La Salvatrice

di asyouwishmilady
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Non capivo dove mi trovavo. Sembrava una foresta, era buio. C’erano delle persone con me, ma non riuscivo a vederle in volto. Ora stavo scalando una pianta gigantesca. Non potevo fermarmi, non ero a capo delle mie azioni: ero solo una spettatrice. Poi, mi ritrovai seduta su un castello di legno, di quelli che ci sono nei parchi per i bambini. C’era odore di pesce e salsedine.
«Mamma» mi voltai: c’era un ragazzino seduto accanto a me. Mamma? Io non ho figli, non avevo mai visto quel ragazzino prima d’ora.
«Mamma! Sono Henry, devi salvarci» mi scosse un braccio, implorandomi con lo sguardo. Henry. Henry. Henry. Mary Margaret. David. Storybrooke. La mia famiglia. Adesso ricordo tutto. Devo salvarli.



Mi svegliai di soprassalto, completamente sudata ed ansimante. Ricordo tutto adesso, pensai. Quanto era passato? Un anno? Rabbrividì: chissà cosa era capitato agli abitanti di Storybrooke. A Henry. Dovevo sbrigarmi. Corsi in bagno e, velocemente, mi vestii. Prima d’infilarmi il cappotto, mi soffermai a fissare quello strano braccialetto, di cui avevo ignorato l’esistenza per un anno, e che giaceva sul mobile del bagno. Graham. Lo presi tra le mani e me lo infilai in fretta: avrei lottato anche per lui. Mi precipitai verso l’uscita, decisa più che mai a riprendermi la mia famiglia. Come avevo potuto dimenticare tutto? Il sortilegio di Pan, ricordai improvvisamente. E se gli altri non fossero più in questo mondo? Come li avrei raggiunti? Mi bloccai sul marciapiede di una ghiacciata Boston. Non potevo aver perso tutto di nuovo. Che senso aveva farmi assaggiare la felicità e poi togliermela per sempre? Certo, tutta la faccenda del sortilegio, della teca, della salvatrice, era assurda. Ma avevo trovato delle persone che mi amavano davvero, una famiglia. E poi c’era Uncino. Chissà che fine aveva fatto. Scacciai il pensiero e ripresi a camminare, quando mi scontrai con qualcuno.

«Scusa» mormorai distratta, senza alzare lo sguardo.

«Non scusarti, tesoro» quella voce. Era familiare. Ma dove l’avevo sentita? Dove? Non riuscii a trattenere la curiosità e mi voltai verso l’uomo misterioso.

No, non era possibile. Doveva essere un brutto scherzo della mia mente, per forza. Rimasi impassibile di fronte a quell’uomo che aveva tutta l’aria di essere Uncino.

«Killian…» biascicai involontariamente, nella disperata attesa di un cenno, di un segno da parte sua.

«No… Veramente sono Matt, e tu sei..?» fece sorridente. Quel sorriso. Me lo ricordavo come se non fosse trascorso nemmeno un giorno.

«Uncino» riuscii solo a dire, immobile di fronte a lui. La folla, nel frattempo, continuava a fiancheggiarci in fretta, ignorandoci del tutto. Se solo avessero saputo…

L’uomo mi sorrise sornione «Uncino. Nome interessante per una bella ragazza bionda». C’era ancora qualcosa di Killian in lui, a quanto pareva.

«Emma. Uncino sei tu» risposi asciutta, cercando di cacciare indietro le lacrime. Faceva troppo male sapere che non si ricordava di me, che non mi amava più.

«Hai notato la mia mano?» alzò la mano sinistra dove, al posto del suo vecchio familiare uncino, si trovava una protesi medica color carne.

«Posso capire l’analogia» continuò divertito «Mi offenderei, se solo tu non mi stessi guardando in quel modo»

«Quale modo?» domandai io, con voce quasi impercettibile. Torna in te, Killian, per favore.

Si avvicinò di un passo, guardandomi dritto negli occhi, con i suoi blu «Come posso aiutarti, Emma?»

Chiusi gli occhi per un istante: era così confortante sentirgli dire il mio nome. Come sulla pianta di fagioli dei Giganti, come sull’Isola che non c’è. Perché avevo opposto tanta resistenza a lui?

«Devo salvare la mia famiglia» esordii, con il mio solito tono di sfida «Se vuoi aiutarmi, devi promettermi di non fare domande»

Si strinse nelle spalle «Ok, mi piacciono le avventure. E poi sono a corto d’ispirazione per le mie canzoni»

Solo in quel momento, mi resi conto che Killian non era nella sua solita tenuta da pirata. Indossava, invece, un paio di jeans aderentissimi, una t-shirt nera dei Ramones ed una giacca di pelle nera. Non la solita, ma era comunque qualcosa.

«Andiamo» lo esortai bruscamente, come ero abituata a fare un anno prima.

«Direzione?» domandò divertito, mentre iniziavamo ad incamminarci verso la mia auto. L’auto che mi aveva portato a conoscere Neal. Accidenti, sospirai, fa’ che stia bene anche lui.

«Storybrooke» risposi d’un fiato, determinata più che mai a salvare la mia famiglia e i miei amici. Non ero la salvatrice dopotutto?



Salve! Spero che questo primo capitolo (o meglio, questa introduzione) vi sia piaciuto almeno un po'. L'idea per questa fanfic mi è venuta proprio da un sogno che ho fatto ieri notte e avevo voglia di metterla giù per vedere cosa ne usciva. Poi, è un modo per combattere l'attesa per la 3x12 (ç__________ç). Mi raccomando, fatemi sapere cose ne pensate: le critiche sono ben accette! Aggiornerò il più presto possibile. Bacioni.
Claudia




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