Ashitaka.

di albaTH
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Non era lei il vero nemico. Semplicemente non poteva esserlo. Era una constatazione così banale da prendere forma nella mente di Ashitaka senza troppi ragionamenti.
“Vedere cosa accade con occhi non velati dall’odio.”
E lei, che d’odio ardeva, che era ciò di cui alimentava la sua anima.
Ti salverò.
Non aveva mai visto il suo sorriso. Dal suo viso, la stessa espressione addolorata e abitualmente pervasa di rabbia, non traspariva null’altro; ma, proprio di questo Ashitaka si era innamorato. Innamorato di una ragazza nemmeno del tutto umana, che aveva provato ad ucciderlo, che sembrava insensibile a tutto al di fuori della sua foresta.
Ma lui, non poteva accettarlo.
No.
Non poteva essere così. I suoi occhi, la tradivano. Come guardavano il mondo, la speranza concentrata nelle iridi brune, la lucentezza quasi umida delle cornee.
Tu non sei un mostro.
Vedeva i suoi capelli scompigliati ondeggiare nel vento e si convinceva sempre più che qualcosa c’era, nel suo cuore accecato, nella parte ancora non contaminata, c’era la speranza. Era speranza folle, cieca, quasi spaventosa, ma Ashitaka ne era affascinato, ipnotizzato, completamente assuefatto.
Darò la mia vita per te.
“Gli esseri umani” disse San facendolo trasalire, “sono mostri. Devono morire. Fino all’ultimo.” diceva guardando un punto lontano nell’orizzonte, con gli occhi lucidi.
E poi il mondo sarà di nuovo sereno.
“Quando mai capiranno che tutto ciò che toccano muore? Perché non  vedono il mondo che soffre?”
Ora San piangeva proprio, e Ashitaka, il cuore esultante, ora che lei gli aveva lasciato trasparire le sue emozioni, le andò vicino e la cinse da dietro con le braccia. La sentì sussultare.
“Anche noi siamo umani.” le disse con dolcezza, ma anche con fermezza.
“E infatti dobbiamo morire anche noi.”
Non piangeva più.
“Tutta la specie deve estinguersi. Hanno ucciso il Dio della Foresta. Saranno dannati.”
I suoi occhi luccicavano di dolore e odio.
“Ti odio, Ashitaka.”
Lui sorrise.
“Lo so.”
“Ma mi stai abbracciando…”
“E tu, invece…” Ashitaka tornò serio. “…ti stai facendo abbracciare.”
“Ti amo, Ashitaka.”
“Lo so.”
 
Anche io.




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