L’amore può uccidere
Prologo
Lilly guardò l’orologio, erano appena le sei e mezza, come
al solito l’ufficio era deserto. L’unica persona presente era l’addetto alla
portineria e qualcuno negli altri piani, probabilmente alle prese con qualche
caso complicato. Posò la pistola nell’armadietto e si avvicinò alla propria
scrivania. Stava già riflettendo su cosa sarebbe stato meglio fare per
incominciare, quando davanti a lei comparve una bambina. “Ciao, mi chiamo Ann,
il mio papà mi ha detto di aspettarlo qui”, Lilly rimase a dir poco sbalordita,
la bambina non doveva avere più di cinque anni forse ancora meno, cosa ci
faceva lì da sola? “Ciao, io sono Lilly… chi è il tuo papà? E dov’è adesso?”
intanto si guardava intorno, doveva essere lì da qualche parte… “Il mio papà si
chiama Peter, è dovuto andare via, ma mi ha promesso che tornerà” la detective
la osservò era ben vestita e chiaramente non aveva segni di mal nutrizione
stava per chiedere della madre ma il fatto che la piccola non ne avesse fatto
cenno la fermò, “Cosa c’è in quella bella busta?” solo ora aveva notato che Ann
teneva fra le mani un busta bianca, magari conteneva informazioni sulla
presenza della bambina in quel luogo o sull’identità del padre. La piccola la
guardò con sguardo colpevole, era chiaro che era stata colta in fallo, “Mi sono
dimenticata, il mio papà ha detto di darlo alla prima persona che vedevo…” “Non
importa Ann, ora te ne sei ricordata, no?” Lilly che si era abbassata per
parlare con lei le sorrise “Me la fai vedere? Così poi dopo andiamo a prenderci
qualcosa di buono… ti piace la cioccolata?” “Oh si tantissimo, soprattutto
quella con le noccioline!” dicendo questo la bambina fece un grande sorriso e
le passò la lettera. Lilly lesse velocemente e più leggeva più si preoccupava. Il
testo era molto chiaro:
Devo prendere
l’assassino di mia moglie, devo vendicarla, non ho nessuno a cui lasciarla,
tornerò per prendermi le mie responsabilità, vi prego di badare alla mia
piccola.
Non tentate di
fermarmi.
Ann la stava guardando fiduciosa, Lilly la guardò con
tristezza, cosa poteva fare? “Ann qual è il tuo nome intero? Te lo ricordi?”
“Si! Il mio papà mi ha anche insegnato a scriverlo: Ann Tods!” “Sei molto
brava, grazie”, scrisse il nome sul suo taccuino, poi sperando in un po’ di
fortuna chiese ancora “Sai dirmi anche esattamente dov’è andato il tuo papà?”,
Ann la guardò dispiaciuta “No”, “Pazienza, non importa, andiamo a prendere la
cioccolata allora?” “Si, che bello, grazie!” Lilly sorrise, era così piccola,
così gentile e dolce, non si rendeva conto che suo padre si era messo in guai
davvero grossi. Comunque il capo sarebbe arrivato tra poco ed era inutile
privare la piccola di una cioccolata promessa solo per non perdere qualche
minuto. Si avviarono alla macchinetta delle merendine e Ann scelse una barretta
di cioccolata con le noccioline, ora che era più rilassata chiacchierava con
Lilly e le raccontava ciò che faceva con suo padre, dei cartoni che guardava e
dei suoi amici, più parlava più la detective capiva che era una bambina felice,
certamente non maltrattata. Ann finì la cioccolata alla scrivania di Lilly,
mentre lei iniziava le ricerche, le aveva dato un foglio e la bambina disegnava
in silenzio. Inserendo cognome e nome del padre di Ann trovò quello che
cercava, era sposato con Marie McCallister, uccisa quasi un anno prima, il caso
era stato chiuso senza un colpevole. Se volevano trovare Peter prima che
compisse l’irreparabile dovevano trovare il colpevole prima di lui.