Once Upon a December

di Stria93
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december

Far away, long ago,
Glowing dim as an ember,
Things my heart
Used to know,
Things it yearns to remember”

Once upon a december, “Anastasia”, 1997


Le lancette dell'orologio posto in cima alla torre della biblioteca segnavano le sette di sera in punto.
Lacey camminava per le vie innevate di Storybrooke, senza fretta, osservando distrattamente e con poco interesse i volti allegri degli abitanti della città che si apprestavano ad acquistare gli ultimi regali e decorazioni.
Il sole, che quel giorno aveva fatto una breve comparsa nel cielo grigio e invernale, era ormai calato a ovest, colorando l'orizzonte di una tenue sfumatura aranciata, mentre la falce madreperlacea della luna sovrastava i tetti della cittadina come un sinistro sorriso argentato.
La ragazza proseguiva imperterrita il suo cammino, ignorando il ghiaccio che si era formato sul marciapiede e il vento gelido che le mordeva le gambe, avvolte solo in un paio di collant semi-trasparenti e decisamente troppo leggere per affrontare il freddo pungente della metà di dicembre.
Durante il tragitto incrociò gli sposini Ashley e Sean Herman con la loro figlioletta Alexandra, di un anno, avvolta in un vaporoso giubbottino turchese con tanto di cappuccio, sciarpa e guantini di lana; l'occhio le cadde poi sulla coppietta più sdolcinata e stucchevole della città: Mary Margaret Blanchard e quel suo sempliciotto di David Nolan, che passeggiavano mano nella mano, sorridendosi a vicenda e lanciandosi sguardi carichi d'amore come se fossero appena saltati fuori da una favola.
Sembrava proprio che nessuno, a Storybrooke, andasse in giro da solo in quei giorni; perfino Ruby Lucas e il Dr.Whale sedevano su una panchina del parco, stretti l'una all'altro!
Lacey alzò gli occhi al cielo: l'atmosfera natalizia aveva gettato tutti quanti in una sorta di torpore romantico e sognante, ma di certo tutte quelle moine infantili e sciocche non facevano per lei.
Lanciò un rapido sguardo allo sceriffo Emma Swan che usciva dal locale di Granny insieme al figlio Henry: la donna bionda e il ragazzino ridevano spensierati ed erano carichi di pacchetti colorati completi di fiocchi mentre si avviavano, arrancando, per una stradina totalmente imbiancata dalla soffice coltre gelida e luccicante.
Appena voltò l'angolo, Lacey scorse il burbero minatore Leroy e quella pasticciona di Sorella Astrid; la giovane suora stava cercando di convincere l'uomo a travestirsi da Babbo Natale per far felici i bambini di Storybrooke, ma questo non sembrava affatto entusiasta dell'idea e tentò di protestare, finché non cedette inesorabilmente ai battiti di ciglia della donna e borbottò un laconico assenso, guadagnandosi uno schioccante e inaspettato bacio sulla guancia che lo fece arrossire violentemente sotto la barba nera.
Lacey scosse la testa: quel periodo dell'anno la lasciava del tutto indifferente e non si sentiva minimamente contagiata dall'atmosfera gioiosa e festosa che aleggiava nell'aria.
Finalmente, proprio mentre la neve ricominciava a cadere fitta, la ragazza raggiunse la sua destinazione. Il banco dei pegni del Signor Gold non esibiva neanche la più piccola decorazione natalizia o luce colorata, al contrario di tutti gli altri edifici di Storybrooke che parevano delle scintillanti casette di marzapane ed erano stati agghindati nei modi più originali, facendosi concorrenza l'un l'altro a colpi di luminarie, ghirlande, palline dai colori sgargianti, festoni e lustrini. Nel complesso la città sembrava la location di una fiaba nordica: semplicemente ridicolo!
Lacey sorrise notando quel forte contrasto ed entrò con decisione nel negozio, accolta dal famigliare tintinnio del campanello.
Il locale non era particolarmente riscaldato, nonostante all'esterno il termometro segnasse esattamente 0°, ma in fondo non le dispiaceva: odiava i luoghi troppo caldi.
Dal retrobottega fece capolino colui che era ritenuto l'uomo più potente della città, che l'accolse con il solito ghigno stampato sulle labbra sottili e la scintilla maliziosa che gli si accendeva negli occhi castani ogni volta che posava lo sguardo su di lei.
Le si fece incontro come un leone che punta la sua preda, la circondò con le proprie braccia e la baciò con impeto, mordicchiandole leggermente le labbra.
Quando il bacio s'interruppe, Lacey si passò velocemente la lingua sulla bocca, sorridendo soddisfatta: ecco cosa le piaceva di Gold; lui non si perdeva in stupide romanticherie o sdolcinatezze, andava dritto al punto e le parole passavano sempre in secondo piano.
- Vedo che il freddo e la bufera di neve non ti hanno fermata, dearie. - Commentò l'uomo facendo scivolare avidamente lo sguardo sulla gonna di pelle nera e indecentemente corta che a malapena copriva le gambe di lei.
- Ci vuole più di qualche fiocco di neve e un po' di ghiaccio per fermarmi, e poi sei stato tu a chiedermi di vederci questa sera. Cos'è? Ti stai tirando indietro, forse? -
Lui si fece improvvisamente serio, la prese per i fianchi e l'attirò a sé con un leggero strattone: - Non io, dearie. Mai. - Scandì quelle parole fissandola intensamente negli occhi, cogliendone l'eccitazione che esse avevano suscitato.
Lacey esibì il suo sorrisetto più provocante e si morse il labbro: quell'uomo era in grado di accendere il suo corpo con un solo, semplice gesto, uno sguardo, qualche parola pronunciata al momento opportuno e con il giusto tono di voce. Sapeva esattamente come comportarsi per infiammarla di passione, ed era suo. L'uomo più eccitante e potente della città era tutto per lei.
Fece per baciarlo di nuovo ma Gold l'allontanò, sorridendo divertito: - Quanto sei ingorda, dearie! Ho ancora un paio di cose da sistemare nel mio ufficio, poi possiamo andare. -
La ragazza sbuffò infastidita, ma annuì: - Ok, ma vedi di sbrigarti. -
L'uomo fece un cenno d'assenso e sparì oltre la tenda che separava il negozio dal suo laboratorio.
Lacey incrociò le braccia al petto e iniziò a guardarsi intorno con fare annoiato, lasciando vagare pigramente lo sguardo sui molti curiosi artefatti esposti nel negozio.
Ad un tratto le parve di udire una lieve melodia farsi largo timidamente nel silenzio ovattato della stanza.
Si mise attentamente in ascolto: proveniva di sicuro dal retrobottega, dove Gold era sparito poco prima, e si trattava inconfondibilmente del suono tintinnante e ipnotico di un carillon, ma la cosa che più incuriosì Lacey fu l'incredibile famigliarità di quella dolce sinfonia, che portava con sé una sorta di antico misticismo.
L'aveva già sentita, ne era certa. Ogni nota, ogni singolo tintinnio le arrivava dritto al cuore e rievocava nella sua mente immagini sfocate e furtive, come ricordi di sogni: sfuggenti, difficili da afferrare. Ma ecco che una di queste diventò più nitida, i contorni delle figure si fecero più definiti, i colori più brillanti:


Belle aveva ormai passato in rassegna tutta la collezione di Rumpelstiltskin infinite volte, spolverando, lucidando, pulendo e strofinando con forza affinché ogni oggetto potesse fare bella mostra di sé dietro le teche di cristallo o sui piedistalli elegantemente decorati.
Eppure, fino a quel freddo e nevoso pomeriggio di dicembre, non si era mai accorta di quel piccolo portagioie nascosto in un angolo, dietro un buffo orologio da tavolo.
La domestica allungò una mano e prese l'oggettino con curiosità, soffiando via la polvere che vi si era depositata e rigirandoselo tra le dita per osservarlo meglio.
Si trattava di una graziosa scatolina rotonda, laccata in oro con inserti di un minerale verde scuro, impreziosita da finissimi intarsi floreali e minuscole perle bianche incastonate in fila le une alle altre.
Aveva un aspetto trascurato e pareva essere stata dimenticata in quell'armadio da anni; evidentemente il Signore Oscuro non doveva averne grande considerazione.
In uno dei lati vi era una singolare apertura, come se un tempo ci fosse stata una chiave da infilare.
La ragazza si sporse di nuovo verso l'interno buio e polveroso dell'armadio e intravide una piccola collana con uno strano ciondolo, della stessa fattura del piccolo cofanetto, all'estremità della catenella d'oro.
Spostò lo sguardo dal portagioie al pendaglio e decise di assecondare ciò che il suo intuito le suggeriva: inserì il pendente nella fessura e avvertì un brivido d'entusiasmo quando si accorse che i due oggetti si compenetravano perfettamente.
Non successe nulla, allora Belle prese a girare lentamente il ciondolo proprio come una chiave, il cui movimento produsse uno strano rumore, come di ingranaggi che vengono caricati.
Sorrise, iniziando a capire il segreto di quella deliziosa scatolina e, dopo un paio di giri, lasciò andare.
A quel gesto, il coperchio del portagioie si sollevò lentamente, rivelando una statuina ritraente un uomo e una donna in miniatura, elegantemente vestiti, abbracciati l'una all'altro, che prese a girare su se stessa, creando l'illusione che i due danzassero leggiadri.
La breve melodia che si sprigionò dal carillon era così delicata e romantica che Belle desiderò ascoltarla nuovamente, una volta terminata.
Ricaricò gli ingranaggi e chiuse gli occhi in ascolto, rapita, beandosi di quelle note dal sapore antico e venate di una meravigliosa, struggente malinconia.
- Che stai facendo, dearie? -
Belle sussultò e si girò di scatto per la sorpresa, urtando accidentalmente una pregiata e antichissima anfora di porcellana.
Con un gesto rapido, Rumpelstiltskin usò prontamente la magia per arrestarne la caduta, facendola depositare a terra con leggerezza.
- Accidenti, Belle! Potresti, almeno per una volta, occuparti della mia collezione senza finire per distruggerne la metà?! -
La giovane arrossì ma tentò di replicare: - E voi potreste smetterla di comparire così all'improvviso alle mie spalle, facendomi spaventare a morte ogni volta?! -
Il folletto sospirò e alzò gli occhi al cielo, dopodiché tornò a rimproverarla: - Ad ogni modo non ti ho di certo portata al mio castello perché potessi curiosare tra le mie cose e metterti a giocare. Se ti sorprendo un'altra volta a gingillarti durante le faccende sarà peggio per te, capito? -
Belle si impose di abbassare il capo e annuire, nonostante il suo orgoglio la esortasse a ribattere: - D'accordo. Non accadrà più. -
Il folletto stava per andarsene quando un luccichio tra le dita della ragazza attirò la sua attenzione; reclinò la testa di lato e aggrottò le sopracciglia in un'espressione perplessa e curiosa: - Che cosa tieni in mano? -
La giovane si ricordò solo in quel momento di stringere ancora il piccolo scrigno dorato e lo mostrò al Signore Oscuro, i cui occhi ferini vennero attraversati da un lampo di comprensione: - Ah, ma certo! Ora ricordo: questo carillon proviene da un reame molto lontano, dove l'inverno è quasi perenne. Apparteneva ad una certa principessa Anastasia: l'ultima discendente della famiglia reale che governava quel regno. -
- E...cosa ne è stato di lei? - Belle ebbe quasi paura di udire la risposta e a Rumpelstitlskin non sfuggì la sua preoccupazione.
- Oh, non devi darti pensiero, dearie. Ha vissuto una lunga vita accanto all'uomo che amava, sebbene egli non fosse di sangue reale. Sai, mi ero completamente dimenticato di possedere ancora il suo portagioie. -
Belle tornò ad osservare la scatolina e con un dito seguì delicatamente il percorso di uno dei ghirigori intarsiati: - Produce una musica così bella. Non mi stancherei mai di ascoltarla. - Commentò dolcemente, più rivolta a se stessa che al folletto.
Lui studiò per un momento lo sguardo sognante della sua domestica mentre contemplava con occhi incantati l'oggettino che stringeva fra le mani, infine alzò le spalle: - Puoi tenerlo, se vuoi. -
- Cosa? - Belle rimase a bocca aperta all'udire quelle parole. - Ma fa parte della vostra collezione. Volete davvero che lo tenga io? -
Rumpelstiltskin prese a ghignare: - In verità non mi è mai importato molto di quel ninnolo. È proprio il genere di gingilli che piace a voi principessine, sempre con la testa fra le nuvole, inoltre non si tratta certo di un pezzo particolarmente raro; la mia collezione trabocca di tesori di gran lunga più preziosi. Mi ero perfino dimenticato di averlo, ma se a te piace tanto...-
La ragazza gli rivolse un sorriso raggiante e incredulo; uno di quei sorrisi sinceri e meravigliosi che, chissà come, riuscivano quasi a contagiare il Signore Oscuro, al quale veniva voglia di sorridere a sua volta e di scambiare tutti i suoi averi solo per poter ammirare nuovamente il viso di Belle che s'illuminava, i suoi occhi di cielo riempirsi di gioia e le sue labbra di corallo che si distendevano rivelando i suoi denti candidi quanto le perle che ornavano quel carillon.
Il Signore Oscuro fece per uscire dalla stanza quando la voce di lei lo trattenne: - Lo state facendo sul serio? -
- Di che stai parlando? -
- Mi state veramente facendo un
regalo? -
Il folletto rimase attonito di fronte a quella domanda; rifletté un momento poi si strinse nelle spalle: - Ovviamente no, dearie. Ora torna al lavoro; al mio ritorno, sarà meglio che io non trovi il più piccolo granello di polvere in questa stanza. -

Quella sera Belle si coricò sul pagliericcio, cercò di avvolgersi meglio che poté nelle coperte e diede un paio di giri di chiave al carillon, il cui dolce motivetto l'accompagnò in un sonno tranquillo e sereno.


- Lacey? -
La ragazza sbatté le palpebre e scosse la testa, tornando alla realtà.
Il signor Gold era in piedi davanti a lei e la osservava, l'incertezza disegnata sul suo viso: - Va tutto bene, dearie? -
- Sì, certo. Ehm...cos'era quella musica? - La domanda le salì alle labbra senza che potesse fare nulla per impedirlo, cercò tuttavia di mantenere un tono distaccato, che non lasciasse in alcun modo intendere il suo eccessivo interessamento e la sua costernazione per quanto accaduto in quella frazione di secondi.
L'uomo le mostrò un piccolo scrigno rotondo: - Questo carillon era rotto da molto tempo, ma finalmente sono riuscito a riparare gli ingranaggi e ora funziona perfettamente. -
La giovane strabuzzò gli occhi e smise per un attimo di respirare: non poteva crederci! L'oggetto che Gold teneva fra le mani era esattamente identico al portagioie che si era intrufolato tra i suoi pensieri pochi secondi prima. Possibile che si trattasse solo di una coincidenza?
- Se vuoi, puoi tenerlo tu. -
- C..come? -
Ed ecco riaffiorare in lei quella sensazione di deja-vu, come il ricordo di un sogno.
- Il carillon, intendo. Se ti va puoi averlo. - La voce del signor Gold si era fatta sottile, quasi un sussurro animato da speranza e timore allo stesso tempo, come se si aspettasse di veder accadere qualcosa; Lacey ebbe perfino l'impressione che l'uomo stesse trattenendo il respiro, in un'inspiegabile attesa.
Indugiò per un attimo su quella piccola scatolina-gioiello e il sentore di aver già vissuto quel momento si fece più intenso, facendola rabbrividire.
Scosse la testa con decisione: - No. È meglio che resti qui, nel tuo negozio. Ora vogliamo andare? -
Il signor Gold annuì e ripose delicatamente il portagioie in una cristalliera sotto il bancone; alla ragazza parve di scorgere un'espressione vagamente delusa e forse perfino triste sul suo volto, ma quando si girò verso di lei e le offrì il braccio, era il Gold di sempre: l'uomo sicuro di sé, ironico, dal cipiglio beffardo e maledettamente sexy che era stato in grado di suscitare il suo interesse.
Fuori dal negozio, la strada era quasi deserta, tranne che per alcuni bambini che avevano ingaggiato una serrata battaglia a palle di neve o si divertivano a costruire pupazzi.
Da qualche parte risuonava un'allegra canzoncina natalizia e dalla finestra di una casa vicina si udivano le risate e le chiacchiere spensierate di una famiglia; ma Lacey era sorda a tutto ciò.
Un unico suono pervadeva la sua mente: la dolce e antica sinfonia di quel carillon, come se in quelle note fosse impresso indelebilmente un ricordo proveniente da un altro luogo, un altro tempo.





Da Stria93: Ciao meraviglie!
Mi ero ripromessa che non avrei scritto storie ambientate nel periodo natalizio a causa dell'altissimo rischio di cadere nel banale o di sfruttare un tema ormai usato e riusato, ma anch'io sono stata contagiata dal clima di festa e alla fine ho ceduto, sebbene la componente natalizia vera e propria sia volutamente molto limitata.
Mi è piaciuto tornare a scrivere di Lacey che, in questa storia, ha un po' il ruolo della Scrooge di turno; proprio non ce la vedo a farsi trascinare nell'atmosfera di festa del Natale.
Ovviamente l'ispirazione è arrivata da “Anastasia” e dalla magnifica canzone che contraddistingue questo film, nel quale Anya non ricorda nulla della sua vita da principessa ma la melodia del carillon “è il ricordo di sempre”. Ho pensato di trasporre questa situazione applicandola a Lacey che, grazie allo stesso espediente, rivive una sorta di flash della sua vita nella Foresta Incantata.
Non sia mai che io scriva una fanfiction senza fare una capatina, anche veloce, nel mondo delle fiabe. xD
Bene, spero di non essere finita esattamente col dare vita alle mie paure legate alle ff natalizie e, in generale, dedicate alle festività.
Aspetto con ansia i vostri preziosissimi pareri, commenti, consigli, insulti... xD
Dolcissimi auguri a tutti! <3





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