Capitolo
1: Del Risveglio
Buongiorno,
cari (te)le(spe)tt(at)ori! Il nostro racconto comincia alle ore 7.09
del giorno xx/xx/20xx. Dirigendoci con molta cautela verso la stanza
dove giace il nostro protagonista, e parlando a voce bassa (anzi,
bassissima, mi raccomando!) possiamo vederlo addormentato sul suo letto
in una posa talmente plastica da sfidare persino le leggi della
geometria euclidea. Manca davvero poco al risveglio; ma lui non lo sa,
continua placidamente a dormire con un rivolo di bava che cola
dall’angolo della bocca curvata in un sorriso semi-ebete,
perso in chissà quale sogno. Probabilmente uno molto bello,
data l’espressione grottesca dell’intero suo viso
– come sappiamo tutti, durante il sonno i maschi regrediscono
a uno stato pre-Homo Sapiens o addirittura Neanderthalensis,
collocabile forse ai primordi dell’Homo Erectus, al contrario
delle donne il cui volto si fa sereno e angelico – e dalla
già citata bocca sorridente; trattandosi però di
un ragazzo adolescente dell’età di sedici anni e
di conseguenza completamente assoggettato al più colossale
cancan di ormoni che essere umano possa mai sperimentare, non credo di
allontanarmi troppo dal vero ipotizzando un coinvolgimento di un
qualsiasi esponente del sesso a lui opposto in un qualsiasi momento di
un qualsiasi atto che la comprenda in una qualsiasi posizione in un
qualsiasi stato diverso dal “totalmente vestita”.
Insomma, avete capito.
"Driiiiiiiiin!!"
"Mmmmhhhhhhggggggrrrrrr…"
Ohibò!
Ecco che la sveglia compie il suo dovere trillando allegramente per
destare il nostro protagonista, il quale si lancia in
un’invettiva dal contenuto non del tutto chiaro contro di
essa; in questo caso, però, mi sento in dovere di
solidarizzare con lui.
"Gionataaaaaan!
Svegliatiiiiii!!"
Eccola!
Restando attentamente in disparte, facciamo conoscenza della gentile
genitrice del nostro protagonista. Protagonista che, come avrete
intuito, ha un nome che potrebbe essere frutto della grande fantasia di
una persona che si sia lanciata in spericolate sperimentazioni di
stampo postmoderno. O, più semplicemente, di una persona
stupida.
"GIONATAN!!
ALZA QUEL TUO DANNATO CULO DAL LETTO!!!"
Credo
che il lettore abbia ormai scelto quale delle due interpretazioni
possibili sopraelencate sia anche la più probabile. Ma non
lasciamoci distrarre dalla madre del protagonista! Possiamo infatti
ammirare Gionatan (che, per carità di lingua,
d’ora in poi mi obbligherò a chiamare Jonathan)
mentre si lancia in uno sbadiglio così profondo che sembra
voler ingoiare più aria possibile prima che finisca,
talmente profondo che si provoca involontariamente un fastidioso crampo
alla mascella.
"Awww!!
Aaaaaaawwwwww!!"
Il
dolore fortunatamente ha anche un effetto positivo, eliminando dal
nostro eroe pressoché ogni residuo di sonno e desiderio di
accoccolarsi sotto delle calde e comode e morbidissime coperte per
tornare a dormire; eccolo mentre si siede e sbatte le ciglia con
un’espressione che tradisce tutto il sonno che ancora lo
opprime. Guarda la sveglia – 7.12 – e decide
finalmente di appoggiare prima un piede poi l’altro per
terra; ecco che finalmente si china in avanti, flette le gambe e
suuuu!, si innalza in piedi pronto per una nuova giornata di grande
fatica e profondo impegno; ed ecco che, appoggiando un piede davanti
all’altro, si dirige verso il bagno e, raggiunta la tazza, vi
si lascia andare a peso morto, abbassandosi nel frattempo pantaloni e
mutande con un unico secco gesto che non sembrava decisamente in grado
di fare, data la vitalità di un bradipo sciancato imbottito
di valium; ed eccolo mentre si libera delle scorie che il suo corpo ha
prodotto nelle ultime ore, con un’espressione ebete simile a
quella notturna – espressione stranamente affezionata al suo
viso – e vari rumori di sottofondo che lascio alla vostra
immaginazione. Dopo un tempo ragionevolmente lungo il Nostro finisce
l’evacuazione generale, agguanta senza guardare con la mano
destra un po’ di carta igienica e la utilizza per il fine per
cui è stata pensata nonché prodotta; si alza e
gira la leva dello sciacquone, perdendo lo sguardo nella pinna marrone
che affonda lentamente ma vorticosamente e inesorabilmente nel temibile
Maelstrom che si è creato con l’azione della sua
mano, sapendo cosa prova un demiurgo, in grado con il gesto di una mano
tanto di creare quanto di distruggere.
Ma
anche il demiurgo più potente si sporca le mani, ed essendo
il nostro Johnny decisamente meno potente di molti altri demiurghi veri
o immaginari, e anzi probabilmente ignorando persino il significato
della parola “demiurgo” ammettendo pure che ne
conosca l’esistenza, si vede costretto dalle circostanze e
dal buon costume a lavarsi entrambe le estremità degli arti
anteriori, per poi tuffare il suo viso in quelle stesse mani appena
mondate da qualsiasi lordura umana e non, al fine di mondare pure
quello usando quel derivato di grasso animale – spesso
associato alla civiltà, nonostante lo utilizzassero i
barbari galli ma non i colti e raffinati romani – noto alle
masse con il termine di “sapone”. Terminato il
processo immerge il suo viso questa volta in soffici panni asciutti,
arrossandosi il viso e arruffandosi i pochi capelli ribelli che si
rifiutano di adeguarsi alle regole del nero casco Lego di capelli che
il Nostro mantiene sulla testa, e poi finalmente si dirige famelico
verso l’oggetto dell’ultima necessità
umana fondamentale per la sopravvivenza che ancora non ha soddisfatto,
c’est à dire il cibo (naturalmente considerando
come valida anche una soddisfazione di uno dei suddetti bisogni che sia
solamente illusoria), pronto a ingollare qualsiasi cosa capiti nel
raggio del suo sguardo e possa essere appetibile a un paffuto bambino
particolarmente ingordo di zuccheri e grassi –
così come probabilmente ha stabilito la nostra evoluzione,
essendo questo tipo di cibo particolarmente utile alla sopravvivenza in
casi di scarsità di viveri; però
l’evoluzione è tarata su un periodo ormai
fortunatamente o sfortunatamente passato e lontano, e questo istinto si
sta rivelando più che altro un poderoso alleato tanto dei
capitalisti delle ditte di merendine quanto del sig. Diabete e della
sig.ra Morte – e robe simili; apre la dispensa e si getta con
il sempre presente sguardo ebete su ogni confezione di plastica a
portata di zampa – che cambino colore o nome o
quantità e tipo di ingredienti non fa alcuna differenza
– per poi spalancare con un gesto trionfale il frigorifero
talmente pieno che sembra voler sputare sul nostro eroe per fargli fare
la stessa ingloriosa fine dell’Imperatore Barbarossa, e
subito dopo abbrancare con decisione un bottiglione di Coca-Cola ancora
sigillato.
Essendo
finalmente entrato in possesso degli ingredienti fondamentali per una
sana colazione vitaminica all’italo-americana, calcia
vigorosamente una sedia e ci si lascia andare con la stessa eleganza di
poco fa sulla tazza del suo bagno, chiudendo nel frattempo
l’anta del frigorifero usandola come perno per sedersi
– un’operazione che sembra aver richiesto diversi
anni di pratica, data l’estrema fluidità del gesto
nonostante l’evidente sua pericolosità –
per potersi poi lanciare sul carburante che lo sosterrà
nella impegnativa giornata odierna ma che probabilmente lo
porterà anche più rapidamente all'incontro con la
gentile sig.ra Morte, a cui già prima accennavo; carburante
che viene divorato in modo rapido, efficace e famelico, tanto che in
neanche due minuti giacciono sul tavolo i poveri resti degli involucri
dilaniati come da una mina antiuomo e il bottiglione di Coca-Cola pieno
solo a metà, mentre il Nostro è stravaccato in un
momento di estatica e beata contemplazione dei santi e beati del
Paradiso dei Lipidi, in cui scorrono fiumi di lardo fuso, piovono gocce
di trigliceridi e crescono storti steli di grassi insaturi,
manifestando la sua compiaciuta soddisfazione con un poderoso e
possente rutto. È in questa condizione di beato trasporto
che sua madre fa gentilmente irruzione dentro la cucina, e vedendo la
sua indegna prole nello stato di cui sopra esplode in un impetuoso
"Ancora
fai colazione con quella roba? Ma che cos’hai nel cervello,
una scimmia ubriaca?"
a
cui il nostro risponde con un prevedibile quanto poco furbo
"Se
tu non le compravi non le mangiavo"
seguito
da un ironico
"Cos’è,
se ti compravo un pannolino con stronzo incluso ti mangiavi pure
quello?"
al
quale segue un temerario
"Nono
lo lasciavo a voi…"
la
cui ovvia risposta è un efficace ceffone portato con una
precisione chirurgica sulla guancia destra con il dorso della mano
destra, altro gesto che sembra avvenire abbastanza di frequente data la
mirabile maestria con cui è stato compiuto.
"Non
osare mangiare quella roba, capito stronzetto? Sennò vedi
come ti concio"
ed
è con questa battuta che esce di scena, varcando a passo di
marcia l’uscio della cucina verso ignote faccende domestiche.
Faccende che non ci riguardano, essendo il protagonista il nostro caro
Jonathan; il quale, dopo essersi ripreso dal micidiale uppercut, sembra
voler inviare telepaticamente alla madre una serie di improperi degni
del sergente maggiore dei Marines di un certo vecchio film, anche se
l’effettiva riuscita di un simile e portentoso evento sarebbe
più che altro un pretesto per nuove e probabilmente letali
odiate azioni di odiata ultra-violenza da parte dell’odiata
genitrice.
Con
un’espressione della faccia che urla tutto quello che la
bocca si limita solo a borbottare, il Nostro procede dapprima a
riposizionare il bottiglione nel luogo appropriato e poi a gettare
nell’immondizia i residui del lauto banchetto, per poi
dirigersi con passo altalenante verso il bagno, suo prossimo obiettivo,
una volta raggiunto il quale acchiappa malamente lo spazzolino e dopo
averne esageratamente coperto le setole con il dentifricio lo caccia
con un impeto all’interno della sua cavità orale,
cominciando poi a strofinarsi con foga i denti, utile a ripulirli da
qualsiasi seppur minimo residuo di cibo oltre che a sfogar il montante
nervosismo. Riesce per nostra fortuna in entrambi i suoi intenti, in
particolare nel secondo e più indiretto; ma questo anche
grazie al fatto di essere perfettamente consapevole di non stare
preparandosi per la scuola, bensì per una giornata di
fancazzismo più puro. L’idea lo esalta a tal punto
che la bocca gli si allarga sempre più in un ghigno,
malevolmente compiaciuto per la propria scaltrezza per un piano che
aveva già applicato numerose volte in passato, ovvero
scrivere qualche scusa a caso falsificando la firma della madre sul
libretto; ed è con questi pensieri che il nostro si sveste
del pigiama, per poi rivestirsi con degli indumenti che per una
qualunque persona dotata non di buongusto, ma quantomeno non daltonica,
parrebbero perlomeno bizzarri, ovvero: scarpe Adidas bianche senza
lacci; calzini spaiati (uno verde a righe nere, uno rosso a righe
azzurre); jeans larghissimi, con la vita talmente bassa da mostrare
dieci centimetri buoni di boxer bianchi con la scritta ARMANI,
così bassa nonostante una evidente e grossolana cintura che,
oltre a essere palesemente falsa, evidentemente sembra non fare neanche
bene il suo lavoro; maglietta rossa di D&G aderente fino
all’inverosimile; e una felpa, un caleidoscopio di colori
probabilmente in grado di far cadere per terra sbavando e mordendo
nella foga di un attacco epilettico chiunque posi incautamente lo
sguardo su di essa.
Una
volta finita la solenne vestizione si controlla attentamente allo
specchio, con uno sguardo che nelle sue intenzioni dovrebbe forse
essere un incrocio tra quello di Jules mentre catechizza Brett e quello
di Eric intento ad abbracciare Tin Tin – anche se il Nostro
non ha la minima idea di chi essi siano – ma che di fatto
finisce per offrire un'involontaria notevole interpretazione del
parimenti a lui sconosciuto Frank-N-Furter; per poi passare a pose da
macho degne di Rocky mentre prova i suoi nuovi regali.
Signori,
ciascuno accresce la propria autostima nutrendo il proprio ego o, come
direbbe qualcun altro, compiendo gesti o azioni che corrispondano al e
fortifichino il proprio sé ideale: certo non possiamo
biasimarlo! Inoltre, sfido chiunque di voi a negare di aver mai fatto
una cosa del genere. Su, siate sinceri con voi stessi. Tra
l’altro, va detto, queste sono osservazioni compiute nella
più totale violazione della privacy, azione che non
è proprio proprio buona e giusta.
Ma
lasciamo da parte tali dissertazioni e torniamo al nostro eroe, che ha
finalmente concluso di essere il più figo della
città, acchiappa la maniglia e irrompe fuori dalla stanza
aprendo la porta con quello che lui ritiene essere
l’atteggiamento di puro stile gangster del ghetto; si dirige
poi verso lo zaino, contenente tutto il necessario per affrontare la
dura giornata, e cioè portafoglio pieno di soldi, pacchetti
di sigarette, accendino, preservativi, iPod, cellulare, chiavi,
occhiali da sole e libri...no, libri no...lo abbranca e se lo posiziona
sulla spalla destra, proseguendo nella sua andatura ondeggiante verso
il sempre più vicino uscio di casa, con lo stesso beato
trasporto di una pia anima cristiana mentre attraversa i cancelli del
Paradiso.
A.A.: Salve a tutti! In attesa di proseguire con la Commedia, vi
pubblico il primo capitolo di questa storia. Se vi piace la
manderò avanti!
Buon
anno nuovo!
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