Note: Finalmente torno, ma questa volta con una Navi. Vi preog,
vi prego, ho bisogno di HyukBin T.T
In ogni
caso questa storia l’ho scritta per Decla, in cambio della DaeJae
che mi ha scritto. Contenta? Lo so, ti ho maltrattato il bias,
ma è pur sempre l’otp che mi hai chiesto u.u
Grazie a Plubuffy che nonostante si deprima leggendo
cose tristi mi aiuta sempre ad andare avanti e a correggere. Da quanto tempo
ormai sei la mia beta? <3
Grazie a
tutti quelli che recensiranno (se mai lo farà qualcuno) e anche chi solo aprirà
e leggerà questa… cosa (?) indefinibile.
Josie.
Don’t want to be an Idol
Hakyeon aveva sempre desiderato
essere un leader, ce lo aveva nel sangue, in vita sua non aveva mai mostrato
nessun segno di debolezza. Era nato per diventarlo, dicevano, con la sua
spigliatezza nelle parole e il suo tormentare continuamente gli altri membri e
spronarli affinché facessero del loro meglio. Essere a capo di una banda di
scalmanati non era proprio il massimo, eppure tutte quelle piccole
soddisfazioni, inizialmente, erano state appaganti. Aveva pianto per ottenerle,
aveva sorriso e provato fino allo sfinimento e alla fine gli era tornato tutto
indietro. I lunghi anni di allenamento lo avevano aiutato a fortificarsi, non
sarebbe caduto davanti a nessuna critica, o almeno era questo quello che
credeva.
Incontrare i suoi compagni di band era stata una
benedizione, dividere quel peso con altre cinque persone dopotutto non era così
male, no? Anche se i primi problemi, ad essere sinceri, erano nati proprio con
questa unione. Non che il leader non si trovasse bene con uno dei suoi membri,
voleva esattamente bene ad ognuno di loro, ed il problema principale, forse,
era proprio questo.
Hakyeon metteva anima e corpo
in tutto quello che faceva e, soprattutto, cuore. Amava i propri membri come se
fossero suoi fratelli. Non riusciva proprio a fare a meno di esprimere il
proprio affetto nei loro confronti, ma questo è ciò che loro più odiavano e, la
maggior parte delle volte, ne rimaneva ferito. Si era domandato molte volte
cosa ci fosse di sbagliato in lui e aveva tentato di mantenere la distanza e
dargli più aria ma, alla fine, in qualche modo si ritrovava sempre aggrappato a
loro come una mamma pestifera e un bambino in cerca di attenzioni.
Lo odiavano, eccome se lo odiavano, ne era pienamente
consapevole nonostante fare finta di niente era diventato ormai la sua
normalità. Era sempre stata una persona sorridente, era il leader dopotutto e
quel sorriso doveva mantenerlo tutto il giorno fino a quando la sera tornava a
casa esausto e, finalmente, quando tutti andavano a dormire poteva rimanere
solo e lasciare che i brutti pensieri prendessero il sopravvento.
Era stata una cosa graduale, la prima volta in cui era
capitato non aveva potuto chiudere occhio quasi tutta la notte, crollando solo
con le prime luci dell’alba e svegliandosi esattamente mezz’ora dopo per
continuare le sue attività. Involontariamente era poi capitato ancora la notte
dopo, e quella dopo ancora. Inizialmente il senso di oppressione sembrava
essere gestibile, in fondo era solo un leader con le sue inutili paranoie, non
c’era nulla da preoccuparsi, ma poi le frecciatine sul suo essere appiccicoso
ed estremamente fastidioso erano andate scherzosamente avanti e quell’unica
mezz’ora in cui riusciva a chiudere occhio era andata a sgretolarsi come il
resto della notte. Le prime notte insonni le aveva passate accucciate in un angolo
dell’appartamento a fissare il muro senza nessuna espressione, ma poi lo stress
e la stanchezza avevano cominciato a prendere il sopravvento insieme alle sue
lacrime che, accumulate notte dopo notte, non era riuscito più a trattenere. Il
peggio però era arrivato quando tutti questi sentimenti, alla fine, non era più
riusciti a gestirli e per la prima volta, tenendo un coltello affilato in mano,
aveva pensato di farsi del male. Non lo aveva mai fatto, questo era chiaro,
troppe responsabilità gravavano sulle sue spalle e, se doveva esserne sincero,
aveva paura. Quando era piccolo non aveva mai pensato che un giorno sarebbe
arrivato a questo, eppure quel pensiero era quasi una presenza costante che
pian piano lo stava divorando dall’interno e facendo cadere verso il basso.
Anche quella sera, Hakyeon uscì
silenziosamente dalla sua camera che divideva con tre dei cinque restanti membri,
si sentiva stanco e spossato da quella lunga nottata senza sonno durante la
quale era stato costretto a restare immobile a letto, fingendo di dormire
sereno. Sentiva un senso di solitudine, e come dargli torto, il solo guardarlo
lì da solo nel semibuio di quella cucina parlava da sé, non era mai stato bravo
a mentire dopotutto, eppure fino a quel momento sembrava aver saputo nascondere
bene i suoi sentimenti o semplicemente nessuno si era mai curato di capirli.
L’operazione fu sempre la stessa, con mani tremanti aprì
il cassetto delle posate e sentì qualcosa bagnargli le mani, le sue lacrime,
sapeva che questa volta probabilmente non si sarebbe fermato. Osservò attentamente
la lama tagliente del coltello, aveva paura. Tre… due… uno… il leader rabbrividì al
contatto della lama fredda con la sua pelle liscia e scura, ma si fermò
esitante per un attimo, per poi ricominciare immediatamente il conto alla
rovescia e di nuovo… tre… due… uno…
-Hyung, non farlo!-
Come pietrificato lasciò cadere il coltello. Ad essere
sinceri non si era reso conto che il solito russare era praticamente assente
nella casa almeno non finché quella voce rauca e profonda era arrivata alle sue
orecchie. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
-Rabi~- rimasero un momento immobili a guardarsi, finché
il più alto non strinse il maggiore a sé e scoppiò a piangere causando così
un’immediata reazione dell’altro. Hakyeon sembrava
così piccino mentre singhiozzava sul petto del rapper.
-Non farlo, hyung, non farlo…- continuò a
ripetere, stravolto della situazione. Al di là del suo aspetto, Wonshik era sempre stata una persona tanto sensibile, il
primo a preoccuparsi non appena qualcosa andava storto e a versare lacrime di
amarezza o di gioia, doveva ammetterlo, era un piagnucolone.
-Mianhae- sussurrò il leader sul suo petto
finendo per piangere ancora più forte. Gli occorsero esattamente venti minuti
buoni per darsi una calmata e altri dieci, alla fine, per darsi un contegno.
Senza aggiungere nessuna parola, il più alto asciugò il volto di Hakyeon con le sue stesse mani e, intrecciando le sue dita
con quelle dell’altro, lo guidò silenziosamente nella camera che condivideva
con Hyuk che a quanto pareva dormiva ancora
profondamente ignaro di tutto.
-Stasera dormi con
me- continuò il rapper, alzando le coperte per farci entrare prima l’altro.
Dal canto suo, N non diede nessun segno di protesta e si stese silenziosamente
schiacciandosi contro il muro per non occupare troppo spazio. Nemmeno tre
secondi dopo le braccia di Ravi e il suo calore lo
avvolsero completamente facendolo sentire al sicuro –Saranghae- riuscì a sentire quel
sussurro appena, prima di sprofondare finalmente nell’oblio.
-Hey piccioncini! Preparatevi o faremo tardi!- le
voci insistenti di Hyuk e Hongbin
li scossero completamente. N e Ravi si scambiarono
sguardi assonnati e confusi a causa del baccano che i due maknae
sembravano star creando con il solo stare insieme.
I due appena svegli non ebbero nemmeno il tempo di focalizzare
la cosa che entrambi furono tirati con la forza e costretti a lavarsi e
vestirsi per partecipare subito al primo impegno della mattina che consisteva
nel presenziare in un programma radio. I ragazzi diedero il meglio di sé, risero
e scherzarono tra di loro portando sin da subito una forte armonia all’interno
dello studio che, al loro arrivo, non mancava mai.
-Stamattina io e Hyuk
siamo andati a svegliare gli hyung e Ravi e N hyung…- i due
ragazzi chiamati in causa arrossirono a quelle parole. Il ricordo di quella
notte era ancora vivo nelle loro menti, e il calore e l’odore dei loro corpi
ancora impressi l’uno sulla pelle dell’altro.
-Ya, ya, ya! Voi due, faremo i conti a casa!- li interruppe N
gridando forte al microfono ridendo spontaneamente insieme agli altri quando
praticamente scoppiarono a ridere per questa sua solita uscita. Il suo sguardo
incontrò finalmente quello affettuoso di Ravi e d’un
tratto seppe che la loro era una piccola e pazza famiglia e che grazie al loro
lavoro di squadra sarebbero sempre andati avanti come colleghi e soprattutto amici.
O in fondo lo aveva sempre saputo?