Rosa de
los Vientos
Scirocco
Cercò
di non aggrottare le sopracciglia, per prevenire la
formazione delle rughe d’espressione, così
antiestetiche. Tuttavia, le ciarle
del menestrello mettevano a dura prova i suoi sforzi di contenimento:
l’intonsa
epidermide frontale si sarebbe incartapecorita come pergamena consumata
se quel
cantastorie non si fosse zittito.
Il
suo romantico spirito francese lo portava ad apprezzare
le ballate sentimentali e i sospiri delle cetre. Ma quelli emessi dal
musicista
vagabondo erano storpiature dell’arte amorosa in versi:
eroine scialbe,
personaggi privi di spessore, fatti incoerenti e rime forzate.
Tentò
di concentrarsi sull’aroma fruttato del vino nel suo
calice. E, proprio in quel momento, il traballante aedo
crollò definitivamente:
un lieto fine insulso e banale, che metteva in ridicolo tutte le
peripezie
narrate in precedenza.
«Se
permettete, signori» esclamò, accaparrandosi
l’attenzione dei presenti con una teatrale entrata in scena.
«Vi racconterò io
una storia d’amore che meriti davvero di essere
tramandata.»
Il
pubblico fu rapido nell’indirizzare la propria attenzione
sul vistoso francese: quelli che avevano formato un semicerchio attorno
al
musico ruotarono le sedie verso il nuovo narratore, chi stava mangiando
lanciò
un’occhiata tra una cucchiaiata e l’altra,
l’abbondante ostessa torse il collo
per ascoltare mentre continuava a sistemare le stoviglie appena lavate.
«Quanti
di voi sono stati in Spagna?» Francis si attardò a
contare le mani alzate per accrescere la suspence.
«Terra meravigliosa, non è vero?
L’ospitalità latina è impagabile. Dopo
quella
francese» non poté fare a meno di sottolineare,
scrollando la chioma bionda e
ondulata. «Immaginate quindi strade assolate, lastricati
odorosi di
mediterraneo e case piacevolmente rumorose. Questa è la
terra che ha dato
origine alla storia che sto per raccontarvi.»
Ovviamente
il paesaggio spagnolo non era sempre così
idilliaco. Ma l’abilità di un narratore stava nel
rendere unica la
quotidianità, e smussare gli elementi meno delicati.
«Sapete,
signori, spesso sono le piccole cose a creare i più
grandi sconvolgimenti» continuò, sapientemente
petulante. «Antonio Fernandez
Carriero lo sapeva molto bene.»
«Chi
è questo signore?» un bambino dagli occhi vispi si
sporse dalle ginocchia della madre per porgli quella domanda.
«Uno
dei nostri protagonisti» gli rispose Francis, mentre la
genitrice lo rimetteva al suo posto. «Antonio aveva condotto
una vita
avventurosa: in gioventù era stato un corsaro della corona
spagnola. La fama
della sua nave, La Reina, era tale
che nemmeno l’Olandese Volante e la sua ciurma
d’oltretomba incutevano tanto
timore in chi solcava i mari.»
«Non
avete detto che era un corsaro, e non un pirata?»
protestò un vecchio bucaniere in prima fila.
«L’abilità
in battaglia spaventa sia da alleata che da
nemica» controbatté Francis. Accarezzò
la barba dorata prima di riprendere:
«Dicevo, le piccole cose creano grandi sconvolgimenti. Fu
così per Antonio. Non
avrebbe saputo contare le volte in cui la nera signora aveva cercato di
carpirlo sottoforma di una lama puntata alla gola, ma era sempre
riuscito a
sfuggirle. Finchè…» si godette il
rumore del respiro trattenuto del pubblico e
proseguì: «Un giorno, la signora con la falce
tentò di portarlo con sé facendo
cantare la pistola di un suo nemico. Quello sparo fu micidiale: Antonio
fu
colpito alla gamba.»
«E’
morto?» soffiò atterrita una trecciuta bambina
seduta
sul pavimento.
«No,
graziosa fanciulla, non morì» la
rassicurò Francis con
un sorriso smagliante. «I suoi uomini lo soccorsero
prontamente: si consumarono
le braccia per la fretta con cui remarono verso il porto, e con la
stessa foga
cercarono un dottore. Il medico sbrodolò un elenco
confusionario di termini
tecnici che si tradussero in una semplice realtà: Antonio
sarebbe rimasto zoppo
per il resto della vita.»
La
compassione si abbatté sui volti degli astanti, e Francis
ne approfittò per aggiungere un pizzico di melodramma:
«La
pallottola aveva leso irrimediabilmente i muscoli della
coscia, non più in grado di sostenere il corpo senza
l’aiuto di un bastone da
passeggio. I giorni per mare di Antonio erano finiti: la sua ciurma
venne
affidata ad un altro capitano e la sua nave ripartì senza di
lui.»
«E’
triste…» piagnucolò una ragazzina sui
tredici anni.
«Oh,
ma Antonio era un uomo forte, e, soprattutto, venne
ripagato profumatamente per il lungo servizio svolto. Decise di
investire parte
di quella somma per diventare proprietario di un albergo in riva al
mare,
vicino alla sua patria di flutti. Il suo carattere socievole gli fece
guadagnare la simpatia dei suoi dipendenti come in passato era stato
per il suo
equipaggio, mentre la furbizia che lo aveva reso famoso tra i capitani
gli
permise di evitare gli sprechi e di far prosperare la sua
attività.»
«Non
avevate detto che questa era una ballata d’amore?»
gli
fece notare una donna con i folti capelli raccolti a crocchia.
«A me pare più
un racconto di avventura…»
«Ancora
un secondo, mia dolce signora, e sarete soddisfatta.»
Una spolverata di rosso incipriò le guance della donna.
Francis sorrise: il
sangue francese non tradiva mai. «Era bastata una pallottola
a cambiare il
mondo di Antonio. Una cosa non più grande di
così» mimò l’ampiezza del
proiettile avvicinando tra loro pollice ed indice. «E
all’incirca della stessa
misura fu il secondo oggetto che segnò un netto cambiamento
nella sua vita.»
«E
che cos’era?» cinguettò un pargolo in
seconda fila.
«Una
peseta. Che
gli portò…» Francis esitò.
Non poteva fare una descrizione realistica della
persona in questione: il suo svenevole animo di esteta ne avrebbe
sofferto. «…
la più squisita delle creature che abbiano mai posato il
piede su questa terra.
Oh, signori, se solo voi aveste potuto vedere il castano della sua
chioma! Una
tinta calda e lucente che splendeva sui capelli e subissava le iridi
dolci. E
il viso… orde di cavalieri si sarebbero sfidati per quel
volto soave! E il
corpo, signori, avrebbe fatto impallidire Afrodite in
persona!»
Francis
fece in modo che la sua espressione sognante non si
incrinasse mentre descriveva un simile bocciolo: il suo spirito
realista si
stava strappando i capelli nel sentire tante falsità.
«E
chi era questa donna? Come si sono conosciuti?»
gorgheggiò un gruppetto di amiche alla sua destra,
trepidanti.
Francis
giocherellò con la barba, indeciso. Meglio non dire
loro che, in realtà, stava parlando di un maschio. In fondo,
stava già raccontando
abbastanza bugie per addolcire l’immagine scorbutica di
quell’italiano.
«Erano
i primi giorni di marzo» presentò.
«Antonio lavorava
nella sua locanda nonostante la gamba malata, come ogni buon gestore
dovrebbe
fare, ma la cicatrice dolorante gli impediva di svolgere diversi
compiti. Uno
di questi era di recarsi al mercato per fare compere. Sapendolo, molti
commercianti inviavano i loro garzoni per portargli frutta, verdura,
carne,
tessuti o altro. Quel giorno in particolare, Antonio aveva richiesto
una cesta
di pomodori…»
***
«Antonio,
è arrivato il ragazzo del fruttivendolo.»
Il
cameriere attese che il padrone della locanda recuperasse
il bastone e lo raggiungesse.
Antonio
era riuscito a rendere elegante il suo claudicare.
Il falegname della piazza maggiore aveva impiegato quattro giorni
interi per
fabbricare quel bastone, ma il risultato era stato eccellente: la carta
vetrata
aveva levigato il legno robusto, che era stato successivamente lucidato
e
dotato di una impugnatura di metallo finemente lavorata, raffigurante
scene di
vita marina. Quando Antonio camminava, stringeva tra le dita quello che
era
stato il suo passato: un galeone frangeva le onde, e la fauna marina si
affollava tutto attorno.
«E’
già qui?» si sorprese, facendosi indicare il luogo
in
cui il garzone attendeva.
«Non
l’ho mai visto prima. Sembra…» il
cameriere abbassò la
voce nell’esprimere il suo parere personale:
«Sembra sul punto di azzannare
qualcuno.»
Antonio
torse un sopracciglio, perplesso. Se il ragazzino
smilzo che reggeva la gerla di pomodori avesse provato a mordere
qualcuno, si
sarebbe rotto i denti. Aveva il fisico di un filo d’erba, e
lo sguardo seccato
di un animale randagio.
Qualche
ciuffo castano, della stessa tinta degli occhi
infastiditi, era sfuggito al cappello che lo proteggeva dal sole
mattutino. Gli
abiti che lo coprivano si accatastavano uno sull’altro in un
disordine di forme
e colori: doveva essere un trovatello vestito con le elemosine dei
caritatevoli.
«Sono
dieci pesetas»
comunicò il ragazzo senza nemmeno salutare, stringendo il
canestro di verdura
come se temesse una rapina.
«Dieci,
d’accordo…» ripeté Antonio,
frugando nelle tasche.
Contò velocemente le monete raccolte sul suo palmo: nove pesetas.
«Ne
manca una» espose la mano perché anche il giovane
potesse vedere. «Torna al termine del tuo giro e te la
farò avere.»
«Fossi
matto!» inorridì il garzone, arretrando di un
passo.
«Lo sai quante bastonate sono, se si torna in bottega con una
peseta di meno?»
«Bastonate?»
si stupì Antonio.
«Conosco
il trucco. Io me ne vado fiducioso, e quando torno
mi sento dire: “Io ho pagato tutto quanto, marmocchio,
sloggia!”. E’ il mio
groppone che ci rimette, per gli sconti!» poggiò
il paniere a terra e vi si
parò davanti, a braccia conserte. «Niente crediti.
O hai i soldi, o mi riporto
indietro i pomodori.»
Antonio
squadrò di nuovo il ragazzo mingherlino, annichilito.
Credeva davvero di intimidirlo? Persino da zoppo gli sarebbe bastato un
nonnulla per scavalcare quel mucchietto d’ossa.
Ma
non era sulla stazza inconsistente del ragazzo che voleva
focalizzarsi.
«Hai
detto bastonate» insistette. «Vieni picchiato
spesso?»
Il
garzone sollevò il mento, insolente. «Sono dieci pesetas» ribadì.
«Ti
ho chiesto…»
«Dieci.»
Antonio
passò una mano tra i capelli scuri, sospirando per
la cocciutaggine del ragazzo.
«Dovrai
seguirmi di là» gli disse, indicando il bancone
con
la testa.
Il
giovane lo tallonò, senza togliere lo sguardo dal suo
bastone.
«E’
per colpa di una vecchia ferita in battaglia»
spiegò con
voce rauca Antonio, una volta circumnavigato il ripiano di legno.
«Non
te l’ho chiesto» brontolò il garzone,
appostato
sull’altro lato del bancone.
«No,
ma io ho il vizio di parlare troppo» sdrammatizzò
con
un sorriso l’uomo. Appoggiò il bastone in un
angolo e si chinò per cercare la
chiave della cassa.
«Hai
combattuto?»
Antonio
sollevò il viso ed incrociò la ritrosa
curiosità
degli occhi castani che lo fissavano dall’alto. Il ragazzo
doveva essersi
appollaiato sul bancone, facendo perno con i piedi sullo spesso
battiscopa.
«Ero
un corsaro» rispose Antonio.
Trovò
finalmente la chiave e si rialzò.
«Quanti
mari hai visto?»
L’uomo
fissò per la seconda volta quel giovane apprendista:
sebbene l’espressione scontrosa cercasse di mascherarlo, una
fiamma di
interesse scintillava nelle iridi calde.
«Tutti
e sette» si vantò con modestia Antonio.
«Ero il
capitano de La Reina.»
«Ah,
la conosco» il berretto venne calato ad ombreggiare il
volto: evidentemente il giovane non era in grado di esercitare un
controllo
totale sulle sue curiosità. «E’ un bel
galeone.»
«Era
la sorella dell’oceano» asserì Antonio,
carezzando la
nave incisa sul suo bastone. Avrebbe dato entrambe le gambe pur di
poter
passare un altro giorno in mare. «Per quanto gli uomini
possano ingegnarsi, non
costruiranno mai un’imbarcazione pari a quella.»
«Hai
disertato?» lo stuzzicò il ragazzo, con
un’unghia di
acredine nella voce.
Antonio
sorrise amaro e scosse la testa con afflizione.
«No,
non sono un traditore. Solo uno sbadato»
picchiettò la
coscia inefficiente e mormorò: «E’
bastato un colpo di pistola.»
Il
giovane spostò lo sguardo a turno dalla sua gamba, al suo
bastone, al suo viso. Non fece parola delle sue meditazioni:
l’unico segno
tangibile dei suoi pensieri fu una pennellata di comprensione
sull’espressione
seccata.
«Ho
delle altre consegne da fare» annunciò spiccio,
scendendo dalla sua postazione.
«Non
hai preso i soldi» obiettò Antonio.
Il
giovane girò attorno al bancone, gli afferrò il
polso e
si rovesciò sulla mano le nove pesetas.
«Tornerò
a prendere la decima stasera, al termine del mio
giro» concluse sbrigativo, ed imboccò veloce la
porta. «Vedi di averla pronta»
lo minacciò prima di uscire.
Antonio
restò pietrificato, alla ricerca di un senso in
quanto era accaduto: un secondo prima il ragazzino si era infuriato
perché non
voleva elargire pagamenti a credito, e subito dopo aveva deciso di
aspettare la
sera per riscuotere l’ultima peseta.
«Il
mondo è bello perché è
vario» commentò al basito
cameriere che aveva seguito tutta la scena. «A proposito,
dobbiamo cambiare
fruttivendolo.»
«Come
mai?» domandò l’inserviente.
«Non
approvo certi metodi» snocciolò Antonio. Il suo
sottoposto non pose ulteriori interrogativi e corse a recuperare i
pomodori.
Antonio
si adagiò sulla sedia dietro il bancone, la vecchia
cicatrice che formicolava.
Quando
era stato capitano aveva comandato schiere di uomini forgiati
dai campi di battaglia e spellati dal mare; mai, nemmeno una in una
singola
occasione, aveva fatto ricorso alla violenza per essere obbedito. Non
approvava
simili criteri educativi, specie se adoperati nei confronti di gracili
ragazzi
orfani: chi non possedeva il carisma necessario a farsi rispettare non
avrebbe
dovuto assumere dipendenti.
Comunque,
aveva capito una cosa di quel giovanotto. Non
sognava certo di succedere nella possessione di un banchetto di frutta
e
verdura al mercato rionale: le sue aspirazioni erano dirette ad un
mondo fatto
di spuma marina, di salsedine respirata al comando di un timone.
Antonio
non aveva dubbi a riguardo.
L’oceano
che ruggiva nelle vene di quel ragazzino era lo
stesso che infuriava nelle sue.
***
«E
si sono rivisti?» sospirò una bambina, incantata.
«Ma
certo. Quella sera stessa, come promesso dalla meravigliosa
fanciulla»
garantì Francis – glissando allegramente sul vero
sesso
del garzone e sulla sua intrattabilità, di certo non meravigliosa - e proseguì.
***
La
chiave venne appesa al suo chiodo con un tintinnio.
Davvero
un peccato che il vecchio Dan avesse levato gli
ormeggi quella sera: la risata aspra con cui condiva i suoi racconti
d’avventura rimbombava in tutta la sala principale. La
locanda sarebbe stata un
po’ più vuota senza quello sguaiato filibustiere.
Un’acre
malinconia strisciò dalla cicatrice fino al cuore,
dove affondò le zanne con voracità. Antonio
massaggiò il petto per spazzare via
quel sentimento corrosivo, senza troppa convinzione: non sarebbe
riuscito ad
estirpare quella tristezza astiosa semplicemente accarezzandola.
Quando
i marinai approdavano al suo albergo li accoglieva
con gioia: attraverso i loro discorsi poteva avere
l’illusione di sentire
ancora il rollio della nave sotto i piedi e il concerto delle maree
nelle orecchie.
Ma quando ripartivano si spandeva in lui la stessa sensazione che aveva
provato
quando, per la prima volta, aveva salutato La
Reina dal molo: il presentimento che un enorme portone si
fosse chiuso, e
lui fosse rimasto imprigionato dalla parte sbagliata.
«Antonio,
stai diventando vecchio se sei così
melanconico…»
si prese in giro, ben consapevole di essere assai lontano dalla
senilità.
Si
appoggiò al bastone e si preparò a salire le
scale.
Gli
architetti che avevano ristrutturato quell’edificio gli
avevano consigliato di scegliere come propria camera una di quelle al
piano
terra, ma Antonio era stato categorico: la sua stanza sarebbe stata al
terzo
piano, l’ultimo. Solo da lì si poteva godere della
vista del mare
Non
erano valse a nulla le prediche apprensive del resto del
mondo sulla sua gamba difettosa: al piano terra erano stati allestiti
gli
alloggi del personale, e la sua camera era stata ammobiliata, nel
malcontento
generale, al terzo piano.
Aveva
appena appoggiato il piede sul primo gradino quando
bussarono.
Antonio
andò ad aprire, e nel rettangolo della porta comparve
l’aiutante del fruttivendolo.
«Sono
venuto a ritirare la peseta»
comunicò monocorde. Qualcosa di indefinibile aveva
scolorito la vitalità incostante del giovane e abbassato le
spalle esili, che
il garzone tentava continuamente di raddrizzare.
«Vado
a prenderla. Siediti, intanto» lo invitò Antonio,
facendolo accomodare in una delle poltrone all’ingresso:
doveva accertarsi di
un sospetto. Ed il ragazzo non avrebbe mai risposto ad una domanda
diretta, se
non fosse stato obbligato.
Il
giovane accettò diffidente, e si sedette in punta di
cuscino, la schiena ben lontana dal comodo rivestimento. Ad Antonio fu
sufficiente osservare l’innaturale irrigidimento di muscoli
dorsali e
l’attenzione con cui il ragazzo cercava di non appoggiarsi
alla spalliera per
capire. Formulò la domanda che ora sentiva di poter fare,
sicuro che la sua
supposizione fosse azzeccata:
«Ti
ha picchiato?» chiese, piazzandosi davanti alla
poltrona.
Il
ragazzino lo fulminò con un’occhiataccia.
«Sto
aspettando la peseta»
gli ricordò con impazienza, cercando di alzarsi. Antonio non
si mosse di un
millimetro, ed il garzone fu costretto a mettersi di nuovo a sedere.
«Sto
aspettando una risposta» replicò garbato
l’uomo.
L’apprendista
stropicciò le labbra in una smorfia e capitolò
indignato:
«Non
ha gradito. Datemi questa benedetta peseta e
saremo a posto.»
Il
bastone passò da una mano all’altra
dell’uomo prima che
questo proferisse:
«Faresti
meglio a lasciare il tuo lavoro, prima che ti
distrugga le vertebre.»
«Il
pane non si materializza per magia» ribatté
sprezzante
il ragazzo.
«Lo
so. Potresti lavorare qui, infatti.»
Stupore
e dubbio cozzarono negli occhi del giovane
mescolandosi tra loro in mille frammenti.
«Saresti
vicino al mare. E qui pernottano i capitani di
tutte le navi che si fermano in porto» continuò
Antonio, sapendo bene dove
colpire per suscitare l’interesse del garzone.
Il
ragazzo tamburellò le dita sui braccioli della poltrona,
indeciso.
Antonio
si chinò sulle ginocchia, il bastone appoggiato
sulla spalla, in modo che l’apprendista potesse guardarlo
dall’alto mentre
assicurava:
«Sono
stato per anni capitano di una nave, e per anni
padrone di un albergo. Nessuno dei miei uomini ha mai avuto un livido a
causa
mia.»
Trascorse
qualche secondo di stasi riflessiva. Gli occhi del
ragazzo saettarono da una parte all’altra, ricalcando il
ritmo furioso cui
lavoravano le sue meningi nel valutare i pro e i contro di
quell’offerta.
Per
la prima volta si tolse il cappello, liberando una
zazzera arruffata di rame scuro.
«Com’è
lo stipendio?» volle sapere. «E, comunque, sei
ancora
in debito con me di una peseta.»
Antonio
si rialzò, soddisfatto.
La
sua arte di convincere le persone non era ancora
arrugginita del tutto.
***
«Erano
già innamorati?» si commosse la donna con la
crocchia.
«Ovviamente
no» negò con grazia Francis. «Si erano
visti per
poche ore… sarebbe stato impossibile. La loro storia
cominciò come una
relazione di lavoro e nulla più.»
«E
allora come è successo?» insistette la bambina dai
capelli intrecciati.
«Non
occorse molto tempo» sviolinò il narratore,
beandosi
dell’attenzione che si era conquistato. «Due
spiriti affini non impiegano molto
ad infiammarsi a vicenda. Avevano in comune l’amore smodato
per il mare, e
caratteri così diversi da incastrarsi perfettamente
l’uno nell’altro. Condividendo
la vita quotidiana, ebbero molte occasioni per accrescere il reciproco
trasporto. Una gentilezza oggi, un sorriso domani… tante
piccole cose si accumularono
a formare la base di un sentimento profondo.»
«Quando
se ne sono accorti?» chiese la più sfacciata del
gruppo di amiche radunate in un angolo.
«La
storia inizia a marzo. Il cambiamento avvenne nel mese
di maggio» calcolò Francis, in attesa di essere
supplicato per seguitare la
narrazione.
«Oh,
avanti, ci dica come sono andate le cose!» lo
pregò
infatti la madre che reggeva ancora sulle gambe il figlio.
«Dunque…»
Francis stuzzicò la barba per fingere un intenso
raccoglimento.
«Il punto di stacco è alle idi di
maggio…»
Ho
rimesso online questa storia<3
L'avevo
cancellata per farla partecipare ad un concorso convertendola in
originale... ma, ahimè, non è andato bene XD
Devo
dire che un po' mi dispiace, ma non troppo: almeno ho il permesso di
rimettere la fanfiction su Internet u.u
Indi
per cui... la ripubblico in questo istante medesimo<3
E
grazie di cuore a tutti, TUTTI coloro che hanno letto e commentato la
prima versione<3 Le vostre recensioni sono tutte salvate su un
file nel mio computer, e ogni tanto le rileggo per ricordarmi del
vostro supporto<3
Spero
che i pirati possano ridonarvi le emozioni che vi hanno dato in
passato<3
Red
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