Vetro.

di artemisius
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alla mia paperella.
tanto per ricordare che
i vetri sono fatti per essere distrutti.



Vetro.
 

 

E poi c’è il vetro.
Le lenti di vetro degli occhiali finti di Leo. Il vetro di quelle maledette porte girevoli, che non dovevano essere spinte e che se non correvi venivi sbatacchiato al loro interno.
Lo stesso vetro appannato dell’autobus mattutino su cui veniva tracciata una “E”. Solo quella, di chi fosse quella lettera lo sapeva solo Leo. Voleva saperlo solo lui.

 

«Sembra che l’aereo aspetti solo te.»
«A quanto pare…»
«Buon viaggio, Elliot.»

 

Aveva sorriso per educazione.
Era rimasto calmo per educazione.
Educazione.
Avrebbe gridato. L’avrebbe insultato, preso per la collottola di quella camicia bianca del loro primo appuntamento e l’avrebbe trascinato fuori dall’aeroporto. L’avrebbe baciato. Al diavolo l’educazione.
Ma no. Aveva lasciato andare Elliot. L’aveva lasciato correre via come una goccia d’acqua su un vetro sottile e dannatamente resistente.
E poi c’era quel vetro che divideva Elliot da Leo. Leo da Elliot.
Su quel vetro il corvino aveva appoggiato le mani fredde, trovando solo altro freddo. Sentendosi lontano anni luce dal biondo, terribilmente lontano dalla sua casa. Dall’unico posto in cui si sentiva davvero amato.

 

Aveva cercato di raggiungerlo con la voce. Gridava con il cuore, dichiarando guerra a tutto quel vetro tra loro. Voleva farsi sentire. Avere gli occhi del suo Nightray, come pezzi di cielo sereno e limpido, solo su di sé.
Batteva le mani sul vetro, stringeva i pugni e cercava di non gridare. Si piantava i denti nel labbro inferiore per trattenere tutto ciò che il cuore doveva solo gridare in silenzio.
Perché fa più male avere Elliot lontano, che dei pugni sanguinanti e feriti dal vetro.

 

E anche adesso, che il vetro stava finalmente per essere rotto, ci faceva a pugni per l’attesa. Quella superficie continuava ad essere d’ingombro.
Stava tornando.
Guardava gli aerei atterrare uno dopo l’altro sulla pista, come gocce di pioggia che si rincorrono sui finestrini delle auto che sfrecciano veloci in autostrada.
Dove sei?”

 

E poi sente solo il silenzio tra il caos. Baskerville non si volta, rimane lì ad aspettare, con le mani fredde sul vetro dell’aeroporto.
Occhiali di vetro.
Pareti di vetro.
Mani e corpi di vetro.
Ma tra tutto quel vetro, c’è il calore. Semplicemente l’essenza calda che si dirama, ferisce i vetri. Distrugge tutto ciò di superfluo e trasparente. Le loro dita calde intrecciate come la trama di un maglione soffice, le labbra nivee di Elliot tra i capelli corvini di Leo lasciano scivolare via parole dolci.

 

«Sei rimasto sempre qui ad aspettarmi?»






 


 

Salve!
Ritorno nel fandom. Avevo già pubblicato qui, in precedenza. Ma per colpa di una certa persona hackernerdchiamatelacomevipare, le storie nel mio vecchio account sono andate perdute.
Ero E c h o_, non so se qualcuno si ricorda. 
Sono ritornata con un’Elleo.
E boh, preferisco non dare spiegazioni su questa storia. Preferisco che ci si ragioni su.
Squack~





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