k
«
Nulla di cui allarmarsi, Sire. Si tratta soltanto di un semplice
raffreddore » tentò di sdrammatizzare il fido magikoopa.
«
Come è potuto succedere? » Bowser non era iperteso, qualcosa di
più.
«
Sono incidenti che capitano, Altezza. »
«
Non doveva capitare! È
troppo
giovane per ammalarsi! »
«
Un'infreddatura non sarà certo fatale. Qualche giorno di sciroppo e
passerà tutto. »
«
Non puoi farglielo passare adesso?! »
«
Vostra Esasperazione, sapete meglio di me che la magia risanante non
è affatto indicata per un disturbo di infim'ordine come un
raffreddore. Gli anticorpi del Principe faranno il loro dovere e se
hanno ripreso almeno un millesimo del suo caratterino, le ragioni per
preoccuparsi sono pressoché inconsistenti. »
Ludwig
volse discretamente lo sguardo verso il volto occhialuto dello
stregone, ma come al solito non disse niente e si limitò a tirare su
col naso, la sua smania di indistruttibilità smentita dai fatti.
Detestava con tutto se stesso il fischiettio ridicolo che emetteva
quando restava troppo tempo senza ripetere quell'azione
indecorosa.
«
Ma come diavolo è riuscito a beccarsi il raffreddore quando siamo
circondati dalla lava? »
«
Lo avrà accidentalmente contratto da qualcuno. È
un
virus che circola parecchio di questi tempi » azzardò il mago senza
prima fermarsi a riflettere sulle conseguenze di quelle parole.
Realizzò troppo tardi di aver appena fatto saltare una mina nel
campo di ansie di un genitore instabile alle prese col primo
inevitabile inciampo nella salute della prole. Alzò gli occhi dal
koopolotto e prese atto di cosa aveva inavvertitamente scatenato.
Entro
la mezz'ora successiva tutti i soldati e i domestici che non fossero
stati certificati in perfette condizioni fisiche avevano ricevuto una
settimana di riposo e l'ordine imperativo di lasciare seduta stante
il castello, insieme ai propri germi. Questo però non era comunque
bastato per risparmiare occhiate di sospetto rivolte ai restanti
qualora la debita distanza tra loro e Ludwig si fosse ridotta troppo
per i nuovi gusti del sovrano.
Una
volta dissuaso dalla sua personale crociata per la liberazione della
dimora reale dal rischio di altri contagi grazie agli sforzi di un
Kamek contrito del proprio errore, Bowser decise di allentare la
pressione e si accomodò sul trono per dedicarsi ai fascicoli di
rapporti da leggere ed archiviare. Ludwig si era appisolato
rannicchiatosi nello spazio accogliente tra il polso ed il gomito,
aiutando così il padre a scaricarsi pian piano di tutta quella
morbosa inquietudine accumulata. I minuti trascorsero lenti nella
quiete piacevole ed intatta della grande sala, sgombra da qualsiasi
altra presenza. Loro due soli. Nient'altro che pace intorno. Yin e
Yang in ritrovata armonia. Bowser riconobbe addirittura di essere
andato un pochino sopra le righe questa volta.
«
Eccì!
»
Con
un'esplosione di fogli per aria il Re si precipitò di nuovo dal
rassegnato magikoopa come un campione di rugby pronto a segnare la
meta con un seccatissimo Ludwig sottobraccio.
Ma
guardando oltre quella malsana tendenza all'esagerazione che
sfortunatamente non sarebbe mai andata diminuendo negli anni, nulla
poteva sminuire i sorprendenti risultati conquistati dal sovrano e
Kamek, conoscendo il suo padrone meglio di un libro letto centinaia
di volte, poteva reputarsi il più compiaciuto fra tutti. Bowser era
praticamente partito dal fondo del livello zero senza un briciolo di
preparazione e la sua risalita era stata lunga, faticosa e piuttosto
accidentata, ma alla fine aveva scalato la montagna di difficoltà e
giorno dopo giorno, notte insonne dopo l'altra, aveva forgiato col
cucciolo un legame forte e destinato a germogliare nel loro parallelo
percorso di crescita: Ludwig come figlio e Bowser come padre.
Il
suo debutto non era stato a pieni voti e non era diventato un
genitore perfetto, ciononostante era evidente quanto ci provasse in
nome dell'affetto per il suo erede per cui si era messo totalmente in
gioco. Anche Kamek aveva recitato il suo ruolo in quel capitolo di
rinnovamento della discendenza, inizialmente dietro le quinte come
muto osservatore e poi avendovi preso attivamente parte, dal momento
in cui Bowser si era trovato per la prima volta suo figlio tra le
braccia ed egli aveva visto coi propri occhi qualcosa scattare in
quelli del suo padrone. Il baricentro del suo mondo che si era
inclinato verso qualcun altro.
I
dubbi originari su quella decisione che aveva temuto rischiosa per la
fragilità del compito che il sovrano certamente non avrebbe potuto
comprendere, se non con l'esperienza, si erano estinti ancor prima di
fare ritorno al castello in tre e che il liscio piatto e ripetitivo
della routine venisse stravolto in un mambo appassionato. In quel
nanosecondo, Kamek aveva raggiunto la consapevolezza che tutto
sarebbe andato bene infine. Forse merito di una piccola scintilla
delle sue doti divinatorie o forse del suo intuito: non avrebbe mai
potuto dirlo con certezza. Eppure smise definitivamente di dubitarvi
e Bowser aveva saputo dimostrargli che non si era sbagliato, avendo
fatto fronte alla sua iniziale inadeguatezza senza mai mollare e
comportandosi come un vero padre in ogni parte della giornata con
Ludwig. Si era persino rifiutato di affidare anche i compiti più
scomodi ad altri, per quanto in qualche caso gli fosse costato una
bella fetta di orgoglio.
Il
magikoopa rimembrava ancora divertito la sua espressione al momento
del cambio del pannolino, sebbene un koopolotto ne avesse bisogno per
circa una settimana prima di apprendere a controllare gli stimoli e
Ludwig dal canto suo lo aveva smesso dopo nemmeno tre giorni. Ed era
anche segretamente al corrente che il Re, benché il principino
avesse imparato a dormire da solo ormai, sgusciava di soppiatto nella
cameretta ogni tanto per portarselo clandestinamente nel suo lettone.
Ma quella era una piccola infrazione su cui si poteva glissare con un
sorriso. Buffo però come ci si poteva riscoprire a sentire la
mancanza di certe abitudini con cui si aveva combattuto a lungo per
liberarsene.
Anche
Ludwig era stato fonte di sorprese non meno strabilianti. L'ultima
nella lista: il suo amore sconfinato per l'arte della musica. Kamek
se ne era accorto subito dopo il suo padrone che avesse sortito un
effetto miracoloso quanto immediato. L'esposizione alle sublimi
melodie create dal genio umano che ne avevano smussato la scorza dura
e spigolosa all'interno, levigandola dolcemente e rimuovendo gli
strati più ruvidi come la superficie di un un sasso in un fiume
limpido, aveva permesso a quel carattere intrattabile di affinarsi
una volta che il lato dormiente della sua personalità aveva
dispiegato le ali e la sua anima creativa prendeva il volo sulle note
che si elevavano dalle corde del piano. Ludwig aveva compreso
l'illimitatezza dei suoni, i significati che cambiavano a seconda di
come venivano concatenati e quante sfumature potevano assumere,
quanti messaggi convogliare, contrapposti alla cruda pochezza delle
parole. Inoltre il koopolotto aveva trovato un'ottima valvola di
sfogo della congenita vivacità che gli regalava molta più
soddisfazione delle sue birbanterie.
Un
solo difetto però rimaneva arduo da correggere: Ludwig continuava a
mantenere un rapporto conflittuale con l'acqua. Bowser continuava ad
infischiarsene, anteponendo l'igiene personale alle simpatie.
Tuttavia l'erede possedeva una sorta di sesto senso ogniqualvolta la
sua presenza era irresistibilmente richiesta nella vasca stracolma di
schiuma profumata, aprendo vere e proprie battute di caccia tra le
mura tetre della fortezza per essere portato di peso nella massa
liquida tanto diffidata. Il koopolotto aveva una corporatura robusta
e non era certo il più veloce mai visto, ma sapeva affrettarsi il
giusto per mantenere quel minimo
distacco dalle mani di un Bowser ringhiante ed ingobbito
all'inseguimento esattamente alle sue spalle.
«
Vieni qui! »
Ludwig
non venne.
«
Fermati! »
Ludwig
non si fermò.
«
Te lo ordino! »
Ludwig
si ammutinò.
In
genere questa rituale acchiapparella non durava che qualche minuto ed
era divenuta una delle attrazioni più apprezzate da moltissimi al
castello, guardandosene bene naturalmente dall'esternarlo. Vi era
sempre un vago sentimento di condivisa delusione quando si concludeva
più presto del solito e Bowser trionfante faceva ritorno in bagno
con la preda sotto il braccio a fissare truce il pavimento.
Tuttavia,
sotto quella facciata di serenità, era emersa una verità che
ultimamente continuava ad angustiare l'animo del Re: Ludwig stava
crescendo in fretta. Troppo in fretta.
Lui
ci aveva appena preso la mano col ruolo di genitore ed il suo
koopolotto stava già muovendo i primi passi da solo proprio sotto il
suo naso. Non lo cercava più ogni ora come prima e desiderava
addirittura degli spazi esclusivamente suoi. E questo Bowser stentava
ad accettarlo. Anzi, un'altra idea folle aveva già iniziato a farsi
lentamente strada nella mente del drago... un'ideuccia che non gli
spiaceva affatto. Un fratellino o una sorellina magari. Ma era presto
per un secondo round, Ludwig aveva ancora bisogno di lui e voleva
ragionarci bene prima di seguire l'istinto, ignaro di chi già lo
stava aspettando praticamente dietro l'angolo:
Lemmy,
il più minuto ma tenace, che avrebbe adorato dondolarsi dai
lampadari, arrampicarsi sui tendaggi e sparire di botto per farsi
ritrovare nei posti più impensabili; Roy, il più attaccabrighe, che
se la sarebbe spassata a seminare il terrore tra i soldati del
castello già sfidando individui dieci volte più grossi di lui ed
accumulando i cestini del pranzo che rivendicava come trofei; Iggy,
il più inventivo dei fratelli, che avrebbe provato diletto a fare a
pezzi i suoi giochi per “riassemblarli” poi insieme come loschi
esperimenti e smontare qualunque elettrodomestico capitatogli a tiro;
Wendy, l'unica femminuccia del branco, che la sera avrebbe amato
ascoltare favole di belle principesse e cavalieri affascinanti che le
avrebbe letto sottovoce nel timore di essere udito da orecchie
indiscrete; Morton Jr., il più loquace, il cui periodo della
lallazione avrebbe avuto inizio dal primo giorno di vita per
rintontirlo meglio dei suoi emissari e che si sarebbe azzittito solo
quando gli avesse cantato una ninna nanna (sempre sottovoce);
Larry, il più allegro di tutti, che al momento della messa a letto
vi sarebbe arrivato ancora vispo ed iperattivo neanche andasse a
batterie e lui, ormai stremato dall'intera giornata di reggenza e
paternità, si sarebbe ridotto a fargli il solletico per riuscire
finalmente a stancarlo; infine Junior, la sua immagine riflessa di
anni quasi sbiaditi nella memoria, il più giovane, il più
promettente, l'ultimo piccolo tassello di dolcezza di quel
meraviglioso mosaico familiare perfettamente incastonato intorno a
lui.
Solo
uno spazietto sarebbe rimasto vuoto tra lui e loro, non
indispensabile seppur la sua presenza avvertita, in attesa di essere
completato e bloccare il freddo sottile che vi si infiltrava, preciso per una persona che era già stata scelta da anni, che forse
un giorno avrebbe accettato di riempirlo.
Eppure,
un ostacolo restava ancora insormontabile a dividere il Re da quel
futuro. Bowser non riusciva a superare il grande fallimento di non
aver ancora sentito Ludwig pronunciare una sola parola e temeva che
fosse legato ad un malessere interiore. Da quando aveva cominciato a
suonare spesso e volentieri quel pianoforte, persino quell'unica
sillaba che aveva usato per prenderlo in giro era andata persa e si
riscoprì a rimpiangerla. Il dubbio che suo figlio si rifiutasse di
parlargli lo tormentava costantemente e tutte le sue originarie
certezze sulla decisione di intraprendere la strada della paternità
si sgretolavano sotto il carico di quell'interrogativo a cui solo
Ludwig avrebbe potuto dar risposta e forse non lo avrebbe mai fatto.
In
una mattina particolarmente piatta e silenziosa, senza nulla a
distrarlo dalle sue paure, i sensi di colpa ebbero la meglio. Cosa
aveva sbagliato? Non aveva dato il massimo? O il suo massimo non era
sufficiente? Se soltanto Ludwig
gli avesse detto cosa cercava, avrebbe smosso mari e monti per
portarglielo ed ascoltare di nuovo il suono della sua voce. Ma forse
aveva già capito cosa mancava davvero e, purtroppo, fin lì non
poteva ancora arrivare. Aveva
fatto dunque il passo più lungo della gamba e adesso era suo figlio
a pagarne il prezzo per aver sottovalutato un impegno troppo grande
da gestire?
Coi
gomiti sulla sua scrivania a sorreggere le spalle diventate
inspiegabilmente pesanti, poggiò la fronte sulle mani serrate
chiudendosi nelle sue dolorose riflessioni.
Il
sovrano era talmente assorto nei propri pensieri che non aveva
recepito il pianto proveniente dalla camera del koopolotto non troppo
lontano, considerato che l'ora del pranzo era stata sforata di ben
quindici minuti e per ricordargli di fatto che su certi ritardi non
esisteva perdono. Tuttavia, il Re si era talmente estraniato coi
propri rimorsi da non essersi veramente accorto del tempo che
scorreva e del levare costante ed inclemente dei vagiti di un
principino poco incline alla sopportazione pacifica di uno stomaco
vuoto.
Ludwig
andò avanti con le sue rimostranze.
Bowser
non si riscosse.
Ludwig
insistette oltre, perdendo rapidamente la pazienza.
Nessuno
si precipitò da lui mormorando uno
stralcio di scusa ed assicurandogli una porzione doppia di dolce.
Il
koopolotto sospirò annoiato, richiuse delicatamente il coperchio
della tastiera del suo piano a coda per impedire che vi cadesse la
polvere, si alzò in piedi rimettendo a posto lo sgabello e si avviò
a prendere di persona quel genitore snaturato a cui doveva essersi
annullato il senso dell'udito per ignorarlo con cotanta freddezza.
Ovviamente
Bowser non avvertì nemmeno i passettini che si erano fermati proprio
sulla soglia del suo studio, ma il suo senno di poi lo ridestò
bruscamente quando registrò la presenza di un lungo sguardo
sentenziatore puntato addosso come il mirino di un laser. Batté gli
occhi un paio di volte e girò il muso verso l'origine del raggio di
disapprovazione.
Scorse
Ludwig squadrarlo con aria critica e le braccine conserte in una posa
di massima serietà. Non arrabbiato, giusto un po' accigliato.
«
Perdonatemi, padre, ma quanto ancora devo attendere prima che i miei
richiami rivolti alla vostra attenzione vengano accolti? »
Nota
d'autrice:
E
così non si conclude l'avventura del nostro King Dad, ma
possiamo invece affermare con certezza che è proprio da qui che avrà
realmente inizio. Good luck Bowsy, you're gonna need it! :]
È
stato molto divertente provare a riempire una delle grandi lacune che
la Nintendo ci ha lasciato nella storia dei personaggi e spero che
questa mia personalissima soluzione, anche se non interamente, sia
stata apprezzata nel suo umorismo e nella sua semplicità.
Per chi
possa aver conservato questo interrogativo, non ho scelto di
introdurre Clawdia nella fanfiction perché, a differenza di Yvan e
Wolley a cui è stato solo assegnato un nome dal fandom ma esistono
nel gioco, è semplicemente una figura vaga inventata per sfizio e
non è da considerare una costante nella storia dei principini (ora
scesi ufficialmente ad uno solo) o tra le originali della Nintendo.
Ho voluto soltanto offrire un'alternativa a quello che è ormai
diventato un cliché.
Tuttavia, intendo comunque dedicarle dello
spazio in una mia fanfiction già in stesura avendole anch'io come
molti dato una forma nella mia immaginazione e vorrei proporre una
nuova versione di lei sbocciata dal passato non scritto di Bowser.
Bowser, Peach,
Tata Kamek, Bowserotti e tutti i personaggi nell'universo dei Mario
Bros. © Nintendo
**Questa
piccola storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro**
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