Carlo ama le melanzane, i baci e le biciclette

di Sselene
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Dedicata alla splendida Kaite che ha fatto partire tutto questo, volente o nolente.

Carlo ama le melanzane, i baci e le biciclette.
Ama il sole di Napoli, quando gli splende addosso mentre attraversa la Villa su due ruote, il mare che gli luccica al fianco quando percorre via Caracciolo, le vecchine che lo guardano storto quando passa per i vicoli, come se il solo essere un ragazzo facesse di lui un delinquente.
Ama andare a trovare la nonna per ritornare a casa con cinque barattoli di melanzane sott’olio, perché lei si stava annoiando e si è messa a cucinare, ama il giorno di Natale e i mille contorni che non finiscono se non due mesi dopo, l’espressione imbarazzata di sua sorella che infila il pane nell’olio dopo aver assicurato di essere a dieta – di nuovo.
Ama le labbra di Matteo contro le sue, le mezze risate che si infrangono tra di loro, i respiri che si mischiano fino a quando non sanno più di chi è l’aria che stanno respirando, se è ancora ossigeno, se ormai è solo anidride carbonica. Ama le sue mani sotto la maglia, le sue dita che gli percorrono i fianchi e la spina dorsale, leggere, solo con i polpastrelli, delicate. Ama sentire la pressione del suo corpo contro il proprio, quando ha il muro dietro le spalle a incastrarlo, il bacino che si preme contro il suo. Ama sentirlo su di sé e dentro di sé. Ama sentire i suoi respiri, ama sentire il modo in cui pronuncia il suo nome, come una preghiera, come un’invocazione.
Ama quei minuti quasi immobili dopo l’orgasmo, quando Matteo è steso mezzo sul materasso e mezzo su di lui, e gli riempie la pelle di baci.
Odia quando si alza dal letto, quando si riveste. Odia quando si rivolge a lui, con quello splendido sorriso in viso. Odia quando si china a baciargli la fronte come non avessero appena fatto sesso.
Odia quando gli dice: “Grazie, ne avevo proprio bisogno, mia moglie mi sta facendo impazzire.” come se non sapesse che quelle parole lo uccidono ogni volta.
 
Odia che non lo sappia.




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