Davanti al cancello di casa Zimmerman era parcheggiata
un’auto sportiva, con i fari accesi, chiaramente in attesa di
qualcuno. All’interno del lussuoso abitacolo, una
diciassettenne picchiettava le dita sul volante, impaziente, mentre con
la mano destra armeggiava a tutta velocità con il proprio
iPhone, scrivendo un sms e inviandolo in pochi secondi.
« E che cavolo! »
sbottò un minuto dopo, quando finalmente la portiera dal
lato passeggero si aprì e una ragazza alta e slanciata,
fasciata in un cortissimo abito color argento, si accomodò
sul sedile di pelle. « Era ora, mezza tedesca! ».
« Quante storie per qualche minuto di
ritardo, mezza francese » replicò
l’altra senza scomporsi.
La ragazza al volante, sbuffando, mise in moto
l’automobile e sfrecciò lungo le strade di Hersham
- che traboccavano di ville una più lussuosa
dell’altra - in direzione Londra. «
Mezz’ora, Lara, che non è certo “qualche
minuto” » precisò. Sbuffò di
nuovo. « Per fortuna ho anticipato di un’ora il
nostro appuntamento: sapevo già che avresti fatto tardi come
al solito! ».
« Quante storie »
ripeté Lara, per nulla toccata dall’irritazione
della sua migliore amica. « Perché tutta questa
fretta, comunque? Per andare al solito locale? » aggiunse.
« No ». Il tono
dell’altra era trionfante. « Hai presente quel
night club esclusivo, in cui c'è una severissima selezione
all'ingresso e in cui non ci avrebbero mai fatto entrare? »
domandò.
Lara si voltò di scatto verso
l’amica. « Non dirmelo! ».
La ragazza al volante ridacchiò.
« Mia zia stasera è lì. Ci presenta i
proprietari, così quando vorremo andarci, ci
basterà chiamarli e avvisarli e loro non solo ci faranno
entrare – salteremo persino la fila! ».
« Oddio Agathe, non ci credo!
» strillò Lara, entusiasta. « Io adoro
te e adoro tua zia! ».
Agathe si mise a ridere: un suono tintinnante.
« Avere una zia che è una delle top model
più pagate degli ultimi sessant’anni e che
è convinta che io debba divertirmi più che posso
ha i suoi vantaggi! ».
« E per questo è importante
essere puntuali » riprese Agathe poco dopo. « Mia
zia ci aspetta all’ingresso alle nove e trenta in punto
».
Fuori dal Luxury c’era la fila, come
ogni venerdì sera. Quello era il giorno peggiore della
settimana: ogni venerdì, immancabilmente, fuori da quel
night club si formava una fila lunghissima di appartenenti a tutte le
classi sociali, che speravano di riuscire a superare la severissima
selezione all’ingresso e finalmente entrare nel locale
più in
di Londra.
« Vedi tua zia da qualche parte?
» disse Lara, scrutando la folla dall’alto della
sua altezza e dei tacchi che indossava.
« È laggiù, vicino
alla porta » rispose Agathe, facendosi strada tra la folla e
sollevando appena un braccio. « Séline!
».
Séline Dubois, sorella minore della
madre di Agathe, si voltò e indirizzò a sua
nipote un sorriso accattivante che abbagliò gli uomini nel
raggio di cinque metri. Quando le due ragazze la raggiunsero, nessuno
avrebbe detto che Séline e Agathe fossero parenti:
nonostante entrambe fossero piuttosto magre, la prima era
più alta di Lara e ancora più slanciata, come un
giunco. Agathe, al contrario, aveva una struttura ossea minuta, cosa
che, unita al metro e sessantacinque scarso di altezza, la faceva
sembrare esile come una bambina. In più, le due donne
avevano in comune soltanto la carnagione chiara: Séline
aveva i capelli biondi, gli occhi verdi e dei lineamenti regolari,
perfetti, mentre Agathe aveva una chioma nero corvino e gli occhi
grigi, oltre a dei tratti decisamente diversi da quelli della zia: il
naso era leggermente a patata e gli occhi grandi avevano un taglio
appena allungato.
« Vedrete come vi divertirete stasera,
bambine » esclamò Séline. Agathe
represse il desiderio di sbuffare forte. Bambine? Si chiese
con che coraggio sua zia le avesse chiamate in quel modo: in fondo non
aveva ancora compiuto trent’anni, e quando Agathe era nata,
Séline stava per compiere dodici anni. Decisamente, non era
abbastanza vecchia da poterle trattare come mocciose! « Loro
sono con me » proseguì sbrigativa
Séline rivolta al buttafuori, che annuì e le fece
passare: la modella si trascinò dietro le due ragazze,
portandole dritte nel cuore del locale.
« Luke! » salutò
Séline con entusiasmo, abbracciando uno dei due proprietari
del Luxury con fin troppo entusiasmo. Poi afferrò Agathe con
un braccio, Lara con l’altro, e le spinse in avanti in modo
che fossero ben visibili.
« Luke, queste sono le ragazze di cui ti
avevo parlato » esordì la francese con voce
leziosa. « Agathe Williams, figlia di mia sorella, e Lara
Zimmerman, la sua migliore amica. Ragazze, lui è Luke
Rogers, uno dei proprietari del Luxury! ».
« Benvenute al Luxury, ragazze
» rispose Luke, rivolgendo alle due un gran sorriso prima di
concentrarsi su Agathe. « Dunque tu sei la nipote di
Séline? » chiese. Agathe annuì.
« E la chiami mai ‘zia’? »
proseguì l’uomo, sinceramente divertito
all’idea.
« No » rispose brusca Agathe,
notando con la coda dell’occhio che l’espressione
di sua zia si era fatta di pietra. Non che avesse detto una bugia:
Séline era talmente piena di sé da non sopportare
l’idea che qualcuno la considerasse vecchia, e
così da quando era diventata una modella strapagata aveva
vietato ad Agathe di chiamarla zia. Persino quando erano sole, al
sicuro tra le mura di casa, la ragazza si rivolgeva a Séline
con il nome di battesimo.
« No, lo immaginavo » convenne
Luke. « Be’, ragazze, basta chiacchierare. Fate un
giro per il locale e divertitevi! ».
Le due non se lo fecero ripetere e si sganciarono
dalla coppia per immergersi nella folla. Il Luxury era pieno zeppo di
gente, la musica alta e le luci soffuse; Lara strinse la mano di Agathe
per non perdere l’amica nella calca.
« Che facciamo? » quasi
urlò Lara all’orecchio dell’altra quando
furono arrivate proprio al centro del locale, dove il pavimento era
sopraelevato da tre gradini rispetto alle aree laterali. «
Prendiamo qualcosa da bere? »
Agathe scosse la testa. « Balliamo
» urlò in risposta.
Senza farselo ripetere, Lara annuì e
iniziò a muoversi a tempo con la musica. Agathe la
seguì, ancheggiando e sorridendo alla propria amica.
Richard Prescott era annoiato. Anzi, era immensamente
annoiato.
L'uomo giocherellava distratto col proprio bastone
da passeggio, elegantemente abbandonato su una poltroncina foderata di
tessuto grigio, quando una mano calò decisa sulla sua spalla.
« Allora Rick, ti diverti? »
domandò una voce ben nota, sovrastando quell'insopportabile,
scadente, assordante musica.
Richard sbuffò piano col naso.
« No ».
L'altro uomo spalancò le braccia in
tono conciliante.
« Andiamo, come fai a non divertirti?
Qui c'è tutto quello che potresti desiderare, come uomo e
come studioso. Come uomo hai ottimo alcool e tante belle donne intorno;
come studioso, hai uomini e donne appartenenti a fasce d'età
e ceti sociali differenti da osservare ». L'uomo
allargò di nuovo le braccia e sorrise, come se avesse appena
esposto un argomento inconfutabile. « È impossibile che non
ti stia divertendo! ».
Sbuffando di nuovo, Richard guardò il
suo amico. « Eppure, Alan, è così
» rimarcò secco.
Alan fece un sorrisetto scaltro. «
Comincio a credere che tu stia diventando vecchio e noioso, amico mio
».
Richard gli scoccò un'occhiata
ammonitrice ma non disse nulla. L'altro ridacchiò, per nulla
intimorito.
« D'accordo, vediamo di rendere
produttiva la tua serata... » disse Alan. Indicò
una donna sui trentacinque anni, poco lontana da loro: indossava un
abito multicolore svolazzante con una profondissima scollatura e
ballava come un'indemoniata. « Che ne dici? A me sembra
attraente ».
Con uno sguardo pieno di genuino orrore, Richard
guardò prima la donna e poi Alan.
« Quella?
» esclamò con un tono disgustato che fece ridere
Alan. « Ma è tutta finta! Guardala
bene: troppo autoabbronzante, troppi capelli finti, troppe ciglia
finte... sembra che abbia dei piumini per la polvere attaccati alle
palpebre! ». Alan rise di nuovo, tenendosi lo stomaco.
« E seni inequivocabilmente finti »
concluse Richard, storcendo il naso e accennando al seno prosperoso
della donna, che vinceva in modo alquanto sospetto la forza di
gravità.
Alan quasi cadde a terra per il gran ridere.
Quando finalmente riuscì a riprendere fiato,
partì di nuovo all'attacco.
« Va bene, abbiamo capito: tu hai
bisogno di qualcosa che sia molto diverso »
affermò sicuro. Senza pensarci un attimo indicò
Lara e Agathe, che ancora ballavano al centro della pista e che in quel
momento ridevano di qualcosa che la seconda aveva detto.
Di fronte alla nuova trovata dell'amico, Richard
sgranò gli occhi e per un istante rimase senza parole.
« Sono due bambine!
» esalò non appena ebbe ritrovato il fiato.
« Non dovrebbero neanche poter entrare qui! ».
Alan scrollò le spalle. « Non
sono poi così piccole. Compiono diciotto anni tra pochi mesi
».
Stavolta l'occhiata che Richard gli rivolse era
carica di sospetto.
« E tu come lo sai? ».
Il suo amico indicò Lara. «
La ragazza più alta, coi capelli castano chiaro e il vestito
argento, è la figlia di Damon ».
Richard aggrottò la fronte. «
La figlia di Damon? » ripeté confuso.
Anche Alan era confuso. « Scusa, Rick,
ma non eri rimasto in contatto con Damon? » gli chiese.
« Ci vediamo ogni giovedì per
bere qualcosa » confermò Richard.
« E non sapevi che ha una figlia?
» esclamò incredulo Alan.
L'altro scrollò le spalle. «
Credo di averla vista, una volta o due, quando aveva quattro anni
» spiegò. « Non mi sembrava fosse
passato tutto questo tempo... ».
Alan alzò gli occhi al cielo, poi
indicò Agathe.
« Quella, invece, è la figlia
dell'avvocato Williams » aggiunse Alan, suscitando di nuovo
lo sconcerto del suo amico.
« Impossibile! ».
« A quanto ne so, è possibile
eccome ».
Richard sventolò una mano con fare
sbrigativo. « Evan Williams abita di fronte a me da
più di vent'anni » disse in tono perentorio,
« e non ho mai
saputo che avesse una figlia femmina! »
« E da quando in qua ti preoccupi di
intrattenere rapporti di qualsivoglia natura con i tuoi vicini di casa?
» indagò Alan.
Stizzito, ma incapace di negare l'evidenza,
Richard tacque.
« Appunto » disse l'altro,
dandogli una pacca sulla spalla. « Su, Rick, la tua serata
non è andata poi tanto male. Ora sai che la figlia di Damon
ha quasi diciotto anni, e che Evan Williams ha una figlia coetanea di
quella di Damon. Per uno studioso come te, che vuol sempre sapere ogni
cosa, dovrebbe essere meglio di niente! ».
E si dileguò tra la folla prima che il
suo amico potesse mandarlo al diavolo.
Ancora concentrato su quello che gli aveva detto
Alan, Richard si alzò svelto dalla poltrona, convinto che
avrebbe fatto meglio ad andarsene a casa. Si mosse deciso verso
l'uscita, ma dopo aver fatto un solo passo, cozzò contro un
ostacolo.
L'uomo barcollò per un istante,
riuscendo però a mantenere l'equilibrio. La persona che
aveva urtato non fu così fortunata: ondeggiò
vistosamente e quasi si schiantò a terra, salvata per un
pelo da due braccia femminili.
Richard abbassò appena lo sguardo e
incontrò quello furioso di Agathe.
« Ma dico » soffiò
lei inviperita, « le pare il modo? Guardi dove va!
».
« Guardi lei dove va »
replicò Richard gelido, squadrandola con disprezzo.
« Sciocca ragazzina petulante e superficiale... ».
A quelle parole, Agathe strinse pericolosamente
gli occhi. E se Richard Prescott non fosse stato ancora tanto irritato
per la conversazione con Alan, forse avrebbe persino potuto riconoscere
in tempo i segnali di pericolo imminente.
« Senta un po', damerino tronfio dei
miei stivali » sibilò Agathe a voce bassissima ma
non per questo meno arrabbiata, « prenda il suo stupido
bastone da passeggio e se lo ficchi... ».
Una mano sbucò dal nulla e
tappò la bocca di Agathe appena in tempo.
« No, Agathe. Sai che te ne pentiresti!
» la ammonì Lara.
L'altra sbuffò ma non tentò
di liberarsi. Dopo qualche istante, Lara ritrasse cautamente la mano e
la infilò nell'incavo del gomito dell'amica.
« Andiamo, dai » disse piano.
« Non vale la pena di litigare. Andiamo a bere qualcosa
».
Agathe scrollò appena le spalle.
« Ma sì » commentò,
« in fondo una bibita analcolica è sempre meglio
di niente ». E si lasciò condurre via, ma non
senza aver rivolto un'ultima occhiataccia all'uomo che l'aveva urtata.
Richard guardò le due ragazze
allontanarsi, rigirandosi il bastone da passeggio tra le mani.
Abbassò lo sguardo a terra e dopo qualche momento un
sorrisetto inesplicabile si dipinse sulle sue labbra, mentre pensava
che dopotutto Alan, pur senza saperlo, aveva avuto ragione: quella
serata non era andata poi così male.
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