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Disclaimer: Haytham Kenway, Kaniehtí:io e tutti gli altri personaggi appartengono alla Ubisoft e a
chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta
per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo.
Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto
rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è
ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla
stessa tramite permesso scritto
"La vita non è mai qualcosa; è solo l'occasione a qualcosa."
- Christian Friedrich Hebbe -
In un'altra vita
1.
Non sai quando tutto è cominciato a crollare - a cadere senza
possibilità di ritorno - ma l'arco dorato con il quale
Washington brucia vivi metà dei tuoi uomini è più
che sufficiente a dirti almeno il come.
La Mela.
Ti lambisce il volto quella mano di fuoco e luce, una carezza che
lascerà una cicatrice indelebile, nella carne come negli occhi.
"Signore!" grida Charles "Dobbiamo ritirarci e arretrare verso le foreste; adesso!"
Storni lo sguardo da Washington - così odiato, così
detestato - e lo riporti su Lee, una massa confusa di grigio e rosso.
Ne percorri i lineamenti rattrappiti dal dolore, il cranio ustionato e
le mani ancora strette sulla spada, esile muro contro un potere che
sfugge alla vostra comprensione.
"Charles..." mormori al suo indirizzo "Le tue ferite..."
Scuote la testa Lee e non ti offre alcuna replica, solo il desolante ritratto di un uomo già morto.
"Vada." ti intima "E non si volti mai indietro."
"Non posso." replichi in un rigurgito d'orgoglio "Io vi ho portati qui, io sono il Gran Maestro..."
"Un leader morto non serve a granché." ti risponde asciutto "E un leader che non sa quando ritirarsi ancora meno."
Il fiele della sconfitta non poteva bruciare di più.
2.
La notte ha lo stesso colore della cenere, un grigio lugubre e polveroso.
La foresta ti avvolge in una bolla di quiete e silenzio, il pigro
frusciare degli alberi e il mormorio pacato di un fiume in lontananza.
Tossisci, nebulizzando sangue e bile, particelle d'una battaglia che ti aveva visto umiliato e in ginocchio.
Come ha fatto a ottenerla?
Solo quella domanda - quel terribile rostro al centro del petto - ti
aveva permesso di continuare a correre, mille altre nella mente e nel
cuore un rullio furioso.
Sono stati gli Assassini? Si sono fidati a tal punto?
Ti fermi, inspirando una due tre volte, passandoti una mano sul viso e tentando di mettere a fuoco l'ambiente circostante.
Per alcuni istanti sembri disorientato - perso, confuso - ma poi il vento trasporta con sé un odore conosciuto e tutto assume una dimensione.
Ziio.
Quando raggiungi le porte del suo villaggio, il cielo è già illuminato dai primi raggi dell'alba.
3.
Ziio trattiene il fiato e ti sfiora lo zigomo con la punta delle dita,
un solco slabbrato che si apre come una bocca rossastra e oscena.
Deglutisce un paio di volte, assottigliando gli occhi e stirando le labbra in una linea sottile.
"Chi?" domanda - ordina - ripercorrendo con la memoria vecchi momenti e vecchie cicatrici "Chi è stato?"
"Washington." hai solo il coraggio di rispondere, prima di sospirare
contro la sua mano e abbassare le palpebre "Ma la colpa è mia."
Il vagito di un bambino infrange poi il silenzio della tenda.
4.
Kanien'kehá:ka è un villaggio fantasma ora che la
metà dei suoi abitanti è caduta in guerra, alleanze
sbagliate e cuori indomabili.
Ziio non mostra alcuna difficoltà nel nasconderti, sebbene sia costretta più volte ad abbandonare la tenda per seguire gli affari di Oiá:ner aveva sibilato, a metà tra l'irritazione e la rassegnazione.
Il taglio sulla guancia è orribile a vedersi - quasi hai paura
che il tessuto sottostante possa cedere da un momento all'altro - ma
bendato appare un po' meglio, se si ignora la carne bruciata attorno e
la macchia bruna che va allargandosi sul pezzo di stoffa.
Guh.
Ratonhnhaké:ton - questo è il suo nome - rotola su di un fianco e continua a dormire, ignaro.
Lo fissi - lo scomponi e lo analizzi, quasi fosse una delle tanto
cercate reliquie - e ti sorprende sentirlo così simile a te - a lei.
Allunghi una mano, scivolando delicatamente sul naso dritto e regolare
- retaggio dei Kenway - e poi tra quella massa di capelli corvini e
spettinati, lucidi come l'ala di un corvo.
Rapido - troppo rapido - il
bambino apre gli occhi - gli occhi di sua madre - e fa scattare il
meccanismo della lama celata, acciaio e pelle nuda.
Sorride poi e cerca il freddo del metallo, dita innocenti a percorrere linee di sangue e morte - nessuna paura, nessun dubbio.
La sua risata ha già in sé tutti i crismi della vittoria.
5.
"Cosa è successo?"
Te lo chiede ancora, perché Ziio è una femmina spietata e
testarda, una donna che porta fiera i suoi marchi e le sue ferite.
"Me l'avresti mai detto?"
"Non cambiare discorso." contrattacca "Ratonhnhaké:ton non è affare che ti riguardi."
"È mio figlio." replichi incolore "Era un mio diritto."
Ziio irrigidisce le spalle, mettendosi sulla difensiva.
"Non venirmi a parlare di diritti, Haytham." mormora "Quelli li hai persi tutti quando hai scelto i Templari."
"Non credo che abbia più molta importanza, ormai." mormori stancamente "Il mio Ordine è stato distrutto."
Kaniehti:io impallidisce appena, ma non arretra di un passo.
"Di cosa stai parlando?"
Le parole non recano alcun sollievo.
6.
Sono passate settimane e sul tuo viso si stende ora una cicatrice biancastra e sottile come un filo d'erba.
Ziio ti ha spostato - vi ha spostato - in un accampamento non molto
lontano dal villaggio, ma sufficiente a non imporre la tua presenza al
resto dei Mohawk.
Vi siete scontrati e poi chiariti e infine brutalizzati ancora con le
vostre rispettive idee - con vecchi rancori che vegliano e mordono dal
fondo dell'anima - ma gli ultimi giorni sono stati pervasi da uno
strano senso di... attesa.
"Perché sei venuto qui?"
"Perché c'eri tu."
La sincerità di quella risposta zittisce Kaniehti:io, anche se solo per pochi istanti.
"Cosa vuoi."
"Non lo so."
Ziio sospira, sedendosi al tuo fianco e cullando distrattamente Ratonhnhaké:ton.
"Dovevi dirmi di Braddock."
"Sarebbe morto comunque."
"Ti avevo scambiato per un Assassino."
Una smorfia, una bestemmia trattenuta dai denti serrati.
"Saperlo prima avrebbe cambiato il significato delle mie azioni?"
"Sì."
La durezza di quella replica ti toglie il fiato, sebbene non ti aspettassi niente di meno da una femmina come Kaniehti:io.
"Buono a sapersi."
"Ma non avrebbe cambiato quello che sei; quello sei stato per me."
Le sue labbra sono ancora morbide come la prima volta che l'hai incontrata.
7.
"Dobbiamo fermare Washington."
"Ha la Mela." replichi parco "Finché ne è in possesso, un
potere di cui nemmeno comprendiamo la grandezza lo protegge."
"Questo non ti ha mai fermato."
"E non lo farà nemmeno ora." ribatti deciso "Ma mi servono
uomini che non ho e, soprattutto, un vantaggio tattico che, al momento,
nessuno può fornirmi. Dovrò rubargliela e poi
distruggerla, questo è l'unico modo."
Ziio sorride inconsapevolmente, ma non c'è alcuna allegria nei suoi occhi.
"Forse una soluzione c'è, ma non sono sicura di che effetti collaterali avrà."
"E quale sarebbe?"
Il sorriso di Ziio si accentua, ma ora pare più la smorfia
funerea di un condannato a morte; di una donna che vede strapparsi il
cuore per la seconda volta.
8.
Albero Sacro è curvo su se stesso, contorto e sfuggente come i segreti - i pericoli - che custodisce.
Ziio fissa la tazza fumante che ha tra le mani con un cipiglio contrariato - spaventato - e te la porge in un gesto elegante e quasi solenne.
"Si dice renda più forti, più veloci, ma non immortali, ricordalo bene."
"Lo so."
"Vedrai cose che saranno conosciute solo alla tua anima, ossessioni
nascoste e incubi che si faranno di carne e ossa. Vedrai e dovrai
combattere, perché l'infuso chiama i guerrieri e da essi
è chiamato; ce la farai, Haytham Kenway?"
Il primo sorso ti attraversa come la punta di una spada.
9.
C'è un bianco che non ti è mai appartenuto a riempirti gli occhi, ricordi che stracciano graffiano uccidono senza pietà alcuna.
C'è tuo padre - figlio figlio traditore! - che muore e si contorce come un serpente di sangue e fango.
C'è Birch, denti che sono solo canini aguzzi e le mani che stringono fino a non lasciarti respiro.
Ci sono tua sorella e Holden, vesti stracciate e un buco rovinoso tra le cosce.
Come hai potuto permettere che accadesse, Haytham? piange Jenny mentre diventa cera sotto il tuo sguardo Come hai potuto?
Perché ha lasciato che mi facessero questo, signor Kenway? mormora Holden, sangue così scuro da esser quasi nero e la pena incisa in ogni suo lineamento Perché non li ha fermati?
C'è un'agonia che scava dentro come un cane rabbioso, la bestia
che dorme al centro del petto e poi squarta costole carne muscoli, un fiore ributtante e osceno.
C'è così tanto dolore, così tanta sofferenza, che sarebbe facile lasciarsi andare, chiudere gli occhi e...
Padre.
La pupilla uncinata di un lupo è la prima cosa che vedi.
10.
Ratonhnhaké:ton ti osserva senza realmente vederti, le vesti di
un Assassino e lo sguardo fiero di chi ha vissuto l'inferno e ne
è tornato indietro.
Ti ignora, perché tu non fai parte di quella storia, ma si inclina verso l'altro, capelli grigi e la sconfitta negli occhi.
Raccontano di un altro tempo i suoi gesti - le sue azioni - ma
l'epilogo che vi è stato destinato è sempre lo stesso,
che venga scritto oggi o tra mille giorni.
Li osservi - ti osservi - e un
distorto senso d'orgoglio colma la distanza tra due mondi e due epoche,
un futuro che è già tra le tue mani.
Brucia la croce dei Templari che porti al collo e diventa oro liquido - troppo luminosa, troppo tutto.
Quando la lasci cadere al suolo, è il nulla che ti ha sempre accompagnato a inghiottirla.
11.
Dire che ti aveva avvertito non sarebbe servito a nulla, perché
quando l'agone della lotta chiama è il latrato della bestia
quello che risponde.
Il calore del sangue ti avvolge come una coperta rassicurante, evaporando nel freddo dell'aria notturna.
Ziio non ha paura - non l'ha mai avuta, in fondo - e sostiene il tuo sguardo con una forza incrollabile.
"Stai andando alla deriva, Haytham."
Un ringhio è l'unica risposta che ottiene.
"Quante dosi d'infuso hai bevuto? Due? Tre? Dieci, forse?"
Schiocchi la mandibola contrariato e un suono liquido scivola lungo la
tua pelle, raggrumandosi nel polmone che stringi tra le dita.
"Lo sapevo che sarebbe successo." e ora c'è una strana nota di
tristezza nella sua voce "Sei un uomo violento, Haytham, e per quanto
le tue buone maniere l'abbiano voluto mascherare, l'infuso l'ha invece
svelato come fossi fatto di vetro."
Un ruggito di gola si condensa nel cielo e il gemito di un uomo ferito è quanto ti basta per spappolargli il cranio.
"Fermati."
Silenzio.
"Fermati, Haytham, o dovrò farlo io."
"Non puoi." mormori ruvidamente "Non farlo."
Ziio incocca la freccia, prendendo la mira.
"Fermati, Haytham."
Assottigli gli occhi, avvicinandoti e buttando di lato l'ennesimo soldato di Washington.
"Fermati, Haytham, ti prego."
Le tue mani sono attorno al suo collo prima che abbia il tempo di reagire.
12.
Ziio ti ha conficcato la freccia nella spalla e la preme con tutta la
determinazione che le è rimasta, sebbene sappia che non
servirà a molto.
Le tue dita le sfiorano la trachea in un gesto morbido e quasi tenero, prima di soffermarsi sul suo viso e lì rimanere.
"Non ce la farai."
"Lo so." mormori tra i suoi capelli "L'ho sempre saputo."
"Allora perché?"
"Perché ne valeva la pena."
Sulle sue labbra, tutto il sapore di un addio.
13.
Ziio si chiede se sia il vero Haytham quello che le cerca la curva piena del seno e lì morde, sangue sulla sua pelle e tra i suoi denti.
Si chiede se l'abbia mai conosciuto, oltre un'alleanza blasfema e un
figlio che porterà il loro fardello più grande.
Si inarca all'indietro Ziio e lascia che lui affondi, perché
forse l'amore è anche fiutarsi e riconoscersi, al di là
delle maschere e degli inganni che la vita ci offre.
Sospira e graffia quando la trova già umida tra le cosce
dischiuse, un desiderio che dovrebbe inquietarla e che invece le
ruggisce nelle tempie e giù per l'addome, fin quasi diventare
insopportabile.
"Ziio..." mormora a mezza bocca, la sua lingua a sfiorarle il pube e le dita stringerle i fianchi "Ziio..."
Lecca scie di sale e sangue Kaniehti:io, consegnandosi a un uomo e a
una storia che la vedranno sconfitta mille e mille volte.
Apre le braccia e accoglie il suo destino, perché il tempo le
sta sfuggendo tra le dita, lasciandole poche speranze e ancora meno
sogni.
Si raccoglie poi contro il suo petto quando la bacia, perché il
dolore è diventato liquido e le lacrime pungono sotto le
palpebre - nel cuore e sulle labbra - ma sceglie di fidarsi, ancora per
una volta, ancora per una notte.
Quando Ziio chiama il suo nome - un gemito trattenuto, incredibilmente
forte in quel silenzio di morte - l'orgasmo strappa ogni altra replica.
14.
L'alba la coglierà sola, ma viva, ed è tutto quello che importa davvero.
Il veleno dell'albero ti sta corrodendo dall'interno e la tua stessa
mente t'inganna, popolando il mondo di scomodi fantasmi e stanchi
rimpianti.
Riflesso in una pozza d'acqua, di Haytham Kenway rimangono solo istinti
addomesticati per troppo tempo e un sibilo ferino tra i denti
socchiusi.
Sfuggono i tuoi occhi, lucidi di una follia che i nativi chiamano lo spirito del dio del tuono, ma che a te pare più il delirio di un uomo disperato e disilluso.
Washington è a pochi metri - metri che non riuscirai mai a
percorrere senza essere ammazzato come un cane - ma qualcosa ti spinge
ad andare avanti.
Eludi la prima guardia, uccidi la seconda e strappi la lingua alla terza,
crack
un colpo netto alla quarta e il collo viene spezzato, ritorto come un ramoscello.
"Sapevo che saresti venuto, Haytham Kenway. Quelli della vostra razza sono troppo stupidi per fare altrimenti."
"Ti ucciderò." e non cedi - non crolli e non arretri, perché la paura è sentimento a cui non vuoi appartenere.
"No, non lo farai." replica Washington, lo scettro con la Mela ben
stretto in mano "Ma posso prometterti una morte veloce se non opporrai
resistenza."
"Fottiti." sono le tue ultime parole, prima di lanciarti verso il
nemico e crepare come si addice a un Kenway, spada in mano e negli
occhi l'unica convinzione che conti - per la quale valga davvero la
pena di scommettere una vita intera.
Sorride allora il re d'America e innalza al cielo un globo che pulsa e
vibra, cuore d'una dittatura che non ha ragione d'esistere - non qui, non in questo mondo.
"Come preferisci."
La morte ha lo stesso colore della neve.
15.
Ziio si porta al petto Ratonhnhaké:ton e fissa quello che
Haytham le ha lasciato - un buco senza fondo nel cuore e le sue lame
celate a fare da culla al bambino.
Le avvolge nelle pieghe del mantello, spegnendo poi il fuoco e voltando le spalle a un'aurora tumefatta e dolente.
Ha gli occhi asciutti, ma nel petto le grava un peso che le impedisce
quasi di respirare, una consapevolezza amara e distruttiva.
Ratonhnhaké:ton si muove inquieto tra le sue braccia, cercando
la figura di un padre che non conoscerà mai, né qui
né dall'altra parte.
"Va tutto bene." mormora più a se stessa che al bambino "Va tutto bene, Ratonhnhaké:ton; torniamo a casa."
Ma casa aveva occhi d'acciaio e ghiaccio che non avrebbe mai più rivisto.
16.
Kaniehti:io capisce che tutto sta per cambiare quando sogna e vede.
L'aquila sventrata è ancora cosa viva nella sua mente quando
Ratonhnhaké:ton si sveglia e l'abbraccia, un gesto goffo e
asimmetrico - nostalgico.
Vorrebbe dirgli la verità, ma gli istinti della ragione sono
più forti di quelli del cuore, e segue la strada per lei
tracciata, perché aveva visto.
Aveva visto le fiamme consumare il suo villaggio e il viso contratto dalla paura del suo unico figlio.
Aveva visto Haytham e la sua rabbia - il suo cieco dolore - un uomo tradito svenduto disperato.
Aveva visto Connor - così lo aveva chiamato il vecchio guerriero
nero - e tutta quella silente furia, tutta quella sofferenza, libbre di
carne immolate a una sterile vendetta.
Aveva visto e questo le bastava per sapere che la storia non poteva
essere cambiata, che qualsiasi curva tu le infliggessi lei tornava
sempre dov'era, un punto di partenza e uno d'arrivo.
"Madre." la richiama poi Ratonhnhaké:ton "Dobbiamo andare."
L'ultimo grano della clessidra viene schiacciato senza alcun rimorso.
0. - Ricordo desincronizzato
È morbido Ratonhnhaké:ton, una creatura incredibilmente fragile tra le tue mani di guerriero e assassino.
Apre gli occhi, sorridendoti e cercandoti con le dita paffute, ridendo
quando riesce ad afferrarti per il nastro rosso che ti lega i capelli.
"Hai un nome impronunciabile, sai?" mormori fissandolo "Ma sei forte e
questo è tutto quello che ti basterà per sopravvivere."
Ratonhnhaké:ton arriccia le labbra e si porta il pollice alla bocca, ridendo più forte.
"Non ti ricorderai di me, vero?"
Il bambino sgrana gli occhi preoccupato, quasi ti capisse, e aggrotta le sopracciglia.
"Haytham." sussurri sollevandolo "Tuo padre si chiamava Haytham Kenway."
Quando lo stringi al petto, portandotelo sulla spalla,
Ratonhnhaké:ton emette un pigolio soddisfatto, abbassando le
palpebre e tornando a dormire, ignaro della guerra che lo
reclamerà presto.
Lo appoggi tra le pellicce in cui Ziio l'aveva avvolto, sfilandoti le
lame celate dai polsi e deponendole al suo fianco, l'unico regalo che
ti è concesso fare a quel figlio bellissimo e inatteso.
Lo pulisci poi da una traccia di sangue che gli hai lasciato sulla guancia, prima di reclamarlo con un'ultima carezza.
"Addio, Connor."
Nella quiete del suo respiro, un destino tutto da scrivere.
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