Angelo Strano

di Dzoro
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Vorrei raccontarvi cosa ho imparato scrivendo questo romanzo.
 
Lo iniziai alle superiori, avevo quindici anni e andavo matto per i film di Tarantino e i fumetti del Punitore, e volevo scrivere una cosa macha e cazzuta. Così nacque Angelo. Angelo era il protagonista di una serie di storielle, scollegate tra di loro, accomunate da un ambientazione hard boiled fatta di violenza e gente che parla in italiano come nei film americani. Avevo uno stile da latte alle ginocchia, roba tipo stese sui loro corpi un opprimente sudario intessuto di piombo e fuoco, roba che se avessi la macchina del tempo tornerei indietro e mi prenderei a schiaffi. Mentre le scrivevo sapevo che si sarebbero concluse con il ciclo di Marie, scatenato dal racconto dell’omicidio dell’attrice pornografica, scena che mi comparve in uno dei sogni più allucinati della mia vita. Ma tra me pensavo dove voglio andare a parare? Cosa significa tutto questo? Iniziai a desiderare che anche quella raccolta di storielle cariche di machismo adolescenziale portasse da qualche parte. E, dopo molti anni, ho capito dove portava.
 
Da poco ho letto un libro in cui si parla di narrazione e scrittura, in cui si dice che il protagonista di una storia, per essere tale, deve avere un obbiettivo, desiderare qualcosa, è questo che mette in moto la storia, che altrimenti sarebbe statica. La storia di Paul, l’aspirante avvocato ultra-sfigato, è il tentativo fallito di una persona che tenta di essere protagonista.
 
Mi sono reso conto da un po’ di tempo, che quello che realizza una persona, che la rende felice, non è ottenere quello che desidera. Angelo desidera soldi, desidera fare la cosa che sa fare meglio, e pensa che tutto ciò dia un senso alla sua vita. Ma inizia ad essere un uomo solo quando si rende conto di essere stato perdonato, contro ogni possibile previsione.
 
Credo che non abbiamo bisogno di realizzare i nostri desideri, i nostri sogni, le nostre ambizioni. Se non li realizziamo siamo frustrati, e quando li realizziamo non sono mai la gran figata che pensavamo. C’è un solo desiderio che vale la pena di essere realizzato: quello di essere amati, accettati anche se siamo un disastro completo. Quando Angelo lo capisce, smette di essere un personaggio, e diventa una persona. Così diventa Peter, non può più essere Angelo, il personaggio improbabile inventato da un ragazzino alle superiori (e che forse non esiste nemmeno, come suggerisce il dialogo tra i due poliziotti nel capitolo 13. Avete notato che nessuno chiama Angelo per nome?). Ed è per questo che la storia finisce con Paul, la storia di un amore che esiste nonostante il male che facciamo.
 
Tutto questo non l’ho infilato a forza nel libro, e venuto fuori da solo, scrivere mi ha aiutato a capire meglio me stesso e la mia vita. È questa la bellezza della scrittura, quello che auguro ad ognuno di voi che scrive con passione, e sa godere del proprio lavoro molto di più mentre scrive che quando controlla le recensioni.
 
E non lo dico per elogiarmi da solo, che sarebbe una cosa da vero sfigato, ma per invitarvi a fare altrettanto, a scrivere una cosa di cui possiate essere orgogliosi, che pensiate possa lasciare un segno. E, per favore, fate in modo che non sia l’ennesima scenetta in cui Draco Malfoy sodomizza di Harry Potter. Siete molto meglio di così.
 
Dzoro
 
Ps: il seguito di Angelo Strano è in (lentissima) lavorazione. Sarà una cosa diversa, molto realistica e cruda, ma anche con più personaggi femminili e il ritorno di un personaggio molto amato. Stay in touch.  




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