Una storia che parla di hobbit, nani e un narratore invadente.

di Akrois
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03

 

 

 

 

 

 

Thorin Scudo di Quercia, Re dei Nani di Erebor, erede della dinastia di Durin, grande combattente, fine artigiano e qualche altro titolo pomposo ora viveva a casa di una hobbit.

Una hobbit.

Una. Hobbit.

Hobbit.

Ora, miei cari venticinque lettori (anche se spero siate diventati almeno ventisei!) è giusto e sacrosanto che io vi spieghi perché Thorin era così sconvolto all’idea di vivere in casa di Billa Baggins o di un qualunque hobbit: hobbit e nani erano come cavoli e caciotte. Uno poteva notare una certa somiglianza (l’altezza, nel caso di hobbit e nani, la “c” e la “a” dei cavoli e delle caciotte) ma tra i due correva una differenza abissale. Così come una caciotta era un latticino lavorato, un nano era duro, robusto e laborioso. Così come un cavolo era una pianta della famiglia delle Brassicacee, uno hobbit era soffice, gentile e pigro. E proprio come i cavoli e le caciotte, hobbit e nani non era destinati a unirsi.

O almeno, così credo. Avete mai cotto cavoli e caciotte assieme?

Se sì, vi prego di condividere eventuali ricette.

Chiudendo la parentesi alimentare, è giusto che sappiate che Thorin non detestava così tanto la sua nuova vita nella Contea. In pratica non faceva altro che mangiare, dormire e giocare con i suoi nipoti.

Il che era terribilmente noioso.

Quindi dopo ben due giorni di nullafacenza, Thorin Scudo di Quercia decise che era ora di fare qualcosa.

- Vorrei lavorare.

- Prego?- Bibla alzò lo sguardo dal proprio futuro copriletto decorato a punto croce (al momento attuale era solo uno scampolo di tessuto con sopra un grossolano disegno di fiorellini fatto col gesso, ma Bibla era una a cui piaceva pensare in grande) – E cosa vorreste fare, di grazia?

- Sono un buon armaiolo.- disse Thorin togliendo un rocchetto di filo dalle mani di Kili e riponendolo nella cesta del cucito di Bibla – Potrei lavorare in una fonderia.

- Capisco. Immagino che Gandalf vi abbia già parlato; no, tesoro, quello non si mette in bocca- tolse gentilmente un gomitolo di lana dalla bocca ancora mezza sdentata di Kili – dicevo, immagino che Gandalf vi abbia già parlato del fiorente commercio d’armi della contea. Immagino che il signor Gamgee abbia bisogno di una o due spade, sapete, ultimamente le talpe si stanno facendo sempre più audaci.

Fili, il piccolo traditore indegno del suo sangue, rise. Thorin lo cancellò mentalmente dalla lista per il trono di Erebor (suddetta lista ora contava di lui stesso, Kili e un vecchio compagno di bevute).

Thorin si gonfiò come un tacchino arrabbiato – Ci sarà sicuramente qualcosa che posso fare.

- Potreste sistemare la porta della dispensa.

- La cosa?

- La porta della dispensa- Kili piagnucolò, allungando le manine verso il gomitolo che Bibla aveva ancora in mano – cigola da mesi ed io non ho ancora trovato qualcuno che la sistemi- mise da parte il cucito e si caricò il piccolo nano sul ginocchio, piazzandogli il gomitolo tra le mani – inoltre, c’è uno sportello della credenza che non si chiude più bene, alcune serrature non funzionano più, c’è da pulire la canna del camino e da sistemare i divanetti della fumeria- Fili si arrampicò senza troppi complimenti in braccio alla hobbit, squittendo di gioia quando questa iniziò a fargli il solletico su un fianco – e questa sedia va rinforzata. Non credo che sia fatta per sostenere così tante persone.

La sedia a dondolo di Bibla mandò un cigolio simile a un grido di dolore. Thorin poggiò la pipa sulla mensola sopra al caminetto e si preparò al suo tanto agognato lavoro.

 

 

 

In fondo non fare nulla non era tanto male.

Thorin arrivò a questa improvvisa illuminazione al diciassettesimo cardine cigolante che incontrava.

A quanto pare casa Baggins non era stata visitata da un fabbro da almeno vent’anni, visto che ogni singolo cardine era usurato al limite del possibile, ogni lucchetto era arrugginito, ogni mensola pendeva leggermente, ogni sportello non si chiudeva perfettamente e altre cose. A prima vista tutto era perfetto, ma a uno sguardo più attento si notavano tutte le minuscole imperfezioni. I nani non tolleravano (e non tollerano tutt’ora) le imperfezioni. Un nano poteva mettersi a limare una gemma fino a farle prendere la forma di una sedia a dondolo e farla sembrare una sedia a dondolo perfetta.

Parlando di sedie a dondolo, forse era il caso di mollare i maledetti cardini e darsi alla sedia a dondolo.

 

 

 

La notte Thorin sognava molte cose. Per la maggior parte erano brutte cose oppure cose orribili. Quando non sognava cose brutte o orribili, allora sognava cose tremende.

Non ricordava cosa accadeva in questi sogni e, al risveglio, non riusciva neanche a capire il perché del suo terrore. Ma, da molti anni, ogni singola notte il suo sonno finiva con una mano tesa verso il nulla e il cuore che batteva troppo.

Quella notte in particolare (la quindicesima che passava in casa della hobbit, non che contasse i giorni, eh) il suo risveglio non fu causato solo dal sogno (del quale ricordava solo luce e calore) ma anche da un suono fuori della sua porta.

Passi? Che la hobbit avesse sentito il bisogno di uno spuntino notturno? Ma, in quel caso, avrebbe almeno sentito qualche rumore dalla cucina. No, erano solo passi, alla quale si aggiunsero poi alcuni suoni soffocati. Delle parole, forse.

Con chi stava parlando? Sentì una porta chiudersi e poi il silenzio.

Si alzò e uscì dalla sua stanza il più silenziosamente possibile, avviandosi verso la cucina. La cucina era vuota. Si avviò verso la fumeria ed era vuota, così com’erano vuoti il salotto, la sala di ricevimento, il bagno, la dispensa e la camera dei suoi nipoti.

La camera dei suoi nipoti era vuota.

Orribili, orribili immagini, sensazioni, fantasie e ricordi inondarono il cervello di Thorin così velocemente e prepotentemente da lasciarlo immobile sulla porta per una ventina di secondi.

Ragionare. Doveva ragionare. Nessuno aveva aperto la porta d’ingresso, se l’avessero fatto avrebbero fatto più rumore di un cavallo nella sala dei cristalli. Nessuno poteva scappare dalle finestre. Erano piccole per un nano, umano o un hobbit.

Ma erano abbastanza piccole da far passare due piccoli nani, uno alla volta…

Impossibile, impossibile. Chi si sarebbe mai messo a passare nani attraverso le finestre? Suvvia.

Ma c’era una stanza che non aveva ancora controllato, ed era la stanza della padrona di casa.

Poggiò una mano sul manico e pregò ogni antenato che i suoi nipoti fossero là dentro a mangiare la scorta nascosta di biscotti di Billa (l’aveva scoperta il quinto giorno, mentre sistemava le gambe del letto) o a giocare con le sue collane.

I suoi nipoti erano effettivamente nella camera di Billa. Ma non stavano giocando, né mangiando.

Dormivano poggiati al petto della Hobbit, con Kili nascosto fra i suoi capelli e Fili che stringeva la stoffa della sua camicia da notte tra le mani. Dal canto suo, Billa li stringeva a se come se li dovesse difendere da un branco di orchi.

Thorin sospirò e tornò nella sua stanza.

Per la prima volta in tanto tempo, Thorin Scudo di Quercia dormì senza incubi.

 

 

A.Corner___

 

Breve, allegro, insulso capitoletto sulla Nuova Favolosa Vita del Rude Nano e dei Suoi Adorabili Nipotini ™.

A presto (si spera) con un nuovo capitolo! Che conterrà anche della trama!

Forse.





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