Un
mese dopo ...
Non si può sfuggire all'amore
<< Me ne vado
Damon. Mi sono stancata, non ce la faccio più. Sono arrivata
al limite. Pensi solo e soltanto a te, non t’importa di noi.
Io merito di meglio. Delena merita di meglio.>>
<< Elena
… non penso a voi ? Perché dici questo ? Prometto
che cambierò. Diventerò migliore per te e per
nostra figlia. Non mi lasciare solo, ti prego. Elena
…>>
<< No,
Damon, è troppo tardi. Non cambierai mai a sufficienza per
valere la nostra vicinanza. E’ inutile, ho preso la mia
decisione e soprattutto ho perso la speranza di combattere contro il
tuo vero io. Sei e sarai sempre un mostro. >>
<< No, non
mi lasciare, io non sono niente senza di te… senza di voi.
>> mi sentivo le lacrime agli occhi.
<< Tanto
non sei niente comunque. >>
Quell’affermazione
mi faceva davvero male… ma inghiottii la saliva e chiudendo
gli occhi chiesi con irritazione:
<< E la
bambina ? >>
<< Me la
porto via con me, pensi che ti potrei mai lasciare mia figlia ?
>>
<<
E’ anche mia figlia, Elena.>> ero davvero
innervosito.
<<
Sì, certo come no.>>
<< Ma
perché ? Elena … >> le bloccai un
polso.
Mi guardò in
faccia e << Non mi rendi felice Damon. >>
La mia più
dolorosa paura si era fatta realtà.
<< Farei
qualsiasi cosa per farti felice. Dimmi cosa vuoi e l’avrai.
>>
<< Ah si ?
Va bene, voglio andare via da te, voglio portare via mia figlia da te.
Voglio un uomo che mi sappia amare tanto quanto merito e Matt
è quell’uomo. Sarà lui a essere
chiamato papà da mia figlia e non tu. Addio
Damon.>>
Proprio in quel momento mi ridestai sudato e spaventato a morte per
quell’incubo assurdo. Era ancora molto buio e le tende della
finestra non facevano trapelare neppure un po’ di luce lunare.
Era stato un sogno, un bruttissimo sogno, che però aveva
risvegliato in me la mia più grande e potente paura: Elena
un giorno si sarebbe accorta di quale zavorra io fossi in
realtà e mi avrebbe lasciato perché inadatto ad
amarla come lei e mia figlia meritavano.
Mi voltai nel letto per abbracciarla ma, con sorpresa, notai che non
c’era di fianco a me.
Mi alzai per andarla a cercare: forse Delena aveva pianto ed io non
l’avevo udita. Elena non desiderava una balia e faceva tutto
da sola, diceva che avremmo cresciuto noi nostra figlia o che al
massimo ci avrebbe aiutato Jenna, Bonnie e Alaric. Era sempre stata
cocciuta, ma qui dovevo ammettere che c’era anche il mio
zampino: ero sempre stato straordinariamente geloso della piccola, per
cui l’idea di affidarla ad altri non mi allettava
assolutamente.
Sorrisi nel pensare a Elena che cullava sulla poltrona la piccola.
ᴥᴥᴥ
Attraversai il corridoio e quando arrivai appena fuori dalla camera di
mia figlia mi sentii male. C’era una lampada a petrolio
accesa su un comodino quindi potei vedere Elena …
Indossava un vestito con un soprabito e non aveva la camicia da notte,
sentivo, inconfondibile, il rumore sommesso dei suoi tacchi …
portava gli stivali invece delle pantofole.
Era intenta a …
Stava preparando un borsone con tutte le cose della bambina, stava
facendo piano e con attenzione per non fare rumore ed essere udita.
Aveva preso anche dei vestitini e alcuni suoi giocattoli.
Il cuore mi si fermò e dovetti poggiarmi al muro e guardando
a terra …
Vidi un’altra borsa ricolma con le sue cose, probabilmente.
Mi portai una mano a spettinarmi i capelli, mettendo insieme i pezzi
del puzzle.
Se ne stava andando via.
Via … Senza dirmi niente, nel cuore della notte come una
ladra, portandosi via anche nostra figlia.
Chiusi gli occhi. Mi maledissi sentendomi morire.
Perché non potevo essere di più ?
Mi sentii annegare per la mancanza di fiato.
Delena dormiva beata nella sua culla mentre vedevo la madre trafficare
per prendere maggior cose possibili.
Rammentai che glielo avevo detto fino a non avere più fiato:
lei non mi doveva niente e che se sé ne voleva andare era
libera e padrona, mi aveva sempre detto di no. Ma forse la sua
riluttanza risiedeva nella paura di una mia reazione. Ero un mostro,
dopotutto …
Non aveva avuto il coraggio di affrontarmi per paura che io non le
lasciassi Delena, forse.
Avevo sempre saputo che lei meritava di meglio, io non ero mai stato
alla sua altezza. Ed ora, semplicemente, aveva aperto i suoi
incantevoli occhi nocciola e si era accorta che voleva di
più. Di più di un uomo che l’aveva
relegata nel suo antro infernale, che l’aveva rinchiusa nella
sua prigione d’oro…
Cadevo come in un burrone senza toccare mai il fondo.
Perché ?
Non ero cambiato a sufficienza.
Non ero buono a sufficienza.
Non mi voleva più perché non la rendevo felice:
il sogno era stato solo una premonizione.
Ecco il perché.
Accostai la porta senza farmi sentire e m’incamminai per i
corridoi con la salivazione azzerata e il freddo a entrarmi fin dentro
le ossa.
Sarei rimasto da solo.
Solo.
Sorrisi tristemente e guardai la luna che sbucava da una finestra.
In fondo sapevo che non poteva durare…
Io non ero il principe azzurro e non avremmo vissuto per sempre felici
e contenti. Questa era la vita vera e dopo la lite di ieri sera aveva
deciso di fare i bagagli e fuggire via da me. Ero troppo asfissiante,
la soffocavo, le toglievo l’aria ed ero troppo geloso. Ma era
perché la amavo più di me stesso: avrei accettato
la dannazione eterna per poterle stare solo vicino.
Mi asciugai gli occhi e cercai in tutti i modi di non crollare proprio
in quel momento.
Andai nello studio e firmai alcuni fogli per poi, con rassegnazione
quasi stoica, sospirare, deglutire e tornare davanti a quella stanza.
Aspettavo che lei uscisse.
Desideravo almeno salutare mia figlia. La mia bambina, la mia luce,
colei che aveva i miei stessi occhi, sebbene i suoi fossero
più vivi innocenti e focosi.
Loro erano tutto quello che avevo: soldi, terra, abitazioni…
Quello non era niente senza di loro.
Lei era Elena. La mia Elena, io avevo fatto di tutto per renderla
felice e sì: avrei rinunciato a lei se questo era quello che
voleva.
La malinconia si stava prendendo gioco di me, mi sentivo come un guscio
vuoto.
Sentii un vagito della bambina e mi venne da piangere sentendo Elena
che le cantava una ninna nanna.
Strinsi i denti fino a sentire dolore ai molari.
Non sarei mai stato così egoista e spregevole da toglierla a
lei. Lei era la madre.
Elena si meritava il meglio e Delena era la miglior cosa che io avessi
mai fatto.
Solo.
Mi avrebbero lasciato da solo.
Questa volta sarei morto senza se e senza ma.
Avevo voglia di urlare per impedirle di fare quello che stava facendo
ma non si può costringere una persona ad amare, lo avevo
capito a mie spese.
Sentii la porta aprirsi scricchiolando quando la vidi uscire a lume di
candela.
Ebbi un fremito.
ᴥᴥᴥ
<< Damon… che ci fai qui ? >>
era sorpresa e insieme preoccupata.
Guardai a terra: era preoccupata della mia reazione, certo.
Le labbra, le mani e le gambe mi tremavano: non ce la facevo a
sopportare tutto quello.
La guardai come si guarda la vita stessa: aveva il cappotto in mano e
la borsa nell’altra. Probabilmente doveva portare via i
bagagli prima di prendere la bambina. Forse fuori dalla nostra villa
c’era un calesse già carico. Mi sentii mancare.
<< Damon ? >>
Le guardai in quegli occhi così splendenti e desiderai
essere polvere in quel momento per poterle entrare in tasca e stare
sempre con lei.
Dovevo farle cambiare idea ? No.
Aveva deciso, sarebbe stato sciocco.
Glielo avevo detto: quando vuoi puoi andartene.
Ora, sebbene io non fossi pronto, era semplicemente arrivata
quell’ora.
Io non meritavo lei e i suoi occhi di fiamma.
Io non meritavo quella meravigliosa bambina con la testolina castana.
Io non meritavo loro.
Non meritavo tale felicità e tutto quell’amore.
Deglutii e dissi tutto d’un fiato con un barlume ancora di
dignità: << Tieni, potrebbero servirti.
>>
Lei li prese guardandomi male e aprì il blocchetto:
<< Assegni in bianco firmati da te ?
>> mi guardò storto, aggrottando le
sopracciglia e scuotendo il capo in modo interdetto.
Era l’unica cosa che potessi fare.
Le sorrisi in un modo tanto triste da inondarmi gli occhi di lacrime,
senza permettere a queste di scendere.
<< Non sono in cambio di Delena, - non la vedevo - non ti
preoccupare, non oserei. – osservai il muro - Se a te o alla
piccola servisse qualcosa, vorrei che li usassi. Solo una cosa ti
chiedo: - la guardai - permettimi almeno di salutare
…>> le parole mi morirono in gola.
<< Damon…no … >>
disse scuotendo la testa.
Quel "no" mi scavò il cuore: perché no ? Io ero
suo padre, dannazione !
<< Permettimi di salutare Delena per l’ultima
volta, solo questo ti chiedo. E’ mia figlia,
Elena…>>
La volevo solo stringere al petto e dirle quanto l’amavo e,
al contempo, baciare quella testolina e quelle manine e bearmi di quel
dolce odore.
Mentre mi avvicinavo alla porta, lei scosse la testa pensierosa e
triste, e mi sentii perduto. Non ero più in grado di aprire
una porta.
Guardai Elena e : << Ti prego di dirle, quando
sarà grande, che l’ ho amata tanto e che
è stata la cosa più bella assieme a te che mi sia
mai capitata. Ringrazio Dio ogni giorno per avermi permesso di aver
avuto voi per tutto questo tempo. E che … >>
<< Ma che dici ? >>
<< Ti prego fammi finire. >>
Mi toccò la fronte in modo in modo angosciato
<< La febbre alta ti fa sempre brutti scherzi, Damon.
Vieni con me. Andiamo in camera. >>
<< Cosa ? Non vai via da me ? >> ero
interdetto.
<< Certo che no.>> mi sorrise raggiante.
Io ancora non capivo: << Non mi porti via Delena ?
>>
<< Cosa ? – era scioccata - No ! Mai !
– mi prese le mani - Damon noi ti amiamo: te lo vuoi mettere
in testa ? >>
Le lasciai le mani e con tono irritato: << Non mi
raccontare balle, lo sai che non le sopporto. >>
<< Ma non sto andando da nessuna parte ! >>
sgranò gli occhi un poco divertita.
Mi sentii libero di tornare a respirare e a vivere.
<< Allora perché hai – li indicai -
il cappotto e la borsa e stavi preparando le cose della bambina ?
>> Ero spaventato a morte.
Mi si accostò al petto : << Sembri
così duro ma sei così fragile in
verità. >>
Mi abbracciò ed io ispirai l’odore dei suoi
capelli e di rimando la strinsi anch’io chiudendo gli occhi.
Io non vivevo senza di lei.
<< Io ti amo Elena. >> mi sfuggì
così senza pensarci.
<< Lo so da quando mi hai preso in braccio la prima
volta.>> mi guardò e mi sorrise con la sua
grazie di sempre.
<< Te lo ricordi ? >> ero incuriosito
perché si dava il caso che lei stesse dormendo quando io la
presi in braccio per la prima volta.
<< Certo, - fece sì con la testa - mi avevi
svegliata. Avevamo appena discusso per le attenzioni, del tutto
legittime, di Matt e ci eravamo chiariti sdraiati sul divano.
>>
Ispirai ed espirai affermando la verità:<< Ma
io ti amavo da prima. >>
<< Ed io ti ho amato dopo e adesso. >>
La strini ancora di più e le domandai:<<
Perché hai il cappotto ? >>
Non ero del tutto certo che lei non se ne volesse andare via da me.
<< Ero andata con Jenna da Matt perché tu
– mi puntò il dito al torace in modo benevolo - mi
avevi detto che stavi bene. Fortuna c’era Alaric con te, eh ?
>>
<< Da Donovan ? Sei andata da Donovan ? >>
quel nome sarebbe stato in grado di ridestarmi dalla morte. Quel
piccolo e inutile essere umano…
Lei rise di gusto sentendomi montare dentro un rancore antico.
<< Non essere geloso, lo sai che non ce
n’è motivo. Si è sposato da poco e noi
stiamo insieme, perché mi devi togliere l’aria
così ? Me lo spieghi mio antipatico, scostante, arcigno
signor Salvatore? >>
Una frase mia aveva compito in modo davvero positivo :<<
Ti tolgo l’aria Elena ? >>
Ero diventato di nuovo un predatore alla ricerca della sua bellissima
preda.
<< Già, mi soffochi. >>
Lo disse in un modo che mi fece angosciare.
<< Per davvero ? >> ero preoccupato.
<< Già, ma in modo contorto mi piace.
– m guardò dal basso verso l’alto - Mi
piaci così come sei.>>
Sorrisi raggiante ammiccandole: avevo bisogno che di tanto in tanto lei
mi dimostrasse il suo affetto. Era questa la mia debolezza, oltre a mia
figlia.
<< Quello non è togliere aria, questo lo
è. >>
La baciai senza remore, freno o inibizioni. Arrivò alla
parete e la baciai ancora e ancora fino a quando alzò le
gambe sui miei fianchi. I movimenti concitati fecero sì che
i suoi e i miei ansimi raggiunsero toni troppo alti da far udire ad una
bimba di poco più di un anno.
Dopo avermi baciato il collo, a guancia a guancia mi sospirò
all’orecchio: << Damon, la tua pelle brucia !
>>
Ma non mi interessava minimamente di me ...
Mi guardò con quegli occhi infuocati e preoccupati, allora,
schiacciandola al muro con poca delicatezza, ma senza farle alcuna
paura, le chiesi ansiosamente:
<< Perché stavi preparando i vestiti della
piccola ? >> avevo il terrore che quel sogno fosse reale.
<< Allora dici sul serio ! – fece scendere le
gambe, arrabbiandosi e spostandosi da me - Domani volevamo andare in
barca, ricordi ? Stavo semplicemente preparando le cose. Ma lo dobbiamo
spostare guarda come stai. >>
Mi guardò ed io annuii con convinzione:
<< Oh, si certo è vero. >>
mentii spudoratamente. Non ricordavo proprio niente.
<< Sai fingere bene ma io non ci casco. Perché
volevamo andare in barca ? >>
<< Oh, Elena – allargai le braccia - abbi
pietà ho la febbre.>>
<< Perché ? >> mi si
avvicinò ancora.
<< Perché …. Perché
…... non lo so.>> ammisi candidamente.
<< E’ il compleanno di Jenna. E stavo
preparando le cose della bambina così che domani non mi
avresti messo fretta. >>
<< Ma io non ti metto mai fretta. >> mi
guardò male.
<< Ok, sì, qualche volta. >>
Mi guardò davvero molto furiosa:<< Hai pensato
davvero che potessi prendere la bambina e andarmene via ?
>>
<< Beh io scapperei da me. >>
<< Io no. >>
<< Ma tu sei Elena, sei buona per
definizione.>>
Sorrise ammiccando.
<< Vieni in camera da letto e ti faccio vedere io quanto
posso essere cattiva. >>
<< Oh signora Salvatore, mi tenta. >>
<< Una volta hai detto che il diavolo doveva avere le
fattezze di una Petrova, quindi …. >>
<< Tu come fai a saperlo ? Mi leggi nella mente ?
>>
<< No. Sei tu che deliri quando hai la febbre alta.
>>
<< Aspetta, devo vedere Delena.>>
Andai nella stanza e le accarezzai la guancia candida mentre Elena ci
vegliava sulla porta.
<< Tu sei la mia febbre. >> la baciai e poi
cercai di lasciare quella stanza perché sapevo che verso
quell’ora si sarebbe svegliata Delena, ma prima di uscire
dalla porta...
<< Gli uomini e un po’ di febbre….
Ah… >> mi fermai ad ascoltarla, voltandomi a
guardarla mentre giocava con le coperte del nostro letto disfatto in
modo barbaro.
<< Cosa vorresti dire, Elena ? >> io mi
avvicinai a lei in tono molto arrogante e lei si tirò il
lenzuolo fino a coprirsi la bocca ma facendo fuoriuscire languidamente
la gamba nuda coperta dalla camicia da notte fino più su di
metà coscia. Sapeva farmi morire con semplici gesti.
Abbassò la coperta e poi: << Siete dei
pappamolla. >> semplice e concisa, riportandosela alla
bocca ridendo.
M’ irrigidii e cacciai il mio ghigno migliore assottigliando
gli occhi, avvicinandomi, e disponendomi sopra di lei con cipiglio
animale.
<< Ripetilo, se hai coraggio. >> mentre la
circuivo in modo per nulla casto, arrochendo il tono di voce.
Rise ed io le accarezzai la gamba scoperta che mise subito sulla mia
schiena,avvicinandomi a lei, e affermando di nuovo a un soffio delle
nostre bocche: << Pappamolla >>
Oh quello era davvero troppo: con una mano presi la sua testa e le
avvicinai la bocca leccandogliela in modo seducente per poi, senza
baciarla, scendere sul suo decolté, in tanto che con
l’altra mano le accarezzavo la natica. Non ero del tutto
guarito dalla febbre, però sentendo vagamente Delena
piangere ci portammo entrambi sull’attenti.
Sarebbe accorsa Bonnie o Jenna ma ci volevo andare io.
Baciai Elena e ci alzammo entrambi da quell’alcova di
piaceri.
<< Ora vado io, intanto vieni qua e dammi un bacio.
>> la tirai a me con prepotenza.
<< Fai piano che poi ti gira la testa ed io non ce la
faccio a tenerti.>> mi accarezzò il collo,
sfottendomi.
<< Ah ! - la guardai sbalordito - Ora mi dai anche del
grasso ? >>
<< Mai detto cosa del genere: - rise - assomigli a una
statua. >>
<< Grazie ! – la baciai ancora - Anche tu non
scherzi mia splendida Elena. Sei perfetta. >>
Le accarezzai i capelli e le baciai candidamente la guancia
massaggiandole la schiena. Era la mia vita.
Sentimmo piangere maggiormente la piccola e perciò mi
dileguai per andare da lei.
ᴥᴥᴥ
Quando aprii la porta, vidi Elena che si era alzata la camicia da notte
rimanendo in intimo e si scrutava allo specchio le gambe e
l’addome, in modo pensieroso, passando poi al petto delicato
che mi piaceva tanto. Quella visione mi fece davvero molto piacere e
quindi me la gustai.
Delena, tuttavia, non era del mio stesso avviso e facendo un
po’ di baccano, Elena si accorse di noi e si ricompose
dicendo un vezzeggiativo alla bimba, avvicinandosi a lei, mentre io la
poggiavo delicatamente sul grande letto.
<< Che c’è ? – guardai
Elena - Hai notato una bollicina ? >>
<< No, è che pensavo che mi dovrei mettere a
dieta.>>
Alzai un sopracciglio mentre lei sfiorava le mani della piccola,
mettendosi sul materasso.
<< Che cosa ? >> ero infuriato, arrabbiato
e davvero inorridito.
<< Non se ne parla. E cosa dovresti dimagrire,
sentiamo.>> ero incollerito.
Lei mi guardò e: << Magari niente
dolci.>>
Che cosa ? Voleva la mia morte ?
<< Senti Elena: se hai qualche etto in più,
è tutta salute e non osare rinunciare a niente. Ti ho vista
diventare pelle e ossa … Dimagrire ? Che sciocchezza ! Io,
comunque per inciso, non te lo permetterei.>> mi
avvicinai sul letto.
<< Non mi permetti ? Ho capito bene ? >>
lei si era messa a sedere.
<< Benissimo. >> mentre guardavo Delena che
farfugliava guardandoci sdraiata mentre con le manine cercava di
prendersi i piedini cicciottelli.
<< Oh – lei si spostò allontanandomi
anche dalla bambina – e allora io non ti permetto di
avvicinarti a me, mio caro Don Giovanni da quattro soldi !
>>
Avvicinai la mia bebè prendendole una mano :
<< Hai sentito Delena ? – guardai Elena di
sfuggita- La mamma non mi vuole. >> mi portai seduto
anch’io.
Aprii le braccia nella sua direzione: << Tu vieni da
papà ? >> le chiesi mentre la vedevo sbattere
le palpebre con quei suoi occhi di un celeste fuoco così
raro da essere unico.
La piccola aprì le braccia paffute, dandomi retta e
guardandomi muovendo le labbra, la presi e la strinsi al mio petto
sorridendo mentre inalavo ancora il suo dolce odore di latte.
Le piaceva stare in braccio al suo papà e io ne ero
orgoglioso.
<< Tale padre tale figlia ! >> disse
incredula la madre, mentre io ridevo soddisfatto.
Mi alzai e con Delena tra le braccia mi avvinai da Elena che non era
arrabbiata, ovviamente, e le porsi sua figlia che baciò
sulla fronte chiudendo gli occhi, dandole l’amore che solo
una madre premurosa sa dare a sua figlia.
Entrambi giocammo con la bambina.
Dopo diedi Delena a Jenna per farla mangiare e riportai
l’attenzione su Elena.
C’era qualcosa che non andava per questo, avevo preferito che
Jenna si prendesse cura della piccola.
<< Mi trovi ancora attraente ? >> chiese
spostandosi i capelli dietro un’orecchia e sviando lo sguardo
da me, mentre si metteva la vestaglia.
<< Ma che ti è preso oggi ? – risi -
Hai la febbre pure tu ? Forse te l’ho attaccata.
>>
Lei mi guardò e capii che non stava affatto scherzando e
perciò mi preoccupai.
Mi avvicinai a lei e decisi di farle capire cosa pensavo:
<< Forse non mi ascolti quando parlo: sei la perfezione
assoluta, Elena.>>
<< Uhm anche con le smagliature ? Dimmi la
verità …>>
<< Che sono ? E dove le hai ? >>
Mi fece vedere delle striscioline sulle gambe e sulla pancia.
Io non me ne ero accorto, tanto per fare una cosa nuova, e quindi
angosciato:
<< Ti fanno male ? >> ero in ansia
toccandogliele.
Lei rise di cuore: << No, non mi fanno male, è
solo la pelle che dopo il parto non si è stesa
bene.>>
Ripresi vita.
Sì, decisi: oggi voleva farmi morire.
<< E che cosa rovinerebbero della tua bellezza per non
essere più attraente ? Non capisco, neppure si vedono a
occhio nudo.>>
<< Beh... noi donne ci facciamo caso. >>
Lei era Elena, punto e basta.
<< Va bene, allora ti faccio vedere come le interpreto
io. >>
<< Che vuoi fare ? >>
Le alzai la camicia da notte e lentamente gliele baciai seducentemente
una per una, intanto che lei rideva di gusto e mi accarezzava la testa
e le spalle.
Poco dopo: << Davvero non ti danno fastidio ?
>>
Sospirai e ammisi con un certo sarcasmo, spostadomi e mettendomi con il
capo poggiato sulle sue gambe, gaurdandola:
<< Effettivamente avevo pensato di lasciarti
per quelle minuscole e insignificanti smagliature che non avevo neppure
visto, in fondo sei solo la mia luce
nell’oscurità, la mia vita e la donna che amo e
che desidero. Ma che vuoi che importi tutto ciò contro
quelle piccole imperfezioni cutanee ?- feci una smorfia -
Meglio buttarti via ! >>
Lei mi sorrise, per poi io continuare: << Non capisco
come tu faccia a stare ancora con me, in verità: sono
vecchio, scorbutico, possessivo e cattivo ! >>
La guardai e lei mi accarezzò i capelli, facendomi sentire
completo solo a quel semplice tocco.
<< Ma lo sai ? Mi hai aperto gli occhi ! Non avevo idea
che fossi anche possessivo. >> si portò una
mano alla bocca per ridere.
Poi terminò con: << Voglio te con tutti i tuoi
pregi e difetti, sognor Salvatore. >>
<< Tu sei il mio angelo, Elena. >>
ᴥᴥᴥ
Ormai sera, ci trovavamo tutti e tre nella nostra camera da letto.
Io mi stavo sciogliendo la cravatta mente Elena, facendo delle boccacce
alla bambina, cercava di liberarsi i capelli dai vari fermagli.
Guardavo quelle creature luminose dallo specchio e m' incantavo.
Elena indossava un vestito sui toni del lilla e viola scuro,
impreziosito sul busto da una fitta rete di piccole perle, mentre
Delena aveva un abito rosso con un ciuffetto sul capo.
Io ero appena ritornato dal porto, Elena dal' orfanotrofio e tra poco
saremmo dovuti andare a cena.
Tutto ad un tratto: << Lei preferisce te.
>>
<< Ma che dici ? - mi voltai dallo specchio incrociando i
suoi occhi nocciola - Non è possibile. >>
<< E’ uguale a te, Damon.>>
Ribatteva lei avvicinandosi a baciare la piccola, oramai con i capelli
sciolti.
<< Ma non è vero ! >> mi
avvicinai a loro, attratto da versi di mia figlia.
<< Mi spieghi qual è il problema se
è simile a te ? E’ tua figlia è normale
che ti assomigli.>>
<< Elena io voglio che lei sia il più
possibile simile a te ! >>
La bambina mi afferrò un dito stringendolo nella sua piccola
mano.
<< Sì ? Beh in tal caso: lei ti ama alla
follia. >>
Ma quanto poteva essere testarda Elena ?
<< Uh quindi sarei in lotta tra due donne.
>> presi Delena e la feci volare in aria e lei rise di
gusto.
Elena si aggiustò l'abito e poi:
<< Ci scommetto: la prima parola che dirà
sarà papà. >>
Guardai quella birbante e provai a farle dire quello che volevo:
<< Delena dì mam – ma, mam-ma.
>>
Emise dei versi non bene identificabili e sia io che Elena ridemmo
felici, per poi sentirla dire:
<< Pa-pà... >>
<< Nooo ! Delena devi dire mam- ma ! >>
dissi tra l' essere dispiaciuto e l' orgoglioso, intanto che Elena
rideva di gusto per nulla infastidita.
<< Ma non fa niente ! Damon, rilassati ! >>
Quella bambina aveva ereditato il mio essere bastiancotrario.
Ma poi proseguii sereno capendo la verità nascosta:
<< Beh se lei è simile a me: ama te
più di qualunque cosa al mondo ! >>
<< Oh, in un modo o in un altro, devi vincere sempre tu !
>>
Scoppiammo tutti e due a ridere, mentre Delena ripeteva, portandosi un
pugnetto in bocca: << Papà, pappà,
pappààà... >>
Ero davvero il
più fortunato figlio di puttana di tutto il creato !
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