» Capitolo 1
«Siamo
come lo yin e lo yang: non possiamo vivere soli.»
«Caro
diario, è da tanto tempo che non vengo qui per scrivere due
righe. Penso che della persona spensierata di cui si leggeva nelle
altre pagine ormai non sia rimasto niente. Sai, le parole hanno il
potere di cambiarci, il tempo lo fa e con esso anche le persone. La
distinzione del bene e del male in questo mondo è davvero
contorta, nessuno nasce buono o cattivo, ma lo svolgere degli eventi ci
porta a diventarlo. Dicono che essere buoni sia la cosa più
difficile, ma con il passare del tempo realizzo che essere i cattivi lo
è ancora di più. Fingere che ogni singola cosa
sia indifferente, crogiolarsi nella solitudine ma soprattutto non avere
nessuno che tenga a te, ma quindi, io mi chiedo... Se nessuno tiene a
noi, esistiamo davvero? Le persone cattive sono quelle più
ferite e addolorante, che hanno lasciato che l'odio penetrasse in loro.
Ma loro sono anche quelli che amano di più. Ti chiedi cosa
sia io ora? Sono un angelo attratto dal buio.»
§
Sin
da quando era bambina l'unico pensiero che varcava la soglia della
mente di Samantha era uno solo, la domanda che echeggiava a gran forza
era sempre e solo quella.
“Perché?”.
Era un'altra mattina, di un altro giorno, di un altro mese, di
un altro anno in cui le cose non sarebbero mai cambiate, in
cui nessuna domanda avrebbe trovato risposta, nessuno sarebbe andato da
lei a dirle cosa ci fosse di sbagliato nei suoi occhi color nocciola o
nel suo viso ormai spento da troppo.
Tenne gli occhi fissi sul soffitto grigio, il cielo era nuovamente
ricoperto di nuvole, quindi la poca luce che filtrava attraverso le
finestre rendeva quel posto ancora più spettrale di quanto
fosse in realtà. Il freddo le era penetrato nelle ossa, ogni
solo piccolo movimento le creava nuovi brividi lungo la pelle chiare.
Lì faceva sempre freddo.
Quando una voce risuonò davanti alla sua camera fu costretta
ad alzarsi, raggiungendo di mala voglia la malridotta porta di legno
che dava su uno stretto corridoio poco illuminato. Il viso della
signora Reyes le comparse di fronte. Era consapevole di ritrovarsi
davanti quella vecchia donna ingobbita dal passare degli anni, i suoi
occhi erano spenti, velati da un grigio che ormai sembrava aver perso
qualsiasi tipo di scintilla. -Scendi, è arrivato
il momento.- pronunciò quelle parole a denti stretti,
girando poi tacchi velocemente, senza nemmeno darle il tempo di
rispondere.
Ricordava ancora chiaramente il primo giorno che aveva visto quella
donna, aveva il viso incorniciato da riccioli, e con un sorriso si era
calata su di lei, accarezzandole la guancia con una dolcezza che per
lei all'epoca era del tutto sconosciuta. E lo sarebbe rimasta ancora
per tanto.
Samantha quel giorno si sentiva fortunata mentre a soli quattro anni si
stringeva nel suo cappottino rosso, sicura di aver trovato finalmente
una casa, dei genitori. Una famiglia. Era convinta che non si sarebbe
mai più sentita sola, che sarebbe potuta andare a scuola,
avere degli amici e delle bambole con cui giocare. Voleva solo essere
una bambina come tutte e quando i suoi occhi avevano incontrato quelli
affettuosi della signora Reyes e di suo marito, era convinta che usciva
da quell'orfanotrofio con una famiglia. Usciva vittoriosa.
Ma ben presto si rese conto di aver fatto male i calcoli.
Sin dal primo momento che aveva messo piede in quel vecchio cottage,
situato in una delle campagne della periferia inglese, un brivido le
era corso lungo la schiena. In quel posto non riconosceva l'affetto, il
calore ma solo qualcosa di tremendamente sbagliato, ogni stanza era
riempito dall'odore della muffa che avanzava lentamente lungo i vecchi
mattoni dell'abitazione.
Ma si disse di essere comunque fortunata, qualsiasi posto sarebbe stato
migliore dell'orfanotrofio.
I coniugi Reyes non le diedero mai affetto, non si sentì mai
loro figlia o parte della loro famiglia, tutto quello che si limitavano
a fare era mantenerla, farla studiare e vestirla. Le sembravano persone
di ghiaccio. Solo una volta aveva un ricordo vago del signor Reyes, era
seduto su una poltrona a leggere un libro e la piccola gli si era
avvicinata, con quella curiosità che solo i bambini hanno,
aveva visto negli occhi dell'uomo, per la prima e forse ultima volta,
della tenerezza per lei, mentre le passava quel libricino sgualcito e
le leggevo il pezzo di una fiaba. Erano stati interrotti
dallo sguardo furente della signore Reyes. Samantha si era sempre
chiesta perché avesse reagito in quel modo. Le era sembrato
che non volerle bene era un imposizione e non una cosa di loro
spontanea volontà.
Nonostante l'affetto che le dessero era minimo, non riusciva a
spiegarsi perché erano così iperprotettivi nei
suoi confronti, le uscite erano del tutto limitate, entro una certa ora
non poteva più uscire dal cottage e per le visite in
città doveva esserci sempre uno dei coniugi con lei. Non
ricordava di essere stata a Londra più di due o tre volte e
sempre per soggiorni brevissimi.
Quando era cresciuta aveva provato rabbia per i suoi veri genitori, si
chiedeva sempre il perché. Perchè le avevano
fatto questo. Era stata considerata così tanto una disgrazia
la sua nascita, tanto da doverla mandare via? Erano così
giovani e immaturi da non potersi prendere cura di lei condannandola ad
un'infanzia il cui il massimo dell'amore lo aveva tratto dal suo
cane?
Il pensiero dell'ormai anziano pastore tedesco che dormiva nella sua
cuccia le balenò nella mente. Ricordava ancora il giorno in
cui il signor Reyes tornò a casa con il cucciolo tra le
braccia, aveva detto alla moglie che avevano bisogno di un guardiano
per la casa e che quel cane era stato addestrato per quello. Lo aveva
chiamato Argo spiegando che quel nome era un onore averlo,
perché era il nome del cane di Odisseo, il cane cieco che
era stato l'unico ad aver riconosciuto il padrone, per poi accasciarsi
a terra morto. Samantha aveva trovato sin da subito quel nome non
adatto ad una macchiolina così carina, quindi aveva preso a
chiamare quel cucciolo Agie, non sapeva da dove lo aveva tirato fuori
la sua fantasia. Ora il nome Argo cadeva a pennello su quel fiero cane,
mentre Agie sembrava screditarne le qualità, ma lei non
riusciva a smettere di chiamarlo così e il cane, anche se
non poteva, non si era mai lamentato, quindi per lei non era problema.
§
Sam restò ferma alcuni istanti vicino alla porta, seguendo
con lo sguardo la vecchia signora scomparire al di là delle
scale. Un sospiro uscì dalle sue labbra. Un senso di ansia
le si fiondò addosso, creandole un vuoto nello stomaco
mentre si avviava in direzione del suo armadio, estraendo gli unici due
capi che aveva tenuto fuori dalla valigia. Il giorno prima aveva
sentito i due coniugi parlottare tra loro, non era riuscita a cogliere
per intero di cosa stessero parlando, al suo orecchio erano arrivate
frasi sconnesse alle quali non aveva riuscito a dare un senso. Il
rumore dei passi della donna lungo le scale l'avevano fatta correre in
direzione della poltrona, in modo da farsi ritrovare in perfetta
posizione da lettura quando la donna aveva aperto la donna.
-Prendi le tue cose e mettile nelle valigie che potrai trovare nel
ripostiglio.- Con la solita freddezza la donna aveva pronunciato quelle
parole, travolgendo Sam con un senso di stordimento tale da farle
cadere il libro dalle dita. Si era alzata dirigendosi verso la signora
che quasi sembrava non vederla. Il suo sguardo era di
ghiaccio. Alle sue ripetute domande, alla sua ricerca di una
spiegazione non aveva ricevuto nessuna risposta, ma aveva notato un
guizzo di panico negli occhi della donna, che prima di andarsene le
aveva concesso una breve spiegazione. -Noi avevano solo il compito di
crescerti, ora è arrivato il momento che tu faccia i conti
con te stessa.- Quelle parole le echeggiavano in testa. “che
tu faccia i conti con te stessa”, non trovava un minimo di
senso in quell'affermazione. Aveva ripercorso mentalmente ogni piccolo
avvenimento, ogni cosa sbagliata che avrebbero potuto convincere i due
coniugi a mandarla via, ma non trovava un nesso logico. Non c'era
nessun senso in quella situazione.
Scosse la testa come se con quel gesto quello stato confusionale
potesse andar via, mentre passava le dita lungo il proprio busto,
lisciando così il tessuto della maglia. Diede uno sguardo
veloce alla propria figura riflessa in modo contorto in quel vecchio
specchio rovinato. I suoi occhi fissarono quelli dell'altra se stessa,
chiedendosi cosa vedessero le persone quanto li osservavano, se
guardandoli riusciva a trapelare quando dolore ci fosse realmente
nascosto in essi.
Un ulteriore colpo sulla porta le fece intuire che il tempo a sua
disposizione era scaduto, volente o nolente, doveva lasciare quel
posto. Nonostante tutto era affezionata a quella camera, era stata il
suo mondo per tutti i suoi diciotto anni, conosceva ogni singola crepa
o rialzatura di qualche trave. Era l'unico posto che aveva considerato
suo.
Si chiuse la porta alle spalle, notando che in quel momento ci fosse un
silenzio più inquietante del solito, l'unico rumore udibile
erano i rintocchi delle suole delle sue scarpe contro il pavimento di
legno. Scese le scale velocemente, una strana sensazione le corse nello
stomaco e sentì dei brividi formasi lungo la propria pelle
mentre posava il piede sull'ultimo scalino, sfociando così
nel salotto.
E poi i suoi occhi si posarono su un macabro spettacolo che non
avrebbero mai dimenticato.
La signora Reyes era esanime sul pavimento, la testa china penzolava su
un collo marchiato da un lungo taglio dal quale il sangue si riversava
a fiotti. un urlò uscì dalle sue labbra che si
ritrovò a ricoprire poco dopo, mentre indietreggiava
terrificata. Ebbe solo il tempo di chinare il viso prima di rendersi
conto che le sue scarpe erano zuppe di sangue, il pavimento era come
una pozzanghera. Sbiancò voltandosi lentamente, la paura di
quello che avrebbero visto i suoi occhi le era entrata nelle ossa. Un
ventaglio di sangue echeggiava lungo la parete, lasciando intravedere
un corpo appoggiato contro di esso, gli occhi le si riempirono d'orrore
quando capì che a quel corpo mancava la testa che era
ruzzolata ai piedi ed ormai era ricolma di sangue. Il signor
Reyes.
Sam sentì il sapore della bile in bocca mentre l'unico
rumore che riusciva a distinguere con chiarezza era quello del suo
cuore, batteva così forte da riempirle completamente la
testa e annebbiarle la vita. Non aveva più aria nei polmoni
per urlare, ma qualcosa nella sua testa le disse: scappa.
Non seppe dove trovò la forza e il coraggio, ma con uno
scatto delle gambe partì con un razzo in direzione della
porta, quasi si sorprese di trovare la serratura aperta mentre la
spalancava ed usciva fuori dall'abitazione ricoperta di sangue. Corse
più che poteva sul lungo viale che portava verso il recinto
che dava sulla strada, sentiva i polmoni farle male per quanto
respirava velocemente. Ma qualcosa la fermò. I suoi occhi si
posarono su una figura sdraiata al suolo. Il suo pelo non era
più marrone e nero, ma il colore del sangue aveva invaso
anche il petto dell'animale.
- Agie!- Urlò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e
le gambe si dirigevano verso la figura immobile del cane. Gli si
sedette accanto, scuotendo e scrollando più volte il corpo
dell'animale, tentando di ritrovare almeno in lui una qualche fonte di
vita. Ma niente. Gli occhi di Agie restavano chiusi e il suo petto
immobile. Lacrime salate le percorse il viso a fiotti, mischiandosi con
il sangue che ormai la sporcava, mentre lei teneva la testa poggiata
contro il pelo morbido e ancora caldo del suo unico amico. Non riusciva
a non pensare a quelle volte che quel cane le aveva dato affetto, come
sapeva capire il suo umore. Quando era piccola giocava sempre con lei
ma quando era cresciuto lui era sempre stato lì per
proteggerla, come quella volta che in piena notte era scappata dalla
tenuta dei Reyes, era convinta che nessuno si sarebbe reso conto della
sua assenza per poi rendersi conto che il cane era lì con
lei, e l'aveva accompagnata e protetta, non solo quella notte, ma da
quando lui era arrivato in quella casa. Ora non avrebbe potuto
più leggergli delle storie per calmarlo quando era nervoso e
diventava aggressivo con tutti tranne che con lei, non avrebbe
più potuto lisciare la sua pelliccia e stringersi al suo
collo per piangere tutte le sue lacrime mentre sentiva il cucciolo
piangere con lei. Agie era morto e mentre lei si stringeva al suo corpo
ormai privo di ogni battito, qualcosa trascinò anche Sam nel
mondo delle tenebre, non ebbe il tempo di sollevare la testa per vedere
chi l'avesse colpita, ma sicura che sarebbe stato il suo ultimo respiro
si strinse all'amico pregando per entrambi.
§
Fu svegliata dal rumore di qualcosa che gocciolava in lontananza. Sam
aprì molto lentamente gli occhi, intorno a lei tutto era
avvolto nella luce del tramonto. Era stesa su di un letto
piazzato al centro di una stanza arredata con un gusto moderno, le
pareti erano ricoperte di poster e quadri pieni di colori, mentre una
leggera luce filtrava da sotto la porta semichiusa. Il soffitto era
immacolato, come se quella stanza fosse stata rinnovata da poco
tempo.
Scattò immediatamente a sedere e subito desiderò
di non averlo fatto, un dolore ardente le trafisse la testa come uno
spillo mentre un senso di nausea le si affiorò nello
stomaco. Tentò di mettersi in piedi, cercando a tentoni
qualcosa a cui aggrapparsi ma ogni singola parte del corpo le doleva,
come se ogni suo muscolo la implorasse di ritornare a stendersi in quel
letto e dormire. In preda ad un improvviso attacco di panico
scattò in piedi, barcollando, con l'adrenalina che scorreva
nelle vene. Ebbe un capogiro e si aggrappò con entrambe le
mani alla spalliera del letto, usando quella come punto di appoggio per
non cadere. Mentre usava tutta la sua forza di volontà per
non abbandonarsi alle tenebre udì dei passi in lontananza
farsi sempre più chiari e vicini, qualcuno stava arrivando
dal corridoio che conduceva a quella stanza.
Era un uomo. Reggeva in una mano delle asciugamani e nell'altra una
tazza dalla quale si sollevava un leggero batuffolo di vapore. La luce
alle sue spalle la costrinse a sbattere le palpebre trasformando
così lo sconosciuto in un'ombra in controluce. Vide una
figura alta e magra come una pertica e i suoi capelli erano una corona
di fitte guglie nere. Era asiatico. Il volto, dagli zigomi eleganti,
era molto bello, e le spalle larghe, nonostante la struttura esile e
snella. I suoi occhi brillavano di una luce particolare, qualcosa che
Sam non aveva mai visto. Indossava un paio di jeans aderenti e una
camicia nera coperta da dozzine di fibbie di metallo. Teneva la tazza
ferma in una mano inanellata e poi la poggiò sul comodino,
come se lei non fosse lì.
Sam lo fissava terrorizzata, ogni suo muscolo era in allerta. Era stato
quell'uomo ad uccidere i suoi tutori e l'aveva rapita?
Fu troppo per Sam. La stanchezza, il terrore, lo shock e la perdita di
sangue l'assalirono come un'ondata di piena. Sentì che le
ginocchia le cedevano e iniziò a scivolare verso il
pavimento.
L'uomo annullò le distanze tra loro in un lampo: si mosse
tanto velocemente che riuscì a prendere Sam al volo prima
che toccasse terra e la sollevò, come se pesasse
quanto una piuma.
-Angioletto?- La chiamò la voce, allungando una mano verso
il suo viso. -Tutto bene?.-
Lei si ritrasse e sollevò debolmente una mano per
allontanarlo. -Non toccarmi.-
Sul viso dell'uomo comparse un'espressione divertita,
dopodiché avanzò alcuni passi verso il letto e
poggiò il corpo della ragazza su di esso.
- Non devi avere paura di me.- fu l'unica cosa che disse
prima di ritrasi, mettendosi a sedere su una sedia posta vicino al
letto di ferro battuto.
La ragazza indietreggiò nell'angolo più lontano
del letto, come se quell'ammasso di lenzuola potessero proteggerla, e
sollevò lo sguardo spaventato sul viso di lui. -Chi sei?
Perchè hai ucciso i miei genitori? Cosa vuoi da me?- quasi
urlò.
L'uomo alzò le mani sulla difensiva. -Ehi, ehi, frena. Ci
tengo a precisare che io non ucciso nessuno.- Fece una pausa
ma riprese a parlare prima di dar tempo a Sam di rispondere. - Mi
chiamo Magnus Bane, sono uno stregone. E da te in teoria non voglio
niente.-
Milioni di domande affollarono la testa di Sam, ma tutte scomparsero
lasciando spazio ad una sola. -Uno stregone?- gli chiese sarcastica.
-Certo e io sono una winx in via di trasformazione.-
Lo stregone sollevò le labbra in un sorriso. -Sarai
moribonda ma la forza per essere sarcastica ce l'hai.-
- Cosa vuoi da me? Chi ha fatto quello ai miei....- Fece una pausa come
se non riuscisse a definire in quel modo quelle due persone che
l'avevano cresciuta. -..genitori.-
- Non erano i tuoi genitori e lo sai perfettamente, Samantha.-
- Come sai il mio nome?-
-Io so tutto quello di cui c'è la necessità di
sapere.- le disse l'uomo e fece scoccare due dita creando come una
scintilla.
- Ti prego, sii chiaro.-
- Potrei perdere delle preziose ore a spiegarti le cose che so,
oppure...- Sollevò entrambe le mani e le tese verso il viso
di Sam. Inizialmente la ragazza si ritrasse, ma l'espressione seria di
Magnus la costrinse ad avvicinarsi lentamente, lasciando che lui
posasse entrambe le dita lungo le sue tempie.
E poi fu come un flash.
Magnus che parlava con delle donne, le chiamava sorelle di ferro, che
gli davano un talismano destinato ad una bambina. Poi il buio e di
nuovo Magnus che parlava con un uomo completamente incappucciato. Lui
lo avvertiva della nascita di una bambina, una bambina che non sarebbe
dovuta nascere in quel mondo. Lui doveva proteggerla. Poi qualcosa
tremò e c'era un Magnus che parlava con un uomo, lui gli
diceva che la bambina era stata trovata e andava protetta. Poi di nuovo
il buio.
Aprì lentamente gli occhi, trovandosi di fronte il viso di
Magnus che la guardava con un espressione indecifrabile.
-Cos..cosa significa quello che ho visto?- Balbettò lei
tirando indietro la testa, così da liberarla dalle mani di
lui.
L'uomo alzò gli occhi al cielo, come se fosse scocciato di
doverle spiegare tutto in maniera più dettagliata,
dopodiché chinò il viso. - So di te da prima
della tua nascita. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Quell'uomo
incappucciato che hai visto è uno dei fratelli silenti,
cacciatori di demoni che hanno arricchito il potere della mente. Lui
era un mio conoscente da prima che entrasse nella fratellanza e una
sera ha percepito qualcosa di anormale, qualcosa di tremendamente
sbagliato. E' venuto da me raccontandomi quello che aveva visto nelle
sue visioni e come solo io potessi aiutarlo, se ne avesse fatto parola
con i cacciatori non avresti visto nemmeno il tuo primo giorno. Non so
per quale assurdo motivo, ma decisi di fare quello che diceva, andai
dalle sorelle di ferro per prendere un talismano.- Sollevò
una mano con la quale indicò il ciondolo che Sam aveva al
collo da quando era piccola. L'unico ricordo dei suoi genitori
naturali. La ragazza lo tocco istintivamente. -Dopo di che ho fatto in
modo che venissi affidata a una famiglia che potevo controllare,
perdonali per il loro caratteraccio. Ma poi un informatore mi ha detto
che nel mondo invisibile si vociferava sulla tua esistenza e che lui ti
stesse cercando, allora ho capito che il posto più sicuro
per te era con me. Ma lui era stato più veloce, ha raggiunto
il cottage e ha ucciso i due coniugi. Io ho aperto un portale per
raggiungerti il più velocemente possibile e quando sono
arrivato eri una pozza di sangue sdraiata su un cane. Ho avuto giusto
dieci secondi per prenderti e scappare, prima che loro ci
vedessero.-
Sam fissò l'uomo allibita. Cacciatori di cosa? Lui
chi?
- Lui chi?-
Magnus serrò le labbra a quella domanda e lei
capì che non avrebbe risposto. -Cosa sono? Perchè
tutta questa attenzione nei miei confronti?-
Magnus rilassò le spalle, come se fino ad allora avesse
portato un peso da dieci chili sulla testa. -E chi lo sa.- fece una
pausa sollevando gli occhi sul suo viso. - Lo sa solo chi ti ha creata,
io ho ricevuto il compito di proteggerti.- disse piano sollevandosi
dalla sedia.
-Magnus?-
-Sì?-
-Lui chi?-
- Riposati, hai tante cose da metabolizzare.- Le rispose l'uomo,
uscendo poi dalla stanza.
§
Prima di cadere in un sonno profondo Sam aveva escogitato una ventina
di piani di fuga, era così confusa da tutta quella
situazione, l'unica cosa che lei chiedeva era le verità. Ci
capiva così poco.
Ma poi il suo corpo l'aveva tradita, l'emozioni e la stanchezza della
giornata avevano preso il sopravvento e lei si era addormentata,
trovando stranamente comodo e familiare quel letto.
Quando riaprì gli occhi la camera era ancora immersa nel
buio, capì che era ancora notte fonda. Si sollevò
dal letto mettendosi seduta, piacevolmente sorpresa dal fatto
che la testa non le girasse più come prima.
Al contatto dei piedi nudi con il pavimento freddo un brivido le
percorse la schiena. Si sollevò in piedi attraverso la
stanza, avvicinandosi alla finestra dalla quale intravedeva
un'infinità di luci. La bocca le si spalancò per
la sorpresa, era convinta di essere ancora nelle vicinanze della sua
vecchia casa, invece si ritrovava proprio in un altro continente.
Avrebbe riconosciuto quella città ovunque, aveva passato il
tempo a sospirare sulle sue cartoline sognando di poter vivere
lì un giorno. E ora eccola lì. I grattacieli
erano visibili dalla finestra, così come il fiume e i vari
ponti che lo attraversavano. La vista da lì era bellissima.
Era a New York.
Sentì un rumore percorrerle il corpo, non ci mise molto a
realizzare che era il suo stomaco, non mangiava niente da... troppo.
Decise così di uscire dalla stanza, gli stregoni mangiavano
come tutte le persone normali, no? Oppure si sarebbe trovata cose come
ali di pipistrello e lingue di rana per colazione? Mentre camminava nel
corridoio illuminato da alcune luci fioche realizzò che era
una normalissima casa e quasi saltò dalla gioia quando
trovò la cucina con del cibo normalissimo. Prese un po' di
pane e stese su una di quelle fette del formaggio che aveva trovato in
frigo e si apprestò a dargli un morso.
Si sentiva così strana. Aveva ancora del sangue secco tra i
capelli, sangue dei suoi 'genitori', eppure non provava dolore per la
loro perdita. Chiuse gli occhi mentre l'immagine di Agie compariva
davanti ai suoi occhi. Il cane disteso in una pozza di sangue,
probabilmente era stato ucciso per far sì che nessuno in
casa si accorgesse della loro presenza, visto che il cane non avrebbe
abbaiato.
Sam sollevò una mano verso il proprio viso, sorprendendosi
nel trovarlo umido. Stava piangendo. Quella era una perdita che le
faceva male, si era sempre detto che il cane era il migliore amico
dell'uomo e per lei era davvero così, in lui aveva trovato
un amico fedele. Più di qualsiasi umano.
§
Uno strano luccichio in fondo al corridoio attirò la sua
attenzione. Aggrottò la fronte tentando di capire se si era
immaginata tutto o davvero qualcosa aveva brillato davanti alla porta
della sua camera? Beh, pensando agli eventi della giornata era anche
troppo possibile.
Una fonte di coraggio che non sapeva di avere la spinse ad alzarsi.
Posò sul bancone della cucina quello che restava del panino,
avviandosi poi fortuitamente lungo il corridoio, percorrendolo in punta
di piedi. Nemmeno lei sentiva il rumore dei suoi passi.
Da sotto la porta vide una luce bianca e il sangue le si
gelò nelle vene, c'era qualcuno. Prese un lungo respiro e
abbassò con forza la maniglia spalancando di scatto la
porta.
Dovette sbattere gli occhi più volte per abituarsi alla luce
bianca che in quel momento illuminava la stanza. Proveniva da una
pietra stretta tra le mani di un ragazzo.
Spalancò gli occhi per la sorpresa lasciando scorrere le
dita sull'interruttore della luce, riempiendo così la stanza
della luce artificiale .
-Credo che questa non mi servirà più.- Disse il
ragazzo in un tono neutro ponendo nella tasca la pietra che ormai non
emanava più nessun tipo di luce.
Sam lo fissò per un'istante. Era alto, snello e muscolo, con
un volto pallido, signorile, inquieto, tutto zigomi e occhi scuri. -
Cosa diavolo ci fai nella mia stanza?-
Il ragazzo sollevò l'angolo delle labbra in un mezzo
sorriso, guardandola. -Che linguaggio scurrile, non è adatto
ad una signorina.-
Sam indietreggiò di alcuni passi alzando di un tono la voce.
Voleva che Magnus la sentisse.- Chi sei?-
- Puoi chiamarmi Sebastian.-
-Cosa stai facendo qui dentro?-
-Sai, curiosavo un po' di qua e un po' la.- Le disse passando poi
l'indice su di un mobile e raccogliendo con esso la polvere che si era
deposta sul legno, osservandolo poi con una espressione
simile al disgusto.
- Questa è violazione di domicilio! Potrei chiamare la
polizia e..-
Il ragazzo rise interrompendo così le parole della ragazza.
-Fa pure, vediamo quanti di loro sopravviverebbero a questa.-
Sollevò dalla tasca un manico di osso stringendolo in
entrambe le mani. - Aethalas-
sussurrò con un filo di voce. Un'istante dopo da
quella spada partì un lampo di luce che quasi
accecò Sam.
- Cos'è? - gli chiese con voce tremolante.
- Questa? Una spada angelica, strano che qualcuno che viva in casa di
Magnus Bane non lo sappia.-
- Vuoi farle tu una lezione di demonologia?- Disse una voce alle spalle
di Sam. Magnus.
Al contrario da quanto Sam si aspettasse Sebastian rimase del tutto
rilassato, anzi sorrideva ampiamente, divertito da quella
situazione.
- Cosa vuoi? Qui non c'è niente per te Jonathan.- Gli disse
con noncuranza Magnus.
-Sebastian.- Lo corresse lui provocando un sorriso sarcastico
sul volto dello stregone.
- Puoi farti chiamare anche Serafino, a me non interessa, vattene. -
- Ma come siamo sgarbati. Chi è lei?- Disse
Sebastian indicando Sam con la spada.
- Una studentessa a cui affitto la camera, sai in tempo di crisi ogni
fonte di denaro è utile.- Disse il mago con noncuranza.
-Ti senti particolarmente simpatico oggi?- Gli disse il ragazzo
ampliando il sorriso in uno divertito.
- Cosa ci fai qui?-
- Chi è lei?-
- Ti hanno mai detto che non si risponde ad una domanda con un'altra
domanda?- Lo stregone sollevò le mani dalle quali
uscirono delle scintille azzurre.
- Non sono qui per combattere, Bane.- Concluse infine Sebastian
riponendo così la spada angelica all'interno della propria
cintura.
Sam che era rimasta lì ad osservare la scena si
avvicinò furtivamente a Magnus, nascondendosi dietro la sua
schiena.
- Cosa ti serve? Non te lo chiederò un'altra volta.- Magus
pronunciò quelle parole a denti stretti mentre continuava a
tenere lo sguardo sul viso del ragazzo.
Ma Sebastian mosse qualcosa, un secondo era lì e l'altro era
sparito.
Sam sbatté le palpebre per la meraviglia. -E'
sparito..-
- Ha usato un portale.- le rispose Magnus ancora sulla difensiva.
-Chi era?-
-Il nostro peggior incubo.-
§
Sam passò il resto della notte a girarsi nel letto. Gli
avvenimento di poco prima le erano piombati addosso come mattoni. Non
riusciva a togliersi dalla testa il viso di quel ragazzo, i suoi occhi
neri sembravano un cielo notturno senza stelle, ma comunque ricco di
fascino. Qualcosa in cui perdersi.
Ma Magnus lo aveva descritto come il male assoluto, qualcuno da temere.
E ora come ora non sapeva più di chi fidarsi.
Quando riaprì gli occhi era giorno. Sul letto erano
ripiegati dei vestiti con della biancheria e un biglietto. Per
oggi indossa questi, provvederò a farti avere qualcosa da
mettere.
Osservò la calligrafia per alcuni istanti, per poi afferrare
il mucchio di vestiti sotto un braccio e dirigendosi verso il
bagno.
L'acqua calda contro la sua pelle fu come un toccasana, sembrava che ci
fossero delle mani immaginarie che le massaggiassero ogni centimetro di
muscolo, facendole sciogliere i nervi.
Quando indossò i vestiti puliti si sentì come
rinata, la sensazione del tessuto fresco contro la pelle era
stranamente piacevole.
Il suono del campanello la distrasse dai suoi pensieri.
Quando aprì la porta un ragazzo alto dagli occhi blu e
capelli neri posò lo sguardo su di lei.
-E tu chi sei?- le chiese sorpreso.
-Potrei farti la stessa domanda. - Rispose lei sulla
difensiva.
- Sono Alec, il ragazzo di Magnus.-
A quelle parole la ragazza schiuse le labbra per la meraviglia, non si
aspettava che Magnus stesse con qualcuno. Alec poi le sembrava solo un
ragazzino, era sì molto muscoloso, ma il suo viso restava
comunque estremamente giovane.
-E tu chi sei?- Le chiese poi il ragazzo portando le iridi azzurre sul
suo volto.
- Samantha.-
-Bel nome, sai che in ebraico significa fanciulla sacra?-
Parlò una voce alle spalle di Alec, dopodiché
avanzò un ragazzo leggermente più basso di Alec,
era biondo, e i suoi capelli scintillavano come ottoni.
- Spero che la vostra sia solo una visita di cortesia, oggi non ho
voglia di sentire casini.- La voce di Magnus parlò sopra
quella dei tre, facendoli voltare.
NOTE
D’AUTRICE ◊
Ho iniziato a
scrivere questa come una storia libera, ma poi mentre scrivevo mi
è balenato in mente il personaggio di Sebastian e ho
pensato: e se non fosse come noi crediamo?
OKAY, io
amo il suo personaggi, quindi piccolo spoiler, hahah.
Ditemi
cosa ne pensate, è la prima volta che scrivo su questo
genere, e niente, fatemi sapere!
Un
bacione. <3
Credits: Per la barra prima delle
note a : yingsu
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