Uomini, non macchine

di ribrib20
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Era un'assassina.
Una spia addestrata all'arte della guerra e abituata a nascondere i suoi sentimenti in un angolo remoto del suo cuore.
Forte di quegli insegnamenti, Natasha Romanoff aveva da tempo sviluppato l’idea che le emozioni fossero solo piccole sfumature dell'animo umano, utili unicamente a distrarsi dall'obbiettivo.
Non capiva dunque il motivo per il quale ora si trovava da sola nella sua stanza, a fissare il vuoto, invece di aiutare il colonnello Fury.
Non capiva nemmeno cosa fossero quelle gocce bagnate che le scorrevano lungo il viso di marmo.
Alcuni le chiamavano lacrime, ma lei non rammentava di aver mai pianto.
«Natasha?» la voce di Steve Rogers la distolse momentaneamente dai suoi pensieri.
Si sedette, prendendo un fazzoletto e passandoselo sul viso.
«Capitano.» salutò.
Capitan America aggrottò la fronte e si avvicinò, osservandola.
«Va tutto bene? Nick Fury ha bisogno di te ma non ti trovavamo da nessuna parte.»
La vedova annuì, distratta.
Il flusso di pensieri aveva ripreso il suo corso, portandola lontano da quella stanza.
«Natasha?» ripeté il giovane. Nello sguardo sincera preoccupazione, «Perché stai piangendo?»
Lo guardò, senza più curarsi di pulire il viso.
«Non lo so.» ammise.
Steve Rogers le si avvicinò, invitandola a sedersi, dopodiché le passò un altro fazzoletto e si sedette a sua volta.
«Sei preoccupata per Occhio di falco?»
«Perché dovrei?» replicò e si stupì - anche se non lo diede a vedere - del suo tono di voce.
Così incerto, così umano.
« Siete amici, giusto? Non ti devi preoccupare. Lo tireremo fuori da lì e tornerà al tuo fianco. »
Natasha scosse la testa, perché non capiva il motivo per il quale avrebbe dovuto essere preoccupata: Hawkeye era un soldato. Addestrato come lei a superare qualsiasi problematica in nome della missione.

E allora perché piangeva?
Per quale motivo al solo pensiero di lui nella fazione nemica, avvertiva una tensione che le faceva vibrare tutto il corpo?
Perché non riusciva più a concentrarsi sulla missione?

Mentre si faceva tutte queste domande, sentì una mano calda appoggiarsi sulla sua spalla. Il Capitano si era alzato e ora la guardava: «Quando mi ero appena svegliato mi sentivo confuso. Mi trovavo in un mondo estraneo, privo di ogni riferimento che potesse aiutarmi. Avrei voluto Peggy al mio fianco, ma non c'era. L’avevo persa e questo mi fece stare davvero male. Allora  mi ritrovai a pensare che la cosa brutta di quando si piange è che l'unica persona che può farti smettere è proprio quella per cui stai piangendo. Capisco come ti senti, credimi. Sei in ansia per il tuo compagno, non sai cosa fare per aiutarlo e lo vorresti qui. Non preoccuparti Natasha. Lo riporteremo indietro.»
La vedova chiuse gli occhi, assimilando quel nuovo insegnamento: quindi la sua era preoccupazione.
«Non sono stata addestrata a questo.» ammise alzandosi e guardandolo negli occhi.
La confusione di poco prima era sparita, facendo posto a una nuova consapevolezza.
Steve sorrise: «Se c'è una cosa che ho capito è che non esiste allenamento per impedire all'essere umano di provare sentimenti. Perché siamo umani, non macchine da guerra.»

Natasha Romanoff era un'assassina.
Una spia che lavorava per lo S.H.I.E.L.D.
Natasha Romanoff era una persona come tante. Ma erano servite le lacrime per farglielo capire.




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