Ciao
a tutti!
Eccomi
qui, tornata con questo altro capitolo di “fidanzato in
prova”.
La
volta scorsa abbiamo lasciato Lele a una conferenza dal titolo
impossibile.
Adesso ci gusteremo quello che gli è successo.
Ringraziamenti
a chi recensisce. Nick nuovi sono presenti nella storia. Grazie a chi
ha inserito
questa storiella nelle preferite, ricordate, seguite e chi ha letto.
Grazie,
infine, a Elenri per i banner che alternativamente posto. Alla fine
dovrete
votare quello che vi piace di più tra i quattro postati.
E
ora... BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Era un
convegno. Mi aveva portato a un convegno.
Non
sarebbe stato drammatico, se non fosse stato per il titolo
dell'argomento
trattato:
Il
rapporto tra le muffe della Patagonia sud occidentale e i licheni
geneticamente
modificati trovati nello stomaco delle renne della Lapponia.
Si
prospettava una serata davvero divertente.
Andammo al
guardaroba a lasciare i nostri piumini.
In effetti,
per una volta non era vestita malissimo: i pantaloni neri scendevano
morbidi
lungo le gambe e una maglia dolcevita azzurro pallido accarezzava
dolcemente il
busto evidenziando la curva generosa dei seni e la vita stretta.
La osservai
stupito e lei se ne accorse perché mi rispose piccata
«Beh? Ormai hai visto
come sono, posso anche vestirmi così, ti pare?».
Ridacchiai
«Che onore!».
Mi riprese
la mano e mi tirò verso la sala del convegno.
«Gloria,
non è divertente» dissi indicando il cartellone,
lasciando così la sua mano.
Lei mi
guardò stupita, poi si voltò e si diresse verso
un tipo bassino, pelato, con un
completo giallo ocra a righe verticali completato da una cravatta rossa
con
teste di renne ricamate sopra. Il naso rubicondo completava questa
figura
ridicola.
Avrei
scommesso la ruota di scorta della mia Mito che quel tipo assurdo era
l'amico
che aveva invitato Glee, oltre che essere il relatore di questo
convegno
dall'argomento tanto interessante.
«Ciao,
Michel» disse lei abbassandosi per baciare le guancie del
bassotto rubicondo.
Michel! Stz! Francese, che cazzo di nome da gay! Ma tutti lei li
conosceva?
«Oh!
Glorya, ma cher! Come va? Sei riuscita a venire questa sera! Vuoi fare
un
intervento anche tu? Sono ansioso di leggere i nuovi dati sui funghi
che stai
studiando» pigolò con accento tipico transalpino.
Quali
sarebbero stati i risultati dei suoi studi sui funghi, già
li sapevo! Facevano
sballare e baciare ragazze impegnate, riempiendo la mente di seghe e
problemi.
«Mi
dispiace, Michel, ma sono venuta con un amico e ho solo intenzione di
sentire
te. Sono sicura che i tuoi studi saranno illuminanti»
risponde solare.
Illuminante?
Lo studio delle muffe e dei licheni? E che ci devono fare? L'insalatona?
«Grazie,
cherie, adesso andate ad accomodarvi, ci vediamo dopo al
rinfresco» disse il
bassotto prima di allontanarsi tutto soddisfatto.
Glee si
avvicinò alla prima fila di sedie e si sedette proprio
davanti al relatore. Ma
non poteva trovare un posto più nascosto? Io non riuscivo a
stare sveglio se
l'argomento era noioso e per questo convegno ci mettevo la mano sul
fuoco che
mi sarei addormentato in un paio di minuti. A me dei licheni
geneticamente
modificati dalle muffe della Patagonia non interessava proprio niente.
«Michel
è
proprio contento questa sera. Non si aspettava tutta questa
affluenza» disse
Glee gioiosa. Mi voltai e guardai la sala. Del centinaio di sedie a
disposizione,
ne erano occupate si e no una decina. Decisamente una folla!
Mi sentivo
come il coglione di turno e tutti quelli che erano in giro per
divertirsi erano
molto più furbi di me. Guardai Glee tutta felice e
soddisfatta e sperai che la
serata migliorasse una volta finita questa specie di scherzo.
«...
Per
questo è assolutamente certo che la composizione del DNA
delle muffe presenti
su...» tentai di tenere gli occhi aperti, ma era un'impresa
decisamente
titanica. In più, se il bassotto sembrava un entusiasta
quando eravamo
arrivati, adesso parlava con un tono da encefalogramma di un morto,
ossia
piatto. L'unica cosa positiva di questo momento erano le poltroncine,
decisamente comode. Mi sistemai meglio e incrociai le braccia, cercando
di
concentrarmi per ascoltare.
«...
pertanto ci troviamo di fronte alla domanda del secolo: come possono i
licheni
geneticamente modificati avere la stessa struttura molecolare delle
muffe
presenti negli intestini...». Dio santo! Ma come si poteva
ascoltare delle cose
simili? Domanda del secolo? Gliela facevo io la domanda del secolo? Ma
questo
qui non aveva niente di meglio da fare che rotolarsi tra muffe e
licheni?
Il tempo
stava passando e la mia testa era sempre più pesante. Glee
osservava ed
ascoltava attentissima. Quasi sembrava voler prendere appunti...
Che
schienale morbido sotto la mia guancia, sembrava quasi un cuscino...
Caddi
nell'incoscienza, probabilmente addormentato, come temevo sin da quando
avevo
letto il titolo di quel cartellone nefasto.
Sobbalzai
quando una potente gomitata mi fece perdere il respiro e mi tirai
seduto
sbattendo gli occhi. Davanti al mio naso c'era un florido
decolté di una donna
matura che si era seduta accanto a noi e, visto come era stropicciata
la stoffa
che le conteneva il seno, mi ci ero addormentato sopra.
«Ragazzo,
era da tanto che un giovane come te non mi avvicinava in questo
modo!» sorrise
ammiccando la donna.
Mi voltai
preoccupato verso il lato dal quale era arrivata la gomitata al
costato. Glee
mi guardava furente.
«Cosa
credevi
di fare sbavando sulle tette della madre di Michel? Sei il solito
porco!»
sibilò arrabbiatissima. I suoi occhi mandavano lampi e
promesse di ore di
inferno per la mia persona. Cominciai a sudare freddo e a maledire il
momento
in cui avevo accettato di passare questa serata con lei.
«Scusami...
è che non è un argomento... ti prego, non
volevo...» balbettai cercando di
imbastire una qualche storia plausibile. La verità ti
renderà libero, diceva un
detto, perciò tentai quella carta. «Gloria,
l'argomento di questo convegno è
pessimo e io mi sono addormentato. Neanche mi sono accorto che fosse
arrivato
qualcuno e si fosse seduto accanto a noi».
«Vorresti
dire che i miei interessi non sono degni di nota per il grande Emanuele
Mancini?». Ecco perché mio padre diceva di non
contraddire mai una donna.
Riuscivano a rigirare il discorso come se fosse stata una frittata. Chi
mai
aveva detto che i suoi interessi erano noiosi? Io mi riferivo solo a
Michel!
Probabilmente se fosse stata lei a parlare delle muffe mi sarei messo
ad
ascoltarla rapito dalla sua conoscenza.
«Glee,
conosci questo bel giovanotto?» chiese la signora sporgendosi
per guardarla.
«In
realtà
sono il suo ragazzo» intervenni prima che Glee mi smentisse e
mi relegasse al
ruolo di semplice tassista portaborse.
«Oh!»
la
signora spalancò gli occhi sorpresa... eh, lo so, un tipo
così affascinante
come me... «Che peccato, speravo che tra te e il mio Michel
potesse nascere
qualcosa. Sei così bella, ragazza mia. Invece ti sei
accontentata di questo
qui. Non capirò mai i gusti di voi giovani». E qui
la vignetta più giusta
sarebbe stata io con una incudine che mi cadeva in testa, e facevo la
fine di
un limone spiaccicato. Più o meno come la mia autostima.
Che avevo
che non andava? Che Glee fosse una bella ragazza era assodato, ma io
ero uno
dei ragazzi più ambiti dell'intera università,
avevo file di ragazze che
avrebbero fatto di tutto per una serata con me (o per farmi fare un
sonnellino
sulle loro tette) e questa diceva che ero peggio di quella specie di
bassotto
pelato e rubizzo del suo figliolo?
È
proprio
vero che il figlio di ogni madre è il più bello
di tutti, con buona pace della
realtà.
«Signora,
è
stato un amore fulminante... sono talmente frastornata da questo
sentimento che
è come se ci fossimo messi insieme da pochissimi
giorni» rispose ironica Glee.
«Ma
tu,
amore, hai rapito il mio cuore» rincarai la dose rivolgendole
uno sguardo
adorante che ebbe l'effetto di farla leggermente arrossire, poi le
presi la
mano e le baciai leggero l'incavo del polso dopo aver spostato le
maglie di un
braccialetto. Glee trattenne il fiato prima di togliere repentina la
mano dalle
mie.
Si era
imbarazzata, una vittoria se vogliamo dirla tutta.
Non rispose
più a nessuno e riprese a stare attenta e a bersi tutte le
castronate che
diceva il bassotto pelato, monocorde mentre spiegava i mutamenti dei
licheni.
C'era da esserne così convinti?
La nenia
del relatore, stava di nuovo facendo effetto e Glee mi prese per mano
ed iniziò
a pizzicarmi il palmo senza togliere lo sguardo dal bassotto.
Così presi a
carezzarle una falange con il pollice. A un occhio esterno potevamo
sembrare
due fidanzatini che si scambiavano coccole senza voler farsi notare.
«...
E' per
questo che possiamo dire che questa straordinaria scoperta
potrà essere fondamentale
per i prossimi studi». Concluse? Aveva finito?
Passò
un
minuto circa prima che Glee staccasse la mano dalla mia ed iniziasse un
timido
applauso, seguito poi dalla giunonica madre del bassotto e da quelli
che,
stoicamente, avevano resistito a questa palla stratosferica.
«E
adesso
vogliate accomodarvi al rinfresco in fondo alla sala»
invitò Michel ed io mi
alzai di getto, subito seguito da Glee.
«Lele,
ti
spiace se ti lascio un attimo solo? Devo parlare con Michel... tu
intanto vai
avanti» le sue parole erano dolci e gentili. Sembrava quasi
strano che non mi
urlasse contro, non ci ero abituato.
Acconsentii
subito, non avevo alcuna voglia di ascoltare ulteriormente il bassotto
pelato,
e cominciai a camminare verso il fondo della sala.
Una tavola
da otto posti dove, su un lato, erano posizionati due piatti in vetro
con delle
tartine strane sopra, verdi.
Ero il
primo ad essere arrivato al tavolo e avevo decisamente fame,
perciò mi avventai
sul primo piatto e presi quella specie di kracker scuro con della salsa
verde
sopra. Oltre a essere scuro era pure bruciato, visto che sapeva di
legno, più
di tappo.
Di sicuro
non era il massimo di un rinfresco e mi ripromisi di fermarmi alla
prima
pizzeria per una quattro stagioni.
In quel
momento arrivò un cameriere e posò due piatti di
pizzette e panini e posizionò
un cartellino davanti a ognuno dei primi due piatti che
coprì con dei coperchi
di vetro.
Quando
lessi i biglietti mi venne un conato di vomito. “CORTECCE DI
PINO CON MUSCHIO E
MUFFA. PATAGONIA” in uno, “LICHENI NATURALI E
GENETICAMENTE MODIFICATI”
nell'altro.
«Lele,
eccomi...» annunciò allegra Glee, poi mi
guardò più attentamente «Stai male?
Sei verde come un pisello».
«Lasciami
stare... ho lo stomaco sotto sopra a sentire parlare di
muffe».
Lei si
guardò
intorno poi mi fissò inarcando il sopracciglio e incrociando
le braccia
scettica. Forse aveva intuito quello che era successo? Feci buon viso a
cattivo
gioco, dopo essermi scolato due bottigliette di acqua che erano
arrivate nel
frattempo e anche un bicchiere di intruglio alcoolico non meglio
identificato.
Se non altro avevo disinfettato lo stomaco.
Nella sala
eravamo rimasti in sei, contando anche il bassotto pelato e la sua
mammina.
«Glee,
sono
davvero felice che tu sia venuta ed abbia portato il tuo amico. Studia
con te?»
Michel si era riavvicinato. Per carità, era alto un metro e
un tappo, ma non mi
piaceva lo stesso. Era una sensazione a pelle... o a muffa.
«No,
lui fa
legge... lui è il mio, ehm, ragazzo». Dalla faccia
che stava facendo la mia ragazza
mentre mi presentava, sembrava le stessero strappando un dente senza
anestesia,
ma alla fine mi aveva definito correttamente.
«Oh»
rispose solo il bassotto, stupito più o meno come sua madre.
«Comunque,
Michel, i tuoi risultati sono estremamente interessanti e aprono nuove
prospettive all'evoluzione e alla deriva dei continenti. Sono ansiosa
di
leggere qualcosa altro in merito. Adesso però dobbiamo
andare, ci stanno
aspettando dall'altra parte della città» disse
Glee, prendendomi per un braccio
e tirandomi verso l'uscita con mia grande gioia.
«Mamma
mia,
non ce la facevo più. È un argomento di una noia
mortale... è come andare a
cercare il granello di polvere quando hai davanti un masso da studiare.
È
semplicemente assurdo» borbottò irritata mentre
prendevamo i piumini. Ma come?
Era lei che voleva sentire questa conferenza e adesso veniva fuori che
non gli
interessava?
«Mi
prendi
in giro? Perché mi hai portato qui se non ti
interessava?» adesso la cosa
iniziava a farmi arrabbiare.
«Beh»
sembrava indecisa poi prese coraggio «In realtà
volevo sentire Michel ma non
volevo andarci da sola e nessuno mi avrebbe accompagnata a una cosa
simile...
poi te l'ho chiesto e tu hai detto di sì».
«Non
mi
avevi detto di cosa si trattava» le feci notare. Nel
frattempo eravamo usciti
dall'hotel.
«Ops...
avevo paura che non mi avresti accompagnato... però, anche
tu! Addormentarsi
sul seno di un'altra! Potrei essere gelosa» e si mise a
ridere allegra.
«Di
una
così non potresti mai essere gelosa» risposi
prendendola per mano.
In quel
momento sentii scivolare una catenella e cadere qualcosa.
«Il
mio
bracciale!» gridò Glee mentre iniziava a guardarsi
attorno. Eravamo ai bordi
del giardinetto dell'hotel e stavamo andando a recuperare la macchina.
«Ti
prego,
Lele, aiutami a cercarlo. Era di mia nonna e ci tengo davvero
tanto» disse con
voce accorata. Subito iniziammo a guardare ma era buio e non si vedeva
a un
palmo dal naso. Oltretutto era piovuto e la terra era scura come la
notte.
«Vado
a
prendere una torcia». La mia ossessione per l'auto mi aveva
fatto mettere tutti
gli oggetti che potevano servire in caso di necessità nel
bagagliaio, compresa
la luce di emergenza.
Tornai dopo
pochi istanti e iniziammo a scandagliare l'aiuola vicino al sentiero
che
avevamo appena percorso. Piccole pozze d'acqua stagnante intervallavano
la
terra molle. Per essere inverno, non era ancora ghiacciato e quindi il
bracciale poteva essere stato sommerso.
«Eccolo!»
esclamò Glee dopo poco tempo. Era finito dentro a una
pozzanghera limacciosa,
come volevasi dimostrare.
«Dammi
la
torcia, te la reggo mentre me lo recuperi» ordinò
lei tendendo la mano.
«Perché
devo essere io a mettere le dita nel fango?» chiesi polemico.
«Perché
altrimenti racconterò di come ti sei mangiato un pezzo di
legno ammuffito» sorrise
sorniona. Allora mi aveva visto!
«Ricattatrice!
Come lo hai capito?».
«Erano
disposti in modo simmetrico, e si vedeva che ne mancava uno, poi tu eri
l'unico
lì vicino ed eri sul punto di vomitare l'anima, quindi ho
pensato che l'avessi
mangiato... per errore, si intende» e iniziò a
ridacchiare.
«Occhio
che
adesso ti bacio e poi ti accarezzo con le mani infangate»
minacciai sorridendo.
Che figura da imbecille che avevo fatto. Eppure non mi spiaceva se a
riderne
era lei.
«Non
oserai» fece un passo indietro, divertita mentre io
recuperavo il braccialetto
e mi ripulivo la mano con un fazzoletto.
«Certo
che
oso... così saprai com'è la fragranza di legno
ammuffito e fango fresco di
stagione» e mi slanciai ad abbracciarla mentre lei si voltava
e correva per
sfuggirmi.
Dopo un
paio di scatti e finte, riuscii ad imprigionarla contro un pino...
ironia della
sorte, e mi avventai sulle labbra che mi stavano piacendo
così tanto.
Per la
prima volta, non si ritrasse, nonostante fossimo completamente soli ed
io mi sentii
autorizzato a chiedere di più stringendola più
forte e invitandola ad aprire la
bocca.
«Ah,
siete
voi... mi sembrava di aver sentito qualcuno» una voce
arrivò al mio orecchio.
Ecco il
nostro pubblico, dunque, e il motivo per cui non si era ribellata alla
mia
intrusione ma mi aveva messo le braccia al collo e le dita tra i
capelli.
«Oh...
ehm.
Ciao, Michel. Stavamo andando a prendere l'auto»
balbettò Glee dopo avermi
spinto via per poter rispondere. Il bassotto fece un gesto come aver
capito e
si allontanò velocemente.
«Possiamo
andare» dissi seccato. Mi rompeva il fatto che fosse sempre e
comunque per
recita. Okay, d'accordo. Questi erano i patti ma se davvero era
così, perché
quando ci baciavamo lei partecipava? La sentivo e non era una statua
passiva.
Questa cosa
era irritante.
«Cosa
succede adesso?» mi chiese Glee notando il mio cambiamento di
umore.
«Niente.
Mi
ero scordato che potevo avvicinarmi a te solo con qualcuno presente.
Scusami,
non accadrà più» risposi secco
stringendo i denti ed entrai in macchina.
Se Glee
fosse rimasta perplessa per la mia risposta non lo diede a vedere, dopo
pochi
istanti si sistemò sul sedile del passeggero ed io avviai
l’automobile.
Rimanemmo
in silenzio per diversi minuti, poi mi costrinsi a parlare. Era ancora
presto,
appena le dieci di sera e si poteva ancora andare da qualche altra
parte per
passare degnamente il sabato sera.
«Dove
andiamo adesso?» chiesi.
«Se
non
vuoi passare altro tempo con me, portami pure a casa» rispose
lei secca. Ecco
che si prospettava un'altra discussione dai toni poco pacati.
«Non
ho
detto questo, anche perché altrimenti non ti avrei
accompagnato o quanto meno
sarei scappato urlando non appena avessi letto il tema
trattato» le feci notare
mentre attendevo che il semaforo diventasse verde.
«Okay,
allora che ne dici di andare da Sara e gli altri? Così
stiamo tutti insieme»
propose lei e io ghignai prendendo la palla al balzo.
«Così
avremo del pubblico e potrò coccolarti».
«Non
ti
allargare, Lele. Per questa sera mi hai coccolato abbastanza»
rispose lei
incrociando le braccia sul petto.
Voltai a
destra e mi diressi verso il locale dove sapevo che i miei amici si
erano
ritrovati.
Era una
specie di sala da the, dove, in una stanza apposita attigua, si
tenevano dei
concerti per piccole band e solisti.
Una volta
c'ero andato per sentire una ragazza che voleva mettersi a cantare. Non
era
molto brava, se non altro era intonata, ma a letto era davvero
grandiosa.
«Sai
quale
sarà il genere?» chiesi.
«Sara
non
mi ha detto niente, anche perché non pensava che andassimo
da loro e
onestamente io non ho chiesto» rispose lei rilassandosi
leggermente.
Non
parlammo sino a quando non parcheggiai a più da un isolato
di distanza
dall'House In. Non andai ad aprirle la porta, non ero dell'umore giusto
e lei
non mi chiese niente e neanche aspettò.
Arrivammo
al locale camminando fianco a fianco, attenti a non sfiorarci.
Sembravamo
arrabbiati tutti e due, io per essermi sentito usato e preso in giro,
lei...
non avrei saputo dire.
Quando
entrammo, ci dirigemmo subito alla sala della musica, ordinando prima
una
birra, l’unica cosa alcoolica decente che servivano in quel
locale tutto verde
e fiorellini.
Non appena
aprii la porta scoppiai a ridere e moltissime persone si voltarono e mi
fecero
segno di stare zitto, arrabbiati.
Anche Glee
sorrise. Beh, almeno coglieva il senso ironico della situazione: era
musica da
camera. Avrei scommesso su Mozart oppure Brahms, quello che mia zia
adorava e
della quale rifiutavo sempre gli inviti per non sorbirmene opere intere.
Nella penombra
cercai le figure dei miei amici e li trovai seduti attorno a un tavolo
accanto
alla parete e non distante dall’esecutore seduto al
pianoforte.
Un posto
ottimale dall’acustica perfetta.
Non potei
esimermi dal continuare a ridacchiare mentre precedevo Glee attraverso
quei
tavolini.
Mentre Sara
era assorta e attentissima ai virtuosismi del suo amico, Gian era
accasciato
sul tavolo e continuava a sbattere la fronte sul piano, Mattia
picchiettava la
sua spalla per consolarlo con una faccia contrita e Lily guardava i due
ragazzi
con una mano sulla bocca per cercare di non ridere.
Era
l’immagine dell’allegria. Bellissima.
Arrivammo
al tavolino e spostammo due sedie per accomodarci.
«Oh,
Lele,
come sono felice che sei arrivato anche tu!»
esclamò Gian con più enfasi del
dovuto. Poi fece un gesto come a spararsi in bocca, nascondendo subito
la mano
sotto il tavolo ed esibendo un enorme splendente sorriso, quando Sara
si voltò
a salutare.
«Avete
già
finito? Doveva essere una festa noiosa» commentò
Mattia, felice di avere una
distrazione più consistente di un Fassi in agonia da
classica.
«A
essere
sinceri, non era una festa» risposi a denti stretti,
mostrando un sorriso
tirato.
A questo
punto Glee fu costretta ad intervenire «Era un convegno
tenuto da uno studioso:
Michel Poulet» cercò di darsi un tono, ma a questo
punto fu Sara a mettersi a
ridere.
«Il
Pollo?
Hai portato Lele a sentire il Pollo? E di cosa ha parlato questa volta?
Delle
amebe dell’artico o del muschio sulle rive del Mar
Giallo?».
«Muffe
della Patagonia e Licheni geneticamente modificati»
mormorò Glee, facendo
letteralmente scoppiare la cinesina ed attirando gli improperi di mezza
sala
per il nostro schiamazzo.
«Glee,
ma
perché lo odi tanto?» chiese tenendosi la pancia e
indicando... me?
Tutti guardammo
la mia ragazza finta. Mi odiava? Ma cosa le avevo fatto di
così terribile?
Lei era
arrossita e balbettò: «Non... non lo odio... non
ho motivo per odiarlo».
«Portarlo
da Pollo è una punizione che non affibbierei neanche al mio
peggior nemico! È
come l'anticamera del purgatorio». Okay, avevamo capito che
il bassotto pelato
era il peggio che mi poteva capitare di ascoltare (tranne forse il
docente di
diritto privato alla facoltà di giurisprudenza).
«Però
è
stato divertente! Pensa che si è addormentato sul seno della
madre di Michel!»
riferì impietosa e scoppiò a ridere scatenando di
nuovo le ire degli spettatori
del concertino.
«No!
Giura!» rise Sara, quasi dimentica di essere in una sala dove
stavano suonando.
«Abbi
pazienza ma quella conferenza, con il bassotto che parlava come uno
zombie...
mi sono addormentato!» mi giustificai ridendo.
«Argomento?
Muffe? Farebbe addormentare anche uno che ha bevuto tre ettolitri di
caffè»
disse Lily ed io le regalai un gran sorriso riconoscente.
«Io
sono
più interessato al cuscino dove ti sei
addormentato» intervenne Mattia e Gian
annuì energicamente.
«Beh,
sono
crollato e non mi sono reso conto di dove mi sono appoggiato».
«Eh?»
incitò Gian ed io sorrisi malizioso.
«Direi
una
sesta, soda se si considera l'età» e qui ricevetti
una sberla sul braccio da
Glee.
«Gloria!
Ahi! Che vuoi che ti dica? Erano due mel...» provai a dire
mimando una
strizzatina all'aria con entrambe le mani ma fui bloccato da una
occhiataccia
della mia finta ragazza.
«Stai
parlando di una signora matura».
«Che,
se
ben ricordi, è rimasta molto delusa quando le ho detto che
ero il tuo ragazzo,
perché, probabilmente, voleva impalmarmi».
Rabbrividii.
«Lele,
non
sapevo che avessi alzato le tue mire comprendendo anche le
mature!» esclamò
Mattia.
«Sei
il mio
idolo! Un grande!» ridacchiò Gian guadagnandosi
un'occhiata scura di Sara.
«Se
un
vecchio si interessa di un minorenne si chiama pedofilo, se un giovane
si
interessa di una vecchia come si dice?» chiese Glee.
«Beh,
se si
parla di una bona si dice che è un figo, se è una
incartapecorita che serve
solo per i soldi, allora è uno schifo» rispose
Gian mostrando la sua enorme
saggezza.
Onore alla
profondità di pensiero!
La musica
incalzava e le birre erano arrivate. Rimanemmo finalmente in silenzio
ad ascoltare
la nenia che si levava lamentosa dal pianoforte. Dopo una conferenza
sulle
muffe e licheni di una vivacità stile funerale, questa fine
serata era quanto
di meglio potevo aspettarmi.
Quando
finì
il pezzo un applauso affettato scaturì dal pubblico e noi ci
adeguammo battendo
le mani (Gian battendo il tavolo come un bongo).
Il ragazzo
si alzò e si inchinò per ringraziare, poi fece il
suo annuncio: «Qualche anno
fa era in classifica nelle vendite della Corea del Sud, questa
canzone... io
l'ho adattata in questa nuova versione per piano... si intitola hinata_in_love»
e si accomodò alzando il naso all'aria e chiudendo gli occhi
in un
atteggiamento ispirato (e leggermente ridicolo).
«Il
titolo
mi ispira poco» mormorò Mattia.
La musica
iniziò sfornando una cacofonia di suoni vagamente orientali
mischiati con
virtuosismi degni di Chopin... insomma, il classico insieme dei cavoli
a
merenda.
«Grandioso
hip pop!» borbottò Gian, sull'orlo di una crisi di
nervi.
«Da
quanto
siete qui?». Una cosa che mi era sfuggita.
«Due
ore».
La voce del Fassi sembrava uscire da una tomba vecchia di secoli. Era
davvero
distrutto!
«Che
ne
dite di andare da un'altra parte finita questa... straordinaria
opera?». Non
volevo offendere la cinese, ma era davvero terribile! Quasi al pari del
bassotto pelato detto Pollo.
«Prima
devo
salutare Claire e poi possiamo andare»
rispose Sara alla nostra
proposta.
«Dove
è
seduta? Puoi cominciare a salutarla adesso» rispose
impaziente Gian,
pregustando la fuga da quel concerto di musica giurassica.
«Veramente
Claire è quello che suona» rispose lei.
Ci voltammo
tutti a guardare meglio il ragazzo che stava suonando agitando la
chioma
sparata come in ogni cartone animato che si rispetti.
«Eh?
E' una
ragazza?» in quel momento il Fassi era il più
stupito di tutti, se per sorpresa
poteva esserci una classifica.
«E'
un po'
più complicato di così, ma non sono cose di cui
posso parlare» rispose
tranquilla la cinesina.
Continuai
ad osservare il pianista senza far caso alla musica. Era un ragazzo con
i
lineamenti delicati, effeminati quasi... possibile?
«E'
un
ragazzo» disse convinta Lily.
«Come
fai a
dirlo?» chiesi. Magari lei era più sensibile e
riusciva a capire cose che a me
sfuggivano.
«E'
deciso,
spavaldo, ha le braccia forti e il tocco deciso. Anche se si sente una
donna è
cresciuto come un uomo. Se si chiama Claire vuol dire che si sente
donna ma per
ora è un ragazzo» concluse.
«Accidenti,
amore, sei decisamente una osservatrice acuta» si
complimentò Mattia
stampandole un bacio sulle labbra.
«Con
quello
che ci hai messo per metterti con lui che in realtà era
cotto di te,
osservatrice sto cazzo... scusa il termine» sbottò
Gian, facendo sghignazzare
tutti gli altri, tranne Sara che era abbastanza scandalizzata.
Probabilmente
dal suo linguaggio così signorile.
Anche Lily
stava ridendo, per niente offesa dall'osservazione. Era leggera e
coinvolgente.
Mi persi a
guardarla per alcuni secondi pensando a quando ci eravamo trovati nella
sua
stanza, strafatti di funghi... era stato davvero comico, un racconto da
narrare
ai nipoti.
In quel
momento mi arrivò una potente gomitata nel costato che mi
fece mancare il
fiato. Ma se era per trovarmi una finta ragazza, non potevo trovarmela
più
dolce?
«Dimmi,
amore» sibilai a denti stretti. Quella ragazza era peggio di
un battipanni e il
tappeto sembrava che fossi io.
«Che
ne
dici di andare? Vorrei passare al pub, devo incontrare una
persona» mi disse a
bassa voce. Chi doveva trovare? Assottigliai gli occhi a meditare.
Magari era
il bassotto pelato che voleva parlare con lei delle sue altisonanti
scoperte.
«Va
bene»
acconsentii alzandomi subito.
«Andate
già
via?» chiese Gian preoccupato. Che caro ragazzo! Non
sopportava più gli
strimpelli della Claire non meglio identificata ed era così
partecipe con noi.
«Gloria
deve andare al pub perché deve incontrare una
persona» risposi io indicando la
ragazza al mio fianco.
«Veniamo
con te» asserì Sara alzandosi e tendendo la mano a
Gian che sembrava adorante
come se avesse visto Padre Pio e la Madonna nello stesso momento.
«Io
ti amo!»
disse attirandola verso di sé e baciandola di getto
lasciandoci tutti basiti e
shoccati.
Pochi
istanti dopo si staccò e come se niente fosse, prese le
giacche ed aiutò la
cinesina ad infilarla, poi si sbracciò a salutare il
pianista e si diresse
deciso verso l'uscita.
Se voleva
lasciare tutti a bocca aperta e in assoluto silenzio, aveva fatto le
scelte
giuste, perché nessuno di noi riuscì a spiccicare
una parola o fare un gesto
per qualche minuto.
«Era
Giancarlo Fassi quello?» chiese Mattia indicando con l'indice
la schiena del
gemello dal comportamento anomalo.
«Direi
che
se non è lui gli somiglia davvero molto» risposi
io.
«Di
sicuro
non è Jake anche perché Consuelo lo avrebbe
ucciso se lo vedeva baciare così
qualcuno che non fosse lei» specificò Lily.
«Quindi?
Io
sono più preoccupata per Sara. Pensavo avesse più
buon senso!» borbottò Glee
infilandosi il piumino e incamminandosi verso l'uscita.
«Non
è che
tu abbia avuto molto più fiuto, visto che ti sei messa con
lui... perdonami,
Lele, sai quanto ti voglio bene, ma come fidanzato non hai un bel
curriculum»
rispose Lily.
Era
così,
dunque? Mi pensava come uno vuoto, uno che non era capace ad avere dei
sentimenti?
«Guarda
che
io non mi sono messa con lui. Lele è in prova e io lo sto
valutando» rispose
leggermente piccata Glee.
«Grazie»
borbottai. Io ero presente!
«E
fino ad
ora, devo dire che si sta comportando molto bene» aggiunse
poi.
«Oh!».
Questo sì che mi spiazzava. Ero un bravo ragazzo? Ero un
bravo fidanzato? Non
mi aspettavo una dichiarazione del genere. Ero piacevolmente sorpreso.
«Basta
adesso, andiamo tutti a tirarci su!» incoraggiò
Mattia, prendendo per mano la
sua ragazza e trascinandola fuori dal locale.
Lily
però
era imbarazzata e si fermò appena fuori dalla porta
«Glee, non ti arrabbiare, sono
felice per voi se state bene e vi auguro il meglio»
cercò di spiegare.
«Non
preoccuparti, ho capito... in fin dei conti io lo chiamo
“scopatore
universale”» e scoppiò a ridere, subito
seguita dalla bionda. Ecco che tornavo
a essere il dileggio di turno.
Appena
fuori, io e Glee ci dirigemmo alla macchina mentre gli altri prendevano
il
pandino giallo di Mattia che era parcheggiato davvero vicino.
«Grazie
per
avermi difeso prima» dissi mentre salivo in auto.
«Lascia
stare. Piuttosto, smettila di fissare Lily sbavando come una lumaca in
calore.
Se faccio finta di stare con te è per pararti il culo ma se
continui a farmi
sembrare una cornuta non sarà valso a niente!
Perciò piantala di fare il
cascamorto». Sembrava arrabbiata e mi domandai se per un
ipotetico caso non
fosse un pochino gelosa del sottoscritto.
Meglio non
indagare con domande esplicite o rischiavo l'amputazione di qualche
arto di
fondamentale importanza.
Sembrava
che andassimo a mendicare una serata: non eravamo ancora riusciti a
trovare
qualcosa di vagamente passabile o lievemente divertente.
Il pub ci
accolse con il suo tepore, scaldandoci dopo i pochi passi fatti sotto
zero per
la strada. Quella sera era davvero pieno e mi domandai
perché Glee avesse
proprio bisogno di incontrare questa fantomatica persona il sabato
sera, quando
poteva passare un'altra serata decisamente più tranquilla.
Appena
arrivati ci mettemmo in un angolo, aspettando che un tavolo
sufficientemente
grande per tutti si liberasse e potessimo sederci e ordinare.
«Ragazzi,
cosa
vi porto?» chiese il cameriere una volta che trovammo il
posto.
Ognuno di
noi ordinò il suo beverone preferito (coca cola per me...
incredibile ma
vero... no, è che dovevo guidare e i vigili erano impestati
in quel
periodo...).
«Un sunburn1985
per me» disse Gian.
Ci
guardammo tutti perplessi, chissà cosa aveva ordinato il
gemello.
Fummo
ancora più stupiti quando il cameriere arrivò con
una bottiglia di vino rosato
dall'aria raffinata e costosa.
Stappò
la
bottiglia, annusò il tappo, versò un goccio di
vino nel calice flùte, fece
girare un pochino il vino nel bicchiere, annusò e poi,
finalmente assaggiò un
piccolo sorso.
Muoveva
anche le guance, quindi stava facendo girare il liquido in bocca e
infine, dopo
tutta questa serie di passaggi, lo inghiottì.
«Pensavo
volessi farti i gargarismi» sbottai ridacchiando.
«No.
Per te
che sei un ignorante... è così che si assaggia un
buon vino. Ci vuole fiuto,
gusto e occhio! Per esempio, questo vinello aveva un gusto fruttato,
con
sottobosco di more e bacche di vaniglia, una nota di mirto e miele con
nocciola». Gian stava declamando.
«Ti
sei
messo a guardare l'enciclopedia dei vegetali?» chiese Mattia
tentando in tutti
i modi di trattenere la risata che stava montando.
«Siete
dei
barbari! Io ho fatto un corso da sommellier!» rispose Gian.
«Per
corrispondenza?» chiese Glee non riuscendo a trattenere oltre
la risata.
Ormai era
una presa in giro unica. Era troppo divertente vedere il Fassi in veste
seria,
non ci riusciva neanche impegnandosi a sembrare veritiero.
«Dai,
Gian.
Non puoi parlare in questo modo e pretendere che restiamo seri... in
fin dei
conti sei tu che stai parlando!» spiegai.
«Non
prendetelo in giro. È stato molto bravo, invece. Anche mio
padre è sommellier,
lavora in un grande ristorante al centro di Roma e posso dire che il
suo lavoro
è davvero difficile» lo difese Sara.
Guardammo
tutti la ragazza e poi Fassi.
Vuoi vedere
che Gian si era messo a studiare qualcosa per fare colpo sulla
cinesina? Alla
faccia di chi deve fare qualcosa per farsi notare. Qui era un attacco
alla
“fortezza” in piena regola!
Io, Mattia,
Glee e Lily ci guardammo pensando tutti la stessa cosa: il gemello si
stava
impelagando in un sentiero minato! Da cuoricini e sospiri d'amore...
«Dai,
lasciamo stare. Piuttosto, chi dovevi incontrare qui, Glee?»
chiese Mattia
bevendo la sua birra alla spina.
«Un
amico
mi doveva portare della roba» rispose lei sul vago.
«Uhu!
Della
roba!» gracchiò a voce alta Gian, ancora su di
giri per essere stato difeso
dalla cinesina.
«Piantala,
Gian. Tanto se anche fosse di quella “roba” lei non
te ne darebbe» intervenni.
«Ma
è
“roba” buona?» chiese ancora a voce
più alta per farsi sentire al di là del
tavolo.
Glee
scoppiò a ridere. «Se proprio vuoi te ne do un
pochino, tanto per non farti
andare in crisi di astinenza. Non ti lamentare se poi trovi che sia
stata
tagliata in modo diverso da come ti piace di solito» rispose.
Ci stavamo
divertendo, ecco perché non
mi accorsi
del movimento che cominciò dietro le spalle di Gian.
Il pub era
caotico di voci e suoni come solo un locale di sabato sera, pieno di
ragazzi e
di vita, poteva essere.
Gian ci
mostrò di nuovo come gustare un bicchiere di vino e anche
Sara fece la sua
parte con altre spiegazioni. Provammo anche noi ma fu più il
vino che ci
spruzzammo in faccia con gli sbuffi per trattenere una risata, rispetto
a
quello che riuscimmo ad ingerire.
Dopo
mezz'ora puzzavamo di vino stantio come un barbone ubriacone che non si
fa il
bagno da tre mesi.
«Lunedì
tutti in lavanderia! Ci faranno lo sconto comitiva!»
annunciò Lily ridendo e
indicando le maglie di Mattia e Glee.
All'improvviso
vidi una persona che faceva capolino dalla porta di ingresso e si
sbracciava
verso la mia finta ragazza.
«Oh!
Push è
arrivato. Aspettatemi qui, torno subito» fece alzandosi.
«Ma
no,
veniamo anche noi. Ho proprio bisogno di un pochino d'aria»
fece Mattia e corse
al bancone per pagare le nostre consumazioni. Ormai era passata
mezzanotte e il
giorno dopo eravamo d'accordo di andare a vedere la manifestazione di
Kung Fu
nella nostra città, dove avrebbero partecipato Consuelo e
Jake, quindi dovevamo
andare a dormire.
Era stata
una serata impegnativa quella e non vedevo l'ora di stendermi al
calduccio tra
le lenzuola e mettermi a sognare.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
qui alla fine del capitolo, ma non alla fine della serata. Aspettatevi
altro.
Riguardo
questo pezzo, grazie a Elenri per il titolo del convegno e l'idea in
sé, e a
ValeR198 per la scena dei crostini (proprio come l'aveva descritta lei,
era
troppo bella) e per il recupero del bracciale nel fango.
Per
Claire24 abbi pazienza ma il numero non ci stava bene, il nome
sì. È inquietante
leggere di un ragazzo che si fa chiamare Claire… beh, mi
è uscita così, senza
offesa eh?!
Prossimo
capitolo? Vediamo se indovinate cosa succede (visto che ho
già scritto metà
pezzo io lo so già), magari mi fate cambiare qualcosa!
Per
ora ringrazio per l'attenzione
alla
prossima
baciotti
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