Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.
Just a FrozenDay
Il ticchettio dei tacchi rimbombò lungo il corridoio vuoto
nonostante fosse pomeriggio inoltrato e il sole vicino
all’ora del tramonto, tingendo il cielo di striature
rossastre e aranciate. Anche se l’accesso al castello era
ormai consentito a tutti, la regina aveva deciso di non ripopolarlo
eccessivamente ma solo lo stretto necessario: più soldati di
guardia, più servitori e cuochi per le occasioni speciali e
i ricevimenti formali, paggi e cameriere.
La
luce entrante dalle ampie vetrate si diffondeva sulle pareti
riccamente decorate, riverberandosi sul pavimento di lucido marmo che
si apprestava a percorrere in fretta. La stanchezza le infiacchiva le
membra e la testa, che già le ricordava
l’importante incontro ufficiale dell’indomani.
Interminabili riunioni e ricevimenti si erano susseguiti
nell’arco di quella mattinata, occupandola fino a dopo
l’ora del pranzo, quando aveva dovuto firmare il via libera
ai lavori di costruzione del nuovo molo giù al porto.
La
regina Elsa lasciò uscire un sonoro sbadiglio senza
premurarsi di nasconderlo con la mano, - non aveva più
voglia di attenersi all’etichetta visto che la sua giornata
lavorativa si poteva definire conclusa. Non vedeva l’ora di
buttarsi letteralmente sul morbido materasso del letto a baldacchino,
sopra i cuscini di piume, e farsi una bella dormita fino
all’ora di cena; occasione in cui finalmente avrebbe visto la
sorella, alla quale aveva a malapena augurato una buona giornata prima
di venire sommersa dagli impegni. Quel pensiero la
rinfrancò: dopo cena avrebbero passato un po’ di
tempo insieme, raccontandosi la giornata appena trascorsa e mangiando
insieme il dolce al cioccolato che aveva fatto preparare per
l’occasione, e chissà a che ora si sarebbero
ritirate per la notte! Ma poco le importava: quel piccolo sacrificio
era più che dovuto alla sua amata sorellina.
Solo
adesso riusciva in qualche modo a comprendere quante
responsabilità avesse come regina. Certo, sapeva a cosa
sarebbe andata incontro; viverlo però era tutto un altro
paio di maniche. Quel ruolo forse era più odiato che amato,
ma la gioia e le manifestazioni di affetto del popolo ripagavano ogni
suo sforzo. L’unico rammarico era il non poter trascorrere
più tempo con Anna… Sperava che, visto come tutto
si era risolto, sarebbe riuscita a recuperare il tempo perso. Ma non
era semplice conciliare il suo ruolo con la vita privata e,
soprattutto, recuperare ben tredici anni, anche fosse stata libera ogni
secondo delle sue giornate. Non avrebbe mai potuto farlo, non aveva
quel potere e poi, a cosa poteva mai servire? Ormai erano entrambe
cambiate, cresciute.
Eppure
erano lì, in quel grande e accogliente castello,
insieme. E di questo non poteva che ringraziare Anna. Anna che non
aveva mai smesso di volerle bene e credere in lei. Anna che aveva dato
la vita per lei.
Cosa
avesse mai fatto per meritarsi quel dono del cielo, proprio non
riusciva a spiegarselo. Eppure aveva accanto una tale gemma preziosa e
la responsabilità di custodirla, proteggerla e amarla. E non
sarebbe venuta meno a quella seconda possibilità concessale.
Elsa
si apprestò a svoltare verso lo scalone che dava
l’accesso alle camere da letto, quando sentì in
lontananza una voce che riconobbe subito. Istintivamente e per un
riflesso sviluppato in quell’ultimo periodo, si
avvicinò alla fonte che scoprì essere la sala dei
quadri. Arrivata davanti la porta aperta, non entrò
decidendo di origliare discretamente per capire cosa stesse avvenendo.
«Io
proprio non capisco!!» sentì Anna
inveire. «Spiegamelo, ti prego! Ho fatto qualcosa che non
dovevo? O detto cose inopportune? Non credo proprio, anzi! Stava
andando tutto a gonfie vele, Giovanna!!»
Elsa
aggrottò la fronte confusa: Giovanna?
Chi era Giovanna?
«Anna!».
Non poté che entrare per far
luce su quel mistero, soprattutto perché la sorella le
sembrava parecchio stizzita.
Anna
sussultò appena per la sorpresa e si zittì
subito, alzandosi a sedere sul divano su cui era stesa in maniera
scomposta e poco da principessa. Si voltò lentamente verso
la sorella che stava entrando.
«Elsa?»
mormorò.
Quest’ultima
le si avvicinò velocemente, notando
nel frattempo le loro uniche presenze nell’ampia sala.
Raramente vi entrava e proprio non era la sua preferita a causa dei
troppi dipinti imponenti e quasi minacciosi, che sembravano osservarla
con aria di sufficienza. Le mettevano ansia pur essendo fittizi e
già per lei era abbastanza sopportare tutta la pressione
dovuta alla reggenza.
«Con
chi stavi parlando?» le chiese, sedendole
accanto quando si spostò per farle spazio.
«Con
Giovanna.» rispose semplicemente Anna alzando
appena le spalle.
«Aaah.
Giovanna, certo.» annuì Elsa
accondiscendente. Stava impazzendo lei, oppure c’era davvero
qualcosa che le sfuggiva?
«Ah,
già!» esclamò subito la
sorella colta dall’illuminazione. «Tu non conosci
Giovanna! È che ancora non ho avuto l’occasione di
presentarvi, ma rimediamo subito!» si alzò di
scatto afferrandole il braccio per spronarla a fare lo stesso.
«Oh, non sai da quanto aspettavo questo momento! Giovanna
praticamente sa tutto di te. Sì sì, lo so che non
dovevo raccontarle proprio tutto tutto… È solo
che, sai, tu non eri molto disponibile in questi anni. Certo, ora lo
sei! Non volevo dire il contrario! E…»
s’interruppe poi come incantata.
Ancora
più confusa, Elsa seguì il suo sguardo
fisso sul dipinto posto sopra il divano, sulla figura di una donna
armata a cavallo: Giovanna? Quella era Giovanna?
«Ma
è…» sussurrò
incredula, interrompendosi quando incontrò i seri occhi
della sorella. Forse stava venendo a capo di quella stranezza.
Anna
mosse il braccio in un gesto ampio, indicando poi il quadro.
«Regina Elsa, ho l’onore di presentarvi Giovanna
D’Arco, mia unica e insostituibile amica e
confidente… No, aspetta!» si morse il labbro
inferiore in imbarazzo. «Volevo dire… che, ecco,
era la mia unica e insostituibile amica e confidente! Adesso ci sei tu
e… Oddio, no! Giovanna, non intendevo dire che ora non lo
sei più!! Ecco, io-»
Elsa
emise uno sbuffo divertito per l’assurdità di
quella situazione, interrompendo il balbettio imbarazzato della sorella.
«Anna.»
la richiamò poggiandole una mano
sulla spalla. «Ho capito e credo abbia capito anche
Giovanna.». Poi si rivolse al quadro: «Giovanna, ti
ringrazio dal profondo del cuore per esserti presa cura di mia sorella
in tutti questi anni.», chinò il capo.
«Per averle dato ciò che io non potevo…
no, non riuscivo a darle. Adesso, puoi concedermi
una seconda
possibilità con lei per tornare ad essere la sorella di cui
ha sempre avuto bisogno?»
Anna
ascoltò tutto in trepidante attesa, prima piacevolmente
sorpresa dal suo comportamento e poi commossa sin nel profondo per
quelle sue parole.
«Oh,
Elsa!!» la strinse in un caldo, quanto
stritolante, abbraccio. «Ma certo che Giovanna ti
dà una seconda possibilità!! Non avresti dovuto
neanche chiederglielo! Era ovvio!»
Elsa
rispose con lo stesso slancio. La sua cara, cara, sorella.
Quanto
doveva aver sofferto! Quanto…! E forse
non poteva recuperare
tredici anni, ma i passi fatti per ricucire il loro rapporto stavano
dando i frutti.
«Grazie».
Dopo averla stretta un’ultima
volta, Elsa sciolse l’abbraccio guardandola con
curiosità. «Perché ti stavi lamentando
con Giovanna?»
Anna
distolse lo sguardo non sapendo bene come rispondere. Elsa era
sicuramente stanca dopo quella lunga ed interminabile mattinata: non
voleva tediarla con i suoi problemi. La regina era stata
così impegnata che non era riuscita a vederla neanche a
pranzo, – anche se fonti sicure le riferirono che avesse
mangiato adeguatamente. Al contrario di lei, che aveva passato tutto il
tempo a passeggiare per le vie della città e ciondolare per
il castello, senza dimenticare l’avvelenarsi il sangue con la
preoccupazione che ancora le attanagliava lo stomaco.
«Anna.»
la richiamò
all’attenzione la sorella.
«Nulla
di cui tu debba preoccuparti!» le rispose
allora con voce squillante per mascherare la voglia che aveva di
confidarle le sue ansie e paure.
Elsa
rilasciò un sospiro, comprendendo quanto fosse restia a
parlarle. Si rattristò giusto un attimo, prima di venire
rinfrancata da un’idea. Era stanca sì, ma per
nulla al mondo avrebbe abbandonato sua sorella nel momento di bisogno.
E se quello si sarebbe rivelato un ottimo metodo per farla parlare,
allora… che ci facevano ancora lì?
«Va
bene, ho capito.» annuì.
«Andiamo.»
Anna
le lanciò uno sguardo confuso.
«Dove?» chiese.
Elsa
le rispose con uno strano sorriso senza darle spiegazioni,
prendendole la mano per farsi seguire. Anna allora obbedì,
anche se non sapeva bene dove volesse portarla, ma il calore emanato
dalle loro mani strette la faceva ben sperare: Elsa che fuggiva ogni
contatto, adesso era la prima a cercarlo.
Insieme
attraversarono la sala, uscendo, e presero il corridoio fino
allo scalone che scendeva nell’ampio atrio. Anna
intuì le sue intenzioni quando si apprestarono a scendere i
gradini in marmo bianco, raggiungendo così il massiccio
portone in legno che dava sul cortile. I soldati che erano di guardia
rivolsero loro un inchino di saluto, affrettandosi a tirare le maniglie
per aprire.
«Andiamo
un attimo in cortile. Torneremo presto.»
li informò Elsa.
«Buona
passeggiata, vostre altezza.» le salutarono
i due soldati che avevano aperto.
La
regina rivolse loro un sorriso di ringraziamento, prima di varcare
la soglia con una confusa Anna che ancora cercava di risolvere quel
mistero: uscivano a fare cosa? Una passeggiata? Un giro in
città?
Quando
alle loro spalle sentirono il tonfo dell’avvenuta
chiusura del portone, Elsa le lasciò andare la mano che
aveva stretto fino a quel momento. Poi, con un gesto deciso
ordinò al potere di scatenarsi.
Anna
non poté che rimanere affascinata da quello spettacolo,
come ogni volta che la vedeva anche solo muovere le mani per
materializzare un semplice fiocco di neve – mai uguale ai
precedenti e per questo così speciale. I rivoletti di
ghiaccio si spandevano rapidi lungo il perimetro del cortile,
congelando il terreno e le pareti, formando delle statue astratte con
il getto delle fontane e cristallizzando le gocce d’acqua in
catenelle tintinnanti. In pieno agosto, a quelle elevate temperature,
Elsa aveva dato vita a quel piccolo pezzo di refrigero.
L’invidia cancellò un po’
dell’ammirazione che provava per la sorella: lei,
così normale, così poco
principessa, si sentiva
minuscola al confronto di quel suo potere strabiliante e di quella
regalità che emanava ogni suo più piccolo
movimento – persino quel semplice sollevarsi
dell’orlo del vestito che indossava.
Elsa
la riscosse dal torpore in cui era caduta, colpendola di sorpresa
con una palla di neve.
«Ti
va di giocare?» le propose con un sorriso
malandrino.
Anna
assottigliò gli occhi fulminandola divertita con lo
sguardo. «In guardia, Elsa! Anche se governi il ghiaccio, a
palle di neve sono imbattibile!» la informò, prima
di raccogliere una manciata di neve e lanciargliela contro.
Elsa
ebbe il tempo di schivare il primo colpo, quando venne colpita dal
secondo. Aveva ragione, allora! Era abbastanza veloce nel compattare la
neve e prendere la mira, ma non si sarebbe fatta battere facilmente.
Concentrata, si affrettò a muovere le mani per dare forma
alla palla di neve che l’avrebbe definitivamente stesa.
«No,
Elsa! Così non vale!!»
gridò Anna troppo tardi: la sorella era riuscita a colpirla
sul braccio.
Elsa
per tutta risposta rise divertita. «Va bene, va bene.
Giochiamo ad armi pari.» concesse.
«Bene.
Stai a vedere!!» si riprese Anna
scagliandole una raffica di palle di neve, sicura di colpirla. E
infatti, Elsa ne fu travolta, perdendo l’equilibrio.
«Elsa!!» esclamò preoccupata quando la
vide cadere a terra. Si affrettò a percorrere i pochi metri
che le separavano, raggiungendola per accertarsi di non averle fatto
del male. «Oh, no! Scusami! Scusami!!» ripeteva
contrita.
Fu
nel momento in cui Anna si accovacciò che Elsa smise di
fingere e la spinse per farla cadere sulla neve.
«Elsa!!»
urlò. «È
gelata!» protestò poi.
«Cosa
ti aspettavi? È neve.»
scoppiò a ridere di gusto la regina.
Anna
rinunciò a fare l’offesa non appena
sentì il suono cristallino delle sue risa. Ah,
tutta
l’attesa e la pazienza finalmente venivano ripagate!
Così si unì a lei con una risata liberatoria.
«Non
sei stanca?» le chiese ancora un po’
ansimante, dopo che si furono calmate.
Elsa
annuì, alzando gli occhi al cielo nuvoloso per
mantenere la temperatura fredda in quel loro piccolo mondo.
«Ma non potevo certo perdermi un’epica battaglia a
palle di neve con la mia adorata sorellina.» sorrise
dolcemente.
«Che
sorella fortunata!» scherzò Anna,
spintonandola con il gomito.
«Be’,
dovremmo chiederlo a lei.» disse,
lanciandole un’occhiata.
«Sono
sicura che è stata contentissima di giocare!
E di vincere, soprattutto!»
Elsa
si lasciò andare ad una piccola risata, prima di
tornare seria. «Allora perché non vuole confidarsi
con me? Forse non si fida?»
Anna
si impensierì di colpo, alzandosi a sedere sulla neve.
Osservò Elsa che ricambiava il suo sguardo ancora stesa sul
freddo manto bianco, come fosse la più calda delle coperte
– e forse per lei lo era.
«Io…
ecco… Non volevo darti altri
pensieri. Ho visto quanto Arendelle ti prenda e lo so che trovi sempre
il tempo per me, ma non voglio essere un peso.»
abbassò lo sguardo, abbracciandosi le ginocchia e
poggiandoci sopra il mento imbronciato.
«Anna».
Anche Elsa si alzò per mostrarle
quello che provava. «Tu non sarai mai, mai, un peso per
me.» la scosse da una spalla. «Se non ti confidi
ora, non lo farai mai. Come posso essere tua sorella, se tu non me ne
dai l’opportunità? Ormai siamo una famiglia: tu ed
io, ed anche Kristoff, Olaf e Sven.»
Anna
la guardò con la coda dell’occhio e
riuscì a leggere in quegli occhi così azzurri e
freddi tutto il dolore che provava. Capì lo sconforto e la
paura di venire allontanata, quando non voleva null’altro a
parte starle accanto. Comprese che in quel modo la stava
involontariamente allontanando.
«Oh
no, Elsa! Non volevo ferirti.»
sussurrò rattristata. «È solo
che… Ecco, non ti sembra che manchi qualcuno?» le
confessò.
Elsa
rifletté sulle sue parole. Qualcuno? Mancava qualcuno?
Ma chi…?
«Kristoff?
Olaf?» tentò. Era stata
così tanto presa dagli impegni che solo in quel momento ci
fece caso… In effetti, era strano che Anna si trovasse da
sola nella sala dei quadri quando aveva un innamorato che la
corteggiava e degli amici ad intrattenerla.
Anna
annuì abbattuta.
«Non
sono qui?» continuò ad indagare la
regina, ricevendo una risposta affermativa. «Dove sono
andati? Perché non ne sono stata informata?» si
alterò.
Anna
scrollò le spalle. «Stamattina quando mi sono
svegliata abbiamo fatto colazione insieme e poi non ho più
visto nessuno di loro. Sai, dovevo fare un salto in biblioteca: non
posso mica farmi trovare impreparata per l’incontro di
domani!... Così, ho chiesto alle guardie e mi hanno detto
che avevano visto il mastro allontanarsi con la slitta, una renna e un
pupazzo di neve. Ho provato a cercarli giù in
città, ma… niente, nessuna traccia.»
raccontò, nascondendo il volto tra le braccia incrociate.
«È tutta la mattina che cerco di capire dove siano
andati! Forse Kristoff si è stancato di me, ma –
accidenti!! – poteva dirmelo in faccia anzi che sparire, no?
Sono così confusa e preoccupata… Dove
mai-»
Elsa
la interruppe, sentendosi ribollire. Anna aveva passato tutto quel
giorno ad angosciarsi e preoccuparsi per i suoi amici, quando avrebbe
dovuto ridere e scherzare come sempre! Non voleva vederla soffrire come
per la loro separazione forzata.
«Questo
non avrebbe dovuto farlo! Punto primo: bisogna sempre
informare la regina di qualsiasi spostamento! Punto secondo: come
può averti abbandonata così?!»
A
quelle parole Anna alzò il viso: non credeva che Elsa
l’avrebbe presa così tanto a cuore!
«Ehm,
Elsa… Forse ho esagerato. Non credo mi abbia
abbandonata, non sarebbe da lui! Lo conosci anche tu, no?»
tentò di farla ragionare. Forse aveva fatto male a
confessarle tutto…
«No,
non lo conosco… non come vorrei. E neanche
tu, a quanto pare.» le rispose in modo secco.
«Adesso
basta, Elsa! Si sarà soltanto
allontanato.» Anna non poté che prendere le difese
del ragazzo.
«Sono
la tua regina, Anna! Non puoi dirmi
“basta”. E non puoi neanche difenderlo
così, a spada tratta!»
«Ma,
Elsa! Io lo conosco meglio di te! So con chi ho a che
fare, non ti pare?!» s’infervorò.
«Ah,
certo!» Elsa sospirò esasperata.
«Come quella volta che volevi sposare il principe
Hans!» si morse il labbro quando capì
ciò che le aveva detto.
Anna,
infatti, si alzò punta sul vivo allontanandosi da lei
con l’intenzione di rientrare al castello. Quello proprio non
avrebbe dovuto dirlo! Accidenti a lei!
«Anna!
No, Anna! Aspetta!!». Elsa si
affrettò a raggiungerla. Le afferrò un braccio
per fermarla e voltarla: era offesa – no, furiosa –
per la sua reazione eccesiva. «Non volevo dire quello che ho
detto, è stata un’uscita infelice. Io sono
solo… preoccupata per te. Non voglio che ti si faccia del
male, mai.»
Anna
rilasciò un sospiro. «Ho capito, ma le tue
parole mi hanno ferita.»
«Sì,
lo so. Scusa.» si
disperò Elsa, facendola sciogliere in un piccolo sorriso
divertito.
«Sei
davvero pentita?». Anna non resistette alla
tentazione di vendicarsi un pochino.
«Sì,
lo sono!»
«Davvero
davvero?»
«Certo!»
«Davvero
davvero davvero?»
«Anna!!»
si esasperò Elsa, mentre questa
scoppiava a ridere di gusto.
«Va
bene, accetto le tue scuse!»
Elsa
sospirò rasserenata. Quante cose si era persa in tutti
quegli anni! Quante sfumature del carattere di Anna non era riuscita a
cogliere attraverso quella porta. Sentiva, certo, ma non era abbastanza
per affermare con sicurezza di conoscerla. A parte la sua risata
contagiosa e la sua voce squillante, di lei non aveva avuto che una
vaga idea. In quel momento, invece, aveva scoperto che poteva
rattristarsi o prendersela per una sciocchezza. Be’, non
proprio una sciocchezza…
«Avrai
ragione tu. Kristoff si sarà allontanato un
attimo, chissà a fare cosa, e avrà avuto
difficoltà a tornare. Sono sicura che arriverà
presto, ma non scamperà a una bella strigliata sia per la
mancata comunicazione che per le preoccupazioni che ti ha
dato!» stabilì decisa.
Oh-oh,
ridacchiò tra sé e sé Anna. Non
avrebbe voluto trovarsi nei panni di Kristoff! Povero…
Però così avrebbe in qualche modo capito che
certe cose non andavano fatte.
«La
neve!!» trillò una voce infantile
seguita da un coro ammirato. «La regina ha portato la neve!
Evviva!!»
Le
due si voltarono di scatto verso i cancelli aperti: alcuni soldati
cercavano di calmare degli impazienti bambini che aspettavano di poter
entrare per giocare, dicendo loro di dover chiedere il permesso alla
regina. Elsa, allora, guardò Anna e lesse nei suoi occhi la
stessa idea.
«Lasciateli
passare e ordinate ai cuochi di preparare un
grande buffet all’aperto!»
Non
appena ebbe pronunciato quelle parole, i soldati permisero ai
bambini di correre nel grande cortile in mezzo alla neve. Le loro urla
riempirono subito il silenzio del castello e, a poco a poco che si
diffuse la voce, accorsero sempre più persone. Alcuni
genitori si avvicinavano alla regina costernati per il disturbo
arrecato, ma Elsa respingeva le loro scuse con un sorriso e una parola
di cortesia, oltre che un invito a godere di quella piccola festa
improvvisata.
In
poco tempo il cortile si riempì di paesani e di un
delizioso profumino di carne appena arrostita e minestra calda, oltre
che di dolci appena sfornati. Fu così che Elsa ed Anna
cenarono tra chiacchiere e risate, rallegrate dalla presenza e
dall’affetto che il popolo dimostrava nei loro riguardi.
«Dovresti
prendere sul serio l’idea di rendere
ufficiale una nuova festa settimanale: il FrozenDay! Non ti sembra
un’idea geniale?» propose la minore suscitando le
risate della regina che non fece in tempo a risponderle, distratta da
un richiamo.
«Anna!!»
riuscirono a distinguere in mezzo alle
alte voci del cortile. L’interpellata si guardò
intorno confusa fino a quando non individuò la provenienza
della voce.
«Tu?!»
esclamò riconoscendo Kristoff,
che si stava sbracciando in mezzo alla folla per farsi notare.
«Tuuu!!» ribadì tetra andandogli
incontro.
I
due si incrociarono a metà strada e Anna non avrebbe
notato la presenza di Olaf, se questi non avesse annunciato:
«Siamo tornati!».
«Oh.
Ciao anche a te, Olaf.» lanciò un
rapido sguardo al pupazzo di neve per poi tornare a fulminare il
montanaro. «Dove sei stato!?» sibilò a
denti stretti. «Anzi, no! No, non lo voglio sapere! Non
dirmelo! Non ero affatto preoccupata, sai? Sapevo che saresti
tornato!» si finse indifferente. «Ma questa non
è comunque una giustificazione!!» si
sfogò poi, non riuscendo a rimanere impassibile a lungo.
«Anna.
Anna, calmati!» cercò di
rabbonirla Kristoff, non avendola mai vista arrabbiata in quel modo
– anzi, per la verità solo una volta: quando
Marshmallow li aveva buttati fuori dal castello di Elsa.
«Sono
calma!!» sbottò la principessa.
«Calmissima!»
«Ma
io te l’avevo detto che sarei stato via
oggi.» si giustificò il montanaro, mettendo le
mani avanti.
«Aspetta,
che?! Quando?!» indagò Anna.
«Non mi hai detto nulla stamattina a colazione!»
«Be’,
sì… È che
è stato tutto un po’ improvviso… Ma ti
ho lasciato un biglietto!»
«Non
ho ricevuto alcun biglietto.»
«Come
non-?!». Kristoff inclinò di lato
la testa per volgere lentamente lo sguardo sul pupazzo di neve vicino
alla regina. «Olaf!!» urlò furioso per
farsi sentire ma, non ricevendo risposta, prese la mano di Anna e si
affrettò a raggiungerlo.
«Olaf!»
riprovò, dimenticandosi di
essere al cospetto della regina.
«Sì?»
rispose il pupazzo di neve.
«Dove
hai messo il biglietto che ti avevo detto di dare ad
Anna?»
Olaf
ci rifletté su accigliato, non ricordando. Poi sorrise:
«È vero! Eccolo!». Immerse un ramo che
fungeva da braccio nella neve di cui era costituito, tirando fuori un
pezzo di carta ormai ghiacciato e illeggibile. Lo porse alla
principessa che lo prese, sforzandosi nella lettura.
«Olaf!!»
sospirò sconfortato Kristoff,
passandosi una mano sul viso. «Maledizione! Glielo dovevi
dare prima, non ora che siamo tornati!»
«Aaaah.»
annuì il pupazzo di neve.
«Tu però non l’avevi specificato. Hai
detto solo: “Olaf, dai questo ad Anna”.»
lo imitò in modo così buffo che Anna ed Elsa
faticarono a trattenere le risate.
Poi
la principessa si avvicinò al montanaro prendendogli il
volto tra le mani e sorridendogli dolcemente per consolarlo.
«Va tutto bene, ho capito cosa è
successo.»
Kristoff
la guardò negli occhi mortificato. «Anna,
mi dispiace davvero! Io ero solo…»
s’interruppe per frugare nella tasca dei pantaloni con una
mano e tirare fuori il pugno. Anna lo osservò
aprirsi lentamente fino a rivelare il contenuto: un braccialetto
intrecciato di fiori e piccole bacche.
«Ma…
è bellissimo!»
esclamò ammirata avvicinando una mano per prenderlo.
«È per me?» chiese poi, incerta.
«Certo!»
le sorrise Kristoff prendendo il
braccialetto dalle estremità per allacciarlo intorno al
sottile polso della ragazza. «Era da un po’ che
pensavo di andare a trovare i troll: volevo aggiornarli sulle
novità. Così… ecco, mi hanno dato
questo per te.»
Anna
gli sorrise arrossendo sulle guance per quel pensiero gentile. E
lei che aveva pensato… Aaah, non voleva neppure ricordarlo!
«Stamattina
non sono venuto a salutarti di persona per non
disturbarti. So quanto ci tieni all’incontro di domani
e… Pensavo di non fare così tardi, ma lo sai come
cambia il tempo in montagna.» finì di spiegare il
giovane.
«Non
preoccuparti, ormai è tutto dimenticato. E
l’importante è che tu sia tornato sano e
salvo!». Anna lo abbracciò di slancio.
«Che tutti siate tornati sani e salvi.»
chiarì poi, lanciando uno sguardo a Olaf che le sorrise
colpevole.
Elsa
assistette alla scena sorridendo dolcemente, anche se ancora
doveva abituarsi a quella situazione: aveva appena riavuto sua sorella
e doveva già dividerla con uno sconosciuto. Inoltre, non
aveva mai provato quei sentimenti contrastanti: felicità
mista a gelosia. Lei, che aveva sempre celato le emozioni, adesso ne
era preda ogni giorno, era libera di mostrare.
«Prego,
Kristoff, serviti pure. Devi essere affamato dopo il
viaggio.» lo invitò con un gesto della mano.
«Farò portare le migliori carote delle cucine per
Sven e… Olaf? Tu mangi?» chiese poi incerta.
«Naaah,
vado a giocare con i bambini!»
esclamò il pupazzo di neve entusiasta, allontanandosi con un
inchino per immergersi subito nella folla festante.
«Aaah!!
R-Regina E-Elsa!» balbettò
Kristoff in tremendo imbarazzo con le gote rese ancora più
rosse dal freddo. Non aveva notato la sua presenza e adesso non sapeva
proprio come rimediare, dopo tutto quello che aveva fatto per lui: la
slitta, il lavoro, Anna. «I-Io… Mi
dispiace!» si inchinò.
Elsa
tentò di mostrarsi ferrea nella sua rimostranza, ma poi
si sciolse in un sorriso. «Alzati, Kristoff. Non hai nulla di
cui scusarti, ma la prossima volta vedi di fare più
attenzione ed evitarci così inutili ansie e
preoccupazioni.»
«Ma
certo, maestà!». Kristoff si rimise
in piedi sotto lo sguardo divertito di Anna.
«Elsa.»
lo corresse la regina.
«Elsa.»
ripeté il giovane in modo
automatico.
Elsa
lasciò uscire dalle labbra arricciate uno sbuffo
divertito, decidendo di allontanarsi per regalare ai due un
po’ di intimità. Eh già, doveva
abituarsi presto: sentiva già in lontananza i rintocchi
delle campane…
«Bene,
allora vado anch’io. Divertitevi.»
augurò loro.
«Aspetta!»
la fermò subito Anna.
«Sì?»
rispose, in attesa.
La
principessa prese un grosso respiro prima di parlare.
«Grazie per oggi.» le sorrise col cuore, subito
ricambiata dall’espressione dolce di Elsa.
«Sono
tua sorella, ricordi?» scherzò.
«Sì!».
Anna scoppiò a ridere.
«La migliore che avessi mai potuto desiderare!», e
di questo ne era più che convinta.
Grazie per essere arrivati fin qui ;)
Questa volta non ho molto da dire… Mi sono buttata sul dopo Frozen, ispirata da questa clip. Avrei voluto inserire davvero tutta questa scena, ma non ci sono riuscita.
Spero abbiate apprezzato questa semplice one-shot :) Dopo le lacrimucce e i cuoricini spezzati della precedente mini-raccolta (per chi volesse farci un salto: qui), lasciamo spazio alla fluffosità tra sorelle! Ma quanto sono dolci? *-*
Spero di essere riuscita a mantenere l'IC dei personaggi... e chiedo perdono per il
titolo che non mi piace granché, ma non avevo proprio idee xD
Un saluto,
Calime |