Capitolo III
Demoni
Ormai era da una settimana
che Sharon frequentava il Paradisium, e le cose erano state piuttosto
difficili per lei essendo una ragazza. Quando passeggiava per la
scuola i ragazzi non facevano altro che stuzzicarla o provarci, i
maestri delle Arti del combattimento la sminuivano sempre e non
concepivano come una ragazza potesse combattere al posto di curare.
L'unico che sembrava disponibile e sempre presente per lei era Artes
che, purtroppo si trovava dall'altra parte dell'istituto essendo un
guaritore e tutto il tempo delle lezioni Sharon lo passava con
Daniel.
“Hey, smettila di
sognare a occhi aperti e stai in guardia!” gridò una
voce.
Davanti alla ragazza c'era
un signore anziano, con una barba incolta grigia che gli macchiava il
mento, due occhi violacei attenti e vigili, la bocca era una linea
sottile e le rughe accentuate lo facevano somigliare a una tartaruga.
In mano aveva una grossa ascia e la stava puntando verso Sharon, con
un espressione corrucciata in viso.
“Non pensare che
siccome sei una ragazza, hai più privilegi rispetto loro”
borbottò l'anziano, indicando con la testa dei ragazzi dietro
di lui.
“Mi scusi, mi ero
distratta...” sussurrò Sharon abbassando lo sguardo.
“Niente scuse. Per
punizione resterai fino questa sera ad allenarti, e non ti azzardare
a lasciare questa palestra o ti caccio!”.
L'uomo si allontanò
velocemente e tornò ad allenare gli altri, ignorandola.
“E nemmeno stasera si
mangia...” sussurrò la ragazza prendendo una spada dal
muro.
“Se ti preoccupa
questo, beh complimenti” mormorò Daniel all'orecchio di
lei.
Sharon si girò di
scatto lasciando cadere la spada col cuore in gola, ritrovandosi
Daniel davanti con un sorriso da orecchio a orecchio.
“Diamine...mi hai
fatto prendere un infarto!” sbottò la ragazza
riprendendo la spada da terra.
“Se vuoi, posso
restare stasera a farti compagnia” disse in tono dolce Daniel.
“No grazie, preferisco
digiunare per mesi piuttosto che stare con te” rispose
velocemente Sharon cercando di avvicinarsi al gruppo per ascoltare la
lezione.
“Come vuoi”
disse Daniel facendo spallucce, poi si avvicinò a un ragazzo e
con un rapido movimento del polso fece ruotare la spada che aveva in
mano attorno la vita del ragazzo che lanciò un urlo acuto.
“DANIEL!” gridò
l'anziano con le vene che gli pulsavano sotto il collo.
Il ragazzo aveva la
maglietta tagliata e i pantaloni completamente a terra, era rimasto
in mutande, per il resto non aveva ferite.
“Dica” disse in
tono beffardo il ragazzo che guardava il vecchio avvicinarsi con aria
minacciosa.
“Sempre a fare guai,
eh?! Ma adesso ti faccio vedere io! Questa sera anche tu resterai qui
ad allenarti, però fino a domani mattina!” gridò
l'anziano rosso in viso per la rabbia.
“Che paura...”
ridacchiò Daniel, provocando un attacco omicida all'uomo.
Sharon restò a bocca
aperta soffocando una risata di quelle grasse, mentre cercava di
tenersi il più possibile seria. Il ragazzo rimasto in mutande
si allontanò in fretta uscendo dalla palestra, e ridendo
Daniel si riavvicinò a Sharon.
“Peccato, passeremo la
serata ad allenarci insieme” sussurrò
il ragazzo con un sorrisino accennato.
“Sei
la persona più irritante che io abbia mai conosciuto!”.
“E
anche la più seducente e attraente, non è vero?”.
“Ma
smettila, sei ridicolo” disse la ragazza distogliendo lo
sguardo da Daniel per posarlo sulla figura di Artes.
Il
ragazzo fece un cenno di saluto con la mano, e subito Sharon gli
corse incontro.
Era
sulla porta della palestra ed era impossibile non notarlo con quella
sua tunica bianca e dorata, i capelli castani e ricci che gli
ricadevano sul viso bianco coprendogli gli occhi color oro.
“Artes!
Hai finito le lezioni?” chiese Sharon saltandogli addosso.
“Si,
ho finito qualche minuto fa e sono corso qui. Allora come procede?”.
“Sono
di nuovo in punizione, dovrò allenarmi fino a stasera...bello,
no?” ridacchiò Sharon grattandosi la testa.
“Ancora?
Smettila di combinare guai o distrarti, se continui così ti
cacceranno...dopo tutto quello che hai passato per entrare non vorrai
buttare così quest'occasione” sbuffò il ragazzo.
“Si,
hai ragione...scusa, torno ad allenarmi” mormorò la
ragazza abbassando lo sguardo e rigirandosi per tornare nel gruppo.
Girandosi
Sharon, vide Daniel che la guardava con un aria infastidita in volto
e allo stesso tempo disgustata, poi il suo sguardo si trasformò
in indifferenza e quando ebbe raggiunto il gruppo e si girò
per vedere se Artes era ancora sulla porta, provò una piccola
fitta di delusione quando vide che la porta era completamente vuota.
La
lezione era ormai finita e il tramonto bussava alle porte di
Rhapsody, mentre raggi di luce arancione penetravano dalle finestre
della palestra. Da quando Daniel aveva visto Artes, non aveva più
rivolto la minima parola a Sharon, ma se ne era stato tutto il tempo
in disparte ad allenarsi con una spada.
Ma che gli prende...
D'un
tratto la spada che Daniel stava maneggiando fu a un soffio dal viso
di Sharon.
“Ma
che diavolo fai...” mormorò la ragazza con un fil di
voce rotto dal terrore.
“Rispondimi
sinceramente, ti piace Artes?” sibilò tra i denti
Daniel.
Il
ragazzo adesso si trovava difronte alla ragazza con la spada ferma
nel pugno.
“Ma
sei impazzito?! Ti sembra questo il modo di chiedermelo?”.
“Era
per vedere se avevi i riflessi pronti” disse lui abbassando
l'arma e mettendola nel fodero che aveva sulla schiena.
“Bene...”.
“Allora,
ti piace Artes?” richiese Daniel con una punta di impazienza
nella voce.
“Ma
perché ti interessa...no, cioè è un bel ragazzo
ma non penso che...”.
Prima
che Sharon potesse finire la frase una campana cominciò a
risuonare per l'edificio. Prima lentamente quasi come un rintocco,
poi sempre più forte fino a quando il rumore non cominciò
a dare alla testa.
“Cosa
diavolo è?!” gridò Sharon cercando di farsi
sentire da Daniel, mentre si copriva le orecchie cercando di
attenuare il suono.
“E'
un allarme. E' successo qualcosa di grave, seguimi”.
Daniel
si precipitò fuori dalla palestra a una velocità
impressionante seguito da Sharon.
“Cosa
potrebbe essere successo?” ansimò la ragazza che
riusciva a stare al passo del ragazzo nonostante un po' di fatica.
“Un
attacco dall'esterno forse...non ne ho idea, negli ultimi vent'anni
non è mai suonato l'allarme”.
“E
tu che ne sai?”.
“Me
lo hanno detto”.
I due
ragazzi raggiunsero il cortile dell'istituto e vi trovarono tutti i
ragazzi del Paradisium e davanti ad essi la Corte Elie, erano tutti
accerchiati intorno a qualcosa. Quando Sharon si avvicinò
dovette trattenere un grido, un incappucciato era riverso a terra in
un lago di sangue e con il volto completamente sfregiato e il corpo
mutilato. L'unica cosa che la ragazza riusciva a distinguere in
quello spettacolo era il pizzetto biondo sul mento.
“Oddio
no...” sussurrò Sharon indietreggiando.
“Non
guardare è uno spettacolo raccapricciante” disse Artes,
che era appena spuntato dal nulla e cercava di abbracciare Sharon.
“Lasciala
stare, è una Nephilim guerriera adesso...si deve abituare a
questi spettacoli” ringhiò Daniel.
Sharon
evitò l'abbraccio di Artes e si avvicinò un po' di più
alla Corte per cercare di capire quello che dicevano.
“E'
l'opera di un demone...e se ne è penetrato uno e probabile che
c'è ne siano altri..”.
Richiamando
l'attenzione dei ragazzi, la Corte si abbassò i cappucci
rivelando ancora una volta gli occhi completamente rossi che adesso
ardevano nel buio della notte.
“L'opera
di questo scempio sono i demoni” disse un incappucciato, mentre
un sussulto attraversò la folla, poi l'uomo continuò
“Prendete le vostre armi, e andate di pattuglia per Rhapsody. I
demoni potrebbero essere penetrati tra le mura della città!”.
In un
secondo tutti i ragazzi di dispersero, chi aveva già le armi
in mano attraversò il cancello e cominciò a girare per
la città, chi invece era senz'armi tornava dentro a prenderle.
Sharon senza considerare Daniel gli prese la spada dalla fodera che
aveva sulla schiena e sparì dietro il cancello.
Rhapsody
era deserta, per le strade si vedevano solo i Nephilim con le armi
sguainate che brillavano alle deboli luci argentate della città.
Sharon teneva la spada
stretta tra le mani e camminava per una stradina buia e isolata in
cui nessuno era andato fin'ora, la presa sulla spada si strinse
quando qualcosa luccicò infondo alla strada.
“Chi è lì?
In nome della Corte fatti riconoscere” gridò la ragazza
avvicinandosi lentamente e notando una figura alla fine della strada,
era un vicolo cieco e quella figura non era esattamente quello che si
può definire umano. Un ragazzo era davanti al muro in cui
terminava la strada, dalla sua schiena uscivano delle grandi ali,
erano quasi il triplo del ragazzo e ricoprivano l'intero muro. Sharon
restò un momento perplessa e scossa da quella vista, i raggi
della luna che gli cadevano addosso mostravano un ragazzo dal volto
pallido e spigoloso, capelli rossicci e labbra rosse, i suoi occhi e
le sue ali erano nere come pece, le ali verso le punte si schiarivano
per diventare violacee.
Un angelo?
Il
ragazzo era un misto di perfezione raccapricciante, il corpo
perfettamente scolpito si intravedeva dalla sottile e leggera veste
nera che indossava.
“Che
diavolo sei...” sussurrò Sharon attratta da quell'uomo
come una falena è attratta dalla luce.
Il
ragazzo non parlò ne si mosse, restò in silenzio a
guardare la ragazza avvicinarsi piano e un leggero sorriso gli si
dipinse in volto.
E'
possibile che sia un angelo? No, è impossibile..ma è
così bello...voglio sfiorarlo solo per rendermi conto che è
vero
Le ali del ragazzo ebbero un guizzo e un leggero vento sfiorò
la pelle di Sharon, mentre la mano di lui si allungava a prendere la
vita di lei. Erano così vicini, ci mancava pochissimo e lei
era quasi tra le sue braccia, ma proprio in quel momento una spada
sorpassò la testa della ragazza andandosi a conficcare nel
cuore del ragazzo.
“SHARON!”
gridò Daniel, che era esattamente dietro di lei, “Allontanati,
ora!” aggiunse mettendosi tra lei e lui.
“Cosa
succede, perché lo hai colpito?! E' come noi!” gridò
Sharon che non riusciva più a capire cosa stesse succedendo.
“Ma
non lo capisci?! E' un demone!”.
Daniel si affrettò a riprendere la spada dal petto del demone
e infierì ancora una volta, il ragazzo non emise alcun grido,
si limitò a sbattere le ali.
Sharon non sapeva se gridare o chiedere aiuto, com'era possibile che
un demone fosse così bello? Lei se li aspettava brutti e con
forme di animali putrefatti, non come loro.
Il demone cominciò a sbattere le ali sempre più forte,
fino a quando non prese praticamente il volo e uscì dalla
stradina attirando l'attenzione di tutti i Nephilim e della Corte.
“Daemonium!”
gridarono alcuni, e una saetta bianca trafisse per la terza volta il
demone che sparì nel nulla.
L'allarme cominciò a risuonare questa volta più forte
che mai, e tutti i Nephilim in ronda ritornarono al Paradisium di
corsa, mentre gli abitanti di Rhapsody svegliati da quel trambusto
uscivano dalle loro case in preda al terrore.
“Vieni,
cammina. Dobbiamo tornare immediatamente al Paradisium” disse
Daniel aiutando Sharon a camminare.
In quel momento un incappucciato si affacciò al vicolo notando
i due ragazzi, aveva ancora il cappuccio abbassato e la sua
espressione era raccapricciante, non solo i suoi occhi gli davano
quel qualcosa di demoniaco, ma la sua bocca curvata in un ringhio
fece sobbalzare Sharon.
“Voi
due, immediatamente all'istituto”.
Senza fiatare i due ragazzi corsero al Paradisium, e quando vi
arrivarono erano tutti nell'edificio, compresi gli abitanti di
Rhapsody.
“C'era
un demone, avete visto?”.
“Non
siamo più al sicuro!”.
“Mio
figlio non resterà più in questa città! I
Nephilim non sono affidabili!”.
Gente che urlava ovunque, altri che prendevano le loro cose dai
dormitori e uscivano di gran fretta.
“Mio
dio...” sussurrò la ragazza restando dietro Daniel.
“Adesso
mezza Rhapsody se ne andrà, dopo aver visto quel demone
nessuno vorrà restare” mormorò il ragazzo
avanzando e facendosi spazio tra la folla.
In mezzo alla sala c'era la Corte Elie, avevano di nuovo i cappucci
alzati e il viso coperto e parlavano tra di loro con fare losco,
quando Sharon gli passò affianco una mano la afferrò
per il braccio tirandola all'indietro.
“Silenzio
per favore!” gridò uno della Corte.
“Mi
lasci, cosa vuole da me?” chiese Sharon cercando di liberarsi
dalla presa dell'incappucciato.
“Questa
sera, uno della Corte è morto per colpa di un demone, e poco
fa ne abbiamo constato la presenza. Nonostante lo abbiamo rispedito
nella sua dimensione ce ne potrebbero essere altri insediati nella
Contea, e noi pensiamo che a farli entrare a Rhapsody sia stata
questa ragazza” gridò l'uomo stringendo la presa sulla
ragazza allibita.
“Cosa?!
Ma siete impazziti? Il demone la voleva uccidere, l'ho salvata io!”
gridò Daniel facendosi spazio tra la folla per arrivare fino a
Sharon.
“Vi
state sbagliando! Non avevo nemmeno idea di come fosse un demone
fin'ora!” ribatté la ragazza shockata.
“Stai
zitta, donna.” sibilò una voce proveniente dalla folla.
“E'
stato un errore ammetterti, ci vuoi fare fuori tutti!” gridò
un altro.
“Adesso
basta!” gridò Artes uscendo da dietro Daniel.
“Artes
Migliec, Daniel Hareal, come mai vi sta tanto a cuore la sorte di
questa traditrice?” chiese un incappucciato.
“Non
è una traditrice, ho visto quello che è successo e non
è possibile che sia stata lei a evocare quel demone. L'abbiamo
tenuta sotto controllo per tutto il tempo, e poi non ne sarebbe
capace. Evocare un demone significa avere una conoscenza e esperienza
del settore molto alta, e lei a malapena riesce a maneggiare un arma”
disse Daniel.
Sharon cercò di ribattere, ma un occhiata omicida di Artes la
fece zittire.
“Stai
forse contraddicendo la Corte, Daniel?”.
“Si”
rispose il ragazzo guardando quelle figure losche.
“Attento,
a fare il ribelle si pagano conseguenze molto amare. Tu, Clair,
verrai esiliata per sempre dalla Contea di Jevith e da tutte le sue
città, se metterai piede qui senza permesso verrai spedita
nelle celle del Paradisium e lì marcirai per il resto della
tua vita” sentenziò l'uomo che la teneva stretta per un
braccio.
Quelle parole furono come una coltellata per la ragazza che si sentì
mancare, per un momento desiderò svenire per far smettere
quella sensazione di angoscia e terrore che le stava crescendo nel
petto, ma purtroppo era sveglia e cosciente più che mai.
“Non
potete farlo! Non avete prove!” gridò Artes, il suo viso
era ancora più pallido del solito, sembrava che il sangue gli
era completamente defluito dalle vene.
“Ammettete
che la state usando come capro espiatorio per la vostra
incompetenza!” gridò furioso Daniel che si era
avvicinato pericolosamente.
La folla che assisteva alla scena era praticamente pietrificata e
Sharon tremava come una foglia.
“Ormai
la decisione è presa, Sharon Clair lascerà il
Paradisium questa sera stessa”.
Daniel strinse i pugni così forte da lasciarsi i solchi sui
palmi delle mani e Artes sembrò quasi sul punto di esplodere,
l'incappucciato lasciò la presa su Sharon che fu ripresa a
volo da Daniel, sul suo braccio c'erano le impronta delle dita
dell'uomo ben visibili come delle ferite.
Quando la Corte sparì dietro una porta, la folla cominciò
a disperdersi lasciando al centro solo i tre ragazzi ancora scossi.
“Bene,
è stato bello conoscervi...” sussurrò con un fil
di voce Sharon, cercando di allontanarsi da Daniel.
“Non
ci posso credere...” sbottò Artes, i suoi occhi erano
due flessure e la sua mascella era rigida.
“Non
preoccupatevi, sono solo una ragazza che sta per essere esiliata. La
vostra vita non cambierà, magari la mia si...”.
“Dillo
ancora e giuro che ti schiaffeggio” mormorò Daniel
stringendo i denti.
“Scusate...vado
a preparare le mie cose...” detto questo Sharon corse verso un
corridoio il più velocemente possibile mentre le lacrime
cominciavano a bagnarle il viso.
E'
finita, per sempre. Addio Paradisium, addio a tutto quello che ho...
Una volta nella sua camera, la ragazza preparò il più
lentamente possibile le sue cose dentro la stessa valigia in cui
aveva iniziato la sua avventura qualche giorno prima. Uscendo dalla
camera si girò più volte per guardare l'ultima volta la
stanza, il panorama, le scritte in latino che non avrebbe più
rivisto, mai più. Nella mano destra stringeva la lettere di
Lara, l'unica cosa che le dava la forza di camminare verso la sala
della Corte.
Quando arrivò davanti le porte in legno della sala, che
raffiguravano due angeli vi trovò Daniel e Artes ad
aspettarla.
“Cosa
ci fate qui...” sussurrò Sharon con gli occhi rossi e
gonfi dal pianto.
“Non
meriti questo...” ringhiò Artes.
“Fa
niente, è destino. Venitemi a trovare qualche volta, se
possibile mi farò esiliare a Venezia, almeno visiterò
una città che ho sempre voluto vedere...” mormorò
Sharon accennando un sorriso forzato.
Daniel non parlò, ma nei suoi occhi un guizzo di rabbia si
accese e dopo aver tirato un calcio alle porte in legno sparì
in un corridoio buio.
“Perdonalo...non
è abituato a queste cose...” disse Artes guardando la
porta che tremava.
“Fa
niente, salutalo da parte mia...ciao Artes è stato bello
conoscerti”.
Sharon bussò alla porta e questa le si aprì sotto gli
occhi facendola entrare nella stanza che sembrava una reggia.
Il pavimento era tutto dorato, un allegro fuoco crepitava in un
camino con tre poltrone rosse in stile vittoriano davanti, delle
porte-finestre erano coperte da enormi tende rosse riprese ai lati,
infine un po' più nascosto c'era una specie di specchio in una
cornice d'oro.
La Corte era davanti allo specchio e guardava la ragazza.
“Dove
desideri essere esiliata?” chiese uno.
“Venezia,
Italia” rispose Sharon.
“Bene,
avvicinati”.
Quando Sharon si avvicinò notò che lo specchio faceva
intravedere un ponte sopra un fiume, nel fiume una gondola. Allungò
una mano per cercare di toccare la gondola e un istante dopo fu
risucchiata da esso.
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