credito.
Sorrisi lievemente chiudendo il cancello con un piede e cercando di restare
in equilibrio sotto il peso delle borse delle marche più in vista di
Londra. Mia mamma stava mettendo la macchina in garage, visto che il cielo
si era annuvolato di colpo e prometteva pioggia mandando in crisi il
traffico della capitale Inglese.
Masticai una parolaccia quando rischiai di inciampare sulle mattonelle
scoscese della villetta a schiera che per anni era stato l’unico posto che
avevo potuto chiamare casa.
Presi al volo una borsa pensando a quanto mi sarebbe piaciuto in quel
momento poter fare magie liberamente. Nessuna borsa da tenere in mano,
nessun rischio di finire ad abbracciare il pavimento, meno di mezzo secondo
per aprire la porta senza dover cercare come una disperata le chiavi come
stavo facendo in quel momento. Certo mi era mancato il mondo babbano, ma a
volte la magia tornava davvero comoda. Roteai gli occhi sentendo
Grattastinchi miagolare infastidito.
Girai lievemente la testa verso il giardino della mia vicina dove, come
ogni santo giorno da due mesi a quella parte, il mio gatto stava patendo le
pene dell’inferno. Non che Matilda mi fosse mai stata simpatica, ma da
quando ero tornata si mostrava decisamente più ostile del solito: bloccava
mia madre ogni volta che poteva per farle infinite domande su dove ero
stata io e su dove erano stati loro, torturava il mio gatto, mi squadrava
severa da dietro le lenti spesse come fondi di bottiglia ogni volta che le
capitava l’occasione. Probabilmente cercava di capire perché ero così
.
-Vieni Grattastinchi - sbottai esasperata mentre il mio gatto saltava giù
dalle gambe dell’anziana signora. Smisi di cercare le chiavi, che
probabilmente avevo dimenticato nuovamente in casa, e stringendo appena la
bacchetta mormorai un Alohomora sorridendo affabile alla vicina.
Mi chiusi la porta alle spalle sentendomi in colpa per mia mamma che adesso
avrebbe dovuto sorbirsi le domande di Matilda dal momento che la porta si
era aperta da sola e non c’era nessuno in casa.
Posai le borse in corridoio e mi accorsi subito che c’era qualcosa che non
andava, ad esempio il mantello con lo stemma dei serpeverde che faceva
bella mostra di sé sul portabiti. Silenziosamente presi la bacchetta dalla
borsa e controllai velocemente la cucina. Nessuno, nemmeno un’ombra, tranne
il sacchetto dei miei biscotti al cioccolato sopra il tavolo. Strano, ero
sicura di averlo rimesso nella credenza finita la colazione. Per una volta
sperai che Matilda avesse tante cose da dire a mia madre. Dovevo
assolutamente trovare chi era entrato in casa e capire per quale strano
motivo un serpeverde era nella Londra babbana e tra tutti i posti aveva
scelto proprio casa mia. Non poteva essere un caso vero? Ma chi tra i
serpeverde sapeva dove abitavo?
Aprii lentamente la porta del salotto dove, a differenza della cucina,
c’erano tracce molto visibili della presenza di qualcuno: un esempio era il
ragazzo tranquillamente seduto sul divano con un piatto colmo di biscotti
al cioccolato posati sul tavolino di vetro.
-Non ci credo! - sbottai abbassando la bacchetta infastidita -A quanto
pare, oltre ad esserti autoinvitato a casa mia hai anche deciso di sfamarti
dando fondo alla dispensa-
Lanciai la bacchetta sulla poltrona dubitando di averne bisogno visto chi
si era intrufolato in casa. Poteva decisamente andarmi peggio.
-Non esagerare, erano solo dei biscotti! -
-Mezzo chilo di biscotti! Si può sapere che cavolo ci fai nella Londra
babbana e come diavolo ti è venuto in mente di venire proprio a casa mia? -
chiesi.
-I babbani fanno tante cose interessanti e cucinano meglio di noi maghi. E
poi, Granger, se sono a casa tua vuol dire che avevo bisogno di vederti! -
-Sentivi la mia mancanza? - chiesi ironica mentre il ragazzo si alzava
pulendosi i pantaloni dalle piccole briciole e venendo ad abbracciarmi.
Rimasi immobile, nemmeno un Petrificus avrebbe potuto fare di meglio.
-Abbassa immediatamente quelle mani! - mormorai mentre il suo profumo mi
riempiva le narici - ti presenti in casa mia senza invito, lasci
tranquillamente il tuo mantello in ingresso, ti mangi mezzo chilo, l’ultimo
mezzo chilo, dei miei biscotti preferiti e ti permetti pure di
abbracciarmi? Ti rinfresco la memoria, io e te non siamo mai andati
d’accordo da quando ci conosciamo quindi vedi di dirmi cosa vuoi e di
evaporare! -
Lui si staccò guardandomi corrucciato e poi scoppiò a ridere. Mi pentii
immediatamente di aver lanciato la bacchetta, un Avada Kedavra non glielo
avrebbe tolto nessuno.
-Decisamente poco grifondoro. Sei suscettibile e permalosa Granger. Te li
ricompro i biscotti! - disse continuando a ridere.
-Zabini, che cosa ci fai in casa mia? - domandai infastidita pestando il
piede a terra mentre lui tornava a sedersi sul divano e prendeva il piatto
con i biscotti.
-È una storia lunga Hermione, ma cercherò di sintetizzarla il più possibile
- strinsi lievemente gli occhi e andai a sedermi sul bracciolo della
poltrona prendendo la bacchetta e ghignando lievemente. Lui deglutì
rumorosamente prima di cominciare a dirmi il motivo che l’aveva spinto
dall’altra parte del muro del Paiolo Magico.
-Una settimana fa sono andato a farmi un giro a Diagon Alley con Draco.
Avevamo programmato di stare via fino a tardi e di incontrarci anche con
Theodore che poi ha tirato buca perchè doveva vedersi con gli avvocati.
Sai, i suoi sono in prigione e tocca a lui gestire il patrimonio dei Nott e
quindi… -
-Zabini taglia. Voglio sapere il motivo per cui sei qua, non come hai
passato l’estate -
-Dovevamo stare via fino a tardi, mangiare insieme e possibilmente
ubriacarci - continuò ignorandomi completamente -Ovviamente è saltato tutto
quando Draco ha ben pensato di arrivare con sua madre che ci ha controllati
tutto il tempo e che ha continuato a fare domande a dir poco imbarazzanti.
Probabilmente si era fatta qualcosa perchè Narcissa Malfoy non è
esattamente quel tipo di persona -
-Zabini, non voglio sapere come avete rimediato all’imprevisto. A breve
rientrerà mia madre e gradirei che tu fossi già in viaggio verso casa tua,
non vorrei doverle spiegare chi sei e che cosa vuoi… -
-Sta zitta un attimo. Comunque non erano nemmeno le sei quando è arrivato
il gufo dei Malfoy con una missiva per Narcissa che in due secondi si è
dileguata con suo figlio lasciandomi da solo. Mi sono materializzato a casa
e i miei stavano litigando con una coppia che non avevo mai visto. Si
zittirono subito, probabilmente non avevano messo in conto il fatto che
sarei rientrato, si aspettavano che restassi fuori fino alla mattina dopo
come facevo di solito. Comunque la coppia era decisamente strana,
sembravano preoccupati per qualche strano motivo ed erano a dir poco rigidi
-
-Non ti seguo -
-Immagino, nemmeno io ci capisco qualcosa. Comunque la donna mi è venuta
vicino e mi ha abbracciato mormorando qualche parola in una lingua che non
conoscevo. Quando chiesi ai miei cosa diavolo stava succedendo loro
mormorarono un e uscirono dalla stanza lasciandomi da
solo con i due che non avevo mai visto ma che mi assomigliano decisamente
troppo - disse passandosi una mano tra i capelli. Lo guardai meglio: era
diverso da come lo ricordavo ad Hogwarts, gli zigomi sembravano più alti, i
capelli erano più scuri e gli occhi erano brillanti e celesti come non li
avevo mai visti.
Non ci feci più di tanto caso, in fin dei conti non lo conoscevo così tanto
bene. Ma sembrava diverso, aveva qualcosa di diverso.
-Erano loro i miei genitori - mormorò guardando il pavimento. Sembrava
distrutto, come se l’ultima affermazione gli avesse prosciugato tutte le
forze - e il mio cognome non è Zabini. Sono un Delow Hermione, un membro
delle casate più nobili di tutta l’Inghilterra. Non so come sia possibile,
so solo che io…-
-Perchè lo stai dicendo proprio a me? Capisco che ti serviva qualcuno con
cui parlarne ma non potevi andare semplicemente da Malfoy? - chiesi. Io e
Zabini, o meglio Delow, non avevamo mai avuto mezza conversazione in sette
anni se non si consideravano gli insulti scambiati per i corridoi di rado
dal momento che non era il più odioso della sua casata.
Perché era venuto da me?
-Perché non potevo dirlo a nessuno al di fuori della famiglia - rispose
abbassando di colpo la voce.
-Blaise, sei impazzito di colpo? Che cosa stai dicendo? Maledizione… -
inveii quando una forza estranea smaterializzò il ragazzo dal mio
soggiorno.
Mia madre entrò in quel momento in salotto guardandomi allibita mentre
lanciavo la bacchetta contro il muro. Ero frustrata e infastidita. Era
venuto a casa mia nel bel mezzo di agosto per dirmi che i suoi genitori non
erano i suoi veri genitori, quelle menate sulla famiglia e poi se n’era
andato senza darmi mezza risposta decente. Dimenticandosi anche il mantello
in ingresso ovviamente.
-Stupido di un serpeverde! - sbottai uscendo dalla stanza sotto lo sguardo
sconvolto di mia madre che non poteva neanche lontanamente immaginare cosa
era appena successo.
***
Ero riuscita ad arrivare in orario anche all’ultima lezione della giornata.
Nemmeno due ore di Trasfigurazione Avanzata erano riuscite a migliorarmi
l’umore. Stavo attraversando i corridoi per andare a portare il mantello a
Zabini. Ormai ero stanca di vederlo appeso con le mie giacche.
-Mezzosangue! - sibilò una voce odiosa facendomi quasi mancare un gradino
delle scale. Masticai un insulto a Salazar e componenti della sua casata e
mi girai con il sorriso più falso al mondo stampato in faccia. -Malfoy! -
sentenziai acida. Lui non era cambiato durante l’estate: stessi capelli
bianchi sparati in aria, stessi occhi del colore del ghiaccio e stesso
sorriso strafottente. La sua famiglia era riuscita ad evitare Azkaban per
miracolo, o meglio, per gentile intercessione di Silente, che aveva
testimoniato a loro favore.
-Che cosa ci fai da queste parti Granger?- mi chiese indicando con un cenno
del capo le scale che portavano all’ingresso dei loro sotterranei.
-Dovevo portare questo a Zabini, ma visto che tu stai andando esattamente
nella mia stessa direzione e Zabini è il tuo migliore amico, credo che
potresti farglielo avere tu! - risposi affabile consegnando in mantello in
mano a uno stupito Malfoy. Lui alternò un po’ di volte lo sguardo tra me e
il pezzo di stoffa nero, dove spiccava lo stemma della casata.
-Dimmi che l’ha lasciato in qualche aula e che non ce l’hai te per qualche
strano motivo di cui non sono a conoscenza! - Sembrava quasi preoccupato.
Sorrisi affabile pronta a sganciare la bomba.
-In realtà l’ha lasciato… -
-Draco! Accidenti a te, mi sono fatto mezza scuola per cercarti. Hermione!
- mormorò sorpreso Zabini arrivando giusto in tempo per evitare una
catastrofe.
-Si, buongiorno anche a te! - berciai: già un serpeverde era difficile da
gestire, due non si poteva nemmeno immaginare. -Questo è il tuo mantello,
stavo giusto chiedendo a Malfoy se poteva fartelo avere…-
-E lei mi stava giusto spiegando perché questo mantello non è in camera
tua. Blaise, c’è qualcosa che mi devi dire? - chiese il malfuretto alzando
un sopracciglio.
-Non esattamente - rispose riprendendosi il mantello e sistemandoselo sul
braccio. L’amico in risposta gli rifilò un'occhiata scettica ma non proferì
più nemmeno mezza parola.
-Ci si vede Hermione! - soffiò Zabini voltandomi le spalle e trascinandosi
dietro il suo migliore amico.
Rimasi ferma qualche secondo da sola in mezzo al corridoio prima di
riuscire a capire cosa era appena successo.
Sorrisi lievemente cominciando a tornare al mio dormitorio. Non c’era un
motivo preciso. Ripensai solamente a quante cose erano cambiate in sette
anni. La guerra aveva definitivamente cambiato tutti, nel bene e nel male.
Aveva dato e tolto a molti e adesso questi piccoli sprazzi di pace, che non
sembravano nemmeno veri, stavano cominciando a riportare le nostre vite a
quello che sarebbero dovute essere se non ci fosse stato Voldemort.
Quelli che probabilmente ne stavano risentendo di più erano i serpeverde.
Non tutti avevano perso il loro comportamento e la loro puzza sotto il
naso, ma probabilmente non era altro che una maschera di facciata dietro
cui nascondere tutte le loro debolezze. Durante la guerra mi ero chiesta
parecchie volte cosa avrei fatto se fosse successo qualcosa ai miei
genitori e non ero mai riuscita ad arrivare a una conclusione.
Loro come avevano fatto a vedere le loro famiglie distrutte da un Lord
egoista che si era ritirato nel bel mezzo di una battaglia lasciando a
morire gran parte dei suoi seguaci? Come avevano fatto a ricominciare dopo
che tutti gli ideali che avevano loro ficcato in testa da piccoli erano
caduti come un castello di carte al primo soffio di vento?
Continuai a pensare all’insolita gentilezza di Zabini e a Malfoy che
stranamente non mi aveva insultata fino a quando non andai accidentalmente
addosso al mio migliore amico che usciva alla chetichella da un'aula del
piano terra.
-Harry! -
-Hermione! Che ci fai da queste parti? - chiese passandosi una mano tra i
capelli come faceva di solito quando era imbarazzato.
-Ho riportato il mantello a Zabini - risposi con un’alzata di spalle, in
fondo non era nemmeno tanto strano -Eri con Piton? - chiesi sbirciando
l’aula.
-Si -
-Cosa voleva? - chiesi guardandolo attentamente. Aveva delle occhiaie che
gli cerchiavano lievemente gli occhi e qualche graffio sulla guancia che
quella mattina non c’erano.
-Dice che devo continuare le lezioni di Occlumanzia -
-Che cosa? - chiesi sbiancando. Aveva smesso di prendere lezioni di Piton
poco prima della battaglia dell’anno scorso. Non sapevamo nemmeno più se
potevamo fidarci del nostro professore di pozioni dopo che più di qualche
studente lo ha accusato di aver combattuto per Voldemort.
-Lo so Hermione. Anche io ero sconvolto. Spero solo che sia per precauzione
e non perché sta per succedere qualcosa di nuovo. Passo le giornate a
chiedermi come sarebbe la nostra vita adesso se Voldemort fosse davvero
morto l’anno scorso. Niente più paure, niente più minacce, niente di niente
-
-Tu ti annoieresti a morte! - scherzai facendolo sorridere lievemente.
Probabilmente ci pensavamo tutti.
-Hai già mangiato? - mi chiese cambiando completamente discorso. Scossi
piano la testa mentre un sorriso gli spuntava leggero.
-A chi arriva primo? - chiese.
-Harry hai diciassette anni, non due! -
-E allora? - chiese cominciando a correre.
-Allora dovresti comportarti come tale! - mormorai sistemandomi meglio la
borsa e cominciando a corrergli dietro. In fondo che male c’era nel tornare
bambini per cinque minuti?
Arrivammo in sala grande entrambi con il fiatone ma con il sorriso stampato
in faccia.
-Ne valeva la pena? -
-Sta zitto Harry! - risi spingendolo lievemente mentre ci sedevamo al
solito posto accanto a Ginny e Ron. Ginny ci guardò alzando lievemente un
sopracciglio, ignorando il fratello che si stava cacciando in bocca
l’ennesimo pezzo di carne.
-Sei un maiale Ron!- frecciò Harry.
-Oh, statti zitto! Non mi hai ancora detto dove diavolo sei sparito tutto
il pomeriggio! -
-E non te lo dirò! - rispose affabile il mio migliore amico.
Improvvisamente sentii un brivido lungo la schiena e alzai lo sguardo dal
piatto incrociando due lame color del ghiaccio che mi fissavano dal tavolo
dei Serpeverde.
Distolsi velocemente lo sguardo mentre una risata stridula mi perforava le
orecchie. Non ci voleva un genio a capire che proveniva dall’oca giuliva
arpionata al braccio di Malfoy che sembrava parlare tranquillamente con
Zabini. Ovviamente senza staccarmi gli occhi di dosso.
Se gli creava qualche problema il fatto che il suo migliore amico parlasse
con le mezzosangue doveva risolvere il problema con lui, non cercare di
incenerire me con lo sguardo.
-Herm, come è andata la tua giornata? - chiese velocemente Ginny
continuando a mangiare il suo risotto.
-Il solito, anche se ho rischiato di ammazzare qualcuno del primo anno. Non
hanno ancora imparato dove devono andare e si bloccano improvvisamente in
mezzo al corridoio - sbuffai.
-Dillo a me, Piton mi ha tolto cinque punti perché sono arrivato tardi alla
sua noiosissima lezione! - mormorò Harry fissandomi criptico. Che avesse
capito?
Tornai a guardare velocemente il tavolo delle serpi e questa volta entrambi
parlottavano fissando attentamente il nostro tavolo. Mi venne in mente la
prima partita di Harry dove Piton non perdeva mai il contatto visivo per
cercare di annullare l’incantesimo del professor Raptus e rabbrividii per
un secondo.
-Hermione, che diamine sta succedendo? - mi chiese Harry quando sia Ron che
Ginny erano impiegati a servirsi altro cibo e non ci prestavano affatto
attenzione.
-Che intendi? -
-Non prendermi in giro. Prima arrivavi dai sotterranei e adesso è tutta la
sera che le due serpi non ti staccano gli occhi di dosso! - chiarì
stringendo lievemente gli occhi. Aveva decisamente capito anche quello che
non ero riuscita a capire io.
-Sono andata a riportare il mantello a Zabini e no, non lo so cosa
accidentaccio prende a quei due adesso! -sbuffai. Per fortuna un sonoro
rutto di Ron impedì ad Harry di rispondermi.
-Non finisce qua! - sillabò prima di tornare ad inveire contro il suo
migliore amico e la sua pessima educazione.
Guardai nuovamente verso il loro tavolo e trovai due occhi blu che mi
fissavano. Zabini sorrise lievemente e io feci un cenno con il capo prima
di tornare a prestare attenzione a quello che succedeva nella mia tavolata.
Quasi non mi accorsi della McGrannit fino a quando non mi posò una mano
sulla spalla distogliendomi dai miei pensieri, che erano decisamente
partiti per la tangente in cerca di una risposta plausibile al
comportamento dei due serpeverde.
-Signorina Granger, il preside ha richiesto la sua presenza adesso nel suo
ufficio- mi comunicò sorridendo appena prima di uscire dalla Sala Grande.
Salutai velocemente i miei compagni e mi allontanai dal tavolo rosso-oro
seguita dallo sguardo preoccupato del mio migliore amico e probabilmente da
quello curioso dei due serpeverde, però ero decisamente troppo orgogliosa
per girarmi a controllare. Vai a capire tu cosa era successo durante
quell’estate.
Mi sentivo le gambe molli e non riuscivo a capire il perché. Il cuore mi
batteva a mille mentre salivo velocemente le scale che portavano
all’ufficio del preside.
Davanti al gargoyle pronunciai la ridicola parola d’ordine “sorbetto al
limone”, tesa come la corda di un violino. Non ero ancora riuscita a dare
una risposta alla domanda che da alcuni minuti mi frullava in testa: che
cosa voleva il preside da me?
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