La Regina di Spade

di khyhan
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0 - il Matto

0 – Il Matto

La Follia della Fine

e

l’Inizio del Destino

 

Babilonia, Mesopotamia. 587 a.C.

 

Atlaeia si svegliò di soprassalto, coperta di sudori freddi e con la bocca dello stomaco chiusa per la tensione.

L’aveva addormentata.

Nefer l’aveva addormentata con l’uso della magia ne era sicura.

– Nefer? – chiese tremante cercando l’uomo nella stanza. Lo trovò seduto sul davanzale della finestra con solo il gonnellino intorno alla vita. Una vecchia abitudine egizia che non si era mai tolto in tanti anni di vita a Babilonia e che riaffiorava quando era preoccupato. Osservava corrucciato le nubi nere cariche di tempesta e presagi di morte sulla città. La spada di bronzo era appoggiata accanto a lui come una fedele amica che lo aveva servito in tanti anni. Il mento appoggiato sulla mano fece sorridere Atlaeia, aveva visto Nefer in quella posizione tante volte e amava il modo in cui i ricci gli ricadevano sugli occhi verdi. Nonostante l’età e ciò che lui aveva fatto e visto, il viso di Nefer era rimasto innocente come quello di un bambino.

– Mi hai addormentata. – gli disse alzandosi dal basso letto con delle raffigurazioni degli déi di Babilonia intagliati nel legno. Nefer non smentì le sue parole. Si strinse a lui che con le sue braccia forti la scaldavano e la rassicuravano. Quando affondava il viso nel suo petto, Atlaeia sapeva che nulla poteva ferirla. Eppure era andata da lui proprio per chiedergli quello: di ferirla. Era andata dall’unica persona in cui aveva fiducia per chiedergli di porre fine alla sua prigionia, ma prima che potesse parlare, Nefer l’aveva addormentata. Lui sapeva che la situazione stava precipitando, Babilonia era arrivata al limite e le continue lotte per il potere avevano portato alla morte di molti schiavi come lei. Sapeva che non potevano più andare avanti e amarsi di nascosto, che Malik diventava ogni giorno più folle e geloso. Aveva ucciso un uomo innocente solo perché l’aveva sfiorata e poi l’aveva picchiata sussurrandole all’orecchio di non istigare più gli uomini con la sua bellezza o la prossima volta avrebbe decimato la città. Se il suo padrone avesse della profondità del suo amore per Nefer, cosa gli avrebbe fatto?

Era corsa da lui per amarlo un’ultima volta e sentirsi cullata dal suo calore e perché lei era una codarda e non riusciva a rivolgere il pugnale contro se stessa. Era andata dall’unico uomo che aveva provato a capirla che aveva guardato oltre al suo corpo e l’aveva amata nonostante lei fosse una schiava. Tra le sue braccia si era sentita tratta come una donna e non come un oggetto ed era così che voleva morire.

Gli baciò il palmo della mano sentendo i calli sulle labbra. Il guerriero che era il lui si era allarmato poche ore prima guardandola negli occhi. Aveva riconosciuto lo sguardo di una persona che non aveva più nulla da perdere e nemmeno il loro amore era più in grado di farle sopportare l’orrore che era costretta a vivere ogni giorno; eppure Nefer l’aveva accolta tra le sue braccia e le aveva sussurrato di amarla con ogni suo respiro. Atlaeia ricordava i suoi baci e il suo tocco mentre la amava, ma prima che lei potesse dar voce alla sua richiesta un velo nero l’aveva avvolta e lei si era addormentata.

– Cosa riesci a farmi, Atlaeia? – mormorò  lui con voce roca affondando il viso nei suoi capelli biondi. – Così bella. Così preziosa. La donna più bella che il mondo abbia mai visto. Per te brucerei questa città sacrificandola a Marduk. – discese la curva del collo della donna stampandole una fila di baci sul suo corpo nudo. Atlaeia si godette quel contatto cercando di non pensare a ciò che le aveva appena detto Nefer. Da tempo l’uomo aveva dimenticato i suoi dèi in Egitto per quelli di Babilonia, anche se nel sonno lo sentiva mormorare parole in egiziano che lei non capiva e la stringeva più forte. – Non posso più separarmi da te, amore mio. – le disse baciandole la testa. – Non posso più rimandarti da Malik sapendo cosa ti fa. Come ti usa.

Atlaeia gli prese il volto tra le mani e lo guardò perdendosi nei suoi occhi. Esisteva solo lui nel suo cuore e nella sua mente e nulla avrebbe potuto cancellare il ricordo di quel viso che tanto amava. – Presto Malik sarà qui. – rispose lei.

Il suo padrone. Il suo aguzzino. Il suo creatore. Il migliore amico dell’uomo che amava. Non ci avrebbe messo molto a scoprire dove fosse scappata Atlaeia e allora sarebbe stata la fine per entrambi.

– Possiamo fuggire. – propose Nefer tornando a guardare fuori. La città era in fermento, animata dalla follia. Correndo da Nefer, Atlaeia era stata costretta a fare lunghi giri per evitare la violenza che dilagava per le strade. – Presto scoppierà la guerra a Babilonia, Malik sarà troppo impegnato a difendere il proprio potere. Possiamo approfittarne.

– Abbandoneresti così la città? Hai giurato di proteggerla. – Atlaeia seguì la direzione del suo sguardo fermandosi sui Giardini Pensili e sui templi vuoti e silenziosi. Come la notte in cui era rinata nell’aria aleggiava l’odore di zolfo e di bruciato, sentiva che tutto ciò che c’era di bello a Babilonia sarebbe bruciato fino alle fondamenta. Erano anni che viveva lì, da quando Malik l’aveva comprata al mercato degli schiavi, ma la vista dei Giardini la lasciava sempre senza fiato. Se li avessero dati alle fiamme in un momento di follia significava che per la città non c’era più nulla da fare.

– Per Marduk, donna! – Atlaeia sobbalzò all’imprecazione di Nefer. – Non lo capisci che per questa città non c’è più speranza? Siamo andati troppo oltre! Babilonia crollerà su se stessa, con me o senza di me. – si voltò a guardarla di nuovo accarezzando il viso lentamente. – L’unico di cui mi preoccupo sei tu, cuore mio. Malik ti ucciderà se ti prenderà, il seme della Follia l’ha travolto. Se coprisse cosa abbiamo fatto. – si prese il volto tra le mani dondolandosi sul posto e Atlaeia tremò accanto a lui. – Se coprisse cosa ho fatto! Ti ha già immolata su un altare una volta quando ti ha dato tutto quel potere. Ti immolerà alla sua gelosia se ti prende... – Atlaeia mise a tacere le sue proteste baciandolo. Un bacio dolce, che solo Nefer conosceva nei momenti di intimità strappati alla frenetica vita babilonese. – Non mi toccherà più, Nefer. – sentì una lacrima sfuggirle. Era arrivato il momento di palare anche se lui si era rifiutato di ascoltarla poche ore prima. Entrambi avevano bisogno di sentire quelle parole e essere liberi di seguire il proprio destino. – Sai cosa devi fare. Sai come impedire che mi tocchi di nuovo. – accarezzò il fodero della spada e Nefer si allontanò di scatto come se lei lo avesse schiaffeggiato.

 – Non puoi davvero chiederlo! – protestò. – Che ne sarà di Omarosa? Che ne sarà di nostra figlia? – la afferrò per le braccia e la scosse cercando di farla tornare sui suoi passi. – Posso tenere entrambe al sicuro! Posso far sì che Malik non ti tocchi più! Posso ucciderlo! Non chiedermi una cosa del genere. Io non posso farlo.

Atlaeia scosse la testa con le lacrime che le scendevano copiose sul viso. – Non puoi, Nefer. Siete stati amici per tanti anni. Non puoi farlo davvero. E Malik non farà nulla a Omarosa, la crede sua figlia, non la toccherà. Io sono solo una schiva. Sono sacrificabile per voi.

– Per tutti gli dèi! – Nefer afferrò la spada e la abbatté sul tavolo di legno, mandandolo in pezzi. – Avrei dovuto comprarti io quel giorno! Io! Non avrei dovuto lasciare che ti prendesse. Sono stato così egoista... Volevo solo qualche schiva che mi facesse divertire. Malik ha speso per averti quello che avevo pagato io per dieci, eppure l’acquisto migliore l’ha fatto lui. Gli avevo dato del folle quel giorno, ma il vero folle sono stato io a non comprarti.

Atlaeia abbassò gli occhi sul pavimento di legno, anche se Nefer l’avesse comprata non sarebbe cambiato niente. Sempre una schiava sarebbe rimasta e questo lui non lo capiva. – Nefer, – chiamò piano – ti prego. Per anni ho servito Malik in tutti i modi. Sono sempre stata una schiava, ma voglio morire come desidero io: tra le braccia dell’uomo che amo.

Lui scosse la testa. – Non posso.

– Hai passato a fil di spada tanti uomini e non te ne sei preoccupato. – singhiozzò.

– Ma non lo farò con la donna che amo, che mi ha dato una figlia, – le posò una mano sull’addome. – e che sta aspettando il secondo.

Lei alzò gli occhi su di lui. – Come lo sai? – lo aveva capito solo da pochi giorni e non lo aveva ancora detto a nessuno.

– Sono un mago. – rispose distogliendo lo sguardo. – Sento la vita crescere dentro di te.

Atlaeia gli voltò il viso e lo costrinse a guardala di nuovo. Il suo amore aveva distrutto quell’uomo, aveva distrutto Malik, aveva distrutto se stessa. – Nefer, ti supplico, fallo. Ho sempre vissuto come una schiava. Non ho mai visto la mia terra d’origine. Se esiste un modo per tornare dopo la morte voglio rinascere lì come una donna libera. Voglio vedere le montagne coperte di neve e i fiumi diventare freddi e duri con la pietra e non posso farlo da schiava.

– Non posso.

– Puoi. – Atlaeia estrasse la spada dal fodero e gliela offrì. – Ti supplico. Per anni Malik ha fatto di me quello che voleva. Anche se scappassimo insieme il ricordo non se ne andrà mai e lui ci darà la caccia. Mi perseguiterà in eterno. Non sarò mai libera. È l’unico modo e voglio che sia tu a farlo. Voglio essere tua fino all’ultimo respiro che mi rimane.

Nefer fissò a lungo la spada per poi impugnarla con i polsi che gli tremavano. – Chiudi gli occhi, amore mio. – sussurrò sulle sue labbra. Lei obbedì e il respiro di Nefer le accarezzò il viso con un’ultima, tenera carezza. – Ci ritroveremo ancora, te lo giuro. E possa Marduk essermi testimone, non ti perderò di nuovo. – sentì il bacio di Nefer aumentare di pressione mentre le apriva la bocca. La tenne stretta senza mai lasciarla andare quando la trafisse appena sotto il cuore, lì, dove quel giorno maledetto Malik l’aveva marchiata condannandola a essere una dominatrice del vento.

 ***

Nefer cadde in ginocchio stringendo il corpo insanguinato e senza vita di Atlaeia. Non l’avrebbe più rivista. Non le avrebbe più parlato, né si sarebbe perso nei suoi occhi di due colori diversi.

Urlò di rabbia mentre la follia lo sopraffaceva. Babilonia aveva trasformato lui in un mostro e la donna della sua vita in un essere magico. Tutto per avere il potere della Magia Originale.

L’avrebbe distrutta. Avrebbe distrutto quella città che lo aveva venerato come un dio per poi abbandonarlo al suo dolore e alla disperazione. Avrebbe dimostrato a tutta quella gente cosa significava mettersi contro di lui e le sue illusioni. Sarebbero arrivati a pregarlo perché li uccidesse.

Avrebbe distrutto la città che lo aveva incatenato con le sue leggi e i suoi lussi facendola crollare fino all’ultima pietra.

E avrebbe distrutto Malik, che nei suoi piani di conquista della Magia Originale aveva coinvolto Atlaeia costringendola a diventare come lui.

Estrasse la spada dal corpo della donna che amava. Respirava affannosamente mentre artigliava il pavimento che si copriva del sangue di Atlaeia.

– Ci ritroveremo. – urlò. – E ti amerò di nuovo, te lo prometto. Nella prossima vita. In cento prossime vite. Ogni volta mi innamorerò di nuovo di te. Tu sei mia e il mio cuore è tuo. – si alzò tremante aiutandosi con la spada e andò a sbattere contro il muro non riuscendo a stare in piedi.

Aveva tolto la vita a centinaia di persone. Sui campi di battaglia. Al tribunale. Per solo il suo piacere personale o perché gli avevano dato fastidio,  ma mai si era sentito così. L’odore di morte gli stava dando la nausea eppure voleva sentirlo ancora, voleva che tutti provassero ciò che stava provando lui.

La porta al piano terra venne sfondata con un violento colpo. – Nefer! – la voce di Malik gli diete una nuova sferzata di energia costringendolo a rimettersi dritto. – Dov’è quella puttana, Nefer? Dov’è Atlaeia? – strinse convulsamente la spada coperta di sangue.

Sapeva cosa doveva fare. Mettere al sicuro Omarosa da Malik. Far crescere sua figlia lontana da questo luogo dimenticato dagli dèi. E per farlo doveva uccidere il suo migliore amico.

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NdA: sì, ammetto di essere tornata con la storia che sotto il mio profilo si chiama la Guerra degli Arcani, in una nuova stesura, che stavolta poterò a termine. Devo assolutamente portare a termine. E... Niente! Senza Bea, Vale e Bianca non sarei tornata a pubblicare più nulla, quindi le ringrazio per avermi spronato.

 





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