“Non
me l’hai più raccontato alla fine.”
“Che
cosa?”
Frodo gli
regalò un’occhiata canzonatoria, sospirando appena.
“Il finale,
zio. Il finale del tuo libro.”
Bilbo storse la bocca,
preferendo non dire niente; si alzò dalla comoda sedia e,
sorpassando il nipote, si avviò verso la cucina.
“Non provare
a fare il finto tonto con me.” Rimarcò Frodo,
alzando un po’ la voce per farsi udire.
“Non
è affatto vero,” brontolò
l’anziano hobbit, intento a cercare la sua pipa
“non sto facendo il finto tonto.”
“Invece,”
affermò il nipote, adesso anche lui nella stanza
“sì.”
Bilbo non si
premurò di guardarlo, continuando a rovistare tra i vari
utensili da cucina.
“Cerchi
forse questa?”
Si voltò;
Frodo aveva in mano la pipa e la sventolava leggermente.
“Sì,”
rispose, avvicinandosi e prendendola “grazie.”
“Era sopra
il camino, sulla mensola.”
“Dovresti
avvertirmi quando sposti le mie cose.”
“L’hai
messa lì tu stesso, ieri sera.”
“Oh,”
Bilbo scrollò le spalle “non ricordavo. Direi che
è arrivato il momento di farmi una bella, rilassante fumata
in giardino.”
Stava già
per avviarsi e sembrava avere una certa fretta, concentrato in una
delle attività che più preferiva.
“E visse per
sempre felice e contento.”
Bilbo
s’immobilizzò, la presa sulla pipa quasi cedette.
“Perché,”
continuò Frodo, guardandolo con occhi attenti “non
riesci a scrivere questo come finale?”
Lo sguardo di Bilbo
sembrò smarrirsi.
“Zio?”
“Sono
tornato a casa con qualche moneta d’oro e dei
ricordi,” affermò, sospirando pesantemente
“e questi ultimi non sono affatto belli.”
Frodo
carezzò il braccio dello zio, spingendolo a volgere gli
occhi stanchi verso di lui.
“Hai
affrontato tante difficoltà, tra cui un enorme drago. I tuoi
compagni sono sopravvissuti, pure il Re sotto la montagna, che da come
raccontavi pareva essere a un passo dalla morte.”
Bilbo
s’irrigidì e la presa di Frodo, di conseguenza, si
rafforzò.
“Cosa ti
manca per essere felice, zio Bilbo?”
Lo hobbit anziano
restava zitto, inerme. Frodo voleva parlare ancora, aggiungere
qualsiasi cosa, ma due secchi colpi alla porta lo fecero arrendere in
partenza.
“Oh,”
Bilbo parve risvegliarsi, sottraendosi alla presa del nipote
“abbiamo visite.”
Si avviò
verso la porta, cercando di ricomporsi; l’aprì e,
sorridendo, accolse l’ospite.
“Gandalf,”
esordì, facendo un breve cenno con il capo “sempre
inaspettato ma sempre benvenuto. Vieni, entra.”
Si fece da parte,
facendo passare lo stregone.
“Ti
ringrazio, Bilbo. Scusami se non ho avvisato, spero di non
disturbare.”
“Da quando
in qua ti fai problemi di tale genere?”
Gandalf
scrollò le spalle, scrutando l’amico di lunga data.
“Beh,
uhm…”
“Gandalf!”
Lo stregone si
voltò; Frodo era lì, a due passi da lui, ma
ancora per poco. Si slanciò, abbracciandolo.
“Oh,
accidenti, sei cresciuto Frodo. Molto cresciuto.”
Il giovane sorrise.
“Tu invece
non cambi mai.”
“Garantisco.”
Confermò Bilbo, annuendo.
“Resti a
cena?” domandò Frodo, staccandosi
dall’abbraccio.
“Direi che
potrei anche accettare. Ne approfitterò; devo parlarti di
una questione importante, Bilbo.”
“Spero non
si tratti di niente di brutto.”
“Diciamo
che…” indugiò, contraendo le secche
labbra “non sarei il solo ospite stasera.”
Bilbo
spalancò leggermente le palpebre.
“Cosa vuoi
dire?”
“Avrai
visite. Se gradite oppure no, questo riguarda solo te.”
“Chi viene a
trovarci? Parenti?”
“Non si
tratti di parenti, mio caro Frodo… direi piuttosto di
vecchie conoscenze di tuo zio.”
Bilbo
cominciò ad agitarsi; d’un tratto diede le spalle
agli altri, avviandosi verso il camino e poggiando sulla mensola la
pipa.
“Ma che
cos’ha?” chiese Frodo.
Gandalf
sospirò, chiudendo finalmente la porta.
“Ricordi,
Frodo. E non dei più piacevoli.”
“Oh, no.
No.”
“Mio caro
Bilbo, se solo-”
“No,
è così difficile da capire? Chi l’ha
deciso? Quando?”
Frodo sedeva sulla
sedia, silenzioso. Suo zio era agitato e non l’aveva mai
visto così.
“Tu, vero?
Scommetto che sei stato tu!”
Gandalf
sviò lo sguardo, abbastanza imbarazzato.
“Oh, lo
sapevo! Le vecchie abitudine sono dure a morire!”
“Non credere
che ti abbia voluto fare un dispetto, Bilbo.”
“Certo, come
la prima volta! Perché no? Invitiamo tredici nani a casa di
un povero hobbit e svaligiamogli la dispensa!”
“Nani?”
sussurrò allora Frodo, venendo però ignorato.
“Hanno fatto
un sacco di strada per venire a trovarti.”
“Lo so,
credimi, da qui alla Montagna Solitaria c’è
davvero tanta strada!”
“Allora
dov’è il problema?”
“Il problema
è che non mi aspettavo una loro visita dopo…
aspetta, quanti anni? Sessanta, Gandalf. Sessanta anni che non li ho
più visti.”
“Hai
però tenuto una corrispondenza con alcuni, giusto?”
“Sì,”
borbottò, cercando di calmarsi “Balin, Bofur, Ori,
Fili e Kili.”
“Non vuoi
rivederli?”
“Sono
cambiato, Gandalf.” Abbassò lo sguardo.
“Eri
già cambiato molti anni fa.”
“Intendo
anche fisicamente. I nani vivono molto più a lungo degli
hobbit; guardami. Sono vecchio e ormai alla fine dei miei
giorni.”
“Ti stai
forse vergognando?”
Bilbo gli
lanciò un’occhiataccia.
“Zio?”
chiamò Frodo.
Bilbo parve accorgersi
solo ora del nipote, assumendo un’aria preoccupata.
“Sì?”
“Sono i tuoi
vecchi compagni?”
“Esattamente,”
rispose Gandalf, anticipandolo “e stasera verranno puntuali
per la cena.”
“Quando
l’hai deciso? Da quanto avevi comunicato i tuoi piani,
tenendomi all’oscuro di tutto?”
“Il tempo
necessario per convincerli, sistemare gli affari del regno, e arrivare
fin qua.”
“Perfetto,”
ironizzò “e a me, ovviamente, hai deciso di dirlo
solo adesso.”
“Saresti
restato altrimenti?”
Bilbo
accusò il colpo, storcendo la bocca.
“Te lo dico
io; no. Avresti trovato qualche scusa per non incontrarli.”
“Perché
mi fai questo?” domandò, sconfitto.
“Perché
ho aspettato fin troppo, Bilbo Baggins. Ti ho visto consumare dentro e
mi vergogno di aver atteso così tanto.”
“Non hai mai
voluto rivederli, zio?”
Il vecchio hobbit
tacque, sentendo gli occhi farsi lucidi.
“Bilbo.”
disse Gandalf, posandogli una mano sulla spalla.
“Non sono
pronto. Non dopo tutto questo tempo.”
“Sei sempre
stato pronto. Ti mancava solo una spinta.”
“Cosa
farò quando arriveranno? Cosa dirò a…
a…”
“Vedrai che
sarà lui a volerti dire qualcosa. Ora, coraggio.”
Affermò, dandogli una pacca.
Bilbo
annuì, raddrizzando le spalle.
“Frodo.”
“Dimmi.”
Rispose pronto, alzandosi d’istinto.
“Devi
aiutarmi,” disse Bilbo, non trattenendo uno sbuffo
“avremo tredici bocche piuttosto esigenti da sfamare questa
sera.”
“Non avremo
esagerato, zio? Voglio dire…” indicò
l’immensa quantità di cibo disposta sul tavolo,
ormai spostato nell’altra stanza con le dovute sedie, per
avere più spazio.
“Saremo
fortunati se saranno soddisfatti.” Borbottò in
risposta Bilbo.
Gandalf sorrise,
pulendo la pipa con la barba.
“Sono
puntuali?”
“Diciamo che
tendono ad arrivare a gruppi.”
Bilbo puntò
gli occhi verso Gandalf, abbastanza sorpreso.
“Un’altra
volta?” sussurrò.
“Mio caro
Bilbo,” affermò, scrollando le spalle
“le vecchie abitudini sono dure a morire, non
trovi?”
Lo hobbit
sbuffò, mormorando qualcosa d’incomprensibile.
Frodo era un
po’ agitato; si era improvvisamente ritrovato a dover
aspettare una compagnia di nani e non ne aveva mai incontrato uno.
Improvvisamente, tre
forti colpi riecheggiarono.
“Bilbo,”
chiamò Gandalf “dovresti andare ad
aprire.”
Lo hobbit stava inerme.
“Zio?”
“Sì…
sì, vado. Vado.”
Con grandi passi si
avviò verso la porta verde, riverniciata tante volte da
allora.
Esitante,
l’aprì, e subito una roca voce lo accolse.
“Dwalin,”
disse il nano, facendo un inchino “al vostro
servizio.”
Bilbo sentì
gli occhi pungere, ma non aveva il coraggio di guardare il vecchio
compagno. Fu una ferrea stretta al braccio a fargli alzare lo sguardo.
“Ragazzo,”
disse Dwalin, osservandolo “non sei cambiato di una
virgola.”
Bilbo
sbatté le palpebre, confuso; vide poi il sorriso furbo del
nano e, finalmente, rise.
“Dwalin,”
pronunciò e, non trattenendo le risa e le lacrime, si
slanciò verso il nano, abbracciandolo “nemmeno
tu,” sussurrò, e questo era vero.
“Zio?”
Frodo, preoccupato, si
era avvicinato e a tratti aveva trattenuto lo stupore. Suo zio stava
abbracciando un nano piuttosto alto per gli standard che aveva imparato
sui libri; aveva tatuaggi e un’aria austera,
però… sembrava un po’ in
difficoltà a giudicare dalle braccia lasciate a
mezz’aria.
“Frodo,”
disse svelto Bilbo, staccandosi, e premurandosi di chiudere la porta
questa volta.
“Scusate,
volevo solo…”
“Oh, ma
certo. Dwalin, permettimi di presentarti mio nipote.”
Il nano, adocchiando
il giovane hobbit, si avvicinò a lui con passi pesanti.
“Dwalin,”
si ripresentò “al vostro servizio.”
“Frodo
Baggins!” esclamò, inchinandosi forse
più del dovuto “al vostro.”
“Sei tale e
quale a tuo zio.”
“Oh, no, io
sono molto più paziente di lui. Ho avuto a che fare con un
bel po’ di nani in gioventù.”
Dwalin allora si
concentrò nuovamente su Bilbo; infine, accennò un sorriso.
“È
passato tanto tempo.”
“Troppo.”
Ammise lo hobbit, e stavolta fu sincero. “Vieni, ti ricordi
la strada?”
“Non
dimentico facilmente un buon pasto.”
Bilbo, ridacchiando,
stava per avviarsi quando altri colpi risuonarono attraverso il legno.
Subito
tornò alla porta, aprendola velocemente.
“Balin,”
si presentò un altro nano, inchinandosi “al vostro
servizio.”
Lo hobbit non si fece
più restrizioni; si slanciò verso di lui,
abbracciandolo come aveva fatto poco fa con l’altro.
“Non mi
ricordavo una simile accoglienza.” derise Dwalin, osservando
come il fratello stesse ricambiando la stretta amichevolmente.
“Dalle tue
lettere dicevi di essere vecchio ormai.” affermò
Balin, osservandolo.
“E lo
sono.” confermò, allontanandosi un po’.
“Non sei
cambiato di una virgola.”
Bilbo rise ancora.
“Nemmeno
voi. E, prima che mi dimentichi ancora, questo è Frodo, mio
nipote.
Balin vide adesso il
giovane hobbit e si premurò di presentarsi dovutamente.
“Balin,”
s’inchinò “al vostro servizio.”
“Frodo
Baggins,” sorrise “al vostro.”
“Vedo che
hai rifornito la dispensa.”
“Sai
com’è, qualcuno…”
lanciò un’occhiata a Gandalf, che sorrise
innocentemente “Stavolta si è premurato di
avvertirmi. Seppur in ritardo.”
“Non in
ritardo, al momento giusto.”
Bilbo scosse la testa,
arrendendosi.
Si erano accomodati
intanto, aspettando l’arrivo degli altri. Frodo pareva
emozionato e non nascondeva gli sguardi interessati che lanciava ai
nani.
Finalmente si
sentirono altri colpi alla porta e Bilbo, contento, si
precipitò ad aprire.
“Sembra
quello di stamani, vero?” scherzò Gandalf,
rivolgendosi a Frodo.
Lo hobbit rise appena,
scuotendo la testa.
Bilbo stava aprendo la
porta, sapendo già chi aspettarsi fuori.
“Fili.”
“E
Kili.”
“Al vostro
servizio.”
S’inchinarono
velocemente.
“Come state,
Signor Boggins?”
Bilbo rise ancora e
ancora.
“Baggins,
Kili. È Baggins.” Sussurrò, cominciando
a piangere per la seconda volta.
I due giovani nani si
spaventarono un po’ e cominciarono a domandargli se stesse
bene.
Bilbo
annuì, afferrandoli entrambi in uno stretto abbraccio.
“Non sono
mai stato così bene negli ultimi sessanta anni.”
“Già,
sessanta… parecchi anni.” Disse il più
giovane vago, ghignando.
“Kili,”
rimproverò il fratello “essendo un hobbit, Bilbo
ha un’età di tutto rispetto adesso.”
“In poche
parole, è vecchio.”
Bilbo gli
tirò un piccolo scappellotto sulla nuca.
“Ahi!”
“Tutti mi
dicono che non dimostro i miei anni.” Affermò
fiero, trattenendo un risolino.
“Non ti
ricordavo così manesco!”
“Ho passato
un anno in vostra compagnia, qualche risultato si dovrà pur
vedere, no?”
Fili
scoppiò a ridere.
“Dai
fratellino, non te la prendere.”
“La fai
facile tu, non sei stato colpito!”
“Te lo sei
meritato.”
“Fili…”
avvertì, guardandolo storto.
“Oh,
giusto!” Bilbo li afferrò per le braccia,
trascinandoli. “Vi devo presentare una persona.”
Arrivarono in cucina;
videro Balin, Dwalin e Gandalf seduti comodamente, e…
“Ragazzi,
questo è Frodo Baggins. Mio nipote.”
“Hai un
nipote? Non ce ne hai mai parlato nelle tue lettere!”
“Frodo
Baggins,” si ripresentò, alzandosi “al
vostro servizio.”
I nani risero,
ripetendo ciò che ormai era d’abitudine.
“Fili.”
“E
Kili.”
“Al vostro
servizio.”
“E
così, era vero. Non ti sei mai sposato.”
Bilbo
annuì, rovistando tra le varie pentole.
“Credevo che
non volessi dircelo e che stasera avremmo trovato qualche piccolo
hobbit in giro per casa!”
“Kili,
sono… anziano, ormai. Alla mia età dovrei
già essere nonno nel caso.”
“Beh, hai un
nipote però!”
“Di cui non
sapevamo nemmeno l’esistenza.” Finì
Balin, ammonendo Bilbo con lo sguardo.
“Non fa
niente.” disse Frodo, sincero.
“Tuo zio
è davvero smemorato… sarà
l’età?”
“Attento,
Kili… ho ancora Pungolo da qualche parte.”
Kili sorrise
innocentemente.
“Non ci hai
mai detto perché le hai dato questo nome.” Disse
Fili, interessato.
“Ve lo
potrei raccontare… se stasera non mi distruggerete il
bagno.”
I nani e Gandalf
risero.
“Cosa vuoi
dire, zio?”
“Beh,
diciamo che la scorsa volta abbiamo un pochino esagerato.”
Implicò Kili.
Bilbo scosse la testa,
sospirando, ed ecco che qualcuno bussò nuovamente.
“Ci
siamo,” disse Dwalin “adesso il numero
crescerà parecchio.”
“Oh,
sì.” Confermò Bilbo, dirigendosi
all’ingresso. Stavolta però non aprì
subito, attendendo. Ben presto si levarono mormorii confusi
dall’altra parte e proprio quando sentì picchiare
ancora sul legno, Bilbo aprì di scatto la porta.
I nani presenti
caddero in avanti, lamentandosi.
Bilbo rise,
osservandoli mentre cercavano di rimettersi in piedi.
“Sempre i
soliti, non è vero?”
Al suono della sua
voce alzarono la testa. Alcuni si commossero, altri sorrisero, ma tutti
si alzarono in fretta, sommergendo il povero hobbit con i loro corpi.
“No, piano,
mi farete cadere!”
“Così
impari a farci i tranelli!” Bofur.
“Ma no,
Mastro Baggins non è un tipo del genere.” Ori.
“Sapeva che
eravamo noi e ha aspettato ad aprire!” Nori.
“Modera i
toni!” Dori.
“Oh, Mastro
Baggins, quanto tempo!” Oin.
“Sempre in
forma, vedo!” Gloin.
Una pacca vigorosa
sulla spalla. Bombur.
Qualche parola
pronunciata in una lingua da lui mai imparata. Bifur.
“Benvenuti.”
Riuscì a dire, commosso.
Finalmente erano
arrivati.
“Possiamo
cominciare a mangiare?”
“Aspettiamo
Thorin, no?”
“Già,
perché ci mette tanto?”
“Non
è mica andato a trovare altri parenti, vero?”
Bilbo
s’irrigidì nuovamente a sentire il nome del Re
sotto la montagna.
“Tra poco
arriverà.” affermò Gandalf.
“Lo stregone
ha ragione,” assicurò Dwalin “ragazzo,
potresti portarci altra birra?”
“Certo.”
Frodo si avviò in dispensa.
“Potevi
anche dircelo che avevi un così bravo nipote!”
“Già!
Tenercelo nascosto, non è stato affatto carino!”
“Bofur,
Gloin, avete ragione. Diciamo che non mi è venuto in mente,
chiedo scusa.”
“La
memoria…” cantilenò ancora Kili.
“Mastro
Baggins è ancora in forma.” Affermò
Ori, sicuro.
“È
cambiato solo il colore dei capelli!”
“E le rughe
dove le metti?”
Bilbo
sospirò; avevano ragione, purtroppo. Loro erano cambiati
pochissimo. Alcuni avevano un po’di grigio nei capelli, ma
niente si poteva dire dei più giovani o del più
anziano, Balin.
Frodo
rientrò, versando la birra nel boccale di Dwalin;
d’un tratto parve ricordarsi di qualcosa, allarmandosi.
“La
porta…” mormorò.
“Cos’ha
la porta?”
“Gandalf,
c’è il segno?”
Tutti si fecero
attenti.
“No,
perché?”
“Zio,”
richiamò allora, preoccupandosi “non mi avevi
raccontato che il Re non riusciva a trovare la tua casa? Se ora non
c’è il segno…”
tralasciò, implicando il resto.
Bilbo e gli altri si
allarmarono a loro volta.
“Fili,”
sussurrò Kili “dici che si è
perso?”
“Conosci lo
zio. Mi sa che è meglio-”
“Vado fuori
a vedere se lo trovo.” Affermò improvvisamente
Bilbo.
“Vuoi che
qualcuno venga con te?”
“Non
importa, anzi; cominciate a mangiare, torneremo presto, a
quest’ora in effetti deve per forza essere nelle
vicinanze.”
Frodo era
già andato a prendergli il cappotto e adesso lo stava
indossando.
“Pensa tu a
fare gli onori di casa.”
Frodo
annuì, accompagnandolo alla porta.
“Ci vediamo
tra poco.”
Bilbo percorse il
vialetto del suo giardino, aprendo il cancellino.
Pensò un
attimo da che parte fosse più opportuno dirigersi, notando
subito dopo una figura scura in fondo alla strada, prima della discesa.
Il cuore prese a
battere un po’ più forte e la gambe restarono
ferme; la mano s’infilò rapida oltre il cappotto,
fino al taschino.
“No,”
s’impose, sussurrando leggermente “non osare
fuggire, Bilbo Baggins.”
E non lo fece.
Ritirò la mano e cominciò a fare brevi, incerti
passi verso quella direzione. Man mano che si avvicinava, complice la
luce che illuminava il sentiero, distingueva meglio la sagoma; era di
spalle, ed era alta. Lunghi capelli ricadevano sciolti sulla schiena,
con diverse ciocche grigie.
“Thorin?”
chiamò, incerto.
L’Individuò
s’irrigidì ma si volse subito.
Occhi azzurri,
così azzurri che avrebbe potuto vedere anche senza alcuna
luce, ne era certo, lo osservarono con stupore.
“Mastro
Baggins.”
Era lui. Thorin.
“Sì,”
confermò lo hobbit, emozionato ancora più di
prima “sì, sono io.”
Thorin lo
scrutò in ogni parte; viso, petto, ventre, gambe, piedi.
“Se non mi
riconosci non te ne farò una colpa. Sono vecchio,
sì. Molto vecchio.”
Il Re sotto la
montagna si accorse del suo gesto maleducato e, scuotendo la testa,
s’inchinò.
“Sei sempre
il solito, Mastro Baggins.”
Bilbo trattenne il
fiato.
“Thorin,”
si presentò “al vostro servizio.”
Pensò di
ricevere una risposta, sbagliandosi. Alzò il capo e vide
Bilbo, inerme, guardarlo sorpreso.
“Questa
è la prima volta.” Sussurrò lo hobbit,
smarrito.
“Mi dispiace
di averlo fatto solo ora.”
Bilbo scosse il capo
e adesso stava già piangendo di nuovo; stavolta
però singhiozzava pure.
“Bilbo?”
chiamò incerto Thorin, avvicinandosi.
“Esatto,”
soffiò lo hobbit “sono Bilbo. Non voglio nessun
Mastro Baggins, non da te.”
“Io-”
“Non dire
niente. Solo per poco, per favore. Non parlare.”
Bilbo si
avvicinò di più, tremante, abbracciandolo;
singhiozzava ancora, stringendo la stoffa del pesante cappotto del nano.
Thorin, stupito,
ricambiò esitante l’abbraccio, accarezzandogli
appena la schiena.
Stettero qualche
minuto così, vicini.
“Sessanta
anni…”
“Cosa?”
“Sessanta
anni per poterti abbracciare un’altra volta. Stupido
nano.”
Thorin
sgranò le palpebre, sorpreso.
Bilbo, notandolo,
ridacchiò un po’.
“Stupido,
insopportabile nano.”
“Hai tutto
il diritto di definirmi così.”
“Sembri
sorpreso però…”
“Non ti
ricordavo così-”
“Sgarbato?”
“Diretto.”
“Ma lo ero
anche allora, Thorin. Magari però quando si trattava di te
qualcosa mi frenava.” Concluse amaro.
Il nano si
allontanò un po’ per guardarlo negli occhi.
“Sono
pentito delle mie azioni.”
“Me
l’hai già detto prima che partissi per tornare a
casa mia.”
“Non
potrò mai scusarmi abbastanza per quello che ti ho
fatto.”
“Mi hai
chiesto scusa più volte e non sono più bandito da
Erebor.”
“Non sei mai
venuto a trovarci, però.”
Bilbo
accusò il colpo.
“Perché?”
“Suppongo
che si siano accumulate varie cose e il tempo mi sia sfuggito di
mano.”
“So delle
lettere che hai mandato ai miei nipoti, a Balin, Bofur e Ori. Anche gli
altri ne erano al corrente, e a volte ti mandavano i loro
saluti.”
“Tu non
l’hai mai fatto.”
“Non…
ne ho avuto il coraggio.”
“Nemmeno
io.” Sussurrò di rimando, abbassando lo sguardo.
Ci fu ancora silenzio.
“Ti eri
perso?”
“Perso?”
“Non
c’è il segno alla porta e quindi abbiamo pensato
che…”
Thorin
grugnì, vergognandosi un po’.
“Lo
immaginavo…”
“Come vedi
però alla fine stavo venendo nella direzione
giusta.”
“Eri girato
dall’altra parte…”
“Stavo
pensando.”
“Oh, e a
cosa?” lo canzonò, ora più sciolto.
“A
te.”
Bilbo si
stupì, irrigidendosi nuovamente.
“A
me?”
“Pensavo a
quanto ho sbagliato con te, Bilbo. Ti ho lasciato andare via facendoti
credere che non m’importasse più niente di
ciò che abbiamo condiviso.”
Lo hobbit
sentì dopo tanti anni le gote divenire calde.
“Non
c’è problema.” Mentì.
“Bilbo,”
lo chiamò, rafforzando la presa sul suo corpo “ci
siamo baciati a Pontelagolungo.”
Lo hobbit
poteva scommettere che il viso adesso era rosso, troppo rosso.
“Non farmi
questi discorsi, ho una certa età adesso.”
Borbottò, spostando lo sguardo.
Thorin rise appena.
“Sei sempre
affascinante.”
“Oh,
finiscila!” gli schiaffeggiò la spalla,
imbarazzato.
“Non te
l’ho più ricordato,” affermò
Thorin dispiaciuto, portando la mano sul suo mento, facendo pressione
per avere quegli occhi su di sè.
“Che
cosa?” sussurrò.
“Quanto tu
sia sempre stato affascinante ai miei occhi.”
“Guardami,
Thorin, guardami bene,” affermò allora, un
po’ triste “sono vecchio. Non importa che tu abbia
molti più anni di me, gli hobbit non vivono quanto i
nani.”
“Mi dispiace
di aver perso tutto questo tempo.”
“Io non sono
stato di certo più coraggioso di te. Se non fosse stato per
Gandalf non ti avrei più rivisto.”
“Ciò
che più mi rammarica,” confessò,
accarezzandogli la pelle “è non averti mai fatto
capire che i miei sentimenti verso di te si sono solo
rafforzati.”
“Non vorrai
fare discorsi smielati a un vecchio hobbit!”
“Se sei tu,
Bilbo Baggins, allora posso fare tutto.”
Si abbassò
appena, portando la bocca a un soffio dalla sua.
“Tutto.”
Lo baciò, e
Bilbo sentì il mondo cadergli sulle spalle; non sapeva
neppure se si ricordava come si baciava.
Incerto, mosse appena
le labbra su quelle dell’altro.
Thorin
portò un braccio a stringergli la vita e con
l’altra mano gli massaggiava il mento e a tratti il collo.
Bilbo allora,
d’istinto, circondò il collo di Thorin,
accarezzando i lunghi capelli.
Il bacio si divise in
tanti piccoli baci a schiocco, le labbra mai separate, e i nasi che si
toccavano appena.
Si allontanarono dopo
un po’ di tempo, guardandosi incerti.
“Alla mia
età,” borbottò Bilbo, imbarazzato
“che vergogna.”
“Sei ancora
un hobbit rispettabile.”
“Non
prendere in giro,” replicò, rubandogli un bacio
“piuttosto, sei sicuro?”
“Sicuro?”
“Voglio
dire,” affermò incerto, lisciandogli i capelli
“ti va davvero bene baciare un vecchio hobbit come
me?”
“Ho molti
più anni di te.”
Bilbo
sbuffò.
“Hai capito
cosa intendo.”
“Mi va
benissimo,” mormorò allora, baciandogli la calda
guancia “tu, Bilbo Baggins, mi vai più che bene. E
questo non potrà cambiare mai.”
“Non,”
sospirò appena, sentendo Thorin lasciargli un bacio sotto il
mento “Non so quanti anni mi potranno mai restare.”
Il Re lo strinse
più forte.
“Li
passeremo insieme. Ogni giorno.”
Bilbo
sbatté gli occhi, confuso.
“Come?”
“Vuoi,”
deglutì, appoggiando la guancia sulla sua, senza guardarlo
“venire a Erebor con noi? Con me?”
Lo hobbit trattenne il
fiato.
“Davvero?”
“Sì.
Ti andrebbe bene?”
Bilbo
cominciò ad annuire, per poi scuotere il capo.
“Non so,
io… dovrei chiedere a Frodo prima di tutto.”
“Frodo?”
“Mio nipote.
Sì, lo so, non lo sapevi. Nessuno lo sapeva, mi dispiace,
non l’ho mai scritto nelle lettere.”
“Hai un
nipote,” Ripetè, sorridendo appena. “ti
somiglia?”
“Dicono
tutti di sì, però… no,
d’accordo, mi somiglia. Caratterialmente, dico, ovvio. Anzi,
forse è più gentile, io con gli anni sono
diventato un po’ intrattabile.”
Thorin
annuì, circondandogli il viso con le grandi mani.
“Bilbo,”
cominciò, serio “se puoi, ti chiedo di perdonarmi
per tutto il male che ti ho fatto. E per averti lasciato andare via
facendoti pensare che non ci tenessi più a te, trattandoti
come un semplice conoscente.”
“Vuoi dire
che mi… cioè, sai, hai capito. Perché
io ti amo ancora. Ti ho sempre amato.”
Bilbo
avvertì le mani di Thorin tremare contro la sua pelle;
sorrise, portando le sue a incorniciargli il viso, imitandolo.
“Non ho mai
smesso, Bilbo. Non ho mai smesso di amarti.”
Bilbo non aveva
bisogno di altro; lo fece abbassare, baciandolo ancora.
“È
via da parecchio.”
“Tanto.”
“Troppo!”
“E se gli
fosse successo qualcosa?”
“È
vecchio ormai, dobbiamo andare a controllare!”
“Kili-”
La porta
improvvisamente si aprì, facendoli zittire. Dei passi
riecheggiarono e il fiato venne comunemente trattenuto. Bilbo fece
capolino, sorridendo, seguito a ruota da colui che Frodo
definì subito maestoso e dal fiero portamento.
Thorin non disse
niente, avvicinandosi al giovane hobbit.
“Thorin
Scuodiquercia,” s’inchinò “al
vostro servizio.”
Frodo, stupito, si
alzò subito dalla sedia, abbassando il capo.
“Frodo
Baggins, al vostro!”
Thorin gli sorrise.
“Sì,
Bilbo. Ti somiglia proprio.”
Frodo vide lo zio
ridacchiare, raggiungendoli.
“Frodo…
Thorin ci ha invitati a stare da lui, a Erebor.”
Un vociare si
levò; Balin intimò il silenzio.
“Non devi
rispondermi subito, ti chiedo solo di pensarci.”
Frodo, smarrito,
annuì.
“Zio, non ce
l’avevi detto!”
“Fratello,”
disse Fili, soddisfatto “paga.”
Kili
sbuffò, frugando nelle tasche per trovare il denaro.
“Giusto!
Quelli che hanno perso… si prega di pagare!”
Bilbo vide alcuni nani
borbottare e cercare soldi nei vestiti.
Gandalf, allegro,
aveva già cominciato a intascare.
“Gandalf,”
lo chiamò Bilbo “ti spiace spiegarmi?”
“Oh, niente
di che. Hanno solo scommesso se voi due avreste chiarito.”
“E?”
“E se
qualcuno,” guardò Thorin “avrebbe
trovato il coraggio di proporti di vedere ancora una volta la Montagna
Solitaria… e magari di vivere là.”
“Perfetto,”
masticò Bilbo “sono sempre il vostro bersaglio
preferito a quanto pare.”
“Non te la
prendere, amico mio.” Sorrise, arraffando altri soldi.
“E tu ci
azzecchi sempre, vero?”
“Mi sembra
ovvio.”
Frodo intanto
osservava stupito i nani scambiarsi denaro.
“Forza,
mettiamoci a tavola. Sarai affamato.” Mormorò
piano a Thorin, il quale annuì, guardandolo dolcemente.
“No, vi
prego, no!”
Si girarono entrambi
verso Kili.
“Non
cominciate con le moine da innamorati! Alla vostra età
oltretutto!”
“Oh, quindi
vi siete dichiarati?”
“Ori, non
fare queste domande!” lo rimproverò Dori.
Bilbo si
sentì arrossire.
“Voi
sapevate tutto?”
“Ovviamente!
Lo zio è un po’ che rimuginava su come poterti
rivedere ma non ne aveva il coraggio! D’altronde sono passati
sessanta anni!”
“Kili…”
ammonì il fratello, notando lo sguardo intimidatorio dello
zio.
“Abbiamo
provato non so quante volte a convincerlo,”
continuò imperterrito il più giovane, allegro
“gli ho pure detto che se aspettava tanto allora potevi
esserti già sposato, invece… niente piccoli
hobbit a giro per casa.”
“Tu,”
accusò Bilbo “Tu lo sapevi! Prima mi hai preso in
giro con la storia del matrimonio!”
Kili alzò
le spalle.
“Veramente…
lo sapevamo tutti!”
Frodo, cominciando a
capire, si avvicinò allo zio.
“Zio
Bilbo.” chiamò.
“Frodo…”
disse, non sapendo però come continuare.
“Tu…
stavi con…” indicò Thorin.
“Sì,
cioè, non so se potevamo definirci, beh, impegnati,
però... sì.”
“E poi,
cos’è successo?”
“Ho fatto
del male a tuo zio.” Confessò Thorin, guardandolo
mortificato.
“No, non eri
tu, era quella malattia a parlare per te!”
Il nano si sorprese.
“Lo zio mi
ha raccontato tutto, fino a quando se n’è andato
via. Però…” si guardò
attorno, accennando un sorriso “qualcosa mi mancava. Adesso,
finalmente, ho capito.”
Bilbo sorrise,
sentendo gli occhi ormai consumati da quanto lucidi.
“Zio, non ho
bisogno di pensarci.”
“Come?”
chiese, stupito.
“Non
più. Andremo ad Erebor.”
“Sei
sicuro?”
“Sì.”
I nani cominciarono ad
applaudire e Thorin, contento, prese la mano di Bilbo tra le sue.
“Sei proprio
come tuo zio, ragazzo.”
Frodo si
girò verso Balin.
“Sì!”
confermò Kili, annuendo.
“Pronto a
partire per un’avventura.” Concluse Fili.
Frodo rise, voltandosi
di nuovo verso lo zio.
“E come
finirà quest’avventura?”
Bilbo comprese.
Strinse di più la mano di Thorin e sorrise al nipote.
“E visse per
sempre felice e contento.” Recitò.
E, adesso, non mancava
davvero più niente per essere felice.
Più
lunga della precedente. Spero vi piaccia l’ambientazione;
Thorin, Fili e Kili sono vivi e mi sono presa qualche licenza. Bilbo ha
scritto il libro, ha raccontato la sua avventura a Frodo, omettendo
alcune cose: l’anello, la storia che aveva con Thorin,
precipitata. Certo, il nano aveva assicurato a Bilbo di poter restare o
visitare, ma era freddo e non intenzionato a parlargli più
d’amore. O meglio, spaventato che Bilbo non lo volesse
più, che lui non lo meritasse. Bilbo d’altro canto
pensava che Thorin in realtà non lo avesse mai perdonato.
Meno male che si sono chiariti… certo, sessanta anni dopo.
In realtà volevo includere Frodo. Diciamo che sarebbe
ambientata non molto prima dell’inizio di “Un
viaggio inaspettato”, in cui vediamo Frodo e Bilbo anziano.
Spero vi sia piaciuta. Grazie per la lettura!
P.S. ho scritto una
piccola nota nel mio profilo, per coloro che sono interessati.
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