Cosa
significa? Kei, il grande e orgoglioso Kei, sarebbe
stato…comprato?
Ed ecco uno dei miei tanti esperimenti! Siate sinceri e ditemi che ne
pensate!
Schiavo
Si aggirava per i corridoi del palazzo. Erano talmente tanti, e tutti
talmente uguali, che gli capitava spesso di perdersi…
Come se ora fosse sulla
via giusta….
No, non poteva più accadere, doveva sforzarsi di ricordare
ogni corridoio e a quale stanza portasse. Non poteva permettersi di
sbagliare ancora. Come quella notte...
La ferita sulla schiena bruciò più forte, ma era
meglio non pensarci.
Vide in lontananza la porta della sala principale, un senso di nausea
si impossessò di lui…Quanto avrebbe voluto essere
altrove…Non gli importava dove, anzi! Anche una cella del
monastero, oppure un luogo sperduto, non gli importava davvero! Voleva
solo essere in un posto dove poteva essere libero di essere se stesso e
di difendere i propri diritti…Ora non ne possedeva
più. Da quando era diventato un oggetto, non poteva
più nemmeno camminare senza autorizzazione.
Che vita squallida, e
dire che tu nemmeno ci credevi a questa forma di esistenza…
Se un tempo gli avessero chiesto se per lui gli schiavi esistevano
ancora, avrebbe risposto: “In forma diversa
dall’antichità, ma esistono: i bambini COSTRETTI a
lavorare nel 3° mondo, ad esempio; le prostitute minorenni
COSTRETTE a fare quel
mestiere…” Erano queste le nuove
schiavitù.
Ma non sempre era stato solo così: un tempo, secoli e secoli
prima, esisteva il mercato degli schiavi, oppure i giovani venivano
portati nei bordelli e lì acquistati da qualche facoltoso
signore locale…Un tempo appunto, secoli e secoli prima. Non
nel 21° secolo, non in Siberia...Ma lui cosa ne poteva sapere?
Era andato in quei luoghi sperduti per ritrovare le origini della
madre, ed invece…
La porta si avvicina
sempre più, puoi distinguere le sue decorazioni
ora…
Quanto avrebbe voluto correre via da quel luogo infernale, quanto
avrebbe voluto scappare…ma non poteva cambiare la sua
condizione, non poteva più ignorare quello che gli era
successo, doveva per forza rimanere in quel luogo assurdo, che sembrava
aver fermato le lancette dell’orologio all’epoca
delle grandi schiavitù.
Ma…come aveva fatto a ritrovarsi in quella situazione?
Era cominciato tutto da uno stupido viaggio…
Camminava
oramai da ore sotto la bufera incessante…aveva freddo e
fame, e desiderava solo trovare un riparo…Finalmente, vide
un’abitazione: andò a bussare alla porta. Un uomo
alquanto nervoso aprì uno spiraglio; parlò in
modo brusco e piuttosto seccato: “Chi siete? Cosa
volete?”
“Mi
chiamo Kei, le vorrei chiedere un riparo per la
notte…solo per questa notte, non chiedo altro”
Lo
guardò un momento, innalzando un sopracciglio…:
“Entra, veloce”
Quell’uomo,
di nome Valdek, lo aveva fatto sedere e gli aveva offerto
qualcosa di caldo da mangiare…Casa sua sembrava la casa di
un ricco caduto in disgrazia, ma era troppo stanco per pensarci.
Valdek
parlò per primo: “Cosa sei venuto a fare
quaggiù?”
Il ragazzo
posò il cucchiaio: “Sono venuto a cercare le mie
origini”
L’uomo
lo guardò mentre riprendeva a mangiare: “I tuoi
antenati sono siberiani?”
Kei lo
guardò un momento: “Mia madre”
Valdek
sembrò pensarci distrattamente: “Dimmi il suo
nome, magari la conosco…”
Il giovane
sorrise afflitto: “Ne dubito…”
Lo
incoraggiò: “Non è detto”
Posò
da parte il piatto, che aveva completamente svuotato: “Si
chiamava Veronica Della Prusa…ma è vissuta
soprattutto a Mosca, non credo che v…”
Ma
s’interruppe vedendo la faccia dell’uomo,
sembrava…sconvolto.
“Signore…tutto
bene?”
Valdek si
riprese dai suoi pensieri…: “Eh? Ah sì,
sì…ma tu sarai stanco. Vieni, ti accompagno alla
tua stanza…”
Quella
notte la bufera era talmente violenta che non lo fece dormire. Erano
ore che provava a prendere sonno…inutilmente.
Provò per l’ennesima volta, quando gli
capitò di sentire Valdek, il burbero padrone di casa,
discutere con qualcuno…
“Ma
sì, ti dico che è un Della
Prusa…scommetto che il nostro signore pagherebbe ORO per
averlo a palazzo…sì, è come ti ho
raccontato! …Sì, è la nostra unica
possibilità!”
Ignorava
di cosa stessero parlando, chi era il loro signore e perché
conoscevano il nome di sua madre, ma non aveva un buon
presentimento…Sentì dei passi avvicinarsi,
d’istinto si scostò dalla porta a cui prima si era
avvicinato per sentire…
Valdek
irruppe nella stanza con un altro uomo.
“Ma
cos…?”
Non fece
in tempo a parlare che lo avevano legato con la forza al letto e gli
avevano tappato la bocca.
L’altro
uomo uscì dicendo che “andava subito ad avvertire
il loro signore”, mentre Valdek si sedette vicino a lui,
prendendogli il viso fra le dita: “Grazie a te
potrò finalmente tornare a godere dei prestigi di un
tempo…”
Il giorno
dopo era giunto un altro uomo, molto più distinto di Valdek
e del suo compare…Lo aveva osservato, aveva tastato le sue
spalle e le sue braccia per valutare la sua effettiva forza, e,
nonostante avesse tentato di opporsi, gli aveva tolto ogni affetto
personale, compreso il suo amato Dranzer…
Costui
iniziò a discutere animatamente con il padrone di casa. Con
suo enorme disgusto scoprì che stavano decidendo il
prezzo…il suo prezzo…
Non
capiva, lo voleva…vendere? Cosa significava?
Era
confuso, ma nessuno gli dava spiegazioni, e nessuno sembrava nemmeno
degnarsi di slegarlo da quel letto…Quelle corde erano
diventate dannatamente strette e ruvide sui suoi polsi, sentiva la
pelle gonfiarsi e dolere…
Alla fine
riuscirono a concordare il prezzo, e fecero entrare altri uomini,
grossi e robusti, che lo slegarono e lo presero con la forza, per poi
buttarlo dentro un furgone blindato.
Nessuno
gli aveva detto niente.
Fino a
quando non era arrivato a palazzo.
Un palazzo
immenso, che aveva scoperto appartenere al signore delle terre
lì attorno. Un uomo potente e spietato, che più
volte aveva avuto discordie con la sua famiglia rivale…i
Della Prusa.
Lo avevano
fatto entrare strattonandolo nella sala principale, dove si trovava un
trono imponente…che cosa antica.
Lì,
aveva potuto finalmente vedere il “signore”. Era un
uomo sulla quarantina, piuttosto giovane quindi, con i capelli lunghi e
chiarissimi, quasi bianchi, e due occhi color del ghiaccio. Un uomo
crudele. Un uomo malvagio.
Lo aveva
osservato un momento, poi aveva ordinato di liberarlo.
“Inginocchiati
davanti a me, Kei, figlio di Veronica Della Prusa.”
Aveva
ribattuto aspramente: “Non è mia abitudine
inginocchiarmi davanti agli estranei”
Lo
ghiacciò con un solo sguardo: “Voi Della Prusa
siete sempre stati
molto…spudorati…e…irrispettosi…ma
non ti conviene fare i capricci. Devi sottostare ai miei ordini, se non
vuoi pagarne le conseguenze.”
Lo
guardò con aria di sfida: “Io non ho nulla da
spartire con voi, non so nemmeno come mai sono qui. Voglio solo
andarmene! Non mi sottometterete, sono una persona libera di fare
ciò che preferisce.”
Il sovrano
rise. Era strano vedere quel viso contratto in una smorfia diversa dal
cipiglio severo: “Tu saresti un uomo libero? Spiacente, non
più! Se non te ne sei accorto, ti ho appena comperato ad una
cifra piuttosto elevata. Sei mio schiavo ora, e sei obbligato a
obbedirmi, che ti piaccia o meno!”
Aveva veramente provato di tutto per fuggire, per liberarsi, per
ribellarsi…tutto vano. Il controllo era perfetto e le
punizioni amare. Non sarebbe riuscito a scappare.
Ecco la porta, la vedi?
Allontana il passato, concentrati sul presente. Il tuo padrone ti ha
fatto chiamare.
Voleva morire.
Sentì una voce dentro alla sala grande. Annunciava la sua
venuta.
“Oh eccoti qua! È una gioia vedere che sei
sopravvissuto alla scorsa notte”
Si inchinò, quanto odiava farlo…: “Per
quale motivo mi avete fatto chiamare?”
Lo guardò con superiore freddezza:
“…hai dimenticato una parola…”
Trattenne l’insulto che voleva sputargli in faccia:
“Per quale motivo mi avete fatto chiamare PADRONE?”
Il sovrano sorrise compiaciuto: “Ti ho fatto chiamare
perché hai appena ricevuto una grande fortuna. Il mio amato
consigliere, il rispettabile Asmar, ha deciso molto generosamente di
perdonare la tua sfrontatezza e di prenderti come suo schiavo
personale…la Fortuna ti sorride, schiavo, fosse stato per
me…probabilmente saresti già ai lavori
forzati.”
Alzò per un attimo lo sguardo, spaventato: Asmar era il
più fidato consigliere del sovrano, ed era indubbiamente un
uomo splendido; aveva i capelli di un castano ramato, ed occhi di un
empatico blu notte…Il fisico era sicuramente scolpito sotto
le ricche cappe pesanti, e la sua mente era acuta ed allenata. Era una
persona tanto raffinata quanto misteriosa.
Ed ora era anche il suo
nuovo padrone.
Cosa gli avrebbe fatto? Per sbaglio qualche notte prima era entrato
nella sua camera da letto, credendola ben altra
stanza…L’avevano subito scoperto e punito.
La sua schiena sanguinava sotto i vestiti leggeri che un servo era
tenuto a indossare…
Si sentì debole, mentre lo incatenavano e Asmar si
avvicinava.
Si sentì mancare, mentre Asmar lo trascinava fuori dalla
sala tenendolo per la catena.
Si sentì veramente
male, come mai prima, quando una porta venne richiusa
dietro sé.
Due braccia lo sollevarono, gettandolo con malcuranza su di un morbido
giaciglio…un letto? Da quando uno schiavo aveva diritto ad
un letto?
Improvvisamente sentì una ventata d’aria fresca
sulla pelle, qualcuno gli aveva tolto l’indumento sporco di
sangue.
Due mani agili e gentili iniziarono a lenire le ferite, lavandole
lentamente con un panno umido.
Sollevò gli occhi appannati…Asmar lo
stava…curando? Lo stesso Asmar che l’aveva sempre
guardato con disprezzo, e che quella notte famosa l’aveva
osservato scioccato?
Il suo padrone sembrò notare che lo stava osservando,
perché premette con più violenza su una ferita il
panno tiepido…Gemette, soffocò un grido di dolore.
L’uomo sembrò accorgersene, perché
lasciò subito la presa, e continuò molto
delicatamente…Finita l’opera, lo fasciò
piano.
Era esausto. Il sangue che aveva perso era molto e la fatica del lavoro
si accumulava tutta in quegli istanti di debolezza…
Asmar gli sfilò piano i
pantaloni…cosa…cosa stava facendo? Il suo respiro
si affannò, per poi calmarsi quando si rese conto che lo
stava rivestendo con vestiti puliti per la notte…Che cosa
strana. Gli schiavi non avevano diritto a certe comodità. In
quei mesi era vissuto dormendo sul pavimento gelido e mangiando un
tozzo di pane a pasto. Si era ridotto a carne ed ossa.
Il suo nuovo signore gli si avvicinò, fino a che non
sentì i suoi lunghi capelli solleticargli la schiena. Un
brivido lo percosse.
In quel momento gli passò davanti agli occhi la sua vita
passata in un lampo: gli amici, i mondiali, le risate, le battaglie, i
sorrisi, le lacrime, le gioie, i dolori…il suo amato
beyblade, sparito chissadove… Era solo ora.
Improvvisamente sentì le labbra di Asmar sulla sua pelle.
Sussultò: “Cosa state…?”
La domanda gli morì in gola, quando l’uomo gli
intimò di tacere. Iniziò così la sua
opera, risalendo la schiena, succhiando lentamente la pelle, fino ad
arrivare al collo, cui prestò particolare
attenzione…Baciò prima con calma, poi quasi con
foga l’incavo del collo, facendo emettere a Kei, al SUO Kei,
gemiti sconnessi….Si posizionò cavalcioni su di
lui, continuando a seviziarlo con i suoi baci. Dal collo
arrivò fino all’orecchio, che
mordicchiò appena…
Intanto il blader subiva il trattamento, troppo stanco e sorpreso per
intervenire…del resto, Asmar era il suo padrone, e lui non
poteva opporsi…non voleva…Era strano essere
baciato da un uomo, non l’avrebbe mai immaginato: era
così passionale ed esigente la sua bocca, così
soffice e delicata sulla sua pelle. Le mani di Asmar iniziarono a
muoversi sotto di lui, addentrandosi nel suo intimo…Quando
una di queste raggiunse il suo sesso, gemette così forte che
quasi temette di svegliare qualcuno.
Asmar tolse subito la mano, e si spostò dal suo corpo. Gli
mise addosso una maglia, mentre lui ancora sudante rifletteva su quanto
successo…Subito dopo Kei sentì accanto a se
l’uomo infilarsi sotto le coperte. Decise di togliersi dal
letto, poiché essendo schiavo (quella parola gli bruciava nel
petto) non poteva condividere le comodità dei
suoi signori. Stava già alzandosi, quando sentì
la voce di Asmar: “Non ti ho dato ordine di scendere dal
letto”
Un po’ sorpreso, si distese al suo fianco e presto si
addormentò.
Quando il mattino seguente si svegliò, credette di aver
sognato ogni cosa. Guardandosi attorno capì però
che era tutto reale: era ancora sul letto di
Asmar…Asmar…si voltò di scatto verso
la sua destra: vuota. Il cuore mancò di un battito. Si era
svegliato dopo il suo padrone, era la fine. Il panico prese la meglio
sulla ragione.
“Tranquillo, mi sono appena svegliato anche
io…”
Si girò verso lo specchio che sovrano occupava
un’intera parete: il consigliere del re si stava vestendo in
quell’esatto istante, guardando attentamente la sua immagine
riflessa.
“Ti ho scritto un foglio con tutti i tuoi compiti di oggi.
Attieniti alla scaletta. Sebbene ora tu sia di mia
proprietà, ciò non toglie che tu debba dei
servigi anche verso il mio signore, e per questo è
necessario che tu faccia tutto nel tempo stabilito.”
Kei si alzò, vestendosi nel più assoluto
silenzio. Asmar stava ancora parlando: “Bene, vado. Oggi ho
molti impegni, farò tardi questa sera…Non
aspettarmi alzato.”
Il ragazzo annuì: “Come
preferite…”
Il siberiano aprì la porta: “A domani
allora.”
Rientrò nella sua stanza, vedendo una figura nella
penombra…Accese una candela: il suo servo, Kei, si trovava
con la schiena appoggiata al muro e aveva gli occhi
chiusi…tremava dal freddo. Non si era mai reso conto di
quanto leggere fossero le divise degli schiavi. Gli pianse il cuore a
vedere quel giovane così…stanco.
Improvvisamente l’oggetto dei suoi pensieri aprì
gli occhi, segno che non stava dormendo, ma solo riposando. Resosi
conto di non essere più solo, si alzò in fretta
chinando il capo: “I-io…scusatemi, non mi ero
accorto …voi…”
Sospirò: “Calmati, non ti farò
nulla…non ne avrei motivo…ti stavi riposando, mi
pare normale…”
Kei si incamminò verso la porta, vacillando
all’ultimo passo. Un braccio lo sorresse: stava per cadere.
Due pozzi blu lo osservarono scrutatori: “ Sei esausto...non
hai più forze…cos’hai mangiato
oggi?”
Il ragazzo sussurrò appena: “Il
solito…”
Asmar lo osservò con intensità, tenendolo ancora,
per paura che crollasse…sapeva cosa mangiavano gli schiavi,
e sapeva che alcuni morivano di fame…il loro pasto non era
nemmeno definibile cibo…
“Non c’è alcun bisogno che esci dalla
mia stanza…è mio desiderio averti qui sempre, nel
caso del bisogno…(e
per controllare che tu stia bene…)”
lo fece coricare nel letto “…aspettami”
Il giovane servo annuì piano, gli occhi chiusi.
Con un ultima occhiata, Asmar uscì dalla stanza.
Appena tornato, notò per prima cosa che non si era spostato
dal letto, e che era ancora sveglio.
“Meglio….” Pensò.
Kei sentì un peso sul letto: il suo padrone era
tornato…cosa voleva fare? Sentì il profumo di
cibo invadere la stanza.
Asmar gli alzò il busto, facendo poggiare la sua testa al
muro. Prese un cucchiaio che aveva accanto a se, e che
riempì con un po’ della minestra che aveva
portato. Kei osservò la mano del suo padrone avvicinarsi a
lui con il cucchiaio. Voleva…?
I suoi dubbi presero una forma concreta quando l’uomo gli
ordinò gentilmente di aprire la bocca. La socchiuse appena,
mentre un liquido caldo e saporito gli infiammava il corpo.
Sentì il suo signore sussurrare piano poche parole:
“Non bere così velocemente…il tuo
stomaco non è abituato…”
Rendendosi conto che in effetti stava divorando la zuppa che Asmar gli
stava somministrando, cercò di ingoiarla con più
calma possibile. Aveva tantissima fame, erano mesi che non mangiava
qualcosa che sembrasse cibo.
Una mano gli accarezzò piano una guancia…
“Per oggi è meglio fare basta, o potresti
rimettere ogni cosa…”
Il blader si era accorto solo ora che il cucchiaio e il piatto erano
stati allontanati…la carezza si fece più ampia.
Due dita gli fecero girare il volto, mentre lui chiuse gli occhi: non
gli era permesso guardare il suo padrone da pari, sebbene chiudendo gli
occhi sembrasse aspettare…come a leggerlo nel pensiero, due
labbra si chinarono sulle sue. Sorpreso, non osò alzare le
palpebre. Quel bacio, da casto qual’era, si
trasformò in qualcosa di più profondo quando
Asmar iniziò a muovere la sua lingua nella bocca
dell’altro.
A Kei non restò che assecondarlo, muovendola a sua volta,
contraccambiando le attenzioni del suo signore. Lentamente il suo corpo
sprofondò nel letto, mentre il contatto veniva interrotto da
Asmar, che continuò comunque a baciargli il collo.
Finalmente aprì gli occhi, voltando però il viso
di lato, così da non vedere il suo padrone, che intanto lo
baciava con crescente passione. Iniziò a gemere piano,
sentendo Asmar che gli sfilava ancora una volta i
pantaloni…questa volta però, non voleva cambiarlo
d’abito. Vide con la coda dell’occhio che anche
l’uomo si stava svestendo, mentre anche la maglia gli veniva
tolta di dosso…
Era tutto
così tremendamente sbagliato...la sua ultima dannazione, o
forse la sua ultima ancora di salvezza.
Il cuore iniziò a battergli forte. Stava per perdere la
verginità con…un uomo? Con un uomo che lo aveva
comprato, che lo considerava forse come un animale, come un semplice
oggetto…Le labbra di Asmar iniziarono a percorrere il suo
petto, fermandosi sui suoi capezzoli…Li gustò
piano, mordendoli con delicatezza, facendolo gemere di
piacere…continuando il suo percorso, il siberiano
arrivò all’ombelico del giovane. Il blader della
fenice sentì con un sussultò le sue mutande
scivolare via, e si preparò a quello che sarebbe
successo…Certo non l’avrebbe mai immaginato. Asmar
avvicinò la bocca al suo orecchio, mentre con una mano
stuzzicava l’apice dei sui
piaceri…Sentì la sua voce suadente, mentre gemeva
sempre più forte: “Tranquillo, non ti
farò del male…fidati di me…”
Detto questo, spostò il viso in corrispondenza del suo
sesso, baciandolo con grazia, per poi insistere con più
decisione. Quando si staccò,lo schiavo dagli occhi di rubino
sudava e aveva il respiro irregolare. Sentì lontano una
voce: “Allarga le
gambe…bravo…così…piano…tranquillo…”
Arrivò la spinta, lacerante e splendida, che lo fece urlare.
Asmar continuò ad addentrarsi in lui, dicendogli di stare
calmo, che non gli avrebbe fatto
male…rassicurandolo…Quando entrambi raggiunsero
il massimo del piacere, con un ultima spinta di Asmar ed un gemito
più forte degli altri, Kei perse i sensi.
Asmar si tolse da lui, avvicinandosi poi al viso del suo
schiavo…era così bello, doveva ammettere di non
aver mai visto un ragazzo come lui…
Gli baciò la fronte bagnata di
sudore…l’aveva sforzato troppo forse…ma
cosa poteva farci? Non era riuscito a soffocare l’attrazione
che provava per lui. Lo guardò mesto: quando era arrivato
lì, era un ragazzo pieno di vita e splendore; i suoi occhi
splendevano, la sua forza stava nella sua rabbia, nella sua
istintività…Avevano fatto molta fatica a
sottometterlo, c’erano voluti mesi di torture, privazioni,
umiliazioni, minacce, fatiche…Ed infine erano riusciti a
renderlo quello che era ora, un servo debole ed intimorito. Davvero un
ottimo lavoro avevano fatto su quel vitale corpo, ora magro e
pallido…Un anima di ferro che avevano forgiato nel modo
sbagliato.
Si alzò dal letto, andando a prendere dei vestiti per la
notte da un cassetto. Una volta vestitosi andò dal suo
tesoro, lo prese in braccio facendo ben attenzione a non
svegliarlo…Lo baciò a fior di labbra, poi gli
infilò dei vestiti pesanti, così che
non provasse freddo in quella notte infuocata…Prima di
coricarsi, lo osservò un ultima volta: sapeva che aveva
circa 18 anni, forse poco meno…era solo un ragazzo, avrebbe
quasi potuto essere suo figlio…Con la sua carica di
consigliere ed i suoi 38 anni, avrebbe dovuto mirare a ben altri
compagni…si addormentò cupo.
Era tutto
così tremendamente sbagliato…la sua ultima
dannazione, o forse la sua ultima ancora di salvezza…
Andò avanti così per molto tempo,
tantissimo…Kei svolgeva per tutto il giorno i suoi compiti,
si ammazzava di fatica, e la sera, una volta tornato in camera, dopo
varie umiliazioni e tante sopportazioni, si univa con Asmar in un
rapporto che non riusciva a definire: era il suo amante, o il suo
sfogo? Il suo compagno, od un giocattolo?
Ricordava di essere stato punito, una volta, perché lo aveva
osservato troppo a lungo da dietro, mentre lavorava. In
quell’occasione Asmar non l’aveva difeso, ma appena
tornato in camera, lo aveva curato e coccolato, senza pretendere nulla.
Era confuso.
“Uh…” Si appoggiò al muro, la
testa gli scoppiava. Nonostante in quel periodo la sua condizione, in
fatto di cibo, fosse migliorata, si sentiva debolissimo, come mai in
vita sua. Anche Asmar doveva essersene accorto, perché in
quei tempi aveva alleggerito notevolmente le sue fatiche, dandogli
lavori più semplici. Ma il loro signore aveva riempito
comunque le sue giornate, per la realizzazione di una nuova ala del
palazzo, logicamente affibbiata agli schiavi, diretti dagli architetti
e dalle guardie del palazzo. In quest’ala dovevano esserci
colonne e statue, un omaggio alla potenza della casata, una fatica per
i braccianti che dovevano costruirla.
Si voltò verso un altro schiavo, molto più
vecchio. Era privo di forze, si vedeva subito che non avrebbe retto a
lungo. Certo lavare con uno straccio il pavimento di
quell’enorme stanza non era un lavoro da poco…si
alzò dalla sua porzione di stanza da lavare e si
avvicinò al vecchio, che respirava affannosamente.
Gli poggiò una mano sulla spalla: “Vai a svolgere
i tuoi altri incarichi, ci penso io a finire la tua parte
qui…”
L’anziano lo ringraziò riconoscente e si
allontanò, mentre lui seguitava a lavare anche quella parte
del salone…Non si accorse dello sguardo insistente di due
perle notturne…
Entrò, cercando di fare meno rumore possibile…Si
guardò attorno, tutto splendeva.
Vide per terra una figura, una sensazione di deja vu lo
invase…Accese una candela, e si avvicinò allo
schiavo dormiente. Si era addormentato sul pavimento, forse troppo
stanco per portarsi sul letto. La sua fronte scottava, probabilmente
aveva la febbre molto alta. Scosse il capo: non avrebbe mai imparato.
Lo sollevò, e lo mise sul letto. Guardò ancora la
stanza: l’ordine era imperante. Aveva lavorato tutto il
giorno nella nuova ala del palazzo, ed aveva anche trovato la forza di
fare quel lavoro opzionale che gli aveva chiesto? Ricordava chiaramente
di avergli detto che poteva anche non farlo. Ed invece, sebbene sapesse
di essere molto debole, aveva comunque deciso di prendersi la
responsabilità del lavoro di quel povero vecchio e aveva
anche riordinato e ripulito totalmente la sua camera…la loro
camera…Sospirò, gli mise un panno umido sulla
fronte, gli tenne la mano. Notò che era totalmente rovinata
a causa del lavoro. “Se devi sempre farmi
preoccupare…” Lo guardò con tenerezza,
mentre il ragazzo iniziava ad avere il respiro
irregolare…stava sognando.
Non sogna te, sogna la
libertà che non riavrà mai
più…
“Y-yuri…ragazzi…”
Asmar si voltò sorpreso. Stava parlando nel sonno.
“…famiglia…no, NO! No, non vi lascio,
no…”
Lo guardò attonito. Capì che aveva paura di aver
abbandonato qualcuno.
“…Sono solo…NO, TORNATE INDIETRO! Ho
bisogno di voi…”
Iniziò a urlare, mentre calde lacrime iniziavano a scendere
dagli occhi chiusi. Spaventato, gli prese la mano per calmarlo.
Sembrò funzionare.
“…M-mamma…Dranzer…addio…”
Smise di parlare, sebbene le lacrime continuassero a cadere incessanti,
mentre le finestre fischiavano per la bufera che fuori
imperversava…Lo prese tra le braccia, tenendolo stretto a
sé…Mentre gli asciugava il viso, un pensiero gli
trafisse il cuore: “Cosa ti tieni dentro, cosa hai lasciato
venendo qui? Possibile che la tua sofferenza interiore sia
più grande di quella che provi ogni giorno sul
corpo?”
No, la domanda da farti
è solo una: cosa puoi fare tu per farlo stare meglio?
Quando quel mattino si svegliò, come prima cosa
notò di essere sepolto in un mare di calde coperte. Si
tirò su a fatica, ma dovette subito ricoricarsi per un
conato di vomito improvviso. Asmar non c’era.
Strisciò fuori dal letto, e trattenendo l’impulso
di rigettare l’anima si vestì. Non avrebbe mai
amato tanto la leggerezza della sua divisa: stava grondando sudore a
causa della febbre, il caldo gli annebbiava i sensi.
Vide che Asmar non aveva lasciato nulla, ne un foglio ne
altro…Quel giorno non aveva ricevuto compiti dal suo
padrone, quindi. Uscì dalla stanza, recandosi in cucina per
i lavori mattutini che spettavano ad ogni schiavo.
Entrò nella stanza.
Il cibo nelle pentole
emana tanto vapore…
Iniziò a lavare le pentole sporche.
C’è
tanto caldo, troppo…
Batté gli occhi per riprendere lucidità.
La stanza vortica, il
pavimento diviene improvvisamente vicinissimo…
“Scusatemi se vi ho disturbato, ma ho un messaggio per il
rispettabile Asmar”
Il signore dagli occhi di ghiaccio osservò la guardia:
“Bene. Se è importante, non verrai punito di
averci interrotto. Stavamo discutendo di affari importanti.”
La guardia chinò il capo: “Vi prego di perdonarmi,
ma penso sia urgente, almeno per il rispettabile Asmar. Mi è
arrivato un messaggio dagli schiavi: vi è molto tumulto,
perché questa mattina il figlio dei Della Prusa è
svenuto, ed ora che è arrivato il tramonto non si
è ancora svegliato.”
Si incamminò con passo svelto verso la sua camera: aveva
chiesto di portarlo lì appena aveva
saputo…Accelerò.
Quando entrò, vide subito due schiavi che si avvicendavano
per fare migliorare il giovane, posato su una stuoia di legno per
terra. Aveva dimenticato che gli schiavi non potevano stare sui
letti…Avrebbe dovuto dare ordine di posarlo sul letto,
e non solo di portarlo nelle sue stanze. Mandò via i due,
rimanendo solo con lui.
Era cadaverico, nel vero senso della parola. Lo prese in braccio,
notando con sollievo che aveva il respiro regolare, seppur debole.
Salì sul letto, tenendolo stretto a sé.
Rimase sveglio tutta la notte a vegliare su di lui.
Quando aprì gli occhi, capì di essere guarito:
non sudava più e non sentiva caldo. Anzi: il freddo lo colse
impreparato, facendolo rabbrividire.
Vide la porta aprirsi, ed il suo padrone entrare…triste?
Quando Asmar si accorse di lui, in ginocchio sul letto,
sembrò ringiovanire di 10 anni: “Ti sei
svegliato!”
Kei abbassò il volto:
“Padrone…”
Le labbra di Asmar lo colsero alla sprovvista: lo aveva baciato con un
impeto tale da averlo fatto cadere all’indietro sul letto.
Si voltò, memore del divieto di guardarlo in faccia:
“Quanto…quanto ho dormito?”
Asmar si riassettò, tornando quello di sempre:
“Circa 3 giorni…non ci speravo
più…”
Non se lo aspettava, non pensava di aver dormito tanto a lungo. Si
scusò mortificato e spaventato per le possibili conseguenze:
“Vi chiedo perdono se non ho assolto i miei doveri, non era
mia intenzione e…”
Asmar gli tappò la bocca con una mano: “Tu parli
troppo, e non capisci che non sono arrabbiato…”
Iniziò a baciargli il collo, e a spogliarlo rapidamente:
“…e che mi sei mancato…”
Lo girò di schiena, facendolo stare a gattoni sul
letto…le braccia facevano leva per rimanere fermo. Asmar
iniziò a spogliarsi, mentre il blader rimaneva in silenzio,
aspettando la piacevole intrusione. Questa arrivò, e Kei
iniziò a muoversi con il suo padrone per facilitare i suoi
movimenti nel suo corpo. Quando raggiunsero l’orgasmo, Asmar
si sdraiò sopra di lui, senza togliersi del tutto…
“Ora che stai bene, possiamo partire…”
Kei sussultò: “Dove volete andare? In un paese qui
a sud?”
Asmar rise piano: “In teoria è
così…il mio signore pensa che voglia andare a
sud…”
Kei rifletté un istante: “…e
invece?”
Asmar gli accarezzò i fianchi: “…e
invece andremo in Giappone…un mio amico dirà al
nostro sovrano che sono nelle sue terre, quando in
verità…”
Giovane schiavo, la
senti la tua anima che si sgretola?
Gli si fermò il respiro.
Sentì Asmar preoccupato dietro di lui, poiché
doveva essersi accorto che aveva smesso di respirare. Quando
tornò a respirare, Asmar si era tolto da lui, e aveva
vestito entrambi.
“A domani allora…Buonanotte”
Kei non riuscì a prendere sonno.
Il Giappone, con il suo caldo sole e le sue grandi città
oscillanti tra antichità e futuro.
Com’era bello per lui rivedere tutto ciò,
com’era straziante.
Asmar osservava tutto con interesse: “Sai Kei, mi sono
informato, ed ho saputo che i tuoi amici più cari si sono
radunati qui…”
Il giovane lottò contro la tentazione di voltarsi e
guardarlo. Cosa significava?
“Staremo solo un paio di giorni…Voglio che tu
torni da loro, e li rassicuri…Io sarò un tuo
conoscente che ti ha aiutato a venire qui in
Giappone…Inventa la storia che preferisci, ma sappi che,
Giappone o non Giappone, tu rimani il mio schiavo e che, per questo,
devi comunque rispettare la mia autorità…E
ricorda: solo due giorni”
Era attonito: guardava fuori dal finestrino dell’auto senza
veramente vedere il paesaggio…Asmar…aveva
infranto la legge, aveva mentito al loro signore…solo per
permettere a LUI, schiavo e oggetto, di fare visita per un’
ultima volta ai suoi cari?
Era incredibile. Non ci avrebbe mai sperato; eppure…era
stato chiaro: solo un paio di giorni, e poi avrebbe dovuto salutarli
per sempre. Il pensiero lo faceva soffrire.
L’auto si fermò davanti ad un dojo che oramai
conosceva bene. Il cuore sembrò fermarsi per sempre.
“Muoio…” Pensò.
Asmar lo incoraggiò: “Forza,
scendi…”
Scese dalla vettura, guardando la villetta come fosse la prima
volta…Sentì le urla dei giovani inquilini, e una
voce che sembrava quella di…Sgranò gli occhi
quando vide la conferma dei suoi sospetti: Yuri e il resto della
squadra russa, stavano uscendo dalla casa, seguiti dal campione del
mondo con Max, Rei, Hilary ed il prof.
Yuri si fermò improvvisamente insieme agli altri.
Si guardarono un istante.
“KEI!”
Tutti lo guardarono sorridendo sorpresi.
Non ebbe nemmeno il tempo di ragionare: abbracciò il suo
migliore amico, ridendo di gioia. Il rosso lo scrutò
spaventato: “Cosa ti è successo? Sei uno scheletro
che cammina! Stai bene?”
Il tatuato sorrise stringendolo ancora, trattenendo le lacrime:
“Ora sì Yu…ora sto
bene…”
Lo osservava da lontano, mentre rideva e scherzava con i suoi amici, e
si faceva raccontare le loro avventure…
Alla loro curiosità aveva risposto dicendo che aveva avuto
un periodo difficile, e che non era riuscito a
contattarli…Alla sua presenza, aveva ovviato dicendo che era
un suo conoscente che l’aveva aiutato ad arrivare da loro.
I suoi amici sembrarono notare la strana soggezione che Asmar incuteva
al giovane, ed il fatto che non lo guardasse mai in faccia. Non
chiesero nulla a riguardo.
Passò con loro due giornate precise, parlando, parlando e
parlando. Non l’aveva mai visto sorridere, né
ridere e scherzare…era un’altra persona.
La sera dell’ultimo giorno, arrivò l’ora
dell’addio.
Takao guardò l’amico, pallido ed esangue, mentre
si avviava all’uscita del dojo: “Devi per forza
andartene?”
Kei gli rispose afflitto: “Vorrei poter restare,
ma…mi spiace, Takao, davvero…”
Yuri intervenne sorridendo rabbuiato: “Ci eravamo incontrati
proprio per rintracciarti…non farci più
spaventare così, inviaci tue notizie ogni
tanto…”
Kei li guardò triste: uno schiavo non aveva diritto a
scrivere lettere, quell’addio era totale…
Come poteva dirglielo?
Sentì la voce di Asmar dietro di lui: “Penso che
non sarà problematico scrivere qualche lettera ogni tanto,
giusto?”
Sussurrò sorpreso: “Giusto…”
Gli aveva dato il permesso? Forse quell’addio non era
definitivo.
Abbracciò tutti un’ultima volta: Asmar
aspettò paziente.
“Dobbiamo andare ora…”
Kei annuì. Li guardò un’ultima volta.
“Addio allora…”
Yuri lo osservò a sua volta, serio:
“Arrivederci…”
Addio o arrivederci? Chi
ha ragione dei due?
Asmar si recò alla reception dell’hotel:
“Tu vai in camera Kei, io pago e arrivo.”
Il ragazzo annuì, con lo sguardo impuntato a terra.
Entrò nella stanza dell’albergo, poggiando la
giacca su una sedia. Vide il suo schiavo girato di schiena, sul bordo
del letto. Stava piangendo.
Il pianto disperato di chi sa di essere rimasto solo. Il pianto
disperato di chi non ha più speranza nel futuro.
“Kei…”
Il giovane sussultò: “I-io…imploro la
vostra pietà, non voglio sembrarvi ingrato, io non voglio
piangere, però…”
Si bloccò quando sentì le braccia di Asmar
circondarlo, per poi voltarlo. Sgranò gli occhi, appoggiando
il capo sul petto del suo signore, continuando a piangere.
“Voglio che tu te ne vada”
Cosa? Il ragazzo non riuscì a capire.
“Voglio che tu stasera torni dai tuoi amici, e spieghi loro
TUTTO ciò che ti è successo…Chiedi
asilo politico al Giappone: il mio signore non potrà
perseguitarti se lo farai…”
Kei si morse il labbro: “Signore, mi state dicendo
che…”
Sospirò: “…sei libero,
sì.”
Non osò staccarsi dall’abbraccio: “Ma
voi così correrete dei guai, tornando senza di
me…”
Asmar sorrise, baciandogli il capo: “Corro i miei
rischi…ma desidero DAVVERO che tu sia libero…e
quando ripenserai agli anni passati in Siberia, forse ti ricorderai di
me, e mi odierai…”
Si strinse a lui: “Non vi odierei mai, lo
sapete…”
Asmar si separò da lui, il cuore stretto da una morsa di
dolore: “Io lo spero vivamente Kei, lo spero
davvero…tieni comunque, questo è tuo.”
Dranzer. Era il SUO Dranzer. Stava bene, Asmar l’aveva
protetto.
“Grazie”
“Addio”
E questo addio
è definitivo.
Corse a tutta velocità, senza smettere di piangere.
Bussò alla porta con violenza.
Yuri aprì la porta: “Kei cos…”
Lo abbracciò con una forza che pensava di non possedere
più. Il rosso ricambiò l’abbraccio
confuso: “Cosa c’è? Che hai?”
Vennero raggiunti da tutti gli altri blader.
“Voglio spiegarvi come mai sono mancato così a
lungo…ora POSSO farlo.”
“Sei sicuro?”
Il ragazzo annuì. Quando quella notte aveva raccontato ai
suoi amici gli anni in Siberia, aveva detto tutto, ma non aveva
spiegato loro cos’altro lo legava ad Asmar, oltre alla
schiavitù. Non era ancora pronto per questo. Doveva prima
digerire la separazione.
Sentì la voce dell’altoparlante chiamare il volo
che avrebbe portato per sempre lontano da lui quegli anni. Vide in
lontananza la figura di un uomo distinto aspettare di salire sul
proprio aereo. Asmar si voltò a guardarlo. Aveva sempre
saputo che era lì. Si guardarono negli occhi per
interminabili secondi. Finalmente pari.
L’uomo abbassò lo sguardo per primo, poi
entrò nell’aereo.
Addio, mio schiavo.
Addio, mio padrone.
Addio, mio amore.
Fine
Finita! X___X Che faticaccia! Allora, che ve ne sembra? Inaccettabile?
Decente? Caruccia? Bella? È un esperimento,
un’idea che mi è venuta all’improvviso!
Siate sinceri e ditemi che ve ne pare! Non so se si nota
l’influenza che hanno avuto “Il principe
d’Egitto”, “Giuseppe: il re dei
sogni” e l’ormai solito (c’è
sempre XD) “Armand il vampiro” ^^
Ringrazio Iria per avermi sopportata e per avermi dato il suo parere
SEMPRE. Grazie tessora!!!*___*
Kissone
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