modellostorieefp
Disse il gatto:
Salve ♥
Era tanto che volevo fare una traduzione di qualche bella fanfiction
trovata per il web, e finalmente sono incappata in quella giusta!
Quindi ho smesso di fangirlare su qualunque cosa stessi fangirlando per
iniziare a sbavare peggio di un boxer sulla coppia Altair/Maria. Li
adoro. Non ci si può far niente.
Ecco, così mi sono messa di buona lena stamattina (= due di
pomeriggio) e ho tradotto tutto u.u
E' una shot corta, ma mi è piaciuta veramente tantissimo
ç.ç
Vorrei ringraziare chi leggerà, chi recensirà,
chi come me resterà fermo a fissare lo schermo con tante
sbave miste a lacrime, chi invece resterà seduto a mangiare
popcorn e chi dormirà alla grande (che non fa mai male)
Tanto ammòre per tutti ♥
Lechatvert
I
also want to thank the author of this stunning oneshot for allowing me
to translate his (hers?) work. Thank you very much for your kindness, I
really hope other people will enjoy "Words of wisdom" as
much as I did!♥
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Words of wisdom
Altaïr
si appoggiò pesantemente contro la porta delle sue stanze,
premendo la fronte contro il legno grezzo con un sospiro.
« Maria, potrei aprire questa porta in ogni momento, se lo
volessi. Perché -- »
Il suono della serratura che scattò immediatamente dopo lo
interruppe. Ora, aprire semplicemente la porta non sarebbe
più stato possibile.
L’uomo non riuscì a trattenere un sorriso stanco
dal suo volto e una gran quantità di frustrazione dalla sua
voce.
« Sarò lieto di stare qui fuori fino a che non ti
andrà di aprire ».
E poi sarebbe stato anche lieto di darle una ginocchiata, non fosse
stato che lei sarebbe stata di certo capace di ricambiare il favore.
« Sta’ pure lì fino al giorno del
Giudizio. Sono occupata ».
Altaïr premette l'orecchio contro la porta, respirando piano.
Dall’altra parte, i suoni gli giungevano soffusi.
Evidentemente, non si era presa carico di riordinare le sue cose, cosa
che lo tranquillizzava non poco.
« Maria -- »
« Non mi parlare con quel tono da predica! »
Fece una smorfia, riconoscendo un fondo di verità nella
critica.
La voce di Maria sembrava roca e tesa e per la prima volta si
trovò a pensare che quello potesse essere più di
una delle sue semplici seccature che di tanto in tanto la mettevano di
cattivo umore.
L’avrebbe informato, nel caso si fosse sentita male? No,
ovviamente no.
Cos’altro poteva essere?
Si era recata direttamente in quella stanza dopo il suo abituale
allenamento. Lui l’aveva seguita immediatamente, ma era anche
vero che lei si era guadagnata qualche passo di scarto.
Fece una smorfia quando udì un rantolo strozzato mischiato a
degli ansimi provenire da oltre la porta.
Strinse i denti, raccogliendo a sé tutta la sua
determinazione e spingendola nella voce.
« Apri la porta o la butto giù, Maria ».
Un singhiozzo soffocato accolse la dichiarazione, dopodiché
la serratura stridette un po’ mentre la donna girava la
chiave.
Sentendosi inspiegabilmente colpevole, Altaïr entrò
nella stanza.
Maria si era allontanata per accovacciarsi sul pavimento, testa china e
respiro affannato.
« Non è così grave come sembra.
Sta’ calmo ».
Troppo tardi per un tale avvertimento.
Altaïr aveva già attraversato la camera per
portarsi al fianco della donna e stava disperatamente cercando di
apparire composto, mentre la esaminava per trovare eventuali segni di
infortuni.
« Sei stata colpita? Hai bisogno di un guaritore? Sei --
»
« Mi ha scalciato. Nei polmoni. Due volte ».
Ansimava ancora un po’, mentre con le mani si accarezzava il
ventre.
Non notando alcuna lesione, Altaïr si rilassò un
poco, lasciando che il buonumore tornasse lentamente.
« Allora penso che sia proprio la figlia di sua madre
».
« Il figlio
di suo
padre. Mia figlia non attaccherebbe mai sua madre ».
Maria si sforzò di sorridere, ma sembrava tesa.
« Riesci ad alzarti? »
Maria sbuffò, spingendosi in piedi così
velocemente che barcollò un po', guardandolo in malo modo
quando lui allungò una mano per sorreggerla
« Credo sia meglio che tu ti alleni per conto tuo,
d’ora in poi. Sembra che tuo figlio non abbia simpatia ad
averti intorno ».
« Nostra
figlia è un piccolo diavolo ».
Il tono dell’Assassino era leggero e scherzoso,
ciò nonostante non lo salvò dalla tentazione di
portarsi dietro di lei, prendendole le spalle per non farla cadere.
« Sono sicura che qualsiasi mia figlia non direbbe mai di no
a un paio di amichevoli lotte per provare la sua forza ».
Maria appoggiò una mano contro il bordo del letto, tornando
a sorridergli.
Quella era un’espressione che l’Assassino conosceva
bene e che mandò via anche l’ultima delle sue
preoccupazioni. Cinque mesi passati, quasi due con il piccolo che
puntualmente rendeva nota la sua presenza all’interno del
ventre di sua madre. Era sicuro che Maria avesse programmato ogni
eventualità con la stessa accuratezza con cui programmava le
sue battaglie.
« Tuttavia, sono più che esausta. Un sonnellino
non guasterebbe ... ».
Il suo accigliarsi gli era altrettanto famigliare e, mentre
Altaïr sapeva che qualunque altro Maestro responsabile avrebbe
declinato l’invito, Maria aveva di suo delle ragioni molto
convincenti per fargli temporaneamente mettere da parte i suoi
obblighi. Malik sarebbe riuscito a lavorare senza la sua interferenza,
per una volta, questo era poco ma sicuro.
« No, non credo ».
Osservò il viso di Maria abbandonare
quell’espressione maliziosa per adottarne una più
delusa.
Altaïr ghignò.
« Io non sono affatto stanco ».
La stridula risata di lei distrusse in Altaïr qualsiasi
rimanenza di autodisciplina. Non poté resistere a fare quel
piccolo balzo in avanti che portò il suo viso addosso a
quello di Maria.
La risata della donna si spense, la sua lingua rosa fece capolino sul
suo volto per bagnarle le labbra.
Era molto di più di quello che un normalissimo uomo avrebbe
potuto sopportare e, a giudicare dalla sua espressione, lei pareva
saperlo molto bene.
Non appena l’Assassino si chinò in avanti per
catturare quelle labbra in un frettoloso bacio, lei gli
affondò le dita nella tunica, spingendolo con grazia per
cambiare posizione e bloccarlo definitivamente ai piedi del letto.
Era sempre stata una fanciulla intelligente.
Altaïr si lasciò spingere sul letto, con Maria
delicatamente accovacciata sopra di lui.
« Ciononostante, io continuo ad essere stanca ».
Si chinò a baciargli il viso con dolcezza.
« Disperatamente stanca ».
Sorrise, e Altaïr capì che sotto quello scherzo vi
era, in fondo, una mezza verità.
Ancora una volta preoccupato, le prese le mani, stringendole tra le sue.
« Maria, riposa. Io -- »
Maria si ritrasse, socchiudendo gli occhi e Altaïr
gonfiò il petto per rimproverarla, preparandosi mentalmente
tutte le razionali argomentazioni a cui lei si sarebbe innegabilmente
dovuta sottoporre.
Invece, Maria si allontanò e si stese accanto a lui, le
braccia abbandonate con noncuranza lungo i fianchi.
« Ti farà bene », sospirò
sollevato Altaïr.
« Non pensare di esserti liberato di me, però. Mi
aspetto di vederti per gli allenamenti serali ».
« Penso che sarebbe meglio se -- »
Lo sguardo che lei gli lanciò era così mite da
non poter essere altro che un avvertimento; l’esperienza
l’aveva di certo reso un uomo troppo saggio per cadere in
quel genere di trucchi.
« Se tornassi di là e continuare a fare da
supervisore. I novizi erano seccati di vederti andare via
così velocemente; non vorrei che ti prendessero di mira, per
questo ».
« Fin troppo furbo, da parte tua »,
borbottò Maria, e l’Assassino capì che
non si era lasciata ingannare.
Si trattenne qualche istante in più, nonostante le sue
parole, per crogiolarsi nel piacere della sua compagnia senza alcuna
preoccupazione per il tempo che stava trascorrendo lontano dai suoi
allievi.
I momenti di pace che condivideva con Maria stavano diventando sempre
più rari. Se lui era libero dai suoi doveri, allora lei era
quasi certamente impegnata nelle sue minuzie quotidiane. Quasi tutte le
mattine, si alzava prima di lei e la vedeva solo al tramonto, quando il
lavoro con i novizi era concluso.
Nonostante tutto, Maria insisteva che lui facesse sentire la sua
presenza a tutti i suoi compagni.
Da settimane ormai non facevano altro che buttarsi nel letto esausti,
difficilmente in grado di fare più che togliersi i vestiti
di dosso prima che il sonno sopraggiungesse. Se non altro Maria aveva
la scusa del bambino; per la sua debolezza, invece, non c'era perdono.
Era certo che si fossero scambiati più parole in quel breve
tratto di tempo che negli ultimi tre giorni.
Peggio ancora, c’erano parole che avrebbe dovuto pronunciare
molto tempo prima, ma che, per tutto quel tempo, aveva rifiutato.
« Maria ».
Un soffio leggero fu l’unica risposta della donna, che non si
sbilanciò nel far capire se fosse cosciente o meno.
Non era un poeta, Altaïr, perciò scelse le parole
più semplici che riuscì a trovare per esprimere
la sua contentezza, soffocando ben due tentativi prima di riuscire a
bisbigliare, con un sussurro strozzato: « Ti amo ».
Fu stranamente grato di non sentirla rispondere, anche se, ad un
tratto, gli parve di udire un soffuso brontolio di approvazione.
Per ora, era più che sufficiente.
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