Characters: Castiel; Sam
Winchester; Dean Winchester;
Pairing: pre-sastiel
Rating: PG
Genre: Fluff;
Words: 1.176
Warning: Slash; A/U {hogwarts!verse};
Prompt: Mare
Note: Finalmente mi sono data anche io alla hogwarts!verse. Non sono una
gran fan dell'A/U, ma l'ambient di Harry Potter è una calamita a cui non posso
resistere e Dean gryffindor è perfetto, Sam ravenclaw ha vinto su Sam-slytherin
(?) e Castiel hufflepuff è il fluff fatto tassofesso. Sì, insomma, ci siamo
capiti.
La coppia è, di nuovo (e per sempre), una sastiel tendente vagamente
alla wincestiel, ma anche no. Perché? Perché è la mia OTP e fottesega
di chi invece la odia. Perché dopo la 9x11 che urla sastiel da tutti i pori,
posso fare quello che voglio con una carica in più e anche con il benestare di
un abbraccio tra Sam e Castiel. Perchè sì e basta. Se non vi piace, il
pulsantino all'angolo in alto a destra, vi permetterà di chiudere la pagina,
andate con Dio.
Disclaimers: I personaggi di Supernatural appartengono a chi di diritto,
l'ambient di Harry Potter appartiene a J. K. Rowling.
Scritta per l'attacco a Leucothea del Cowt-4 @
maridichallenge
Ohana means
family
{ and family means lot in every language }
Erano bambini la prima volta in cui l'hanno visto,
in uno dei tanti week-end all'insegna delle stramberie babbane che Castiel ha
sempre faticato a capire e che Sam, invece, ha sempre trovato affascinanti – è
straordinario il modo in cui i babbani riescano a condurre una vita più che
rispettabile, affidandosi alla scienza, alla matematica, al loro ingegno e alle
sole forze umane.
Per settimane, sono andati
avanti a ripeterne le battute, ormai imparate a memoria, ridendo ad ogni "Stitch
no cattivo… Stitch coccoloso!" e "Cia-cia-ciaaaaooo" rantolati, con cui
salutavano un sempre più perplesso Dean. C'è stato un momento in cui il maggiore
dei Winchester ha pensato seriamente di farli ricoverare al San Mungo, in un
qualche reparto per i malati mentali, ma dopo un po' anche la fase dei cartoni
Disney è stata superata.
Ora sono cresciuti, Castiel
frequenta l'ultimo anno ed Hogwarts non gli è mai sembrata così lontana come in
questo momento; solo, in un mare di facce sconosciute, si sente affondare tra
ondate fatte di gomiti che lo colpiscono e spalle che lo spintonano. La Londra
babbana è un mondo a lui ignoto, un oceano d'asfalto che lo sta spingendo a
largo e in cui non avrebbe mai pensato di poter metter piede così presto.
Ti piacerà. Ha buttato
lì Dean, con una scrollata di spalle e una pacca sulla schiena.
Un po' ti assomiglia.
Gli ha detto Sam, nel modo gentile con cui sa convincere chiunque a muovere un
passo dopo l'altro e lo ha spinto oltre il confine che separa il mondo magico da tutto
il resto.
E Castiel gli ha creduto, lo
ha seguito, ha camminato per le strade, guardato le vetrine dagli oggetti
immobili, letto riviste dalle foto inanimate e, senza rendersene conto, è stato
trascinato dalla marea della propria curiosità che, poco alla volta, lo ha
allontanato dai due ragazzi.
«Permesso… scusate…
permesso…» Si sente affogare in quella folla che lo ha ingoiato e che lo
schiaccia, togliendogli il respiro e lasciandogli lividi al di sotto della
divisa giallo-oro. Ogni sforzo per uscire da quei mulinelli di braccia e gambe
che lo respingono indietro, è così inutile che inizia a temere di star
diventando invisibile.
Lo è stato un tempo, è stato
invisibile per molti e la vittima prediletta per alcuni. Solo al secondo anno,
quando Dean Winchester lo ha difeso e Sam, più piccolo di loro di un anno, ha
teso la mano verso di lui, si è sentito notato per la prima volta.
In che cosa mi somiglia?
Avrebbe dovuto chiederlo a Sam. Avrebbe dovuto chiedergli anche una cartina o,
quantomeno, stare più attento durante il percorso del nottetempo babbano
(muovendosi di giorno, è quasi certo che non possa chiamarsi nottetempo,
ma è scarso in babbanologia e non riuscirebbe a distinguere un autobus da un
tostapane) che li ha condotti fino al ponte di Westminster.
Se alza gli occhi può vedere
il Big Ben in lontananza e le lancette dell'orologio sulla torre che segnano le
nove e venti.
Agita le braccia, cercando di
farsi spazio e guadagnare qualche passo in quella direzione e continua a tenere
lo sguardo verso l'alto, sperando di vedere svettare una torre ben
diversa. Un faro, dai colori blu-rame, gli occhi verde-ambra, i sorrisi
dalle mille sfumature e che in un anno soltanto ha superato in altezza
l'hufflepuff e perfino Dean.
«Sam!» urla il suo nome, ma la voce di Castiel viene ingoiata da altre decine di voci che
gli danzano intorno, dai rumori della strada, dei clacson di auto
straordinariamente veloci, per non essere magiche, e di piedi che calpestano
anche i suoi.
È in questo momento che gli
torna alla mente quel week-end di cinque estati fa, quando, appollaiati nel
divano di Casa Winchester, con il profumo di pop-corn dolce (Sam gli ha
insegnato come prepararli, ma preferisce usare il metodo di Dean: un Incendio
e via; lo ritiene molto meno pericoloso di un micro-onde!), hanno visto per la
prima volta Lilo & Stitch.
Si sente esattamente come il
piccolo alieno blu: piccolo, alieno e, forse non esattamente blu, ma anche lo
fosse è sicuro che nessuno lo noterebbe. Nessuno si fermerebbe per lui.
«Perso…» mormora, in un
sospiro amaro che gli rimane mozzato a metà quando l'ennesima gomitata lo
spintona contro un lampione a cui si aggrappa, appena in tempo per evitare di
cadere. Lentamente si fa scivolare sul marciapiedi, seduto ai piedi del
lampione, con le ginocchia al petto e le braccia a circondarle.
Se i suoi compagni di squadra
venissero a sapere quanto si stia dimostrando incapace nel trovare una stanga
come Sam – o un gryffindor come Dean, che è impossibile passi inosservato – si
vergognerebbero di averlo come Cercatore titolare.
I rintocchi del Big Ben
riempiono la piazza e Castiel inizia a temere che i due ragazzi siano ormai
ritornati al Ministero della Magia, appena in tempo per l'appello a fine
giornata per i maghi tirocinanti.
Ma è la voce di Dean ad
urlare per prima il suo nome, un «Cass!» ruggito a pieni polmoni, che viene
accompagnato dal tipico «Sonofabitch» del gryffindor.
«Eccoti, finalmente. Ma si
può sapere che cosa ci fai qui seduto?» Sam segue, ovviamente, e la sua domanda
è preoccupata quanto lo sguardo, mentre, come la prima volta – e tante altre a
venire – gli tende la mano, per aiutarlo ad alzarsi.
Quando le dita si stringono
in quelle lunghe del ravenclaw, Castiel gli sorride, incassando la testa tra le
spalle, mentre la mano di Dean gli scompiglia ruvidamente i capelli, per poi
tirargli una schicchera amichevole alla fronte e chiamarlo "Stupido". Lo
preferisce ai "tassofesso" degli slytherin, suona più affettuoso.
«Credevo vi foste dimenticati
di me e foste già tornati indietro…» il bisbiglio è sottile, imbarazzato.
Sam e Dean devono tendere le
orecchie per riuscire a sentirlo.
«E lasciarti da solo con
questi squali babbani?» domanda il Cercatore rosso-oro, indicando con un cenno
del capo qualcuno dei passanti che tira distratte occhiate in loro direzione.
Sam gli sorride e Castiel ha
notato che lo fa spesso, sorridergli, non nel modo in cui sorride a Dean – sa
che tra loro c'è un legame speciale che va oltre al fatto di essere fratelli –
ma trova ugualmente che i suoi sorrisi siano caldi. Belli.
Si china verso di lui,
poggiando con finta casualità la fronte contro la sua, mescolando la frangia
castana con quella più scompigliata e corvina dell'hufflepuff.
«Ohana.» gli sussurra
soltanto.
«E tu da quando ti sei dato
agli insulti in giapponese?» si intromette il fratello.
Sam scuote il capo.
«E' hawaiano e posso
assicurarti che non si tratta di un insulto, Dean.» spiega, mentre si ritira
dritto
«Quindi?»
«Quindi cosa?»
«Che vuol dire?»
Sam risponde con un
sorrisetto furbo, un po' troppo saccente e che merita una sberla dietro la nuca
da parte di Dean e un «Bitch.»
«Jerk.» sibila il più
piccolo.
La mano, ancora in quella di
Castiel, inizia a tirarlo piano verso la fermata dell'autobus più vicina e, con la
coda dell'occhio, ne osserva il profilo e le labbra di un rosa pallido, incurvate
in un sorriso.
Gli basta quello per sapere
che ha capito. Che ancora, dopo tutti quegli anni, si ricorda.
Ohana significa famiglia e
famiglia significa che nessuno viene abbandonato o dimenticato.
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